L'Intervista - Antonio Valiante
L'Intervento - Pietro Cerrito
L'Intervista - Cristiana Coppola
L'Intervento - Giovanni Cotroneo
L'Intervento - Silvio Sarno
L'Intervento - Costanzo Jannotti Pecci
L'Intervento - Carlo Cicala
L'Intervento - Giovanni Lettieri
L'Intervento - Andrea Prete
L'Intervento- carlo cicala *
Per
compensare l'enorme emorragia di risorse causata dalla Sanità e
per finanziare altre discutibili misure di pseudo welfare,
nella legge di bilancio di previsione 2006 la Regione Campania
ha inserito l'aumento delle addizionali Irap e Irpef. Se
questa decisione rappresenta l'abbrivio del tanto discusso
federalismo - verso cui peraltro l'architettura costituzionale
del Paese è ormai a grandi passi avviata - c'è poco
da stare allegri. Almeno per noi. La Campania, infatti, è pressoché la
sola tra le Regioni italiane (condivide questo primato con
la Liguria) che, per ripianare le voragini della spesa corrente,
ha deciso di aumentare il carico fiscale, per di più a
esclusivo carico del sistema produttivo.
Né può trovare giustificazione - come pure è stato
fatto - la tesi secondo cui l'aumento dello 0,3% dell'Irap
sarebbe, in fondo, "parva res" per gli imprenditori.
E ciò non fosse altro per il motivo che l'inasprimento
dell'aliquota in questione non è il primo, né isolato,
atto che è stato adottato in tal senso dalla Regione
Campania. L'aumento di Irap e Irpef si somma, infatti, all'aumento
dell'accisa sul carburante confermata anche per l'esercizio
finanziario corrente. Del resto, che l'aumento delle tasse
deciso dalla Regione sia tutt’altro che un dato di
poco conto, stanno ad indicarlo le stesse voci critiche registrate,
sull'argomento, all'interno della stessa maggioranza. Penso,
per esempio, alla posizione del consigliere dello Sdi Felice
Iossa, che ha motivato le sue perplessità con le testuali
parole: <Si fanno debiti per finanziare un modestissimo
sviluppo del 2%, per 40 milioni di euro all'anno, e poi si
aumenta l'Irap che nei fatti frena lo sviluppo>. Ad ogni
modo, un dato è certo. Strettamente dal punto di vista
delle imprese, l'aumento della pressione fiscale scoraggia
l'occupazione. In una recente indagine di Unioncamere, infatti,
sono stati ben ottantamila gli imprenditori che hanno dichiarato
di non assumere nuovo personale proprio a causa dell'eccessiva
tassazione. Secondo gli intervistati, anzi, la pressione
fiscale è, in assoluto, al primo posto tra i motivi
che bloccano le imprese a fare nuove assunzioni. Al punto
cui siamo, tuttavia, attardarsi sulla questione probabilmente
non ha più molto senso. Anche se - come ammoniva Norberto
Bobbio - gli uomini di Stato dovrebbero sempre valutare le
conseguenze delle loro azioni ed essere pronti a rinunciarvi
se queste rischiassero di produrre un male maggiore di quello
che si vuole combattere. Dubito, però, che da Palazzo
Santa Lucia ci sia volontà e coraggio per fare marcia
indietro. In ogni caso, se una ulteriore riflessione mi viene
di fare, a proposito dell'aumento della tassazione, è questa.
In regime di "welfare state" c'è, in genere,
una correlazione direttamente proporzionale tra tasse incamerate
dall'apparato statuale e il numero e la qualità di
servizi erogati. Ebbene, oggettivamente constato che le Regioni
che amministrano aree del Paese dove dal punto di vista sociale
e economico si vive indubbiamente meglio, hanno ridotto non
certamente aumentato la pressione fiscale. Di contro, invece,
noi viviamo in un territorio dove, pure in presenza di una
maggiore contribuzione, <si resta - per dirla con il professore
Andrea Pisani Massamormile - quattro o cinque giorni fermi
in sedicenti autostrade, dove nel momento di massimo esercizio
di democrazia si viene uccisi, dove la criminalità entra
nei seggi elettorali, dove si cerca di portare la fiscalità di
vantaggio, ma contemporaneamente aumenta la burocrazia>.
E tutto questo in un quadro complessivo oggettivamente negativo,
in cui - secondo l'ultimo studio della Svimez - anche i fondi
stanziati dal Governo a favore del Sud sono diminuiti drasticamente
negli ultimi tre anni. Insomma, maltrattati in Campania e
dimenticati da Roma. Farei, tuttavia, torto allo spirito
imprenditoriale se chiudessi questa riflessione con una nota
pessimistica su tutta la linea. Sicché, pur chiedendomi
perché mai non vada a braccetto con l'abolizione dell'Irap,
registro positivamente la condivisione manifestata recentemente
dal governatore Antonio Bassolino sulla necessità di
introdurre la fiscalità di vantaggio per il Sud. Ottimismo
della volontà, si sarebbe detto in altri tempi.
*Presidente Unione Industriali Caserta
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