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  Dicembre 2012

Articoli n° 5
giugno 2005
 


ASSOCIAZIONE LUCA COSCIONI

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BNUOVO BILANCIO D'ESERCIZIO
LA FISCALITÀ DIFFERITA

La corretta determinazione del carico fiscale tutela i soci

Lorenzo Iaselli
Dottore Commercialista - Studio Giunta, Caserta
liasell@tin.it - dr.giunta@studiogiunta.it


La rappresentazione obbligatoria della fiscalità differita negli schemi di Stato Patrimoniale e di Conto Economico, costituisce una delle novità di maggiore interesse apportate in tema di bilancio dalla recente riforma del diritto societario (Decreto Legislativo 6/2003). Finora, infatti, l'iscrizione della fiscalità differita in bilancio era stata raccomandata esclusivamente dal Principio Contabile n.25, emanato nel marzo 1999 dai Consigli Nazionali dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri e Periti Commerciali, al fine di ottemperare alla «necessità di far gravare sull'esercizio di produzione dei redditi, il carico tributario ad esso correlato, in termini di imposte dirette, eliminando gli effetti temporanei che generano una traslazione parziale o totale nel tempo, del carico tributario gravante sul reddito prodotto». In pratica, dunque, se i Principi Contabili Nazionali e quelli Internazionali (IAS n.12, "Income Taxes") già da alcuni anni hanno rimarcato l'importanza della rilevazione della fiscalità differita in bilancio, nel rispetto del principio di competenza economica, solo a partire dai bilanci chiusi al 31 dicembre 2004 tale adempimento diviene obbligatorio per la platea dei contribuenti interessati.
Quali sono le cause della fiscalità differita? Com'è noto, per addivenire al calcolo della base imponibile cui riferire le aliquote d'imposizione fiscale (IRES e IRAP), bisogna far riferimento all'utile di bilancio ante-imposte, risultato che viene calcolato sulla base delle norme civilistiche e dei principi contabili. A tale grandezza, alla luce del disposto dell'art.83 del T.U.I.R., vengono apportate variazioni in aumento e in diminuzione, secondo quanto disposto dalla normativa fiscale. Tali rettifiche, derivanti dall'indeducibilità fiscale di un costo di competenza o dalla non imponibilità fiscale di un componente positivo di competenza dell'esercizio, determinano inevitabilmente delle differenze tra il risultato civilistico e quello fiscale. Ai fini della corretta rappresentazione contabile della fiscalità differita, occorre distinguere, tra le citate differenze, quelle a carattere permanente da quelle a carattere temporaneo. Le prime sono variazioni del reddito civilistico destinate a non compensarsi in futuro con variazioni di segno opposto (tipico è il caso della quota indeducibile delle spese di rappresentanza, pari ai due terzi del loro importo). Le seconde, d'altro canto, si originano allorché le norme fiscali stabiliscono che un componente negativo o positivo di reddito, lungi dall'essere indeducibile o non imponibile tout court, possa o debba essere semplicemente dedotto o tassato in un periodo successivo a quello di competenza economica. Si può far riferimento, al riguardo, a un compenso deliberato in favore dell'amministratore dall'assemblea degli azionisti, ma non ancora corrisposto al 31 dicembre (differenza temporanea deducibile o passiva, che determina un aumento temporaneo del reddito imponibile, destinata ad esaurire il suo effetto nell'esercizio in cui il compenso sarà pagato), oppure alle plusvalenze patrimoniali tassate in più esercizi (differenze temporanee tassabili attive, che determinano una diminuzione temporanea del reddito imponibile). Esclusivamente le differenze temporanee impongono l'obbligo di tener conto della fiscalità differita, mediante il calcolo di imposte anticipate (ovvero crediti per imposte pagate anticipatamente rispetto al periodo di competenza temporale, che saranno recuperate allorché gli oneri diventeranno fiscalmente deducibili) e di imposte differite (ovvero costi di competenza dell'esercizio da rilevare in contropartita di un apposito fondo imposte differite che si estinguerà col pagamento dei futuri debiti tributari connessi).
L'obbligo posto a carico del redattore del nuovo bilancio d'esercizio avrà, dunque, l'effetto di ripristinare, nell'esercizio di competenza del componente positivo o negativo di reddito, il pieno allineamento tra detto componente e l'effetto fiscale da esso generato. La disposizione è diretta conseguenza della necessità di raggiungere la prevalenza della sostanza sulla forma e di eliminare le interferenze fiscali nella redazione del bilancio d'esercizio. L'abolizione del cosiddetto doppio binario, infatti, comporterà inevitabilmente una più diffusa divergenza tra reddito di bilancio e reddito fiscale, che andava controbilanciata proprio dai maggiori adempimenti in tema di fiscalità differita.
In concreto, il nuovo dettato normativo previsto dalla riforma Vietti, introduce le seguenti modifiche agli schemi di bilancio:
- aggiunta nell'attivo dello stato patrimoniale della voce C.II.4-bis, "Crediti Tributari";
- aggiunta, sempre in stato patrimoniale, della voce C.II.4-ter, "Imposte anticipate", che consente l'iscrizione della fiscalità differita attiva in una voce separata rispetto ai crediti tributari;
- integrazione della voce B.2 del passivo dello stato patrimoniale, che viene chiamata "Fondi per rischi ed oneri: per imposte, anche differite";
- integrazione della voce 22 del conto economico, che viene denominata "Imposte sul reddito dell'esercizio: correnti, differite e anticipate".
É opportuno sottolineare che l'iscrizione di un'attività per imposte anticipate è subordinata all'esistenza della "ragionevole certezza" che in futuro le imposte prepagate si possano compensare con le imposte differenziali correlate ai maggiori imponibili. Inoltre, occorrerà monitorare di anno in anno l'ammontare delle imposte anticipate iscritte in bilancio, al fine di verificare periodicamente il requisito della ragionevole certezza di ottenere in futuro redditi "capienti" per recuperare l'intero importo. Di particolare interesse appare, poi, l'analisi degli effetti delle nuove disposizioni sul contenuto della nota integrativa: il punto 14 del nuovo articolo 2427 Codice Civile comporta l'obbligo di redigere un apposito "prospetto di riconciliazione" tra risultato civilistico e risultato fiscale, che illustri:
- la descrizione delle differenze temporanee che hanno comportato la rilevazione di imposte differite, specificando le aliquote applicate e le variazioni rispetto al precedente esercizio, le voci escluse dal computo e le relative motivazioni;
- l'ammontare di imposte anticipate contabilizzato in bilancio attinente a perdite dell'esercizio o di esercizi precedenti (anche le perdite fiscali riportabili, difatti, generano imposte anticipate, dato che il carico tributario futuro sarà ridotto negli esercizi di utilizzazione della perdita in compensazione);
- l'ammontare non ancora contabilizzato e la relativa motivazione.
In conclusione, sembra opportuno operare una riflessione sulla ratio della norma in esame: la corretta determinazione del carico fiscale di competenza dell'esercizio, da operarsi tramite la rilevazione obbligatoria della fiscalità differita, va interpretata, innanzitutto, come uno strumento di tutela nei confronti dei soci. Difatti, la mancata contabilizzazione di imposte differite, nel caso di differenze temporanee tassabili, avvantaggia la compagine sociale in carica nell'anno di sfruttamento dell'agevolazione tributaria, penalizzando, al contrario, i soci che subiscono il "reversal effect".

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