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  Dicembre 2012

Articoli n° 5
giugno 2005
 


ASSOCIAZIONE LUCA COSCIONI

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IMPORT DI PRODOTTI TESSILI DALLA CINA
lE CONTROMISURE INDISPENSABILI

il ruolo delle banche locali
soluzioni ad hoc per ogni esigenza

FINNOVA CAP
OPPORTUNITÀ E PROTEZIONE PER LE AZIENDE

IMPORT DI PRODOTTI TESSILI DALLA CINA
lE CONTROMISURE INDISPENSABILI
Sostenere la qualità del “made in Italy” contro le contraffazioni


Sàntolo Cannavale
Esperto di mercati finanziari
s.cannavale@virgilio.it



La Commissione esecutiva dell'UE valuta le misure opportune per frenare le importazioni di prodotti tessili dalla Cina. I rappresentanti governativi di tredici paesi - Italia, Francia, Spagna e Portogallo in prima fila - sollecitano l'adozione da parte di Bruxelles della procedura d'urgenza prevista dal regolamento comunitario in caso di importazioni che, a seconda dei prodotti, superino tra il 10 e il 100% rispetto al 2004. La soglia del 10% riguarda le categorie di merci per le quali la Cina si aggiudica oltre il 35% dell'intero flusso di importazioni in Europa. In questi casi, seguendo le "linee guida" adottate in sede europea, si avvia una indagine di 60 giorni sui flussi delle merci e poi si aprono negoziati formali con la controparte, Pechino. Nelle situazioni di emergenza la fase di istruttoria può essere saltata e si possono introdurre direttamente limiti alle importazioni, in via temporanea. Il Commissario europeo al commercio estero Peter Mandelson intende seguire la strada di maggior prudenza, auspicando, implicitamente, un'autolimitazione delle esportazioni da parte della Cina: lo ha esplicitato nel corso del vertice informale dei 25 ministri tenuto a Lussemburgo il 24 aprile scorso. In tale occasione, Mandelson ha sottolineato che l'imposizione di tetti temporanei all'importazione sarà l'ultima risorsa e che non si potrà in alcun modo tornare al sistema di quote fisse terminato il 31 dicembre 2004. Quest'impostazione non è condivisa dagli Stati europei danneggiati dalle massicce importazioni registrate dall'inizio del 2005. Essi premono per l'applicazione immediata di clausole di salvaguardia, come previsto dal protocollo di adesione della Cina alla WTO del 2001, qualora si verificassero chiari, gravi segni di destabilizzazione dei mercati dei paesi partner. Nel frattempo, il monitoraggio della Commissione Europea, in un primo momento limitato a nove prodotti tessili si è allargato a venti articoli di base. In base ai dati preliminari elaborati dalla Commissione su gennaio e febbraio (sulla scorta dei dati forniti solo da 19 paesi su 25) tra le categorie candidate a misure di salvaguardia figurano in primis calze e calzini (con uno strabiliante +5.673% dell'import), pantaloni per uomo (+900%), garza medica (+342%), pullover (+210%) e vestiti da donna (+111%), tutte categorie che in parallelo fanno registrare forti cali dei prezzi. La questione, ormai, è entrata nell'agenda del dibattito politico. Come rileva il Corriere della Sera del 28 aprile, i francesi temono ripercussioni non solo sulle imprese, ma anche sulle urne, visto che il fronte del "no" alla Costituzione europea nel referendum del 29 maggio, sta cavalcando anche il "pericolo cinese". Così il primo ministro Jean-Pierre Raffaren, riferendosi al problema tessile, chiede all'Europa di rafforzare la strategia di protezione e di conquista. Il Governo italiano, in un dossier inviato a Bruxelles, ha sottolineato che il settore tessile in Italia rischia di perdere 90 mila posti di lavoro (il 15% della forza complessiva), con circa 30 mila aziende in crisi (il 45% del totale). La problematica ha implicazioni non solo per l'Europa. Il Congresso americano a luglio, con ogni probabilità, voterà una proposta del senatore democratico Charles Schumer per l'imposizione di dazi e tariffe del 27,5% su tutti i beni di importazione cinese se entro sei mesi la Repubblica popolare non permetterà alla propria moneta di rivalutarsi. Lo yuan, infatti, resta agganciato alla valuta Usa a un tasso fisso di cambio che è considerato irrealisticamente basso (8,3 yuan per un dollaro dal 1994). Gran parte dei parlamentari americani (repubblicani e democratici insieme) vi vedono un caso di concorrenza sleale. A larga maggioranza il Senato di Washington il 6 aprile ha votato perché detta proposta di legge non fosse ritirata. Sulla scia del dollaro, la caduta dello yuan sull'euro è stata di quasi il 50% dal 2002 e spiega, in parte, l'accelerazione dei flussi di esportazioni cinesi verso i paesi che utilizzano la nostra valuta. Ritornando alla eventualità di fissazione di quote all'importazione da parte dell'UE, è opportuno evidenziare alcuni vincoli tecnici. I tetti dureranno solo fino alla fine dell'anno solare, a meno che non vengano approvati nell'ultimo trimestre dell'anno, nel qual caso esisteranno per 12 mesi. A quel punto nuovi limiti sulle merci cinesi potranno essere istituiti in un anno successivo solo dopo nuova inchiesta e, in ogni caso, non oltre il 2008, quando la possibilità di evocare la clausola di salvaguardia decadrà definitivamente. Martedì 8 marzo in Italia è stata indetta una manifestazione nazionale a sostegno del sistema moda e del made in Italy. In tale circostanza la Cgia di Mestre ha fornito i seguenti dati: tra il 2000 e il 2004, nel settore tessile-abbigliamento-calzature si sono persi in Italia 274.000 posti di lavoro (-9,4%) e 10.387 imprese (-9,1%) mentre le esportazioni sono calate del 4,9%. Oggi restano 103.000 aziende e 658.000 addetti, di cui 80.000 a rischio. I sindacati, e una parte trasversale dello schieramento politico, ritengono antistorico l'applicazione di dazi doganali e chiedono interventi a sostegno della qualità dei prodotti italiani e la difesa del "made in Italy" contro le contraffazioni. Alcune risposte sono state approntate nel decreto governativo per la competitività: incentivi alle fusioni per far crescere le piccole imprese, cancellazione ICI sui capannoni, aiuti al "made in Italy". Sono in molti a ritenerle insufficienti e inadatte a recuperare il terreno perduto. Nello scorso mese di marzo ho ipotizzato una soluzione per conciliare le diverse posizioni in gioco (www.lafabbricadelprogramma.it - area: politiche economiche). Agli importatori in Italia di prodotti orientali, cinesi in particolare, si potrebbe lasciare libertà di importazione, con impegno degli stessi a effettuare esportazioni di prodotti italiani di pari valore, con controllo periodico dell'operatività di interscambio. Gli importatori interessati potrebbero avvalersi di specifiche esportazioni effettuate da altri operatori nazionali, beneficiando in tal modo di "crediti" da compensare con le proprie importazioni. Presumo che quest'iniziativa porti, a medio termine e per il gioco dei "crediti", all'accorpamento di imprese di piccole dimensioni in organismi aziendali più consistenti e rafforzi la cultura intesa a sviluppare contatti e sfruttare opportunità anche per la crescita delle nostre vendite all'estero. Renato Ruggiero, direttore generale del WTO nel 1995, è intervenuto sul Corriere della Sera del 3 maggio 2005, sostenendo che «...la clausola che salvaguarda l'industria tessile europea dalla competizione cinese può essere legittimamente attivata, ma resta un "palliativo" che può funzionare per un paio, al massimo tre anni. Una ristrutturazione con riconversione rapida e massiccia del settore tessile è inevitabile e va affrontata anche con ammortizzatori sociali. Gli Stati Uniti hanno un fondo di un miliardo di dollari per attenuare il costo sociale di queste ristrutturazioni. E usano incentivi fiscali a favore delle imprese che riqualificano i lavoratori. L'Europa ha avuto a disposizione dieci anni per prepararsi alla liberalizzazione del settore e ha sprecato questo tempo; qualche iniziativa si è vista solo da parte di alcuni imprenditori. Mentre ci si protegge, occorre non mettere in pericolo la libertà dei commerci che oggi dà segni di arretramento e rischia di entrare in una fase di "de-globalizzazione". Gli accordi di scambio bilaterali e intra-regionali, che si stanno moltiplicando pericolosamente, prenderebbero inevitabilmente il sopravvento sul sistema multilaterale. E la strada verso la creazione di blocchi commerciali contrapposti (l'Asia ha anche messo allo studio un'unione monetaria) sarebbe aperta...». Per scongiurare questa negativa eventualità e salvaguardare i buoni rapporti commerciali esistenti, il ministro del commercio estero cinese Bo Xilai ha avuto una serie di incontri a Parigi all'inizio di maggio, a margine di una riunione del WTO. Ha lanciato messaggi rassicuranti sulla crescita delle esportazioni di prodotti tessili in Europa, impegnandosi ad autolimitarle e a lottare con mezzi importanti contro la contraffazione. Ha evidenziato che il tessile occupa un posto limitato negli scambi economici complessivi con l'UE, sottolineando in maniera colorita ed efficace: «...noi guadagneremo pure solo 30 centesimi di euro dalla vendita di una camicetta, ma bisogna vendere 800 milioni di camicette per comprare un vostro Airbus 380...». Peccato che l'Italia sia rimasta fuori da questo ambizioso progetto di trasporto aereo, lasciando a Francia, Spagna, Germania e Gran Bretagna i relativi oneri ma anche i consistenti benefici, in particolare quelli tecnologici e commerciali.

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