INNOVAZIONE
l’intervista A GUIDO TROMBETTI- l’italia ha un forte
bisogno di logica
l’intervista A RAIMONDO PASQUINO- salerno dinamica
nella ricerca applicata
l’intervENTO A FRANCESCO DE LONGIS -innovazione È competere
Brevetti: cosa sono
e cosa È possibile depositare
Xilopack: imballi da Oscar
Rummo: l’invenzione della pasta a Lenta Lavorazione
Edilizia, Vestrut: un sistema per grandi solai senza pilastri
Villa Massa: limoncello e altri prodotti “spiritosi” di alta qualitÀ
Estratti di innovazione alla Magaldi Ricerca & Brevetti
Università di Salerno: innovazione nell’elettronica per le fonti rinnovabili
Idee e brevetti
Campania in affanno
Pmi obbligate a “creare”
Notevoli ritardi nel deposito di invenzioni rispetto alle “prime della classe” Lombardia
e Lazio
di Raffaella VENERANDO
In un mondo sempre più globalizzato, che impone la difficile sfida di tener testa da un lato all'impero di "Cindia" con la sua struttura di costi impareggiabile e, dall'altro, ai Paesi sviluppati più dinamici con i loro prodotti ad alto contenuto tecnologico, per il nostro sistema produttivo sembra esserci un'unica strada possibile per recuperare competitività: fare dell'innovazione tecnologica il nuovo tricolore.
Quella italiana è una crisi strutturale dovuta ad anni di mancati investimenti in ricerca e sviluppo, a ritardi biblici rispetto all'adozione delle nuove tecnologie digitali, a modelli sbagliati di specializzazione settoriale e dimensionale. Il danno è così tratto: le imprese - special modo le piccole e medie - sono indietro in termini di produttività e di quote di mercato internazionale.
Non tutto sembra perduto però, e a far ben sperare che ci sia ancora modo e tempo per recuperare competitività, c'è il disegno di legge del Ministro dello Sviluppo Economico, Pierluigi Bersani, che strizza l'occhio all'industria, promettendo di agevolarla nell'avanzamento tecnologico di cui necessita per tornare a produrre meglio e di più. Il disegno di legge Bersani prevede, da una parte meccanismi di sostegno generalizzati, anche di carattere automatico, per incentivare e sostenere la ricerca, la riduzione dei costi di impresa, la promozione di investimenti, la crescita dimensionale delle imprese, dall'altra un sistema di incentivazione "ad hoc" con singoli obiettivi strategici realizzati in aree tecnologico-produttive con forte impatto sullo sviluppo.
La premessa politica del disegno di legge è quella di superare il concetto tradizionale di industria per aprirsi alla visione di un'economia moderna dove i servizi svolgono una parte preponderante. Lo spirito degli interventi, invece, è quello di mettere in rete le piccole e medie imprese, al fine di aumentarne la massa critica per muoversi meglio sul mercato.
Tra le sue componenti fondamentali si registrano: l'attenzione rivolta alla creazione e allo sviluppo delle imprese giovanili e al Mezzogiorno; il sostegno alla crescita di partnership pubblico-privato; le misure volte a consentire aggregazioni in reti d'impresa e cooperazione tra aziende per favorire, dicevamo, l'irrobustimento del tessuto delle micro-imprese; le agevolazioni fiscali (tre anni di imponibile unitario ai fini dell'Irpef e dell'Ires) per le reti d'impresa di cui possono fare parte anche le università; la più ampia concertazione tra il ministero dello Sviluppo Economico e i ministeri della Ricerca Scientifica e dell'Innovazione. Pezzo forte del disegno di legge Bersani è l'idea di una competitività riacciuffata con modalità di progetto, attraverso strumenti che definiscano con certezza obiettivi da conseguire, soggetti privati e pubblici da coinvolgere e interventi da attuare.
Ciascun "Progetto di innovazione industriale" sarà per l'appunto un piano che conterrà problematiche ed esigenze per ogni specifico comparto. Le aree tecnologiche, che in buona sostanza rappresenterebbero l'evoluzione dei distretti industriali, in cui individuare i Progetti saranno: efficienza energetica, mobilità sostenibile, nuove tecnologie della vita, nuove tecnologie per il made in Italy e tecnologie innovative per il patrimonio culturale. Queste aree sono coerenti con le indicazioni del VII Programma Quadro e delle principali Piattaforme Tecnologiche stabilite a livello europeo. La somma di più Progetti sarà il documento che ogni tre anni renderà chiare le linee strategiche per la competitività e lo sviluppo italiano, vale a dire cosa occorrerà fare complessivamente per rafforzare l'apparato produttivo, quali i settori strategici in cui sarà prioritario l'intervento per favorire l'innovazione tecnologica e sostenerla in maniera selettiva. L'iter prevede che il documento triennale, che contiene al suo interno gli interventi per l'innovazione industriale frutto della concertazione tra i ministeri dello Sviluppo Economico, della Ricerca Scientifica e dell'Innovazione Tecnologica e le deleghe al Governo in materia di riordino del sistema delle agevolazioni alle imprese, della disciplina delle reti di impresa e del codice della proprietà industriale, prima dell'approvazione definitiva, passi all'esame della conferenza Stato-Regioni per il parere. Le Regioni hanno chiesto e ottenuto di partecipare alla fase dell'elaborazione delle linee-guida e all'individuazione delle aree strategiche in cui intervenire. Dopo questo passaggio, il documento arriverà al Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica), presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri e partecipato dai ministri di riferimento, per essere approvato. I finanziamenti dei Progetti selezionati saranno statali, regionali, locali e privati (addio quindi agli interventi a pioggia).
Il monitoraggio e l'eventuale riprogrammazione degli interventi, infine, è affidata al Ministero per lo Sviluppo Economico; il Ministro per lo Sviluppo Economico riferisce ogni anno in Parlamento e alla Conferenza Stato-Regioni sui criteri utilizzati e sul raggiungimento degli obiettivi.
Pur riconoscendo il ruolo decisivo delle piccole imprese per la nostra economia e individuando una strategia di politica industriale tesa al recupero di competitività, il funzionamento complessivo del ddl appare non privo di punti critici. Desta qualche perplessità, ad esempio, il cursus di selezione dei Progetti. Ricapitoliamo le varie fasi in cui si articola la scelta del Progetto: un decreto del Ministro per lo Sviluppo Economico, di concerto con i ministri di Università e Innovazione nella Pubblica Amministrazione, individua i Progetti di innovazione industriale indicando le risorse necessarie a valere sul Fondo per la competitività, istituito presso il Ministero dello Sviluppo Economico. Prima notazione: dove sono le aziende? Se di Progetti di Innovazione Industriale si tratta non era forse il caso di prevedere il coinvolgimento delle imprese nella definizione delle linee strategiche per la competitività? Seconda notazione: in base a cosa il Ministero dello Sviluppo Economico preferirà un Progetto ad un altro se la validità dei contenuti dello stesso (l'elemento davvero premiabile) dovrà essere valutata solo in una fase successiva? Ad occuparsi dei contenuti di ciascun Progetto selezionato sarà un "responsabile esperto", che definirà modalità e criteri per individuare enti, imprese e associazioni da coinvolgere. Non resta che augurarsi quindi che tale esperto sia a sua volta scelto per merito e non per dote.
Il ddl Bersani si interessa anche del rinnovamento della procedura di brevettazione nazionale, aprendo buone prospettive per la valorizzazione e la tutela delle invenzioni italiane.
Fin qui, quindi, promesse allettanti che però sembrano essere destinate a rimanere gioielli di carta, se si considera che i provvedimenti della Legge Finanziaria non sembrano essere coerenti con questa impostazione. Infatti, gli interventi in materia previsti dal testo della Finanziaria 2007 non sembrano ispirati a una visione strategica complessiva e in linea con quanto sta accadendo sui mercati. Ad esempio, nel testo licenziato dal Ministero dell'Economia e delle Finanze è stato previsto un credito di imposta del 10% (per gli anni 2007-2009) per investimenti in ricerca, aumentabile fino al 15% delle spese sostenute se l'investimento consiste in commesse ad università ed enti di ricerca pubblici. In concreto l'agevolazione è limitata alla ricerca precompetitiva delle piccole e medie imprese che hanno bisogno, invece, di agevolazioni agli investimenti in innovazione di prodotto e di processo. Questo perché - vale la pena ricordarlo - la ricerca precompetitiva non la fanno di certo le Pmi ma le grandi imprese, per le quali però il massimale previsto dalla norma è in realtà troppo esiguo per dimostrarsi come un vero e proprio vantaggio (per impresa per anno di 1,5 milioni di euro). Tre anni poi sembrano essere davvero pochi, se si pensa che la Confindustria aveva richiesto che questa misura fosse valida per almeno 10. È stato poi previsto anche un altro credito di imposta per investimenti in innovazione informatica e brevetti - (artt. 18-19) - ma ha un massimale basso e soprattutto si applica solo nelle aree svantaggiate. L'Agenzia nazionale per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione, poi, sarà finanziata con soli 5 milioni di euro l'anno. A guardar bene uno stanziamento esiguo per un fine "dispendioso" quale quello di supportare iniziative di diffusione delle tecnologie dell'innovazione. Manca poi totalmente uno strumento fiscale per il supporto alla nascita e allo sviluppo di nuove imprese high tech. Completamente inevasa, quindi, la richiesta degli imprenditori di Confindustria di ottenere la totale esenzione dal pagamento degli oneri sociali per tutti gli addetti alla ricerca delle start-up tecnologiche per un periodo di 8 anni dalla loro creazione, e l'esenzione per tutto il personale per un periodo di 3 anni. Il testo prevede anche un rifinanziamento dei due fondi per ricerca e innovazione:
- Fondo competitività: 300 milioni di euro per il 2007 e di 400 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 assicurando il finanziamento dei progetti di innovazione industriale e la continuità degli interventi previsti dalla normativa vigente.
- FIRST: 300 milioni di euro per il 2007, 2008 e 360 milioni nel 2009 da destinare a integrazione del fondo.
Sono invece contemplate in Finanziaria alcune delle misure contenute nel disegno di legge Bersani relative a:
- riorganizzazione dei fondi per l'innovazione industriale del Ministero dello Sviluppo Economico (MSE) in un unico Fondo per la competitività (art. 104);
- fusione dei fondi per le attività di ricerca (FAR, PRIN, FIRB) del MUR in un unico Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) (art. 106);
- previsione di avviare dei progetti di innovazione industriale, di concerto tra il MSE, il MUR, il Ministero dell'Innovazione nella Pubblica Amministrazione, ed altri ministeri coinvolti nei progetti (art. 104).
Ovviamente, allo stato attuale (al momento in cui andiamo in stampa) i tempi non sono ancora maturi per stimare l'effettivo impatto di tali strumenti sulla reale attività di impresa, per cui solo il decollo del disegno di legge Bersani e della Finanziaria potranno scongiurare - o forse no - alcuni timori di eccessiva miopia normativa fin qui avanzati.
Ma, ad oggi, come siamo messi ad innovazione industriale?
Può dirsi sia stata - quando c'è stata - una scelta di campo, insieme alla ricerca, per il nostro sistema produttivo? Per misurare, seppur in parte, il livello di “capacità innovativa” nel nostro Paese, e in particolare nella nostra regione, abbiamo fatto riferimento a due indicatori: le rilevazioni regionali sulla R&S intra-muros relative al 2004 e il numero di brevetti depositati presso ciascuna Camera di Commercio campana, come output dell'effettiva forza innovativa del nostro sistema produttivo negli anni 2004, 2005 e 2006.
Spesa per R&S intra-muros a livello regionale
Nel 2004, la spesa per Ricerca & Sviluppo intra-muros (quella svolta dalle imprese, dalle istituzioni pubbliche e dalle istituzioni private non profit al proprio interno, con proprio personale e proprie attrezzature) vede al primo posto il Nord-ovest con il 36,9% della spesa complessiva (Lombardia 21,2% e Piemonte 12,4%), seguito dal Centro (26,6%), dal Nord-est e dal Mezzogiorno, rispettivamente 18,3% e 18,2% (vedi Tavola 1 - Fonte Istat).
La spesa per Ricerca & Sviluppo delle imprese è concentrata per più della metà nel Nord-ovest con un 54,9% di cui il 31,2% in Lombardia e il 20,2% in Piemonte, contro un 15% nel Centro.
E il Sud? Anche in questo caso è fanalino di coda con appena il 10,9%, di cui solo il 5% in Campania.
La distribuzione territoriale del personale addetto alla Ricerca & Sviluppo, invece, evidenzia alcune peculiarità rispetto all'analoga distribuzione della spesa (vedi Tavola 2).
Infatti, in questo caso il Mezzogiorno, pur classificandosi ultimo per concentrazione di addetti, raggiunge un considerevole 20,6% totale, di cui il 10,3% in Campania a riprova dell'importante ruolo svolto in quest'ambito dalla ricerca di matrice universitaria.
Anche riguardo al numero di domande di brevetti depositate presso le Camere di Commercio di ciascuna provincia, la Campania risulta essere in notevole ritardo se si paragona la sua effettiva capacità di innovazione a province come Milano o Roma.
Nel 2005 infatti, a fronte di 2.528 invenzioni industriali (vedi Tavola 4) della sola città di Milano e di 678 invenzioni industriali depositate presso la Camera di Commercio di Roma (vedi Tavola 5), in Campania nello stesso anno si sono registrate 2 invenzioni industriali nella provincia di Avellino, 2 nella provincia di Benevento, 11 a Caserta, 68 a Napoli e 21 a Salerno per un totale di 104 invenzioni industriali.
Non va meglio per i modelli di utilità, perché a fronte di 74 modelli di utilità registrati in Campania nel 2005, nella sola Milano se ne contano 461 e a Roma 184.
Lo stesso dicasi per il 2006 (i dati raccolti sono aggiornati in media a inizio ottobre). Infatti, se a Milano le invenzioni industriali assommano a 1.883 e a Roma a 555, ad Avellino sono solo 3, a Benevento 2, a Caserta 22, a Napoli 126 e a Salerno 29, per un monte complessivo di 182 invenzioni industriali.
I modelli di utilità sono invece 80 in tutta la Campania, 338 a Milano e 178 a Roma.
Anche se i numeri parlano chiaro e disegnano un attuale livello di innovazione industriale poco spinto, degno di nota risulta almeno il rafforzamento dei ritmi di crescita dell'innovazione industriale nella nostra regione. Qualcosa quindi si muove.
Se guardiamo all’anno 2004 (vedi Tavola 3) notiamo infatti che il totale di domande di brevetto registrate presso le Camere di Commercio della Campania era pari a sole 99 invenzioni industriali, di cui 1 depositata ad Avellino, 3 a Benevento, 4 a Caserta, 74 a Napoli e 17 registrate nella città di Salerno.
La tradizione ci vuole popolo di poeti, artisti, eroi, santi, pensatori, scienziati e navigatori ma, statistiche alla mano, la nostra tendenza nazionale di essere un popolo di creativi ed inventori è in declino.
Riusciremo a invertire la rotta e a trovare presto il giusto verso per tornare a pensare in grande e con inventiva?
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