IL “MOBILITY MANAGEMENT”
VIE ALTERNATIVE AGLI SPOSTAMENTI PRIVATI
Per un trasporto sostenibile a vantaggio dell'ambiente e dell'uomo
Stefano Castelli Gattinara
Architetto - Studio Castelli Gattinara
studio-architettura@castelli-gattinara.it
Fino a oggi, nei nostri interventi, abbiamo affrontato problematiche
di rilievo architettonico collegate alla comunicazione e al benessere.
Su questi aspetti abbiamo cercato di analizzare punti di vista non usuali.
Un aspetto è, però, ricorrente: la presenza di un fattore
stress che, sempre più, ci spinge ad adattarci e a rincorrere
la componente benessere nel sistema che ci circonda, negli ambienti dove
ci aggreghiamo. Giornalmente viviamo un aspetto della componente stress
in un modo oramai entrato a far parte degli atteggiamenti indotti propri,
quelli che ripetiamo in modo sistematico, senza più soffermarci
su di essi, dandoli per scontati e inevitabili; una di quelle azioni,
di quei comportamenti, che ci lasciamo scorrere passivamente addosso.
Questa componente è la mobilità, in senso generale, la
necessità di spostarsi in senso specifico. Risolvere il tema della
mobilità è oggi probabilmente il maggiore nodo che i cittadini
e la pubblica amministrazione si trovano ad affrontare: i problemi creati
dallo sviluppo della motorizzazione privata concernono contemporaneamente
aspetti ambientali, sociali, politici, tecnologici, organizzativi ed
economici. In questo senso le possibili soluzioni, fondamentali quanto
difficili da realizzare, riguardano l'assetto urbano, l'organizzazione
della vita quotidiana e quella del lavoro. Dietro questo tipo di programma
ci deve essere, necessariamente, un ripensamento generale degli attuali
assetti del territorio e del sistema economico, una metaprogettazione,
una manutenzione, una gestione oltre a un adeguamento alle mutevoli condizioni
esigenziali imposte dai ritmi moderni. Tuttavia il bisogno di spostarsi
su lunghe distanze e con elevate frequenze rimane una condizione del
nostro modo di vita; il sistema del trasporto privato su gomma è profondamente
radicato nelle nostre abitudini: all'uso dell'auto si è associata
negli ultimi decenni una straordinaria idea di libertà. C'è,
però, da chiedersi: se l'esercizio eccessivo di questa libertà fa
sì che, come accade quotidianamente nelle nostre città,
si resti bloccati nel caos del traffico, tale libertà finisce
per negare se stessa? Sembra, pertanto, indispensabile un cambiamento
culturale che lentamente introduca l'idea del "mezzo giusto al momento
giusto", per scegliere, a seconda dei casi, il percorso da fare
a piedi, in bicicletta, con trasporto pubblico o con i servizi di mobilità come
il car-sharing. I risultati emersi da numerosi studi di settore hanno
evidenziato la profonda eterogeneità degli stati europei nel campo
della politica dei trasporti urbani. Ogni Stato, formalmente, promuove
una consistente politica dei trasporti, sia sul piano locale, sia su
quello regionale e nazionale, ma gli Stati che riescono a costruire un'efficiente
rete di collaborazione tra i vari livelli amministrativi con progetti
di mobilità sostenibile rimangono l'eccezione. Spesso la mobilità sostenibile
non viene integrata con uno studio riguardante l'uso del suolo e i relativi
aspetti ambientali e di controllo dell'inquinamento. Le autorità locali
dovrebbero essere depositarie delle competenze in tema di politica della
mobilità e poter attuare, autonomamente, iniziative e provvedimenti
atti a risolverne gli aspetti critici, non dimenticando gli eventuali
profitti ottenibili da strategie ben definite (es. politica dei parcheggi
e strade a pedaggio). Il primo obiettivo è, quindi, quello di
promuovere le iniziative a livello locale con finanziamenti e sperimentazioni.
Nelle aree urbane il problema più pressante è l'assenza
di pianificazione e integrazione tra i vari livelli di trasporto locale
e regionale. In Italia, il decreto del Ministero dell'Ambiente del 27
marzo 1998 "Mobilità sostenibile nelle aree urbane",
ha cercato di aprire una strada all'organizzazione della mobilità nelle
aree metropolitane. Il decreto introduce vari aspetti innovativi, tipo:
l'obbligo per gli enti locali di risanare e tutelare la qualità dell'aria;
incentivi allo sviluppo dell'auto in multiproprietà (car-sharing),
del taxi collettivo, dei veicoli elettrici, eccetera; l'obbligo per le
imprese e gli enti pubblici con oltre 300 dipendenti per unità locale
o con complessivamente più di 800 addetti, ubicate in zone a rischio
di inquinamento atmosferico, di adottare un "piano degli spostamenti
casa-lavoro" del proprio personale. Con la finalità di coinvolgere,
nella progettazione e gestione delle soluzioni alternative, le aziende,
gli enti e i lavoratori, che rivestono un ruolo importante per quanto
attiene il traffico (gli spostamenti casa-lavoro in alcune città italiane,
rappresentano una quota pari a circa il 40% degli spostamenti complessivi).
A tal fine, è istituita una nuova figura: il responsabile della
mobilità aziendale (mobility manager). Questa nuova figura ha
il compito di ottimizzare gli spostamenti sistematici del personale mediante
il ricorso a nuovi modelli organizzativi e operativi; il tutto per migliorare
l'accessibilità al luogo di lavoro riducendo l'uso dell'auto privata
a favore di forme di trasporto collettive, ecologiche, ambientalmente
più sostenibili. La possibilità di modificare, volontariamente,
i comportamenti in fatto di mobilità è stata dimostrata
dal Ministero dei Trasporti austriaco. Lo scopo era analizzare possibilità e
limiti di una riduzione del trasporto privato motorizzato attraverso
politiche "morbide" (motivazione, informazione, comunicazione),
il tutto per sviluppare un'adeguata strategia di marketing, per applicarla
in progetti dimostrativi (ad esempio per l'incremento del numero delle
utenze del trasporto pubblico) e per valutarne gli effetti (studi ex-ante
ed ex-post sui comportamenti in fatto di mobilità e analisi costi-benefici).
L'analisi ha mostrato considerevoli potenziali di riduzione del trasporto
privato motorizzato. Per circa un terzo di tutti gli spostamenti intrapresi
con auto (private) nelle città austriache, esiste un'adeguata
alternativa nel trasporto pubblico. Per rendere effettive tali potenzialità si è sviluppata
un'efficace strategia riconoscibile nel Marketing Individualizzato (IndiMark)
che utilizza il contatto diretto, la motivazione individuale e l'informazione
su misura per propagandare l'uso del trasporto pubblico, con un'informazione
mirata a quelle persone che hanno a disposizione soluzioni alternative
all'uso dell'automobile, fornendo loro concrete e dettagliate indicazioni
sull'intera gamma delle opzioni di spostamento disponibili. L'efficacia
e la pertinenza di questo approccio è stata provata in tre casi
studio (Linz, Salisburgo, Vienna), che hanno coinvolto decine di migliaia
di persone e un'ampia gamma di servizi di trasporto pubblico. In ciascun
caso, i risultati della valutazione hanno rivelato un significativo incremento
nel numero delle utenze del trasporto pubblico, accompagnato da una riduzione
nell'uso del trasporto privato motorizzato. Un'analisi costi-benefici
ha mostrato inoltre che l'IndiMark produce un incremento degli introiti
degli operatori del trasporto, grazie ai suoi effetti a lungo termine.
IndiMark è uno strumento innovativo, efficiente sul piano dei
costi, un supporto durevole ed efficace. Prendendo spunto da questi casi
europei, anche in ambito italiano ci sono iniziative di sensibilizzazione
sulla mobilità in alcune regioni italiane. L’Emilia Romagna,
per esempio, sta portando avanti un progetto che, nella prima fase, mira
a studiare la situazione regionale e promuovere esperienze di comunicazione
e marketing in materia di trasporti. Usando la promozione e la comunicazione
si cerca di sensibilizzare alla scelta di una mobilità alternativa
all'auto di proprietà. Si è studiato un sistema di comunicazione
che agisca, distintamente ma in sinergia, su un target group molto definito
e circoscritto, anche spazialmente. Il target group dovrà trasformarsi
in moltiplicatore sulla totalità degli individui che appartengono
o che fanno riferimento a quella tipologia di target. Attraverso l'analisi
di questionari di rilevazione, i singoli gruppi di lavoro elaboreranno
una "mappa della mobilità", che rappresenta lo scenario
degli spostamenti e dei flussi "verso e da" il luogo di lavoro.
Infine si cercheranno di individuare e praticare nuove soluzioni di mobilità,
come ad esempio: nuovi servizi di trasporto pubblico, nuovi comportamenti
nel trasporto privato. Bastano pochi dati per capire che un progetto
di mobility management possa essere realizzabile a patto di tempi molto
lunghi. Le abitudini di spostamento sono ancora lontane dal concetto
di mobilità sostenibile; basti pensare che in città, mediamente,
80 auto su 100 vengono utilizzate al massimo per un'ora al giorno, trasportando
1,2 persone. É evidente che i casi in cui un'auto trasporta due
o più persone sono una rarità. È solo attraverso
un lavoro sinergico tra enti pubblici, progettisti e aziende che si potrà agire
e arrivare a ottenere una "cultura della mobilità sostenibile" percorrendo
una doppia via: quella delle persone (e delle scelte quotidiane di spostamento)
e quella pubblica dei progetti, delle linee guida e delle risorse messe
a disposizione.
|