L'Intervista - Antonio Valiante
L'Intervento - Pietro Cerrito
L'Intervista - Cristiana Coppola
L'Intervento - Giovanni Cotroneo
L'Intervento - Silvio Sarno
L'Intervento - Costanzo Jannotti Pecci
L'Intervento - Carlo Cicala
L'Intervento - Giovanni Lettieri
L'Intervento - Andrea Prete
L'Intervento- SILvio sarno *
Credo
che non bisogna aggiungere molto alle valutazioni che la
Confindustria Campania ha espresso sul Bilancio di previsione
per l'anno finanziario 2006 della Regione Campania. Cristiana
Coppola è stata chiara e precisa nel mettere in evidenza
le carenze di una manovra che penalizza ulteriormente l'imposizione
sui redditi e sulle imprese e di fatto materializza il rischio
che ai minori prelievi centrali corrispondano crescenti aumenti
delle imposte locali. L'esito finale è il peso della
fiscalità complessiva che resta sostanzialmente inalterato,
se non addirittura aggravato. L'aumento delle addizionali
adottate in Campania nasce si dalla Finanziaria che il Governo
nazionale ha proposto ed il Parlamento ha approvato. Ma è altresì vero
che la Regione non è stata in grado di recepire le
modifiche in diminuzione dei trasferimenti senza innalzare
il livello del prelievo, segno evidente dell'assenza di flessibilità dei
bilanci regionali irrigiditi dalle spese correnti. Si ripropongono,
quindi, le solite manovre che da un lato prevedono il prelievo
immediato; dall'altro annunciano programmi di sinergia di
costi. Capisco che gli enormi e mai risolti problemi del
passato fagocitano il presente relegando ad un ipotetico
futuro scelte più coerenti col rilancio economico.
Ma è anche vero che se non si avvia con decisione
una reale riforma del sistema pubblico locale è difficile
immaginare il territorio regionale quale elettivo di nuovi
investimenti e di più sostanzioso sviluppo. C'è stata
una forte concentrazione in questi ultimi anni sulla spesa
dei Fondi Europei: fatto meritevole perché ha recuperato
i ritardi e le inefficienze del passato. Dall'altro è sempre
più evidente che non è stata prestata la giusta
attenzione alle riforme strutturali, quelle che riescono
a dare benefici duraturi e certi nel tempo. Nel futuro potremmo
essere bravi a garantirci le altre risorse europee del programma
2007-2013 di cui abbiamo bisogno, ma se non c'è una
vera e reale inversione di tendenza sul livello e sull'efficienza
della spesa pubblica locale molti dei limiti che oggi evidenziamo
resteranno, senza che la finanza pubblica regionale riesca
ad innescare una spinta autopropulsiva dell'economia. Il
decreto 56, quello che stabilisce i criteri del trasferimento
dello Stato alle Regioni delle risorse nazionali è del
2000; eppure dal 2000 ad oggi in Regione non c'è stata
una vera e propria azione organica per razionalizzare la
spesa sanitaria e porla sotto controllo. Oggi essa assorbe
il 59% del Bilancio regionale e, così come è stato
spiegato, è la vera causa dell'aumento delle addizionali.
Poi si resta ancora più perplessi se si analizzano
i dati strutturali del sistema sanitario, oltremodo starati
rispetto alle Regioni che pur garantiscono livelli di servizi
più elevati. E la spesa sanitaria è quella
che per mole ed impatto ha la maggiore evidenza. Non credo
che per il restante 41% della spesa regionale l'impostazione
sia diversa. Leggendo gli obiettivi della Relazione Illustrativa
al Bilancio di previsione non si può che essere d'accordo
nel disegno complessivo di un ricollocamento delle risorse
dalle spese correnti a quelle di investimento, alla riduzione
delle spese di parte corrente non collegate alla produzione
di servizi. Certo poi stupisce che si parli ancora di "introduzione
di una modalità di controllo di gestione finalizzata
alla verifica costante tra impegni, impieghi e risultati",
cose ovvie di qualsiasi gestione economica-finanziaria, ma
che in Regione Campania è una condizione ancora da
realizzare. Sono queste le contraddizioni che inducono allo
scetticismo e che riversano sui cittadini e sulle imprese
carichi che un efficiente controllo della spesa potrebbe
evitare con forte beneficio per l'economia complessiva della
regione. Non possiamo chiedere sempre ad altri livelli di
governo la fiscalità di vantaggio. Credo che la vera
svolta si verificherà solo quando l'Ente regione saprà riformare
se stesso, diminuendo il fabbisogno finanziario del prelievo,
qualificando e comprimendo la propria spesa. Occorre più coraggio
sul fronte delle spese perché è fin troppo
facile aumentare le entrate mediante l'aumento del prelievo
a carico delle imprese. È una questione di mentalità e
quindi di classe dirigente di quella classe dirigente più volte
invocata che sa scommettere sulle reali prospettive di sviluppo
producendo nell'attualità scelte che sappiano dare
il senso del profondo cambiamento.
*Presidente Confindustria Avellino
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