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  Dicembre 2012

Articoli n° 1
gennaio/febbraio 2006
 

INCHIESTA CAMPANIA - Home Page
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Bilancio regionale 2006
Una nuova strategia È possibile?

a cura di Monica De Carluccio




L'Intervista - Antonio Valiante

L'Intervento - Pietro Cerrito

L'Intervista - Cristiana Coppola

L'Intervento - Giovanni Cotroneo

L'Intervento - Silvio Sarno

L'Intervento - Costanzo Jannotti Pecci

L'Intervento - Carlo Cicala

L'Intervento - Giovanni Lettieri

L'Intervento - Andrea Prete

La prima notizia dovrebbe essere, in tempi normali, una "non notizia". Il Consiglio Regionale della Campania ha approvato, nei termini, il Bilancio di Previsione e la Legge Finanziaria 2006. Non era mai accaduto, se si fa eccezione per la "prima volta" del documento contabile, nel lontano 1972.
Dunque, dopo anni di incontrastato dominio del famoso "esercizio provvisorio" - una formula che inchiodava la gestione alle sole spese fisse e obbligatorie per una buona metà dell'anno, costringendo la programmazione della spesa d'investimento nel volgere di pochissime, confuse settimane - prendiamo finalmente atto della possibilità di inaugurare una modalità di lavoro del tutto coerente con le logiche di una pianificazione finanziaria che deve, per forza, appoggiarsi su scelte chiare, condivise, tempestive e qualitativamente elevate.
Diciamo subito, allora, che si sono create le premesse (non ancora le condizioni, su cui torneremo più avanti) per intraprendere un percorso virtuoso, capace di determinare una inversione di tendenza in una logica allocativa delle risorse che, finora, non ha premiato il sistema produttivo e non ha favorito la migliore organizzazione dei servizi. La Regione ha, per così dire, due anime finanziarie letteralmente incomunicabili; da una parte, la struttura della spesa corrente finalizzata alla produzione di servizi, che cresce in misura superiore al tasso programmato d'inflazione, andando sistematicamente oltre le previsioni e generando crescente disavanzo; dall'altra, la spesa d'investimento, incentrata in buona parte sui trasferimenti nazionali e comunitari, che non risulta imbrigliata in nessun meccanismo di controllo unitario di gestione, e prolifera indisturbata tra mille centri di competenza a "responsabilità limitata".
Di modo che, il paradosso della contabilità regionale si può riassumere nella compresenza di due voci assolutamente contraddittorie: una gran massa di debiti (dovuti in buona misura alla sanità); e una notevole quantità di residui passivi (somme impegnate ma non erogate), giacenze di cassa, e fondi trasportati (risorse destinate agli investimenti ma non ancora impegnate).
É del tutto evidente che, al di là dei limiti oggettivi della politica, una delle cause principali dello squilibrio sia stata, nel corso dei decenni, la assoluta intempestività nell'approvazione del bilancio. Come si può, infatti, determinare una politica budgetaria in Sanità, in assenza di chiare e definitive indicazioni contabili? Come si costruisce una manovra di contenimento o - per converso - di accelerazione della spesa, al di fuori di un quadro di riferimento (fatto di risorse e di procedure) rigorosamente determinato?
Ecco, un bilancio approvato per tempo è il primo passo verso la normalizzazione.
La Campania è la più grande Regione del Mezzogiorno, la seconda regione d'Italia. Dopo la stagione di Agenda 2000, ci avviamo alla programmazione del periodo 2007 - 2013 che, tra fondi comunitari e nazionali, dovrebbe assicurare ulteriori, cospicui trasferimenti finanziari.
Il fatto che, a tutt’oggi, non esiste un momento di sintesi programmatica e di rendicondazione dell’azione regionale a sostegno dello sviluppo, rappresenta un limite oggettivo, un "buco" da riempire al più presto, almeno per due motivi:
- perché è indispensabile conoscere per tempo gli orientamenti e le decisioni del governo, al fine di concorrere, nel rispetto dei ruoli, alla formazione delle politiche generali e settoriali;
- per attivare le indispensabili iniziative di "attrazione" di risorse esterne, senza le quali è inimmaginabile compiere il famoso "balzo in avanti" nei settori determinanti della produzione e dei servizi.
Ben venga, allora, una proposta di metodo che, alla luce dell'indiscutibile successo rappresentato dall'approvazione del bilancio, costruisca le condizioni di una partecipazione motivata a tutte le fasi del processo di programmazione.
Si potrebbe partire, ad esempio, dalla definizione di un Documento di Programmazione Economica e Finanziaria, che dia modo di intendere gli orientamenti di breve e medio periodo della politica regionale, per proseguire con rapporti periodici di consuntivo, che confrontino i dati previsionali con quelli di cassa, collegando i dati di realizzazione (o di mancata realizzazione) a centri di responsabilità ben individuati.
Ovviamente, l'avvio di legislatura non ha consentito il perseguimento pieno dell'obiettivo di trasparenza e di corretta rappresentazione, che pure si intuisce in diverse parti del documento contabile.
Date le premesse, ci aspettiamo in ogni caso, di qui a poco, lo svolgimento dei necessari approfondimenti, i cui contenuti dovranno auspicabilmente essere oggetto di una buona campagna di comunicazione e di un sincero confronto con le parti sociali. Anche perché - a dirla tutta - non sarà più accettabile l'indiscriminato aumento di IRAP e IRPEF al di fuori di una chiara comprensione dei contenuti e delle opportunità inclusi nelle manovre finanziare volta per volta definite. Gli imprenditori hanno bisogno di conoscere, per tempo, quali sono le compensazioni - in termini di spesa per lo sviluppo, di riduzione delle diseconomie, di incremento dell'efficienza della macchina amministrativa - agli ulteriori sforzi che vengono richiesti ai contribuenti. Non si può continuare a viaggiare a vista.
Come dicevamo, oltre alla buona "non-notizia" del rispetto dei termini di approvazione, il bilancio di previsione e la legge finanziaria regionale contengono alcuni elementi di novità e di interesse, sui quali vale la pena di soffermarsi, sia pure in maniera sintetica. Occupiamoci, allora, della Legge Finanziaria (n.24 del 29 dicembre 2005), che accompagna e sostanzia la manovra contabile contenuta nella Legge di approvazione del bilancio.
Il Piano d'Azione per lo Sviluppo. L'articolo 8 della legge dispone che "al fine di incrementare la competitività del sistema produttivo regionale e di promuovere e coordinare gli interventi per rafforzare l'innovazione e la produttività dei distretti e delle filiere, la Giunta Regionale, sentite le parti sociali, approva il piano d'azione per lo sviluppo economico regionale".
Il piano, anche sulla base di una diagnosi delle tendenze e delle prospettive dei diversi settori dell'economia regionale "individua le priorità e la tempistica degli interventi da realizzare, i criteri, le modalità e le procedure per la loro attuazione in modo equo su tutto il territorio regionale, indirizza e coordina tali interventi attraverso gli strumenti di incentivi esistenti ed eventuali nuovi strumenti, anche facendo ricorso agli accordi previsti dall'articolo 2, comma 203 della legge 23 dicembre 1996, n. 662".

All'onere derivante dall'attuazione del Piano si provvede per il 2006 mediante appostazioni determinate in quaranta milioni di euro, incrementate dalle economie di spesa provenienti da esercizi pregressi e da ulteriori risorse non utilizzate nei precedenti esercizi finanziari.
Siamo di fronte ad un contenuto fortemente innovativo e impegnativo del documento di programmazione contabile; l'idea di dar luogo ad una iniziativa coordinata ed unitaria per il rilancio dei settori produttivi corrisponde ad un'esigenza segnalata da tempo, soprattutto da parte delle forze imprenditoriali. Ovviamente, il dispiegamento del Piano ci permetterà di capire in che misura la Regione intenderà far ricorso a strumenti e regimi di aiuto "dedicati", pensati cioè per il sostegno di processi effettivamente mirati, entro i quali possano saldarsi le diverse componenti del sostegno allo sviluppo economico diffuso e specializzato. Le precedenti esperienze, basate in larga misura sul finanziamento delle graduatorie 488, non sembrano aver maturato risultati significativi, soprattutto in termini di consolidamento dei sistemi locali; d'altra parte, sia i Contratti di Programma che i Progetti Integrati non sono riusciti ad innescare effetti di volano economico, a livello territoriale o settoriale. Più volte, nel corso degli ultimi mesi, gli industriali hanno segnalato la possibilità di rimettere in gioco lo strumento della Sovvenzione Globale, opportunamente riveduto e corretto. Se "ripescato", questo strumento largamente flessibile consentirebbe di evitare le lungaggini connesse alla notifica di un eventuale nuovo regime di aiuto. In ogni caso, è fuor di dubbio che, in sede di confronto, gli industriali debbano giungere con proposte articolate e spendibili, anche dal punto di vista di una efficace articolazione procedurale.
Integrazione delle forme della programmazione. L'art. 5 della legge promuove una innovazione particolarmente rilevante, stabilendo che "le risorse del bilancio regionale destinate al perseguimento delle finalità proprie della politica di sviluppo regionale attraverso investimenti pubblici in infrastrutture materiali e immateriali, studi di fattibilità e progettazioni, e azioni di sistema ….sono programmate dalla Giunta regionale con modalità atte a garantire il massimo livello di integrazione e di coerenza programmatica con le risorse, comunitarie e nazionali, della politica regionale di coesione". Al comma 2, l'articolo specifica che " lo strumento attuativo per il finanziamento degli interventi programmati in adempimento al principio di unitarietà e coerenza è quello dell'Accordo di Programma di cui all'art. 2 comma 203 della legge 23 dicembre 1996, n. 662. "Quando applicato, questo principio di riorganizzazione costituirebbe, in un certo senso, la "riforma delle riforme". Perché - praticamente da sempre - la spesa regionale si è caratterizzata per la sua estrema parcellizzazione; non esiste un data base delle opere infrastrutturali sostenute direttamente o indirettamente dalla finanza regionale, né è possibile accedere ad una qualche sorta di archivio unificato e tematicamente organizzato degli investimenti pubblici diretti al territorio e alle imprese. Tutto procede in maniera disomogenea, senza una regia che sappia coordinare, sorvegliare, ed eventualmente correggere gli squilibri realizzativi e gestionali rilevati ad una scala diversa da quella meramente puntuale. In tempi di risorsa scarsa, la "finanza unificata per lo sviluppo" appare dunque come una scelta obbligata, alla quale la Regione sembra volersi dichiaratamente ispirare. Ora, dal momento che in ben due occasioni la Finanziaria Regionale richiama gli Accordi di Programma Quadro, come definiti dalla legge dello Stato che ristruttura l'intero complesso della programmazione negoziata (n. 662/96), appare del tutto ovvio un richiamo all'opportunità di mettere mano ad una revisione, per questo specifico strumento, delle modalità di esercizio del partenariato sociale. Per intenderci: mentre per i Patti Territoriali e i Contratti d'Area viene riconosciuta e formalizzata la partecipazione, a diversi livelli, delle forze sociali ed economiche, gli Accordi di Programma Quadro si sviluppano esclusivamente all'interno di una dinamica di rapporti istituzionali. La Regione coinvolge gli Enti Locali, promovendo a sua volta il confronto ed il coordinamento con le Amministrazioni Centrali competenti per materia, insieme alle quali stipula poi definitivamente l'Accordo, che concerne il finanziamento di piani pluriennali di investimento. I soggetti del partenariato restano, di fatto, esclusi da tutte le fasi del processo di formazione delle decisioni. Ad una prima lettura, la scelta di privilegiare lo strumento dell'Accordo sembra sostanzialmente disallineata con la procedura partenariale, generalmente riconosciuta. In sede di confronto, il problema dovrà essere indubbiamente posto.
Ulteriori misure per il sostegno alla crescita.
In linea generale, la finanziaria regionale riserva sufficiente attenzione all'impulso dei settori infrastrutturali. Tra l'altro (art. 6) si istituisce un fondo di rotazione allo scopo di favorire lo sviluppo del sistema integrato regionale dei trasporti, ed in particolare della "Metropolitana Regionale"; viene istituito (art.1) un fondo di rotazione per il finanziamento delle spese di progettazione di opere infrastrutturali a favore delle amministrazioni pubbliche locali; si costituisce (art.21) un apposito fondo destinato alla copertura dei finanziamenti per enti pubblici, università e sovrintendenze ai beni ambientali e architettonici per interventi di recupero di chiese e conventi di valenza storico - monumentale; si istituisce (art.21) un fondo destinato alla ristrutturazione del patrimonio edilizio rurale appartenente agli enti pubblici da destinare ad uso abitativo; si definisce (art.25), al fine di promuovere lo sviluppo dell'imprenditoria e del lavoro autonomo femminile, uno specifico strumento di agevolazione. É evidente che, in mancanza di una rappresentazione unitaria dell'intervento pubblico a supporto dello sviluppo economico, riesce difficile collocare queste pur importanti iniziative nel contesto di un programma organico. Serve - lo ripetiamo - un approccio maggiormente sistematico, che deve trovare la sua formale collocazione in documenti di programmazione e di rendiconto. Documenti dei quali è stata peraltro annunciata la prossima elaborazione.
E il contenimento della spesa?
La Finanziaria, in effetti, dedica alcuni, importanti articoli all'obiettivo del controllo e del contenimento della spesa. Ci si sofferma (art.1) con attenzione sulle società partecipate, alle quali vengono imposti diversi vincoli in ordine all'adeguamento della composizione degli organi di gestione (da ridurre entro il limite di cinque membri), e alla determinazione del compenso per gli amministratori (che dovrà essere contenuto nei 60.000 euro lordi all'anno). Ma c'è di più: l'Assessore al Bilancio è incaricato di procedere ad una organica verifica di tutte le società a partecipazione regionale, giungendo, quando ve ne siano le condizioni, a proporre la loro messa in liquidazione. L'enunciato più impegnativo è sviluppato, infine, all'art. 6, dove di stabilisce che i tetti di spesa e i budget dei costi delle aziende del servizio sanitario regionale sono aggiornati dalla Giunta Regionale in modo da ridurre la spesa sanitaria del 18,5% nel triennio 2006 - 2008, di cui almeno il 6,5% nel 2006 rispetto al livello dei costi raggiunti nel consuntivi dell'esercizio 2004. Si tratta di un obiettivo assai impegnativo, il cui perseguimento appare però indispensabile alla luce della crescente incidenza del debito sanita
All'onere derivante dall'attuazione del Piano si provvede per il 2006 mediante appostazioni determinate in quaranta milioni di euro, incrementate dalle economie di spesa provenienti da esercizi pregressi e da ulteriori risorse non utilizzate nei precedenti esercizi finanziari.
Siamo di fronte ad un contenuto fortemente innovativo e impegnativo del documento di programmazione contabile; l'idea di dar luogo ad una iniziativa coordinata ed unitaria per il rilancio dei settori produttivi corrisponde ad un'esigenza segnalata da tempo, soprattutto da parte delle forze imprenditoriali. Ovviamente, il dispiegamento del Piano ci permetterà di capire in che misura la Regione intenderà far ricorso a strumenti e regimi di aiuto "dedicati", pensati cioè per il sostegno di processi effettivamente mirati, entro i quali possano saldarsi le diverse componenti del sostegno allo sviluppo economico diffuso e specializzato. Le precedenti esperienze, basate in larga misura sul finanziamento delle graduatorie 488, non sembrano aver maturato risultati significativi, soprattutto in termini di consolidamento dei sistemi locali; d'altra parte, sia i Contratti di Programma che i Progetti Integrati non sono riusciti ad innescare effetti di volano economico, a livello territoriale o settoriale. Più volte, nel corso degli ultimi mesi, gli industriali hanno segnalato la possibilità di rimettere in gioco lo strumento della Sovvenzione Globale, opportunamente riveduto e corretto. Se "ripescato", questo strumento largamente flessibile consentirebbe di evitare le lungaggini connesse alla notifica di un eventuale nuovo regime di aiuto. In ogni caso, è fuor di dubbio che, in sede di confronto, gli industriali debbano giungere con proposte articolate e spendibili, anche dal punto di vista di una efficace articolazione procedurale.
Integrazione delle forme della programmazione. L'art. 5 della legge promuove una innovazione particolarmente rilevante, stabilendo che "le risorse del bilancio regionale destinate al perseguimento delle finalità proprie della politica di sviluppo regionale attraverso investimenti pubblici in infrastrutture materiali e immateriali, studi di fattibilità e progettazioni, e azioni di sistema ….sono programmate dalla Giunta regionale con modalità atte a garantire il massimo livello di integrazione e di coerenza programmatica con le risorse, comunitarie e nazionali, della politica regionale di coesione". Al comma 2, l'articolo specifica che " lo strumento attuativo per il finanziamento degli interventi programmati in adempimento al principio di unitarietà e coerenza è quello dell'Accordo di Programma di cui all'art. 2 comma 203 della legge 23 dicembre 1996, n. 662. "Quando applicato, questo principio di riorganizzazione costituirebbe, in un certo senso, la "riforma delle riforme". Perché - praticamente da sempre - la spesa regionale si è caratterizzata per la sua estrema parcellizzazione; non esiste un data base delle opere infrastrutturali sostenute direttamente o indirettamente dalla finanza regionale, né è possibile accedere ad una qualche sorta di archivio unificato e tematicamente organizzato degli investimenti pubblici diretti al territorio e alle imprese. Tutto procede in maniera disomogenea, senza una regia che sappia coordinare, sorvegliare, ed eventualmente correggere gli squilibri realizzativi e gestionali rilevati ad una scala diversa da quella meramente puntuale. In tempi di risorsa scarsa, la "finanza unificata per lo sviluppo" appare dunque come una scelta obbligata, alla quale la Regione sembra volersi dichiaratamente ispirare. Ora, dal momento che in ben due occasioni la Finanziaria Regionale richiama gli Accordi di Programma Quadro, come definiti dalla legge dello Stato che ristruttura l'intero complesso della programmazione negoziata (n. 662/96), appare del tutto ovvio un richiamo all'opportunità di mettere mano ad una revisione, per questo specifico strumento, delle modalità di esercizio del partenariato sociale. Per intenderci: mentre per i Patti Territoriali e i Contratti d'Area viene riconosciuta e formalizzata la partecipazione, a diversi livelli, delle forze sociali ed economiche, gli Accordi di Programma Quadro si sviluppano esclusivamente all'interno di una dinamica di rapporti istituzionali. La Regione coinvolge gli Enti Locali, promovendo a sua volta il confronto ed il coordinamento con le Amministrazioni Centrali competenti per materia, insieme alle quali stipula poi definitivamente l'Accordo, che concerne il finanziamento di piani pluriennali di investimento. I soggetti del partenariato restano, di fatto, esclusi da tutte le fasi del processo di formazione delle decisioni. Ad una prima lettura, la scelta di privilegiare lo strumento dell'Accordo sembra sostanzialmente disallineata con la procedura partenariale, generalmente riconosciuta. In sede di confronto, il problema dovrà essere indubbiamente posto.
Ulteriori misure per il sostegno alla crescita.
In linea generale, la finanziaria regionale riserva sufficiente attenzione all'impulso dei settori infrastrutturali. Tra l'altro (art. 6) si istituisce un fondo di rotazione allo scopo di favorire lo sviluppo del sistema integrato regionale dei trasporti, ed in particolare della "Metropolitana Regionale"; viene istituito (art.1) un fondo di rotazione per il finanziamento delle spese di progettazione di opere infrastrutturali a favore delle amministrazioni pubbliche locali; si costituisce (art.21) un apposito fondo destinato alla copertura dei finanziamenti per enti pubblici, università e sovrintendenze ai beni ambientali e architettonici per interventi di recupero di chiese e conventi di valenza storico - monumentale; si istituisce (art.21) un fondo destinato alla ristrutturazione del patrimonio edilizio rurale appartenente agli enti pubblici da destinare ad uso abitativo; si definisce (art.25), al fine di promuovere lo sviluppo dell'imprenditoria e del lavoro autonomo femminile, uno specifico strumento di agevolazione. É evidente che, in mancanza di una rappresentazione unitaria dell'intervento pubblico a supporto dello sviluppo economico, riesce difficile collocare queste pur importanti iniziative nel contesto di un programma organico. Serve - lo ripetiamo - un approccio maggiormente sistematico, che deve trovare la sua formale collocazione in documenti di programmazione e di rendiconto. Documenti dei quali è stata peraltro annunciata la prossima elaborazione.
E il contenimento della spesa?
La Finanziaria, in effetti, dedica alcuni, importanti articoli all'obiettivo del controllo e del contenimento della spesa. Ci si sofferma (art.1) con attenzione sulle società partecipate, alle quali vengono imposti diversi vincoli in ordine all'adeguamento della composizione degli organi di gestione (da ridurre entro il limite di cinque membri), e alla determinazione del compenso per gli amministratori (che dovrà essere contenuto nei 60.000 euro lordi all'anno). Ma c'è di più: l'Assessore al Bilancio è incaricato di procedere ad una organica verifica di tutte le società a partecipazione regionale, giungendo, quando ve ne siano le condizioni, a proporre la loro messa in liquidazione. L'enunciato più impegnativo è sviluppato, infine, all'art. 6, dove di stabilisce che i tetti di spesa e i budget dei costi delle aziende del servizio sanitario regionale sono aggiornati dalla Giunta Regionale in modo da ridurre la spesa sanitaria del 18,5% nel triennio 2006 - 2008, di cui almeno il 6,5% nel 2006 rispetto al livello dei costi raggiunti nel consuntivi dell'esercizio 2004. Si tratta di un obiettivo assai impegnativo, il cui perseguimento appare però indispensabile alla luce della crescente incidenza del debito sanitario sui conti regionali e della sostanziale riduzione dei trasferimenti dello Stato.
In conclusione.
Ridare organicità e unitarietà di gestione alla spesa d'investimento, introducendo modalità stringenti di controllo e verifica della rispondenza tra finalità e risultati; attivare rigorose iniziative per il contenimento della spesa sanitaria e la riqualificazione produttiva della spesa corrente. Sono obiettivi ambiziosi quanto irrinunciabili, per la complessa congiuntura che coinvolge il tessuto economico e sociale della Regione, per l'esigenza di chiarezza e di partecipazione rappresentata dal corpo sociale.
La domanda è: siamo finalmente ad un punto di svolta? Quali passaggi l'amministrazione intende realizzare per dare sostanza agli intendimenti fissati nella normativa?

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