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  Dicembre 2012

Articoli n° 5
giugno 2005
 


ASSOCIAZIONE LUCA COSCIONI

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COME SI DIVENTA DOTTORI COMMERCIALISTI
LA DISCIPLINA DEI COMPENSI DEI PRATICANTI

IL DECRETO COMPETITIVITÀ
IMPORTAnTI MODIFICHE ALLA LEGGE 488/92

COME SI DIVENTA DOTTORI COMMERCIALISTI
LA DISCIPLINA DEI COMPENSI DEI PRATICANTI
Il rapporto di tirocinio è per sua natura gratuito

Giancarmine Vitolo
Componente Ordine dei Dottori Commercialisti di Salerno
Giancarmine@CFV.local

 

Per poter esercitare la professione di dottore commercialista è necessario superare un esame di Stato che attribuisca l'abilitazione all'esercizio della professione ai sensi della L.14.2.1992, n.206 e del D.M. 10.3.1995, n.327, permettendo l'iscrizione nell'apposito albo. A tal fine per poter sostenere tale esame è previsto, per coloro i quali abbiano conseguito una laurea in economia e commercio e/o altro titolo equipollente, un periodo di tirocinio della durata di 3 anni presso un dottore commercialista regolarmente iscritto all'albo professionale; il tirocinante, pertanto, dovrà iscriversi in un apposito registro presso l'albo dove risulta iscritto il professionista già abilitato, e produrre periodicamente un libretto sul quale annotare l'oggetto degli atti professionali alla cui predisposizione e redazione lo stesso tirocinante ha partecipato. La ratio è da ricercarsi nel fatto che mentre con il conseguimento del titolo di studio si acquisiscono conoscenze teoriche, il tirocinio permette di ottenere esperienze concrete nell'applicazione di quanto appreso durante gli studi. La premessa ci porta, quindi, a considerare quale sia il rapporto che si instaura fra dottore commercialista e tirocinante durante il periodo che occorre per poter essere dichiarato idoneo al sostenimento degli esami di Stato. Il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti prese posizione in materia con l'emanata circolare del 27.5.2004 n.18, asserendo che il rapporto che si instaura fra dottore commercialista e praticante sia da inquadrarsi nell'ambito dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa. In merito spetta al dottore commercialista sia la garanzia del requisito della continuità, sia il programma di attività da sottoporre al praticante adeguandolo alle esigenze dello studio. Le critiche rivolte alla posizione assunta dal Consiglio nazionale furono diverse e provenienti da più parti. In particolare si pronunciarono in totale disaccordo l'Unione giovani dottori commercialisti, e altre categorie professionali quali il Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro e il Consiglio nazionale dei ragionieri. Le motivazioni erano legate sia alla visione civilistica cui ricondurre la fattispecie del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, anche alla luce della riforma Biagi, e sia per la mancata definizione di una regolamentazione ad hoc per la tematica del tirocinio. Infatti, l'orientamento prevalente, peraltro avallato dalla giurisprudenza, è quello di considerare il tirocinio come un percorso formativo e conoscitivo di tematiche affrontate nel corso degli studi universitari solo da un punto di vista teorico. Tutto quanto è supportato dalla considerazione che tra il professionista e il tirocinante manca il sinallagma tipico di qualsiasi rapporto di lavoro, in quanto il professionista è impegnato in una attività formativa con l'unico obiettivo di far apprendere la conoscenza e le modalità di svolgimento dell'attività. Lo stesso Consiglio nazionale, con la circolare 68/1995 aveva ribadito che «...il tirocinio è per sua natura gratuito...». É pur vero, comunque che il dottore commercialista potrebbe ricevere un qualche valido aiuto a fronte dell'attività di insegnamento, ad esempio nello sbrigare pratiche e lavori di facile realizzazione; come è vero che potrebbe corrispondere al praticante una somma di denaro - a titolo di rimborso spese, indennità, sussidio o borsa di studio - avente carattere meramente incentivante per garantire un maggiore impegno e stimolo da parte del praticante stesso. Ma è anche vero che tutto ciò non è di per sé sufficiente a modificare la causa tipica del rapporto che rimane quella della formazione. A fronte delle obiezioni mosse alla emanazione della citata circolare 18/2004, alla quale veniva imputato, tra l'altro, la mancanza di un nesso tra corrispettivo ricevuto e attività prestata, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ha adottato la delibera 5.10.2004, n.317 con la quale ha modificato gli artt.37 e 39 del codice deontologico. Dopo le citate modifiche l'art.39 recita: «…Il rapporto di praticantato - considerato come periodo di apprendimento - è per sua natura gratuito...» e che eventuali somme attribuite al praticante sono «...per favorire e incentivare l'impegno e l'assiduità dell'attività svolta...». A sua volta l'art.37 del codice deontologico prevede che il dottore commercialista «…deve gestire i rapporti con chi svolge il tirocinio presso il suo studio nella massima chiarezza con riferimento ai compiti, ai ruoli, alle somme attribuite e in genere a tutte le condizioni alle quali le due parti si devono attenere durante e dopo lo svolgimento del tirocinio…». L'articolo conclude con: «…É opportuno che il rapporto sia disciplinato per iscritto». Successivamente il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ha emanato la circolare 20.10.2004, n.25, superando di fatto quanto affermato nella precedente circolare 18/2004; con questo il Consiglio ha chiarito che il rapporto di praticantato non è da considerarsi come un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa ma rispecchia appieno i connotati tipici della formazione e dell'apprendimento.
Aspetti fiscali e previdenziali
Dopo il dovuto excursus sulla vicenda è opportuno inquadrare la problematica sia in materia fiscale che previdenziale, nel caso in cui il dottore commercialista dovesse corrispondere somme di danaro al proprio tirocinante. Tali somme sono riconducibili dal punto di vista fiscale all'art.50, comma 1, lett. c), del T.U.I.R.. La citata norma del T.U. riconduce ai redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente «Tutte le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante». Lo stesso Ministero a mezzo di risoluzione (n.365/2002) ha fatto rientrare nella fattispecie dell'art.50 del T.U.I.R. anche le somme erogate per corsi di formazione che abbiano lo scopo di un futuro eventuale inserimento del percettore nel mondo del lavoro. In pratica sulle somme corrisposte il dottore commercialista, nella sua qualità di sostituto d'imposta, dovrà procedere al prelievo in termini di ritenuta Irpef a titolo di acconto prevista dall'art.24 D.P.R. 600/1973, calcolata sulla base imponibile ai sensi dell'art.52 del T.U.I.R., applicando nel contempo le addizionali regionali e comunali. Per effetto delle somme erogate e oggetto di prelievo fiscale il dottore commercialista dovrà, altresì, rilasciare al tirocinante entro il 15 marzo dell'anno successivo a quello in cui è avvenuto il pagamento dei compensi apposita certificazione (CUD); così come sarà tenuto a redigere e presentare apposita dichiarazione 770 (ex art. 7, D.P.R. 600/1973). Per quanto attiene, invece, all'IVA i compensi percepiti dal tirocinante, per i titoli di cui sopra, non sono soggetti a tale tributo, venendo a mancare il presupposto soggettivo. Da ultimo i compensi percepiti a titolo di borsa di studio non comportano l'obbligo, dal punto di vista previdenziale, di iscrizione alla gestione separata INPS, né tantomeno a quella INAIL. Per completezza di esposizione si precisa che il dottore commercialista può stabilire con il tirocinante altra tipologia di rapporto di lavoro che sia rappresentata da un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa e/o da un rapporto di lavoro dipendente, nel qual caso da assoggettare alla disciplina vigente in materia, ma dovrà tenere presente che non dovrà generare incompatibilità con la formazione che presuppone due riferimenti ben precisi: una media di almeno quattro ore giornaliere a ciò dedicate e l'inquadramento a un livello occupazionale con le mansioni svolte dal tirocinante.

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