Bilancio regionale 2006
Una nuova strategia È possibile?
a cura di Monica De Carluccio
![](images/campania.jpg)
L'Intervista - Antonio Valiante
L'Intervento - Pietro Cerrito
L'Intervista - Cristiana Coppola
L'Intervento - Giovanni Cotroneo
L'Intervento - Silvio Sarno
L'Intervento - Costanzo Jannotti Pecci
L'Intervento - Carlo Cicala
L'Intervento - Giovanni Lettieri
L'Intervento - Andrea Prete
La prima notizia dovrebbe essere, in tempi normali, una "non
notizia". Il Consiglio Regionale della Campania ha approvato,
nei termini, il Bilancio di Previsione e la Legge Finanziaria
2006. Non era mai accaduto, se si fa eccezione per la "prima
volta" del documento contabile, nel lontano 1972.
Dunque, dopo anni di incontrastato dominio del famoso "esercizio
provvisorio" - una formula che inchiodava la gestione
alle sole spese fisse e obbligatorie per una buona metà dell'anno,
costringendo la programmazione della spesa d'investimento
nel volgere di pochissime, confuse settimane - prendiamo
finalmente atto della possibilità di inaugurare una
modalità di lavoro del tutto coerente con le logiche
di una pianificazione finanziaria che deve, per forza, appoggiarsi
su scelte chiare, condivise, tempestive e qualitativamente
elevate.
Diciamo subito, allora, che si sono create le premesse (non
ancora le condizioni, su cui torneremo più avanti)
per intraprendere un percorso virtuoso, capace di determinare
una inversione di tendenza in una logica allocativa delle
risorse che, finora, non ha premiato il sistema produttivo
e non ha favorito la migliore organizzazione dei servizi.
La Regione ha, per così dire, due anime finanziarie
letteralmente incomunicabili; da una parte, la struttura
della spesa corrente finalizzata alla produzione di servizi,
che cresce in misura superiore al tasso programmato d'inflazione,
andando sistematicamente oltre le previsioni e generando
crescente disavanzo; dall'altra, la spesa d'investimento,
incentrata in buona parte sui trasferimenti nazionali e comunitari,
che non risulta imbrigliata in nessun meccanismo di controllo
unitario di gestione, e prolifera indisturbata tra mille
centri di competenza a "responsabilità limitata".
Di modo che, il paradosso della contabilità regionale
si può riassumere nella compresenza di due voci assolutamente
contraddittorie: una gran massa di debiti (dovuti in buona
misura alla sanità); e una notevole quantità di
residui passivi (somme impegnate ma non erogate), giacenze
di cassa, e fondi trasportati (risorse destinate agli investimenti
ma non ancora impegnate).
É del tutto evidente che, al di là dei limiti
oggettivi della politica, una delle cause principali dello
squilibrio sia stata, nel corso dei decenni, la assoluta
intempestività nell'approvazione del bilancio. Come
si può, infatti, determinare una politica budgetaria
in Sanità, in assenza di chiare e definitive indicazioni
contabili? Come si costruisce una manovra di contenimento
o - per converso - di accelerazione della spesa, al di fuori
di un quadro di riferimento (fatto di risorse e di procedure)
rigorosamente determinato?
Ecco, un bilancio approvato per tempo è il primo passo
verso la normalizzazione.
La Campania è la più grande Regione del Mezzogiorno,
la seconda regione d'Italia. Dopo la stagione di Agenda 2000,
ci avviamo alla programmazione del periodo 2007 - 2013 che,
tra fondi comunitari e nazionali, dovrebbe assicurare ulteriori,
cospicui trasferimenti finanziari.
Il fatto che, a tutt’oggi, non esiste un momento di
sintesi programmatica e di rendicondazione dell’azione
regionale a sostegno dello sviluppo, rappresenta un limite
oggettivo, un "buco" da riempire al più presto,
almeno per due motivi:
- perché è indispensabile conoscere per tempo
gli orientamenti e le decisioni del governo, al fine di concorrere,
nel rispetto dei ruoli, alla formazione delle politiche generali
e settoriali;
- per attivare le indispensabili iniziative di "attrazione" di
risorse esterne, senza le quali è inimmaginabile compiere
il famoso "balzo in avanti" nei settori determinanti
della produzione e dei servizi.
Ben venga, allora, una proposta di metodo che, alla luce
dell'indiscutibile successo rappresentato dall'approvazione
del bilancio, costruisca le condizioni di una partecipazione
motivata a tutte le fasi del processo di programmazione.
Si potrebbe partire, ad esempio, dalla definizione di un
Documento di Programmazione Economica e Finanziaria, che
dia modo di intendere gli orientamenti di breve e medio periodo
della politica regionale, per proseguire con rapporti periodici
di consuntivo, che confrontino i dati previsionali con quelli
di cassa, collegando i dati di realizzazione (o di mancata
realizzazione) a centri di responsabilità ben individuati.
Ovviamente, l'avvio di legislatura non ha consentito il perseguimento
pieno dell'obiettivo di trasparenza e di corretta rappresentazione,
che pure si intuisce in diverse parti del documento contabile.
Date le premesse, ci aspettiamo in ogni caso, di qui a poco,
lo svolgimento dei necessari approfondimenti, i cui contenuti
dovranno auspicabilmente essere oggetto di una buona campagna
di comunicazione e di un sincero confronto con le parti sociali.
Anche perché - a dirla tutta - non sarà più accettabile
l'indiscriminato aumento di IRAP e IRPEF al di fuori di una
chiara comprensione dei contenuti e delle opportunità inclusi
nelle manovre finanziare volta per volta definite. Gli
imprenditori hanno bisogno di conoscere, per tempo, quali
sono le compensazioni - in termini di spesa per lo sviluppo,
di riduzione delle diseconomie, di incremento dell'efficienza
della macchina amministrativa - agli ulteriori sforzi che
vengono richiesti ai contribuenti. Non si può continuare a viaggiare
a vista.
Come dicevamo, oltre alla buona "non-notizia" del
rispetto dei termini di approvazione, il bilancio di previsione
e la legge finanziaria regionale contengono alcuni elementi
di novità e di interesse, sui quali vale la pena di
soffermarsi, sia pure in maniera sintetica. Occupiamoci,
allora, della Legge Finanziaria (n.24 del 29 dicembre 2005),
che accompagna e sostanzia la manovra contabile contenuta
nella Legge di approvazione del bilancio.
Il Piano d'Azione per lo Sviluppo. L'articolo 8 della legge
dispone che "al fine di incrementare la competitività del
sistema produttivo regionale e di promuovere e coordinare
gli interventi per rafforzare l'innovazione e la produttività dei
distretti e delle filiere, la Giunta Regionale, sentite le
parti sociali, approva il piano d'azione per lo sviluppo
economico regionale".
Il piano, anche sulla base di una diagnosi delle tendenze
e delle prospettive dei diversi settori dell'economia regionale "individua
le priorità e la tempistica degli interventi da realizzare,
i criteri, le modalità e le procedure per la loro
attuazione in modo equo su tutto il territorio regionale,
indirizza e coordina tali interventi attraverso gli strumenti
di incentivi esistenti ed eventuali nuovi strumenti, anche
facendo ricorso agli accordi previsti dall'articolo 2, comma
203 della legge 23 dicembre 1996, n. 662".
All'onere
derivante dall'attuazione del Piano si provvede per il 2006
mediante appostazioni determinate in quaranta milioni di
euro, incrementate dalle economie di spesa provenienti da
esercizi pregressi e da ulteriori risorse non utilizzate
nei precedenti esercizi finanziari.
Siamo di fronte ad un contenuto fortemente innovativo e impegnativo
del documento di programmazione contabile; l'idea di dar
luogo ad una iniziativa coordinata ed unitaria per il rilancio
dei settori produttivi corrisponde ad un'esigenza segnalata
da tempo, soprattutto da parte delle forze imprenditoriali.
Ovviamente, il dispiegamento del Piano ci permetterà di
capire in che misura la Regione intenderà far ricorso
a strumenti e regimi di aiuto "dedicati", pensati
cioè per il sostegno di processi effettivamente mirati,
entro i quali possano saldarsi le diverse componenti del
sostegno allo sviluppo economico diffuso e specializzato.
Le precedenti esperienze, basate in larga misura sul finanziamento
delle graduatorie 488, non sembrano aver maturato risultati
significativi, soprattutto in termini di consolidamento dei
sistemi locali; d'altra parte, sia i Contratti di Programma
che i Progetti Integrati non sono riusciti ad innescare effetti
di volano economico, a livello territoriale o settoriale.
Più volte, nel corso degli ultimi mesi, gli industriali
hanno segnalato la possibilità di rimettere in gioco
lo strumento della Sovvenzione Globale, opportunamente riveduto
e corretto. Se "ripescato", questo strumento largamente
flessibile consentirebbe di evitare le lungaggini connesse
alla notifica di un eventuale nuovo regime di aiuto. In ogni
caso, è fuor di dubbio che, in sede di confronto,
gli industriali debbano giungere con proposte articolate
e spendibili, anche dal punto di vista di una efficace articolazione
procedurale.
Integrazione delle forme della programmazione. L'art. 5 della
legge promuove una innovazione particolarmente rilevante,
stabilendo che "le risorse del bilancio regionale destinate
al perseguimento delle finalità proprie della politica
di sviluppo regionale attraverso investimenti pubblici in
infrastrutture materiali e immateriali, studi di fattibilità e
progettazioni, e azioni di sistema ….sono programmate
dalla Giunta regionale con modalità atte a garantire
il massimo livello di integrazione e di coerenza programmatica
con le risorse, comunitarie e nazionali, della politica regionale
di coesione". Al comma 2, l'articolo specifica che " lo
strumento attuativo per il finanziamento degli interventi
programmati in adempimento al principio di unitarietà e
coerenza è quello dell'Accordo di Programma di cui
all'art. 2 comma 203 della legge 23 dicembre 1996, n. 662. "Quando
applicato, questo principio di riorganizzazione costituirebbe,
in un certo senso, la "riforma delle riforme".
Perché - praticamente da sempre - la spesa regionale
si è caratterizzata per la sua estrema parcellizzazione;
non esiste un data base delle opere infrastrutturali sostenute
direttamente o indirettamente dalla finanza regionale, né è possibile
accedere ad una qualche sorta di archivio unificato e tematicamente
organizzato degli investimenti pubblici diretti al territorio
e alle imprese. Tutto procede in maniera disomogenea, senza
una regia che sappia coordinare, sorvegliare, ed eventualmente
correggere gli squilibri realizzativi e gestionali rilevati
ad una scala diversa da quella meramente puntuale. In tempi
di risorsa scarsa, la "finanza unificata per lo sviluppo" appare
dunque come una scelta obbligata, alla quale la Regione sembra
volersi dichiaratamente ispirare. Ora, dal momento che in
ben due occasioni la Finanziaria Regionale richiama gli Accordi
di Programma Quadro, come definiti dalla legge dello Stato
che ristruttura l'intero complesso della programmazione negoziata
(n. 662/96), appare del tutto ovvio un richiamo all'opportunità di
mettere mano ad una revisione, per questo specifico strumento,
delle modalità di esercizio del partenariato sociale.
Per intenderci: mentre per i Patti Territoriali e i Contratti
d'Area viene riconosciuta e formalizzata la partecipazione,
a diversi livelli, delle forze sociali ed economiche, gli
Accordi di Programma Quadro si sviluppano esclusivamente
all'interno di una dinamica di rapporti istituzionali. La
Regione coinvolge gli Enti Locali, promovendo a sua volta
il confronto ed il coordinamento con le Amministrazioni Centrali
competenti per materia, insieme alle quali stipula poi definitivamente
l'Accordo, che concerne il finanziamento di piani pluriennali
di investimento. I soggetti del partenariato restano, di
fatto, esclusi da tutte le fasi del processo di formazione
delle decisioni. Ad una prima lettura, la scelta di privilegiare
lo strumento dell'Accordo sembra sostanzialmente disallineata
con la procedura partenariale, generalmente riconosciuta.
In sede di confronto, il problema dovrà essere indubbiamente
posto.
Ulteriori misure per il sostegno alla crescita.
In linea generale, la finanziaria regionale riserva sufficiente
attenzione all'impulso dei settori infrastrutturali. Tra
l'altro (art. 6) si istituisce un fondo di rotazione allo
scopo di favorire lo sviluppo del sistema integrato regionale
dei trasporti, ed in particolare della "Metropolitana
Regionale"; viene istituito (art.1) un fondo di rotazione
per il finanziamento delle spese di progettazione di opere
infrastrutturali a favore delle amministrazioni pubbliche
locali; si costituisce (art.21) un apposito fondo destinato
alla copertura dei finanziamenti per enti pubblici, università e
sovrintendenze ai beni ambientali e architettonici per interventi
di recupero di chiese e conventi di valenza storico - monumentale;
si istituisce (art.21) un fondo destinato alla ristrutturazione
del patrimonio edilizio rurale appartenente agli enti pubblici
da destinare ad uso abitativo; si definisce (art.25), al
fine di promuovere lo sviluppo dell'imprenditoria e del lavoro
autonomo femminile, uno specifico strumento di agevolazione. É evidente
che, in mancanza di una rappresentazione unitaria dell'intervento
pubblico a supporto dello sviluppo economico, riesce difficile
collocare queste pur importanti iniziative nel contesto di
un programma organico. Serve - lo ripetiamo - un approccio
maggiormente sistematico, che deve trovare la sua formale
collocazione in documenti di programmazione e di rendiconto.
Documenti dei quali è stata peraltro annunciata la
prossima elaborazione.
E il contenimento della spesa?
La Finanziaria, in effetti, dedica alcuni,
importanti articoli all'obiettivo del controllo e del contenimento
della spesa. Ci si sofferma (art.1) con attenzione sulle società partecipate,
alle quali vengono imposti diversi vincoli in ordine all'adeguamento
della composizione degli organi di gestione (da ridurre entro
il limite di cinque membri), e alla determinazione del compenso
per gli amministratori (che dovrà essere contenuto
nei 60.000 euro lordi all'anno). Ma c'è di più:
l'Assessore al Bilancio è incaricato di procedere
ad una organica verifica di tutte le società a partecipazione
regionale, giungendo, quando ve ne siano le condizioni, a
proporre la loro messa in liquidazione. L'enunciato più impegnativo è sviluppato,
infine, all'art. 6, dove di stabilisce che i tetti di spesa
e i budget dei costi delle aziende del servizio sanitario
regionale sono aggiornati dalla Giunta Regionale in modo
da ridurre la spesa sanitaria del 18,5% nel triennio 2006
- 2008, di cui almeno il 6,5% nel 2006 rispetto al livello
dei costi raggiunti nel consuntivi dell'esercizio 2004. Si
tratta di un obiettivo assai impegnativo, il cui perseguimento
appare però indispensabile alla luce della crescente
incidenza del debito sanita
All'onere derivante dall'attuazione del Piano si provvede
per il 2006 mediante appostazioni determinate in quaranta
milioni di euro, incrementate dalle economie di spesa provenienti
da esercizi pregressi e da ulteriori risorse non utilizzate
nei precedenti esercizi finanziari.
Siamo di fronte ad un contenuto fortemente innovativo e impegnativo
del documento di programmazione contabile; l'idea di dar
luogo ad una iniziativa coordinata ed unitaria per il rilancio
dei settori produttivi corrisponde ad un'esigenza segnalata
da tempo, soprattutto da parte delle forze imprenditoriali.
Ovviamente, il dispiegamento del Piano ci permetterà di
capire in che misura la Regione intenderà far ricorso
a strumenti e regimi di aiuto "dedicati", pensati
cioè per il sostegno di processi effettivamente mirati,
entro i quali possano saldarsi le diverse componenti del
sostegno allo sviluppo economico diffuso e specializzato.
Le precedenti esperienze, basate in larga misura sul finanziamento
delle graduatorie 488, non sembrano aver maturato risultati
significativi, soprattutto in termini di consolidamento dei
sistemi locali; d'altra parte, sia i Contratti di Programma
che i Progetti Integrati non sono riusciti ad innescare effetti
di volano economico, a livello territoriale o settoriale.
Più volte, nel corso degli ultimi mesi, gli industriali
hanno segnalato la possibilità di rimettere in gioco
lo strumento della Sovvenzione Globale, opportunamente riveduto
e corretto. Se "ripescato", questo strumento largamente
flessibile consentirebbe di evitare le lungaggini connesse
alla notifica di un eventuale nuovo regime di aiuto. In ogni
caso, è fuor di dubbio che, in sede di confronto,
gli industriali debbano giungere con proposte articolate
e spendibili, anche dal punto di vista di una efficace articolazione
procedurale.
Integrazione delle forme della programmazione. L'art. 5 della
legge promuove una innovazione particolarmente rilevante,
stabilendo che "le risorse del bilancio regionale destinate
al perseguimento delle finalità proprie della politica
di sviluppo regionale attraverso investimenti pubblici in
infrastrutture materiali e immateriali, studi di fattibilità e
progettazioni, e azioni di sistema ….sono programmate
dalla Giunta regionale con modalità atte a garantire
il massimo livello di integrazione e di coerenza programmatica
con le risorse, comunitarie e nazionali, della politica regionale
di coesione". Al comma 2, l'articolo specifica che " lo
strumento attuativo per il finanziamento degli interventi
programmati in adempimento al principio di unitarietà e
coerenza è quello dell'Accordo di Programma di cui
all'art. 2 comma 203 della legge 23 dicembre 1996, n. 662. "Quando
applicato, questo principio di riorganizzazione costituirebbe,
in un certo senso, la "riforma delle riforme".
Perché - praticamente da sempre - la spesa regionale
si è caratterizzata per la sua estrema parcellizzazione;
non esiste un data base delle opere infrastrutturali sostenute
direttamente o indirettamente dalla finanza regionale, né è possibile
accedere ad una qualche sorta di archivio unificato e tematicamente
organizzato degli investimenti pubblici diretti al territorio
e alle imprese. Tutto procede in maniera disomogenea, senza
una regia che sappia coordinare, sorvegliare, ed eventualmente
correggere gli squilibri realizzativi e gestionali rilevati
ad una scala diversa da quella meramente puntuale. In tempi
di risorsa scarsa, la "finanza unificata per lo sviluppo" appare
dunque come una scelta obbligata, alla quale la Regione sembra
volersi dichiaratamente ispirare. Ora, dal momento che in
ben due occasioni la Finanziaria Regionale richiama gli Accordi
di Programma Quadro, come definiti dalla legge dello Stato
che ristruttura l'intero complesso della programmazione negoziata
(n. 662/96), appare del tutto ovvio un richiamo all'opportunità di
mettere mano ad una revisione, per questo specifico strumento,
delle modalità di esercizio del partenariato sociale.
Per intenderci: mentre per i Patti Territoriali e i Contratti
d'Area viene riconosciuta e formalizzata la partecipazione,
a diversi livelli, delle forze sociali ed economiche, gli
Accordi di Programma Quadro si sviluppano esclusivamente
all'interno di una dinamica di rapporti istituzionali. La
Regione coinvolge gli Enti Locali, promovendo a sua volta
il confronto ed il coordinamento con le Amministrazioni Centrali
competenti per materia, insieme alle quali stipula poi definitivamente
l'Accordo, che concerne il finanziamento di piani pluriennali
di investimento. I soggetti del partenariato restano, di
fatto, esclusi da tutte le fasi del processo di formazione
delle decisioni. Ad una prima lettura, la scelta di privilegiare
lo strumento dell'Accordo sembra sostanzialmente disallineata
con la procedura partenariale, generalmente riconosciuta.
In sede di confronto, il problema dovrà essere indubbiamente
posto.
Ulteriori misure per il sostegno alla crescita.
In linea generale, la finanziaria regionale riserva sufficiente
attenzione all'impulso dei settori infrastrutturali. Tra
l'altro (art. 6) si istituisce un fondo di rotazione allo
scopo di favorire lo sviluppo del sistema integrato regionale
dei trasporti, ed in particolare della "Metropolitana
Regionale"; viene istituito (art.1) un fondo di rotazione
per il finanziamento delle spese di progettazione di opere
infrastrutturali a favore delle amministrazioni pubbliche
locali; si costituisce (art.21) un apposito fondo destinato
alla copertura dei finanziamenti per enti pubblici, università e
sovrintendenze ai beni ambientali e architettonici per interventi
di recupero di chiese e conventi di valenza storico - monumentale;
si istituisce (art.21) un fondo destinato alla ristrutturazione
del patrimonio edilizio rurale appartenente agli enti pubblici
da destinare ad uso abitativo; si definisce (art.25), al
fine di promuovere lo sviluppo dell'imprenditoria e del lavoro
autonomo femminile, uno specifico strumento di agevolazione. É evidente
che, in mancanza di una rappresentazione unitaria dell'intervento
pubblico a supporto dello sviluppo economico, riesce difficile
collocare queste pur importanti iniziative nel contesto di
un programma organico. Serve - lo ripetiamo - un approccio
maggiormente sistematico, che deve trovare la sua formale
collocazione in documenti di programmazione e di rendiconto.
Documenti dei quali è stata peraltro annunciata la
prossima elaborazione.
E il contenimento della spesa?
La Finanziaria, in effetti, dedica alcuni, importanti articoli
all'obiettivo del controllo e del contenimento della spesa.
Ci si sofferma (art.1) con attenzione sulle società partecipate,
alle quali vengono imposti diversi vincoli in ordine all'adeguamento
della composizione degli organi di gestione (da ridurre entro
il limite di cinque membri), e alla determinazione del compenso
per gli amministratori (che dovrà essere contenuto
nei 60.000 euro lordi all'anno). Ma c'è di più:
l'Assessore al Bilancio è incaricato di procedere
ad una organica verifica di tutte le società a partecipazione
regionale, giungendo, quando ve ne siano le condizioni, a
proporre la loro messa in liquidazione. L'enunciato più impegnativo è sviluppato,
infine, all'art. 6, dove di stabilisce che i tetti di spesa
e i budget dei costi delle aziende del servizio sanitario
regionale sono aggiornati dalla Giunta Regionale in modo
da ridurre la spesa sanitaria del 18,5% nel triennio 2006
- 2008, di cui almeno il 6,5% nel 2006 rispetto al livello
dei costi raggiunti nel consuntivi dell'esercizio 2004. Si
tratta di un obiettivo assai impegnativo, il cui perseguimento
appare però indispensabile alla luce della crescente
incidenza del debito sanitario sui conti regionali e della
sostanziale riduzione dei trasferimenti dello Stato.
In conclusione.
Ridare organicità e unitarietà di gestione
alla spesa d'investimento, introducendo modalità stringenti
di controllo e verifica della rispondenza tra finalità e
risultati; attivare rigorose iniziative per il contenimento
della spesa sanitaria e la riqualificazione produttiva della
spesa corrente. Sono obiettivi ambiziosi quanto irrinunciabili,
per la complessa congiuntura che coinvolge il tessuto economico
e sociale della Regione, per l'esigenza di chiarezza e di
partecipazione rappresentata dal corpo sociale.
La domanda è: siamo finalmente ad un punto di svolta?
Quali passaggi l'amministrazione intende realizzare per dare
sostanza agli intendimenti fissati nella normativa?
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