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  Dicembre 2012

Articoli n° 5
giugno 2005
 


ASSOCIAZIONE LUCA COSCIONI

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una cultura industriale piÙ positiva
L'AMBIENTE É UN FATTORE DI COMPETITIvitÀ

TENDENZE E FATTORI DI CRESCITA Nei SERVIZI
ESTERNALIZZARE PER LA RIPRESA ECONOMICA

una cultura industriale piÙ positiva
L'AMBIENTE É UN FATTORE DI COMPETITIvitÀ
La politica sulla gestione dei rifiuti può diventare un'opportunità per tutti

Emma Marcegaglia
Vice Presidente Confindustria per l’Impresa e il Territorio


L'ambiente rappresenta una delle grandi priorità di questi anni, non solo per l'interesse che suscita nell'opinione pubblica e per i riflessi che ha sulla qualità della vita, ma anche per il ruolo che riveste nelle sfide che la globalizzazione impone a tutti i Paesi, da quelli industrializzati a quelli emergenti delle aree in via di sviluppo e a quelli, purtroppo numerosi, che versano ancora in condizioni di grave arretratezza e povertà. Non c'è bisogno di particolari spiegazioni per comprendere che se c'è un tema globale per definizione è proprio quello della politica ambientale. É del tutto evidente che comportamenti ecologicamente dannosi che si verificano in una determinata zona del pianeta hanno riflessi anche sulla restante parte del globo. Ecco perché l'ambiente è divenuto centrale nel dibattito sulla globalizzazione, alimentando discussioni sulle implicazioni che le scelte di politica ambientale hanno sia sulla qualità della vita dei popoli, sia sulla competitività delle imprese e quindi di ogni sistema paese. Negli ultimi anni quella cultura industriale che considerava l'ambiente un vincolo e un freno è andata progressivamente cedendo il passo a una cultura più positiva, che vede nell'ambiente un'opportunità di sviluppo. Da una posizione tradizionalmente difensiva, in qualche caso addirittura passiva, si è passati a una visione più propositiva e proattiva. Si è capito che l'ambiente è un valore da difendere e sostenere e che la tutela ambientale, se affrontata correttamente, non solo è compatibile con la crescita delle imprese e con lo sviluppo economico dei Paesi, ma può anche costituire un potente fattore di benessere per l'intera società. La strada dello sviluppo sostenibile, però, trova ancora forti condizionamenti a livello teorico e nella sua attuazione pratica. É ormai da diversi anni che si parla di "sviluppo sostenibile", inteso come quello sviluppo che incontra le necessità della generazione presente senza compromettere il soddisfacimento dei propri bisogni da parte delle generazioni future. Tuttavia, mancano tuttora le strategie effettive per tradurre nel concreto tali assunzioni teoriche, sicuramente condivisibili e di assoluto valore. In questa situazione di stallo si assiste spesso alla criminalizzazione dell'attività industriale, indicata come una delle maggiori cause del degrado ambientale globale. A tale proposito, pur sottolineando come il dibattito ambientale intorno alle responsabilità dell'industria sia stato sostanzialmente caratterizzato da molta retorica piuttosto che dall'attiva ricerca di possibili soluzioni, è importante evidenziare alcuni aspetti fondamentali con cui dobbiamo confrontarci. Negli ultimi vent'anni, di fronte ai risultati prodotti da una cultura di governo sui temi ambientali (comune a molti Paesi) desiderosa più di imporre piuttosto che di coinvolgere, risulta ormai acquisito che è il mercato a dover recitare il ruolo di spinta propulsiva al cambiamento. É anche vero, però, che alle spinte sempre più consapevoli dei consumatori e della società non si può rispondere con atteggiamenti elusivi da parte del mondo imprenditoriale, né è possibile minimizzare acriticamente i problemi dell'inquinamento. Inoltre, di fronte alla complessità dei principali problemi legati all'inquinamento dell'ambiente, non è più attuabile demandare la ricerca delle possibili soluzioni alle sole istituzioni, ma occorre che tutte le innovazioni tecnico-scientifiche, nonché gestionali, che il settore industriale può rendere disponibili, siano adeguatamente supportate affinché la loro diffusione possa essere la più vasta possibile. Solo partendo da questi presupposti si potrà concretizzare una strategia di successo per la risoluzione dei principali problemi dell'inquinamento senza impedire, al contempo, politiche di sviluppo che coinvolgano i Paesi industrializzati e quelli più poveri, nel pieno rispetto del desiderio di tutti al miglioramento dei propri standard di qualità della vita. É in questo modo che il fattore ambiente può diventare un prezioso patrimonio di risorse da valorizzare e una fonte di opportunità per lo sviluppo economico e la crescita sociale. In caso contrario, continuerà a prevalere l'aspetto vincolistico che, ad esempio, in Italia è all'origine della giungla legislativa e burocratica che soffoca quella parte del Paese che, avendo le potenzialità per crescere, vorrebbe percorrere la strada di uno sviluppo sano e rispettoso dell'ambiente e della qualità della vita. Inoltre, è proprio l'aspetto vincolistico che, allo stesso tempo, non riesce a esercitare alcuna azione efficace di controllo verso le azioni criminose nei confronti dell'ambiente. Un caso emblematico è rappresentato dalla politica in materia di gestione dei rifiuti. L'industria ha già da tempo l'obiettivo di offrire prodotti sempre più leggeri, prevenendo in tal modo la formazione di rifiuti inutili, e di arrivare a obiettivi di recupero e riciclaggio sempre più ambiziosi. Buoni risultati in questo senso si sono già ottenuti, ad esempio, nel settore degli imballaggi, mentre, soprattutto a seguito di nuove normative di imminente attuazione, si prevedono fin dai prossimi anni importanti sviluppi in termini di recupero e riciclo anche nel settore degli autoveicoli e delle apparecchiature elettroniche. L'esperienza italiana in materia di obiettivi di raccolta differenziata ha rappresentato certamente un positivo stimolo verso strategie integrate, vantaggiose per il riciclo. L'esperienza del CONAI ci testimonia come una gestione privatistica, affidata alle stesse imprese responsabili della gestione degli imballaggi, possa rispondere con efficacia a esigenze di carattere pubblico. Tuttavia, per incentivare concretamente migliori risultati, è necessario che il ricorso a nuovi progetti sia quanto mai attento e finalizzato a promuovere il recupero e non a disincentivare le imprese con ulteriori inutili gravami tecnici e amministrativi. Semplificazione, applicabilità ed efficacia delle norme dovrebbero essere le maggiori preoccupazioni nella definizione delle nuove azioni da avviare. Per quanto riguarda i rifiuti industriali, si deve osservare che già da diversi anni essi sono oggetto di azioni di minimizzazione nelle singole aziende, essendo questa una componente che incide sensibilmente sui fattori di costo e quindi sulla competitività. Un ulteriore incentivo in questa direzione può comunque venire dall'applicazione della normativa sulla prevenzione e il controllo integrato dell'inquinamento (IPPC), che impone alle imprese l'adozione delle migliori tecniche disponibili, oppure attraverso programmi di ricerca per l'innovazione tecnologica sul tema della prevenzione nella produzione di rifiuti da cui trarrebbero vantaggio soprattutto le piccole e medie imprese. A nostro avviso, però, il vero punto debole della politica ambientale sui rifiuti in Italia resta, innanzitutto, l'insufficiente ricorso al recupero di energia. Si tratta di uno strumento indispensabile per una corretta gestione integrata dei rifiuti, che viene però osteggiato pur in assenza di reali valide alternative. Senza un adeguato ricorso al recupero di energia, sembra inevitabile che ogni tentativo di una gestione integrata e ambientalmente corretta dei rifiuti diventi velleitario, con la conseguenza che ne risultano favoriti gli smaltimenti illegali. Lo sviluppo degli impianti di recupero di energia dai rifiuti richiede una maggiore diffusione della cultura ambientale, attraverso l'informazione e il coinvolgimento della popolazione nelle decisioni da prendere. I cittadini hanno il diritto di conoscere e discutere gli strumenti e le misure di protezione che sono messi in atto per tutelare la loro salute e il loro benessere. Ma devono accettare un confronto, sulla base di dati oggettivi, senza pregiudizi ideologici verso quelle soluzioni che in altre parti d'Italia e nel resto d'Europa rappresentano normali prassi gestionali. Infine, occorre considerare il ruolo del settore industriale derivante dalla gestione ambientale, il cosiddetto downstream. Questo settore, occupandosi di aspetti quali il trattamento, il riciclo o lo smaltimento dei rifiuti e la depurazione delle acque, si colloca a valle del ciclo manifatturiero. Queste attività hanno un impatto positivo non solo sull'ambiente, ma anche sulle capacità tecnologiche della filiera di prodotto e dei servizi ambientali, sul reddito e sull'occupazione e rappresentano una parte importante dell'insieme delle infrastrutture di un Paese. Per sfruttare l'elevato potenziale di crescita di questo settore risultano però necessarie politiche che perseguano la liberalizzazione del mercato (oggi limitato dalla privativa comunale e dalle gestioni dirette dei rifiuti solidi urbani da parte dei Comuni) e favoriscano idonei interventi sotto il profilo della ricerca scientifica e tecnologica.

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