ASSOCIAZIONI E FONDAZIONI NELL'UE
IL RUOLO DELL'ECONOMIA SOCIALE
La Commissione elabora una nuova Comunicazione
Salvatore Vigliar
Docente di Diritto dell’Informazione e della Comunicazione - Università della
Basilicata
Esperto di Politiche Comunitarie
savig@tin.it
La Commissione europea ha recentemente pubblicato una Comunicazione avente ad oggetto la promozione del ruolo delle associazioni e delle fondazioni nell'UE. Il documento ha l'obiettivo di illustrare le principali problematiche del settore e di proporre (non di imporre) una serie di provvedimenti che possono essere adottati dai diversi Stati membri per soddisfare i bisogni delle citate organizzazioni e, di conseguenza, massimizzare il loro contributo alla crescita economica e all'integrazione europea. Riguardo alle associazioni, la Commissione afferma che, dei tre settori che compongono l'economia sociale - cooperative, mutue, associazioni -, queste ultime costituiscono sicuramente quello più difficile da circoscrivere e definire con precisione. Se dal punto di vista formale, infatti, le associazioni sono rappresentate da una aggregazione di soggetti che si riuniscono per il perseguimento di uno scopo comune, sul piano sostanziale esse si presentano, molto spesso, sotto forma di grandi istituzioni di notevole importanza nazionale e internazionale. Molte associazioni lavorano in stretta collaborazione con i pubblici poteri in settori tradizionali come l'assistenza sociale; altre, invece, ostentano una tradizione di assoluta indipendenza e si occupano di programmi sociali radicali o di stili di vita "alternativi". Si può tuttavia convenire, prosegue la Commissione, sul fatto che, nonostante le differenze significative esistenti tra le diverse associazioni, tutte possiedono in qualche modo le seguenti caratteristiche: (a) Si distinguono dai raggruppamenti informali, di tipo puramente sociale o familiare, per qualche grado, anche minimo, di istituzionalizzazione o di esistenza formale. (b) Non hanno fini di lucro, ossia perseguono scopi diversi dal conseguimento di profitti per gli amministratori o gli associati. (c) Sono indipendenti, in particolare, dallo Stato e da altri poteri pubblici, cioè le associazioni sono libere di gestirsi in base alle proprie regole e procedure, senza interferenze esterne. (d) Devono essere gestite in modo "disinteressato". L'impiego di questo termine indica che chi le gestisce non deve farlo in previsione del conseguimento di un guadagno personale. (e) Devono avere un certo grado di attività pubblica e la loro attività deve essere, almeno in parte, di pubblica utilità. Ovviamente, va tenuto presente che la misura in cui le cinque caratteristiche sopra descritte sono presenti in un'associazione varia notevolmente. In linea generale, l'analisi contenuta nella Comunicazione in esame prende in considerazione tutte le associazioni che condividono (in qualche misura) le 5 caratteristiche sopra elencate. Per comprensibili motivi, restano esclusi tre tipi di organizzazione: i partiti politici, che possono assumere la forma di associazione ma che costituiscono evidentemente un caso a parte; le congregazioni religiose e i sindacati. Riguardo alle fondazioni, che, come le associazioni, sono attive in una vastissima gamma di settori, ma che, a differenza di quest'ultime, costituiscono un gruppo più omogeneo (almeno sotto il profilo giuridico) e possono avere sia scopi privati che pubblici, il documento in esame prende in considerazione solo le fondazioni che hanno fini di interesse pubblico (anche se rimangono organismi privati), individuando le stesse in quelle organizzazioni che dispongono di fondi propri da destinare a progetti o attività di pubblica utilità, che sono completamente indipendenti dallo Stato o da altri poteri pubblici e sono gestite da consigli di amministrazione indipendenti o da amministratori fiduciari. É difficile definire e classificare in categorie le associazioni e le fondazioni, anche in considerazione dei differenti ordinamenti giuridici e tradizioni che caratterizzano il territorio comunitario, soprattutto in relazione alla distinzione tra i modelli di common law (di matrice anglosassone) e quelli di civil law. Si può comunque affermare che, a livello europeo, la maggioranza delle associazioni e delle fondazioni esercita almeno una delle seguenti funzioni: (a) Fornitura o prestazione di servizi. Questa categoria include tutti gli organismi che prestano, a favore degli associati o dei clienti, servizi di natura sociale, di assistenza sanitaria, di formazione, di informazione, di consulenza o di altro tipo. (b) Patrocinio. Queste organizzazioni hanno lo scopo di rappresentare e difendere una causa specifica o un gruppo di interessi, con l'intento di influenzare l'opinione pubblica o la politica. (c) Auto-assistenza o mutua assistenza. Queste organizzazioni sono costituite di norma da gruppi di individui con un interesse oppure un bisogno in comune, al fine di darsi reciproca assistenza, sostegno e informazione. (d) Risorse e coordinamento. Si tratta dei cosiddetti "enti intermediari" che coordinano le attività delle singole organizzazioni o forniscono informazioni e assistenza, svolgendo una funzione di mediazione con la pubblica amministrazione. Un'indagine condotta dalla Commissione ha rilevato che le associazioni e le fondazioni, ancorché prevalentemente di piccole dimensioni, se considerate collettivamente possiedono una notevole quantità di beni e mobilitano un elevato numero di risorse umane (sia personale retribuito che volontari). Inoltre, come altre forme di impresa, in particolare le PMI, alle quali nella maggior parte dei casi possono essere confrontate, molte associazioni e fondazioni sono economicamente attive: vendono prodotti o prestano servizi, ricavando guadagni che sono poi reinvestiti. In altre parole, il contributo assicurato dal settore in esame allo sviluppo economico risulta considerevole, la cui entità è stata recentemente rivelata dai risultati della prima indagine comparativa condotta in quattro Stati membri (Regno Unito, Francia, Germania e Italia), e realizzata sotto l'egida della John Hopkins University di Baltimore (USA). I dati sono significativi. Lo studio, infatti, ha concluso che:
- in Germania, il 3,7% degli occupati e il 10% degli occupati nel settore dei servizi (ovvero oltre un milione di persone) lavorano per associazioni o fondazioni; le organizzazioni senza fini di lucro sono particolarmente importanti nel campo della sanità, dove forniscono il 40% dei giorni di ospedalizzazione e il 60% delle strutture residenziali di assistenza; in Francia, il 4,2% degli occupati e il 10% degli occupati nei servizi (circa 800.000 persone) lavorano nel settore; le organizzazioni senza fini di lucro si occupano di più della metà degli assistiti in strutture residenziali e di circa il 20% degli studenti della scuola primaria e secondaria; le associazioni non aventi finalità lucrative sono particolarmente numerose nel settore dei servizi sociali e nello sport (l'80% delle persone interessate allo sport fanno parte di associazioni senza fini di lucro); in Italia quasi il 2% degli occupati e più del 5% degli occupati nei servizi lavorano per questo settore; nel complesso le associazioni e le fondazioni danno lavoro a circa 400.000 persone, prevalentemente nei servizi sociali; le organizzazioni senza fini di lucro gestiscono il 20% delle scuole materne e circa il 40% delle strutture residenziali di assistenza; nel Regno Unito, il 4% degli occupati o più del 9% degli occupati nel settore dei servizi (circa 900.000 persone) lavorano per le associazioni e le fondazioni; il settore svolge un ruolo importante nel campo dell'istruzione: tutti gli istituti universitari e il 22% delle scuole elementari sono gestiti da organizzazioni senza fini di lucro. Interessanti risultano anche i dati sulle spese di esercizio del settore in percentuale rispetto al PNL: il 2% in Italia, il 3,3% in Francia, il 3,6% in Germania e il 4,8% nel Regno Unito.
Le versioni integrali dell'indagine e della relazione sono disponibili al sito: http://www.europa.eu.int
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