La competitivitÀ delle nazioni dopo la svolta
di Lisbona
Le attivitÀ camerali
per l’estero:
Intertrade 2006
La competitivitÀ delle nazioni dopo la
svolta di Lisbona
Augusto
STRIANESE*
Le conclusioni dei lavori della
"Commissione Competitività" di Unioncamere
Un sistema Paese che voglia essere competitivo deve riconoscere la centralità del
sistema imprenditoriale, con la conseguente necessità di appropriate
politiche
Si parla di Competitività delle nazioni, misurabile
confrontando le quote di mercato e la redditività, e di Competitività,
come capacità del sistema paese di perseguire lo sviluppo costante dell'economia
e garantire benessere alla generalità dei cittadini. Da quest'ultima
angolazione, emerge l'importanza del livello di produttività nella fornitura
di beni e servizi, ossia la capacità del sistema imprenditoriale, per
cui si può anche affermare che la prosperità di una nazione dipende
dall'efficienza del sistema delle imprese. Un sistema Paese che voglia essere
competitivo, pertanto, deve riconoscere la centralità del sistema imprenditoriale,
con la conseguente necessità di appropriate politiche. A voler guardare
al confronto fra economie nazionali, possiamo dire che, se c'era bisogno di
un'ulteriore conferma della perdita di competitività del nostro Paese,
questa non si è fatta attendere. Il dato dell'ISTAT sulla bilancia commerciale
con i Paesi extra UE - presentato a fine novembre - dice che abbiamo raggiunto
il peggior risultato dal 1993: meno 7,6 miliardi di euro. La quota di competitività è scesa
- in dieci anni - dal 4,6 al 3,8%, ma ciò che più risalta agli
occhi è che solo l'11,8% delle nostre esportazioni manifatturiere è ad
alta tecnologia (mentre la media OCSE è del 26,4%). A partire dal Consiglio
di Lisbona del marzo 2000, il tema della competitività è diventato
prioritario e ha dato luogo ad una strategia che ha come fine far diventare
l'UE, entro il 2010, l'economia più competitiva e tecnologicamente avanzata
del mondo. Dopo aver identificato i fattori rilevanti per la competitività delle
imprese, le funzioni di guida, indirizzo e monitoraggio del progetto sono state
affidate al Consiglio Competitività, che raggruppa i precedenti Consigli
Mercato interno, Industria e Ricerca dell'U.E.. L'evoluzione registrata nella
politica europea sulle priorità di Lisbona non ha cambiato finora il
quadro complessivo.
I fattori di criticità individuati riguardano, in primo luogo, le infrastrutture,
il contesto normativo e amministrativo, fra cui quella burocrazia che affligge
in particolare le piccole imprese, l'accesso agli strumenti finanziari, il
funzionamento dei mercati, l'imprenditorialità, le risorse umane, l'innovazione,
la conoscenza e diffusione dell'ITC, lo sviluppo sostenibile, e così via.
L'Italia dovrà lavorare sodo, dal momento che si trova al di sotto della
media UE, anzi in posizione di bassa classifica.
Ricerca e Sviluppo, Innovazione e Formazione
Occorre attribuire l'importanza che merita al fattore chiave della competitività del
Paese, ossia all'innovazione che non deve essere considerata più un'opzione
alla quale ricorrere o meno. L'innovazione, infatti, come è stato detto,
non è più uno strumento facoltativo per chi vuole emergere, è invece
una soluzione necessaria per chi non vuole soccombere. Questo, purtroppo, molte
imprese, ma direi tutta la cultura del Paese fa ancora fatica a capirlo, come
dimostra la distanza dal raggiungimento di quel 3% del PIL dedicato alla ricerca,
deciso e ribadito nei documenti ufficiali (basti pensare che in materia di "Investimento
in conoscenza come percentuale del PIL", il nostro Paese, in Europa, riesce
a superare solo il Portogallo e la Grecia, mentre il "Tasso annuale medio
di crescita" nella stessa materia ci vede, staccati, all'ultimo posto).
Occorre garantire sufficienti risorse destinate agli strumenti più accessibili
per le PMI (che partecipano ancora in maniera limitata ai programmi europei
di ricerca a causa di un'impostazione che ne scoraggia la presenza). A livello
nazionale, una linea consolidata di impegno del Sistema camerale insiste su
azioni e su servizi di promozione e diffusione dell'innovazione e delle nuove
tecnologie nei confronti delle imprese di minore dimensione. Lo dimostrano
le cifre relative ai quasi 25 milioni di euro investiti dal sistema a supporto
dell'innovazione, la numerosità degli sportelli (89) avviati e dedicati
a tale scopo, le numerose collaborazioni con le università, gli enti
di ricerca nazionali ed esteri (133). In particolare per la componente "innovazione" il
sistema camerale si è concentrato principalmente sull'obiettivo di mitigare
le criticità fondamentali del nostro sistema. Fra queste spicca la dimensione
delle imprese, nella stragrande maggioranza troppo piccole per investire in
proprio sulla ricerca e per dialogare con i soggetti della ricerca pubblica.
Il lavoro del sistema camerale deve anche contribuire ad accorciare i tempi
del processo che porta dalla fase della mera ricerca a quella della valorizzazione
economica, promuovendo la partecipazione congiunta nei progetti della ricerca
e dell'impresa.
Le infrastrutture e le reti
La logica del localismo deve far posto a scelte di efficienza. Un esempio chiaro:
il Paese dovrà scegliere quali punti della rete portuale potranno essere "terminale" delle
autostrade del mare, non in ragione del "non scontentiamo nessuno" (esistono
oggi 28 autorità portuali), ma secondo le regole del miglior posizionamento
e dell'efficienza delle strutture. In questa logica, occorre tener conto dell'esistente
e ripensare il nuovo ruolo dell'Italia dopo l'exploit delle economie asiatiche
con un Mediterraneo che avrà un +180% di scambi ed una zona di libero
scambio dal prossimo decennio. Il prezzo dell'energia sulle piccole imprese
italiane pesa il 30% in più, rispetto alla media degli altri Paesi europei,
per non parlare dell'incidenza della fiscalità indiretta sul prezzo
dell'energia per i piccoli imprenditori, nettamente superiore alla media UE
sia per il gas (+46% del costo totale del metro cubo), che per l'energia elettrica
(+11% sul costo del chilowattora). Le infrastrutture materiali e immateriali,
le reti, la logistica, i trasporti, l'intermodalità, sono fattori di
competitività sulla cui valenza non è necessario argomentare.
Il loro sviluppo è fondamentale per la ripresa, specie nel Mezzogiorno.
Ne siamo tutti convinti, ma sappiamo anche che il vero problema, in questo
momento, è la scarsità di risorse e la consapevolezza di aver
messo nei programmi e nell'elenco che ogni territorio ha in programma, più opere
di quante se ne possano effettivamente finanziare.
Internazionalizzazione
La nuova legge sull'internazionalizzazione ha avviato la costruzione di un
nuovo apparato, che prevede alcune semplificazioni (riferimenti esteri) e un
ruolo di rilievo per il sistema camerale. L'occasione può, anzi deve,
essere colta, per perseguire alcuni obiettivi che personalmente ritengo importanti:
- le camere di commercio e le loro aziende e società specializzate devono
essere l'interlocutore pubblico privilegiato, se non unico, per le imprese
partecipanti ai programmi di internazionalizzazione; - va ricercato e attuato
un coordinamento operativo fra tutti i "centri" che operano in materia,
Unioncamere, MAE, MAP, altri Ministeri, regioni, ecc.; - va valutata una riorganizzazione
dei tanti servizi specialistici erogati dal sistema e recuperato un ruolo attivo
delle associazioni di categoria; - occorre aiutare il Mezzogiorno a cogliere
la possibilità di porsi come interlocutore naturale nell'Unione Europea
per la sua collocazione geografica nel Mediterraneo, specie in rapporto col
sud-est europeo. Peraltro, i 234 progetti di internazionalizzazione presentati
nelle regioni dell'obiettivo 1 nel 2004, per un valore totale di oltre 254
milioni di euro, meritano l'attenzione del sistema camerale, che partecipa
a parte degli stessi. Vi è un problema di sintesi e di visione complessiva,
bisogna capire bene cosa si sta facendo, fino alla verifica dell'efficacia
di ogni azione.
Il sistema delle alleanze tra imprese e istituzioni
Occorre vedere se "la strada giusta" è quella imboccata dalla
recente legge sulla competitività. Se è la strada giusta incentivare
la fusione fra imprese, concedendo deducibilità del 50% delle spese
per studi e consulenze connesse alla fusione, ma basta pensare che la stragrande
maggioranza delle imprese ha una dimensione piccolissima o piccola per farsi
un'idea in proposito….Per le istituzioni il ragionamento è più complesso;
manca un processo di aggregazione trasversale, un sistema di alleanze che superi
gli schieramenti corporativi e gli interessi verticali. Occorre, pertanto,
una riflessione da parte di tutti, dal momento che il risultato finale si misurerà dall'innalzamento
del livello di competitività del Paese, che dipende - nessuno lo dimentichi
- da quello delle imprese.
*Vice Presidente UnionCamere
con Delega all’Internazionalizzazione
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