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  Dicembre 2012

Articoli n° 9
NOVEMBRE 2006
 


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Fermo amministrativo:
abusi e rimedi

Cessione di cubatura:
destino dell’area assentita

La conciliazione amministrata dalle Camere di Commercio

La Cassazione sentenzia ancora sul mobbing

Basilea 2: un’opportunitÀ di crescita per le imprese

Fermo amministrativo:
abusi e rimedi

Gennaro STELLATO

La nuova tutela per diritti dei cittadini troppo facilmente calpestati

A partire dal primo ottobre 2006 l'istituto del fermo amministrativo, più noto come "ganasce fiscali" sarà gestito direttamente da una nuova società "La Riscossione Spa". Cosa potrà cambiare nel panorama della problematica nascente dall'abuso del predetto mezzo è difficile prevederlo: la speranza è che si arrivi ad una regolamentazione della procedura che consenta al contribuente di avere il tempo per poter provvedere senza correre, spesso per cifre irrisorie, per evitare situazioni di emergenza. Cosa sia il fermo amministrativo è ben noto a tutti. É un atto attraverso il quale le amministrazioni o gli enti competenti (Agenzia delle Entrate, INPS, Comuni, Regioni) provvedono, a mezzo degli enti esattori alla riscossione coattiva di crediti insoluti, attraverso il blocco di beni mobili iscritti in pubblici registri del debitore o dei coobbligati. In genere tale procedura è conseguente al mancato pagamento nel termine di sessanta giorni di cartelle di pagamento relative sia a tributi e tasse, sia a multe derivanti da infrazioni al codice della strada. La procedura seguita dall'ente esattore è semplice: una volta passato, senza che sia intervenuto il pagamento, il termine di sessanta giorni dalla notifica della cartella, questo potrà disporre il fermo di beni mobili registrati. L'esecuzione pratica avviene attraverso l'iscrizione del provvedimento nei pubblici registri automobilistici con invito al contribuente a provvedere al pagamento nei successivi venti giorni. Se ciò avverrà si potranno risparmiare le spese per la cancellazione ma pagare quelle relative all'iscrizione. Ovviamente il fermo amministrativo è propedeutico, in caso di persistenza del mancato pagamento, alla procedura di pignoramento o esproprio del mezzo, ma questa è un'altra storia. Le problematiche nascenti dalla predetta procedura riguardano essenzialmente due aspetti: uno riguarda la procedura da seguire per l'impugnazione, l'altro attiene all'abuso di tale mezzo di riscossione coattiva e le annesse conseguenze sul piano giudiziario. Sul primo punto va precisato che da anni si è sempre disputato sulla competenza e, in particolare, se questa ricadesse sull'Autorità Giudiziaria Ordinaria o su quella amministrativa o alle Commissioni Tributarie. Sulla questione si sono registrate decine di pronunce giurisprudenziali con investimento anche della Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 2053/2006) e del Consiglio di Stato (Sez. VI decisione n. 4581/2006). Finalmente la legge n. 248/2006 (di conversione del decreto Bersani), in vigore dal 12/8/06 sembra aver risolto la vertenza stabilendo la competenza delle Commissioni Tributarie Provinciali innanzi alle quali va impugnato il fermo amministrativo. Naturalmente l'impugnativa dell'atto presso le Commissioni Tributarie Provinciali, oltre che la fase di merito sotto il profilo sostanziale, prevede anche una fase cautelare in cui si potrà chiedere ed eventualmente ottenere, sussistendone i presupposti, la sospensione dell'impugnato provvedimento. Con la definitiva individuazione dell'organo competente dovrebbe almeno esservi maggior chiarezza e certezza oltre che un accorciamento dei tempi sempre che l'eccessivo proliferazione del contenzioso, derivante dall'abuso dell'esercizio dell'istituto, porti ad un intasamento delle Commissioni e ad un rallentamento dei tempi. Il secondo punto è più delicato, complesso e di non facile soluzione. La realtà è costituita dal fatto che, attraverso il fermo amministrativo di beni mobili registrati ed in particolare di automobili, la procedura di riscossione si velocizza attesa l'importanza del mezzo di trasporto nella vita quotidiana sia per i comuni cittadini che per le imprese. Da qui è derivato, da parte dell'ente preposto, un uso o un abuso di tale mezzo arrivando a procedere in tal modo anche per crediti irrisori senza parlare,ovviamente, dei casi derivanti dalle cosiddette "cartelle pazze". Indubbiamente non si può discutere dell'illegittimità del provvedimento in se stesso in quanto la normativa in vigore consente tale potere e l'ente esattore è libero di scegliere tale formula soprattutto in considerazione della rapidità in confronto a mezzi tradizionali di riscossione i cui tempi e probabilità di recupero sono certamente più lunghi e incerti. Il punto è stabilire, in relazione all'entità della somma ingiunta, all'attività svolta dal contribuente debitore e ad altre situazioni da analizzare di volta in volta, se si possano configurare gli estremi di risarcimento del danno. Ovviamente, dando per scontata tale ipotesi nel caso di iscrizione a ruolo illegittima o fermo effettuato per somme già pagate, resta da vedere la casistica generale. Sul punto vi sono state diverse pronunce e, allo stato, riesce difficile individuare dei criteri precisi cui potersi uniformare. Recentemente è intervenuta anche la Corte Costituzionale che, con ordinanza del 7/4/06 n. 149, ha respinto una serie di rilievi relativamente alla problematica in questione non rilevando alcun profilo di incostituzionalità. In generale le sentenze sino ad oggi emesse tendono fondamentalmente a sospendere l'esecuzione del provvedimento e riconoscere eventualmente un risarcimento del danno solo nei casi in cui vi sia stretto collegamento fra l'autovettura e l'attività lavorativa del contribuente; caso emblematico è quello del tassista. Naturalmente nella casistica giurisprudenziale non vanno prese in considerazione tante decisioni, spesso frutto di interpretazioni abnormi, soprattutto a livello di Giudici di Pace, che non trovano conferma nella normativa, sia pure incerta sino ad oggi in vigore. In sostanza, una volta finalmente stabilito a quale Giudice proporre ricorso, chiarito altresì che sempre davanti allo stesso è possibile richiedere la sospensione e, eventualmente, l'annullamento del provvedimento, resta aperta la questione del risarcimento del danno. La domanda molto semplice è: nell'ipotesi in cui l'iscrizione a ruolo sia legittima e sussista effettivamente il mancato pagamento delle cartelle come si può ipotizzare un eventuale risarcimento del danno? La risposta potrebbe ancorarsi all'accertamento della sproporzione fra la modestia della somma ancora da pagare e le conseguenze negative sulla vita del contribuente sia sotto il profilo lavorativo, sia sotto il profilo della vita di relazione. Sarebbe auspicabile un orientamento che inducesse l'Ente esattore a non procedere al fermo in caso di mancato pagamento di cifre modeste limitando l'esercizio di tale facoltà ai casi più eclatanti. Tuttavia va detto, ed è provato dalla statistica, che questo rimedio si è palesato molto efficace nell'ottica del recupero del credito e, quindi, credo che difficilmente sarà abbandonato.
L'abuso dovrebbe essere sanzionato soprattutto per le difficoltà e le problematiche che incontra il contribuente per poter risolvere tale problema. In tale prospettiva forse è possibile individuare una possibile strada per il risarcimento del danno.

*Avvocato - studiostellato@tiscali.it

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