una cultura industriale piÙ positiva
L'AMBIENTE É UN FATTORE DI COMPETITIvitÀ
TENDENZE E FATTORI
DI CRESCITA Nei SERVIZI
ESTERNALIZZARE PER LA RIPRESA ECONOMICA
una cultura industriale piÙ positiva
L'AMBIENTE É UN FATTORE DI COMPETITIvitÀ
La politica sulla gestione dei
rifiuti può diventare un'opportunità per tutti
Emma
Marcegaglia
Vice Presidente Confindustria per l’Impresa e il Territorio
L'ambiente rappresenta una delle grandi priorità di questi anni,
non solo per l'interesse che suscita nell'opinione pubblica e per i riflessi
che ha sulla qualità della vita, ma anche per il ruolo che riveste
nelle sfide che la globalizzazione impone a tutti i Paesi, da quelli industrializzati
a quelli emergenti delle aree in via di sviluppo e a quelli, purtroppo
numerosi, che versano ancora in condizioni di grave arretratezza e povertà.
Non c'è bisogno di particolari spiegazioni per comprendere che se
c'è un tema globale per definizione è proprio quello della
politica ambientale. É del tutto evidente che comportamenti ecologicamente
dannosi che si verificano in una determinata zona del pianeta hanno riflessi
anche sulla restante parte del globo. Ecco perché l'ambiente è divenuto
centrale nel dibattito sulla globalizzazione, alimentando discussioni sulle
implicazioni che le scelte di politica ambientale hanno sia sulla qualità della
vita dei popoli, sia sulla competitività delle imprese e quindi
di ogni sistema paese. Negli ultimi anni quella cultura industriale che
considerava l'ambiente un vincolo e un freno è andata progressivamente
cedendo il passo a una cultura più positiva, che vede nell'ambiente
un'opportunità di sviluppo. Da una posizione tradizionalmente difensiva,
in qualche caso addirittura passiva, si è passati a una visione
più propositiva e proattiva. Si è capito che l'ambiente è un
valore da difendere e sostenere e che la tutela ambientale, se affrontata
correttamente, non solo è compatibile con la crescita delle imprese
e con lo sviluppo economico dei Paesi, ma può anche costituire un
potente fattore di benessere per l'intera società. La strada dello
sviluppo sostenibile, però, trova ancora forti condizionamenti a
livello teorico e nella sua attuazione pratica. É ormai da diversi
anni che si parla di "sviluppo sostenibile", inteso come quello
sviluppo che incontra le necessità della generazione presente senza
compromettere il soddisfacimento dei propri bisogni da parte delle generazioni
future. Tuttavia, mancano tuttora le strategie effettive per tradurre nel
concreto tali assunzioni teoriche, sicuramente condivisibili e di assoluto
valore. In questa situazione di stallo si assiste spesso alla criminalizzazione
dell'attività industriale, indicata come una delle maggiori cause
del degrado ambientale globale. A tale proposito, pur sottolineando come
il dibattito ambientale intorno alle responsabilità dell'industria
sia stato sostanzialmente caratterizzato da molta retorica piuttosto che
dall'attiva ricerca di possibili soluzioni, è importante evidenziare
alcuni aspetti fondamentali con cui dobbiamo confrontarci. Negli ultimi
vent'anni, di fronte ai risultati prodotti da una cultura di governo sui
temi ambientali (comune a molti Paesi) desiderosa più di imporre
piuttosto che di coinvolgere, risulta ormai acquisito che è il mercato
a dover recitare il ruolo di spinta propulsiva al cambiamento. É anche
vero, però, che alle spinte sempre più consapevoli dei consumatori
e della società non si può rispondere con atteggiamenti elusivi
da parte del mondo imprenditoriale, né è possibile minimizzare
acriticamente i problemi dell'inquinamento. Inoltre, di fronte alla complessità dei
principali problemi legati all'inquinamento dell'ambiente, non è più attuabile
demandare la ricerca delle possibili soluzioni alle sole istituzioni, ma
occorre che tutte le innovazioni tecnico-scientifiche, nonché gestionali,
che il settore industriale può rendere disponibili, siano adeguatamente
supportate affinché la loro diffusione possa essere la più vasta
possibile. Solo partendo da questi presupposti si potrà concretizzare
una strategia di successo per la risoluzione dei principali problemi dell'inquinamento
senza impedire, al contempo, politiche di sviluppo che coinvolgano i Paesi
industrializzati e quelli più poveri, nel pieno rispetto del desiderio
di tutti al miglioramento dei propri standard di qualità della vita. É in
questo modo che il fattore ambiente può diventare un prezioso patrimonio
di risorse da valorizzare e una fonte di opportunità per lo sviluppo
economico e la crescita sociale. In caso contrario, continuerà a
prevalere l'aspetto vincolistico che, ad esempio, in Italia è all'origine
della giungla legislativa e burocratica che soffoca quella parte del Paese
che, avendo le potenzialità per crescere, vorrebbe percorrere la
strada di uno sviluppo sano e rispettoso dell'ambiente e della qualità della
vita. Inoltre, è proprio l'aspetto vincolistico che, allo stesso
tempo, non riesce a esercitare alcuna azione efficace di controllo verso
le azioni criminose nei confronti dell'ambiente. Un caso emblematico è rappresentato
dalla politica in materia di gestione dei rifiuti. L'industria ha già da
tempo l'obiettivo di offrire prodotti sempre più leggeri, prevenendo
in tal modo la formazione di rifiuti inutili, e di arrivare a obiettivi
di recupero e riciclaggio sempre più ambiziosi. Buoni risultati
in questo senso si sono già ottenuti, ad esempio, nel settore degli
imballaggi, mentre, soprattutto a seguito di nuove normative di imminente
attuazione, si prevedono fin dai prossimi anni importanti sviluppi in termini
di recupero e riciclo anche nel settore degli autoveicoli e delle apparecchiature
elettroniche. L'esperienza italiana in materia di obiettivi di raccolta
differenziata ha rappresentato certamente un positivo stimolo verso strategie
integrate, vantaggiose per il riciclo. L'esperienza del CONAI ci testimonia
come una gestione privatistica, affidata alle stesse imprese responsabili
della gestione degli imballaggi, possa rispondere con efficacia a esigenze
di carattere pubblico. Tuttavia, per incentivare concretamente migliori
risultati, è necessario che il ricorso a nuovi progetti sia quanto
mai attento e finalizzato a promuovere il recupero e non a disincentivare
le imprese con ulteriori inutili gravami tecnici e amministrativi. Semplificazione,
applicabilità ed efficacia delle norme dovrebbero essere le maggiori
preoccupazioni nella definizione delle nuove azioni da avviare. Per quanto
riguarda i rifiuti industriali, si deve osservare che già da diversi
anni essi sono oggetto di azioni di minimizzazione nelle singole aziende,
essendo questa una componente che incide sensibilmente sui fattori di costo
e quindi sulla competitività. Un ulteriore incentivo in questa direzione
può comunque venire dall'applicazione della normativa sulla prevenzione
e il controllo integrato dell'inquinamento (IPPC), che impone alle imprese
l'adozione delle migliori tecniche disponibili, oppure attraverso programmi
di ricerca per l'innovazione tecnologica sul tema della prevenzione nella
produzione di rifiuti da cui trarrebbero vantaggio soprattutto le piccole
e medie imprese. A nostro avviso, però, il vero punto debole della
politica ambientale sui rifiuti in Italia resta, innanzitutto, l'insufficiente
ricorso al recupero di energia. Si tratta di uno strumento indispensabile
per una corretta gestione integrata dei rifiuti, che viene però osteggiato
pur in assenza di reali valide alternative. Senza un adeguato ricorso al
recupero di energia, sembra inevitabile che ogni tentativo di una gestione
integrata e ambientalmente corretta dei rifiuti diventi velleitario, con
la conseguenza che ne risultano favoriti gli smaltimenti illegali. Lo sviluppo
degli impianti di recupero di energia dai rifiuti richiede una maggiore
diffusione della cultura ambientale, attraverso l'informazione e il coinvolgimento
della popolazione nelle decisioni da prendere. I cittadini hanno il diritto
di conoscere e discutere gli strumenti e le misure di protezione che sono
messi in atto per tutelare la loro salute e il loro benessere. Ma devono
accettare un confronto, sulla base di dati oggettivi, senza pregiudizi
ideologici verso quelle soluzioni che in altre parti d'Italia e nel resto
d'Europa rappresentano normali prassi gestionali. Infine, occorre considerare
il ruolo del settore industriale derivante dalla gestione ambientale, il
cosiddetto downstream. Questo settore, occupandosi di aspetti quali il
trattamento, il riciclo o lo smaltimento dei rifiuti e la depurazione delle
acque, si colloca a valle del ciclo manifatturiero. Queste attività hanno
un impatto positivo non solo sull'ambiente, ma anche sulle capacità tecnologiche
della filiera di prodotto e dei servizi ambientali, sul reddito e sull'occupazione
e rappresentano una parte importante dell'insieme delle infrastrutture
di un Paese. Per sfruttare l'elevato potenziale di crescita di questo settore
risultano però necessarie politiche che perseguano la liberalizzazione
del mercato (oggi limitato dalla privativa comunale e dalle gestioni dirette
dei rifiuti solidi urbani da parte dei Comuni) e favoriscano idonei interventi
sotto il profilo della ricerca scientifica e tecnologica.
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