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  Dicembre 2012

Articoli n° 1
gennaio/febbraio 2006
 

INCHIESTA CAMPANIA - Home Page
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L'Intervista - Antonio Valiante

L'Intervento - Pietro Cerrito

L'Intervista - Cristiana Coppola

L'Intervento - Giovanni Cotroneo

L'Intervento - Silvio Sarno

L'Intervento - Costanzo Jannotti Pecci

L'Intervento - Carlo Cicala

L'Intervento - Giovanni Lettieri

L'Intervento - Andrea Prete


L'Intervento- SILvio sarno *


Credo che non bisogna aggiungere molto alle valutazioni che la Confindustria Campania ha espresso sul Bilancio di previsione per l'anno finanziario 2006 della Regione Campania. Cristiana Coppola è stata chiara e precisa nel mettere in evidenza le carenze di una manovra che penalizza ulteriormente l'imposizione sui redditi e sulle imprese e di fatto materializza il rischio che ai minori prelievi centrali corrispondano crescenti aumenti delle imposte locali. L'esito finale è il peso della fiscalità complessiva che resta sostanzialmente inalterato, se non addirittura aggravato. L'aumento delle addizionali adottate in Campania nasce si dalla Finanziaria che il Governo nazionale ha proposto ed il Parlamento ha approvato. Ma è altresì vero che la Regione non è stata in grado di recepire le modifiche in diminuzione dei trasferimenti senza innalzare il livello del prelievo, segno evidente dell'assenza di flessibilità dei bilanci regionali irrigiditi dalle spese correnti. Si ripropongono, quindi, le solite manovre che da un lato prevedono il prelievo immediato; dall'altro annunciano programmi di sinergia di costi. Capisco che gli enormi e mai risolti problemi del passato fagocitano il presente relegando ad un ipotetico futuro scelte più coerenti col rilancio economico. Ma è anche vero che se non si avvia con decisione una reale riforma del sistema pubblico locale è difficile immaginare il territorio regionale quale elettivo di nuovi investimenti e di più sostanzioso sviluppo. C'è stata una forte concentrazione in questi ultimi anni sulla spesa dei Fondi Europei: fatto meritevole perché ha recuperato i ritardi e le inefficienze del passato. Dall'altro è sempre più evidente che non è stata prestata la giusta attenzione alle riforme strutturali, quelle che riescono a dare benefici duraturi e certi nel tempo. Nel futuro potremmo essere bravi a garantirci le altre risorse europee del programma 2007-2013 di cui abbiamo bisogno, ma se non c'è una vera e reale inversione di tendenza sul livello e sull'efficienza della spesa pubblica locale molti dei limiti che oggi evidenziamo resteranno, senza che la finanza pubblica regionale riesca ad innescare una spinta autopropulsiva dell'economia. Il decreto 56, quello che stabilisce i criteri del trasferimento dello Stato alle Regioni delle risorse nazionali è del 2000; eppure dal 2000 ad oggi in Regione non c'è stata una vera e propria azione organica per razionalizzare la spesa sanitaria e porla sotto controllo. Oggi essa assorbe il 59% del Bilancio regionale e, così come è stato spiegato, è la vera causa dell'aumento delle addizionali. Poi si resta ancora più perplessi se si analizzano i dati strutturali del sistema sanitario, oltremodo starati rispetto alle Regioni che pur garantiscono livelli di servizi più elevati. E la spesa sanitaria è quella che per mole ed impatto ha la maggiore evidenza. Non credo che per il restante 41% della spesa regionale l'impostazione sia diversa. Leggendo gli obiettivi della Relazione Illustrativa al Bilancio di previsione non si può che essere d'accordo nel disegno complessivo di un ricollocamento delle risorse dalle spese correnti a quelle di investimento, alla riduzione delle spese di parte corrente non collegate alla produzione di servizi. Certo poi stupisce che si parli ancora di "introduzione di una modalità di controllo di gestione finalizzata alla verifica costante tra impegni, impieghi e risultati", cose ovvie di qualsiasi gestione economica-finanziaria, ma che in Regione Campania è una condizione ancora da realizzare. Sono queste le contraddizioni che inducono allo scetticismo e che riversano sui cittadini e sulle imprese carichi che un efficiente controllo della spesa potrebbe evitare con forte beneficio per l'economia complessiva della regione. Non possiamo chiedere sempre ad altri livelli di governo la fiscalità di vantaggio. Credo che la vera svolta si verificherà solo quando l'Ente regione saprà riformare se stesso, diminuendo il fabbisogno finanziario del prelievo, qualificando e comprimendo la propria spesa. Occorre più coraggio sul fronte delle spese perché è fin troppo facile aumentare le entrate mediante l'aumento del prelievo a carico delle imprese. È una questione di mentalità e quindi di classe dirigente di quella classe dirigente più volte invocata che sa scommettere sulle reali prospettive di sviluppo producendo nell'attualità scelte che sappiano dare il senso del profondo cambiamento.

*Presidente Confindustria Avellino

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