Associazionismo No Profit?
No, molti ne approfittano!
Antonio
PARAVIA*
La società civile critica politica e istituzioni ma spesso ne clona le
negatività
come favoritismi e sperperi
Parte della società civile è certamente rappresentata
da coloro che si impegnano nell'associazionismo. Alcuni di questi spesso richiamano
la classe politica e i rappresentanti delle istituzioni al rigore morale. Condividiamo
questa posizione esclusivamente se svolta da chi ne ha titolo in termini di coerenza
comportamentale. Da tempo Confindustria per controllare le possibili degenerazioni
del suo sistema di rappresentanza si è data delle rigide regole, tra le
quali ricordiamo la durata delle cariche di presidenza (max quattro anni) e la
certificazione dei bilanci. Registriamo ben diversa situazione in altre organizzazioni
categoriali. Senza alcuna posizione di becero giustizialismo ci riferiamo per
esempio alla Confcommercio nazionale, che ha in Sergio Billè un presidente
ultradecennale, noto censore dei costumi italici. Da qualche settimana si è autosospeso
perché accusato di un particolare utilizzo di un fondino di qualche milione
di euro di proprietà della sua associazione (acquisto in proprio di opere
d'arte). Avrebbe anche opzionato un immobile per la sua Confcommercio, a detta
dei magistrati a costo ipergonfiato. Se i fatti contestati a tale moderno Marco
Porcio Catone risultassero veri costituirebbero la più eclatante prova
del nostro assunto sulle criticità dell'associazionismo. Ipocrisia, enfasi,
convenienza personale e meschinità caratterizzano l'azione di grandi,
medi e piccoli presidenti, che grazie alla loro carica riescono a rivestire ruoli
nel sistema delle camere di commercio e non solo. Nei vari contesti si riservano
benefit di vario tipo, in primis l'agognata auto blu, tanto criticata per gli
esponenti politici e istituzionali, ma considerata uno status symbol irrinunciabile.
Non parliamo poi delle spese di rappresentanza e di tanti altri costi ingiustificati.
Le associazioni, appartenendo al No Profit, non subiscono alcun controllo dei
propri bilanci, per cui ipotizziamo lavoro nero, mancata registrazione dei ricavi
per quote contributive e sponsorizzazioni, costituzione di fondini presidenziali….
Non ci dilunghiamo sulle altre irregolarità in uso e affermiamo con convinzione
la necessità di una forte diminuzione delle No Profit, attraverso modifiche
legislative. Associazioni, Sindacati e Fondazioni dovrebbero riferirsi allo
stesso regime civilistico e fiscale delle nostre imprese, con l'obbligo aggiuntivo
della pubblicazione di tutti gli atti più significativi sui rispettivi
siti web. Solo così potranno eliminarsi, o almeno ridursi, favoritismi
e sperperi di un sistema che dovrebbe dare positivi esempi, mentre invece determina
profonde contraddizioni e costituisce il substrato del tradizionale malcostume
politico. Auspichiamo sostanziali cambiamenti di rotta. Relativamente alla coerenza
poi dobbiamo tutti impegnarci di più e simpaticamente diamo un consiglio
ai nostri giovani aquilotti. Evitate nei convegni di farvi offrire cene dall'Amministrazione
Regionale, così conserverete meglio il diritto di critica. Altrettanto
disdicevole è il week-end a Capri, esteso ad alcuni indefiniti senior,
a spese degli sponsor, in particolare banche e camere di commercio. Gli autorevoli
rappresentanti di queste usufruiscono così anche loro gratuitamente delle
piacevolezze capresi, nel mentre nell'auditorium si discute di rigore amministrativo
e governance.
Sulla prossima graticola altro No Profit: sindacati e patronati.
*Giunta Confindustria
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