GLI IMPEGNI ASSUNTI DAL GOVERNO
IL PESO DELLA RESPONSABILITà POLITICA
È lunga la lista dei Ministeri inadempienti
Gaia Sigismondi
Junior Consult - Centro Studi Parlamentari NOMOS
gaia.sigismondi@nomoscsp.it
Alla luce degli ultimi risultati elettorali, sfumata l'ipotesi di elezioni anticipate, il Governo italiano ha intrapreso la via del minirimpasto sostanzialmente per istituire (o forse, per meglio dire, reistituire per l'ennesima volta) il Ministero del Mezzogiorno e quello delle Aree Urbane, tentando così tardivamente di arginare i tanti voti trasmigrati verso altri lidi. Le iniziative e le dichiarazioni si sono susseguite, in questi ultimi i tempi, con ritmi incalzanti: Berlusconi e Tremonti hanno elaborato insieme il programma dei 300 giorni, ovvero il calendario delle cose da fare da qui alle elezioni; Montezemolo ha richiamato il Governo a prendere una decisione, qualunque essa sia, in tempi rapidi; Ciampi ha puntato su DPEF e finanziaria; i giornali si sono dati da fare a calcolare le sedute utili rimaste al Parlamento per votare e si sono dedicati al totoriforme, gioco tutto sommato non impegnativo, dato che non ci vuole molto per prevedere che la maggior parte dei provvedimenti in cantiere, tutti ad alto tasso di rischio per i labili accordi che tengono ancora insieme il Governo, rimarranno inevitabilmente incompiuti e non tanto per la mancanza di tempo, ma quanto per l'assenza di unanime volontà politica di visione e intenti. Con buona pace del contratto con gli italiani che non potrà dunque più essere onorato, almeno in tutte le sue parti. Sono però in questo momento molti altri gli impegni assunti dal Governo, probabilmente sconosciuti alla maggior parte dei cittadini, che non saranno rispettati. Nel gergo parlamentare si chiamano proprio così, "impegni assunti" e sono gli atti di indirizzo votati dalle Camere nelle Aule parlamentari, attraverso i quali il Governo si impegna formalmente a dare seguito alla volontà parlamentare. E poiché, nonostante le mille riforme costituzionali ed elettorali annunciate, è ancora possibile definire l'Italia una democrazia parlamentare, dove i cittadini sono rappresentati da coloro che hanno scelto per tale compito attraverso l'espressione del voto, le vere promesse che impegnano il Governo non sono i contratti firmati univocamente davanti alle televisioni, ma gli impegni assunti, attraverso un voto, nelle sedi proprie che sono ancora le Aule parlamentari. Gli atti d'indirizzo, si legge nei manuali parlamentari, sono, tra gli altri, mozioni, risoluzioni e ordini del giorno. L'indirizzo politico svolto dalle Camere concerne la condotta e il governo di ogni comunità sociale, per cui esso è strettamente collegato con l'azione di governo: non può esservi infatti indirizzo politico senza che via sia un'azione di governo. In particolare, tale attività può essere distinta in tre fasi: una prima, relativa alla determinazione dei fini dell'azione statale; una seconda, nella quale gli organi di indirizzo politico predispongono l'apparato organizzativo per tradurre in risultati giuridici la volontà programmata; una terza che si svolge mediante una serie di atti nei quali i fini programmati trovano concreta attuazione. Senza scendere, però, nelle differenze tecniche di dettaglio fra mozioni, risoluzioni e ordini del giorno, nel complesso è sufficiente dire che essi servono a esercitare la funzione di indirizzo dell'azione di Governo propria del Parlamento. Può essere, infatti, necessario talvolta apportare correzioni in corso d'opera all'azione del Governo, sia per ciò che non è specificato nel programma dello stesso, sia in relazione a eventi nuovi e sopravvenuti che rendono indispensabili integrazioni o modificazioni. Gli strumenti di indirizzo citati impegnano il Governo, o dovrebbero impegnarlo, all'adempimento di quanto richiesto, pur non vincolandolo in maniera assoluta perché il disattendere gli impegni non determina alcun tipo di sanzione, rimanendo a carico del Governo inadempiente solo una responsabilità politica che, tuttavia, non è mai stata tenuta in grande considerazione da tutti i Governi succedutisi alla guida del Paese negli ultimi anni, compreso l'attuale. Secondo quanto si legge, infatti, nei documenti del Servizio del controllo parlamentare della Camera dei Deputati, il Governo promette ma non dà poi seguito a quanto si è impegnato a fare davanti al Parlamento. Tutti i singoli dicasteri, così come la Presidenza del Consiglio, sono più o meno inadempienti riguardo agli impegni assunti con il Parlamento, con due sole eccezioni, il Ministero degli Italiani nel mondo, 5 gli impegni assunti nel corso della legislatura e 5 le note di attuazione degli stessi inviate in Parlamento, e il Ministero delle Pari opportunità, 10 gli impegni assunti, altrettante le note di attuazione inviate in Parlamento. Un compito certo ben più facile di quello del Ministero dell'Economia, che nel corso della legislatura si è impegnato di fronte al Parlamento ben 1037 volte, dando seguito però alle promesse solo 287 volte, con una percentuale di risposte del 27,67%. La maglia nera, invece, spetta al Ministro dell'Ambiente, Altero Matteoli, 12 le note di attuazione su 125 impegni assunti, per una misera percentuale del 9,6%, la più bassa in assoluto, seguito a ruota dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Pietro Lunardi, e da quello dell'Istruzione, Letizia Moratti, 48 le note di attuazione su 426 impegni assunti per il primo, con una percentuale dell'11,26%, 95 note di attuazione su 153 impegni assunti per la seconda, con una percentuale di attuazione del 12,41%. Troppo impegnati, forse, dal ponte sullo Stretto e dalla riforma della Scuola per curarsi degli impegni presi con il Parlamento.
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