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  Dicembre 2012

Articoli n° 1
gennaio/febbraio 2006
 

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La competitivitÀ delle nazioni dopo la svolta di Lisbona

Le attivitÀ camerali per l’estero:
Intertrade 2006

La competitivitÀ delle nazioni dopo la svolta di Lisbona

Augusto STRIANESE*

Le conclusioni dei lavori della
"Commissione Competitività" di Unioncamere

Un sistema Paese che voglia essere competitivo deve riconoscere la centralità del sistema imprenditoriale, con la conseguente necessità di appropriate politiche

Si parla di Competitività delle nazioni, misurabile confrontando le quote di mercato e la redditività, e di Competitività, come capacità del sistema paese di perseguire lo sviluppo costante dell'economia e garantire benessere alla generalità dei cittadini. Da quest'ultima angolazione, emerge l'importanza del livello di produttività nella fornitura di beni e servizi, ossia la capacità del sistema imprenditoriale, per cui si può anche affermare che la prosperità di una nazione dipende dall'efficienza del sistema delle imprese. Un sistema Paese che voglia essere competitivo, pertanto, deve riconoscere la centralità del sistema imprenditoriale, con la conseguente necessità di appropriate politiche. A voler guardare al confronto fra economie nazionali, possiamo dire che, se c'era bisogno di un'ulteriore conferma della perdita di competitività del nostro Paese, questa non si è fatta attendere. Il dato dell'ISTAT sulla bilancia commerciale con i Paesi extra UE - presentato a fine novembre - dice che abbiamo raggiunto il peggior risultato dal 1993: meno 7,6 miliardi di euro. La quota di competitività è scesa - in dieci anni - dal 4,6 al 3,8%, ma ciò che più risalta agli occhi è che solo l'11,8% delle nostre esportazioni manifatturiere è ad alta tecnologia (mentre la media OCSE è del 26,4%). A partire dal Consiglio di Lisbona del marzo 2000, il tema della competitività è diventato prioritario e ha dato luogo ad una strategia che ha come fine far diventare l'UE, entro il 2010, l'economia più competitiva e tecnologicamente avanzata del mondo. Dopo aver identificato i fattori rilevanti per la competitività delle imprese, le funzioni di guida, indirizzo e monitoraggio del progetto sono state affidate al Consiglio Competitività, che raggruppa i precedenti Consigli Mercato interno, Industria e Ricerca dell'U.E.. L'evoluzione registrata nella politica europea sulle priorità di Lisbona non ha cambiato finora il quadro complessivo.
I fattori di criticità individuati riguardano, in primo luogo, le infrastrutture, il contesto normativo e amministrativo, fra cui quella burocrazia che affligge in particolare le piccole imprese, l'accesso agli strumenti finanziari, il funzionamento dei mercati, l'imprenditorialità, le risorse umane, l'innovazione, la conoscenza e diffusione dell'ITC, lo sviluppo sostenibile, e così via. L'Italia dovrà lavorare sodo, dal momento che si trova al di sotto della media UE, anzi in posizione di bassa classifica.

Ricerca e Sviluppo, Innovazione e Formazione
Occorre attribuire l'importanza che merita al fattore chiave della competitività del Paese, ossia all'innovazione che non deve essere considerata più un'opzione alla quale ricorrere o meno. L'innovazione, infatti, come è stato detto, non è più uno strumento facoltativo per chi vuole emergere, è invece una soluzione necessaria per chi non vuole soccombere. Questo, purtroppo, molte imprese, ma direi tutta la cultura del Paese fa ancora fatica a capirlo, come dimostra la distanza dal raggiungimento di quel 3% del PIL dedicato alla ricerca, deciso e ribadito nei documenti ufficiali (basti pensare che in materia di "Investimento in conoscenza come percentuale del PIL", il nostro Paese, in Europa, riesce a superare solo il Portogallo e la Grecia, mentre il "Tasso annuale medio di crescita" nella stessa materia ci vede, staccati, all'ultimo posto). Occorre garantire sufficienti risorse destinate agli strumenti più accessibili per le PMI (che partecipano ancora in maniera limitata ai programmi europei di ricerca a causa di un'impostazione che ne scoraggia la presenza). A livello nazionale, una linea consolidata di impegno del Sistema camerale insiste su azioni e su servizi di promozione e diffusione dell'innovazione e delle nuove tecnologie nei confronti delle imprese di minore dimensione. Lo dimostrano le cifre relative ai quasi 25 milioni di euro investiti dal sistema a supporto dell'innovazione, la numerosità degli sportelli (89) avviati e dedicati a tale scopo, le numerose collaborazioni con le università, gli enti di ricerca nazionali ed esteri (133). In particolare per la componente "innovazione" il sistema camerale si è concentrato principalmente sull'obiettivo di mitigare le criticità fondamentali del nostro sistema. Fra queste spicca la dimensione delle imprese, nella stragrande maggioranza troppo piccole per investire in proprio sulla ricerca e per dialogare con i soggetti della ricerca pubblica. Il lavoro del sistema camerale deve anche contribuire ad accorciare i tempi del processo che porta dalla fase della mera ricerca a quella della valorizzazione economica, promuovendo la partecipazione congiunta nei progetti della ricerca e dell'impresa.

Le infrastrutture e le reti
La logica del localismo deve far posto a scelte di efficienza. Un esempio chiaro: il Paese dovrà scegliere quali punti della rete portuale potranno essere "terminale" delle autostrade del mare, non in ragione del "non scontentiamo nessuno" (esistono oggi 28 autorità portuali), ma secondo le regole del miglior posizionamento e dell'efficienza delle strutture. In questa logica, occorre tener conto dell'esistente e ripensare il nuovo ruolo dell'Italia dopo l'exploit delle economie asiatiche con un Mediterraneo che avrà un +180% di scambi ed una zona di libero scambio dal prossimo decennio. Il prezzo dell'energia sulle piccole imprese italiane pesa il 30% in più, rispetto alla media degli altri Paesi europei, per non parlare dell'incidenza della fiscalità indiretta sul prezzo dell'energia per i piccoli imprenditori, nettamente superiore alla media UE sia per il gas (+46% del costo totale del metro cubo), che per l'energia elettrica (+11% sul costo del chilowattora). Le infrastrutture materiali e immateriali, le reti, la logistica, i trasporti, l'intermodalità, sono fattori di competitività sulla cui valenza non è necessario argomentare. Il loro sviluppo è fondamentale per la ripresa, specie nel Mezzogiorno. Ne siamo tutti convinti, ma sappiamo anche che il vero problema, in questo momento, è la scarsità di risorse e la consapevolezza di aver messo nei programmi e nell'elenco che ogni territorio ha in programma, più opere di quante se ne possano effettivamente finanziare.

Internazionalizzazione
La nuova legge sull'internazionalizzazione ha avviato la costruzione di un nuovo apparato, che prevede alcune semplificazioni (riferimenti esteri) e un ruolo di rilievo per il sistema camerale. L'occasione può, anzi deve, essere colta, per perseguire alcuni obiettivi che personalmente ritengo importanti:
- le camere di commercio e le loro aziende e società specializzate devono essere l'interlocutore pubblico privilegiato, se non unico, per le imprese partecipanti ai programmi di internazionalizzazione; - va ricercato e attuato un coordinamento operativo fra tutti i "centri" che operano in materia, Unioncamere, MAE, MAP, altri Ministeri, regioni, ecc.; - va valutata una riorganizzazione dei tanti servizi specialistici erogati dal sistema e recuperato un ruolo attivo delle associazioni di categoria; - occorre aiutare il Mezzogiorno a cogliere la possibilità di porsi come interlocutore naturale nell'Unione Europea per la sua collocazione geografica nel Mediterraneo, specie in rapporto col sud-est europeo. Peraltro, i 234 progetti di internazionalizzazione presentati nelle regioni dell'obiettivo 1 nel 2004, per un valore totale di oltre 254 milioni di euro, meritano l'attenzione del sistema camerale, che partecipa a parte degli stessi. Vi è un problema di sintesi e di visione complessiva, bisogna capire bene cosa si sta facendo, fino alla verifica dell'efficacia di ogni azione.

Il sistema delle alleanze tra imprese e istituzioni
Occorre vedere se "la strada giusta" è quella imboccata dalla recente legge sulla competitività. Se è la strada giusta incentivare la fusione fra imprese, concedendo deducibilità del 50% delle spese per studi e consulenze connesse alla fusione, ma basta pensare che la stragrande maggioranza delle imprese ha una dimensione piccolissima o piccola per farsi un'idea in proposito….Per le istituzioni il ragionamento è più complesso; manca un processo di aggregazione trasversale, un sistema di alleanze che superi gli schieramenti corporativi e gli interessi verticali. Occorre, pertanto, una riflessione da parte di tutti, dal momento che il risultato finale si misurerà dall'innalzamento del livello di competitività del Paese, che dipende - nessuno lo dimentichi - da quello delle imprese.
*Vice Presidente UnionCamere
con Delega all’Internazionalizzazione

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