Apprendistato e regime di
aiuti in de minimis
Alfredo
LOSO*
Per il 2006 le risorse per la formazione
vengono principalmente dal POR
La Legge Finanziaria regionale per il 2006 non parla
di formazione professionale. Questo, però, non deve stupire, poiché le
politiche e le strategie della formazione in Campania trovano la loro articolazione
nel POR e nelle risorse derivanti dal Fondo Sociale Europeo o da risorse nazionali,
come la L. 236. Un passaggio relativo ai temi della formazione, seppure indiretto,
si trova in relazione all'apprendistato. Il comma 1 dell'art. 25 della Finanziaria
regionale abroga il titolo II della LR 28/87, relativo all'istruzione artigiana
che viene ricondotta nella più ampia tematica dell'apprendistato con il
finanziamento di uno speciale regime di aiuti in de minimis. Queste osservazioni
offrono lo spunto per soffermarci, tanto sul significato di questo regime di
aiuti, oscuro ai più, quanto sui temi dell'apprendistato che certamente
non riguardano solo l'artigianato, ma interessano tutto il tessuto imprenditoriale
e, in particolar modo, le Pmi anche a carattere non artigianale. Ritengo utile
cominciare dal tema dell'apprendistato per tracciare alcune riflessioni, in considerazione
del fatto che vi è un dibattito sulla sperimentazione e sul varo di una
legge regionale per l'apprendistato che coinvolge le Parti Sociali, l'Osservatorio
sull'apprendistato e il Coordinamento degli Enti Bilaterali. La legge regionale
sull'apprendistato deve nascere da un percorso sperimentale che nell'arco dei
prossimi anni va monitorato al fine di offrire indicazioni qualitative in termini
di definizione legislativa. É perciò opportuno realizzare una sperimentazione
che dia corso a una Legge Regionale buona e longeva: questa sperimentazione,
a mio avviso, deve riguardare non solo l'apprendistato professionalizzante che
attualmente monopolizza il confronto, ma anche nuove e parallele sperimentazioni
in relazione alle altre due tipologie di apprendistato previste dalla Legge nazionale:
l'apprendistato per il diritto-dovere all'istruzione e quello per il diploma
e per l'alta formazione. Avviare queste sperimentazioni non è semplice
sul piano normativo e va, peraltro, verificata o creata una specifica disponibilità di
risorse finanziarie. Sarà opportuno valutare non solo efficacia ed efficienza
dei percorsi di sperimentazione che si andranno a realizzare, ma anche il raccordo
tra i diversi nodi del sistema: imprese, agenzie formative, centri per l'impiego,
osservatorio per l'apprendistato, organismi di certificazione. Il tema dell'apprendistato
si presta a ulteriori approfondimenti in relazione agli sviluppi che il dibattito
regionale andrà prendendo e di cui daremo conto su queste pagine. Passiamo
perciò a trattare ora l'altro argomento annunciato: il regime di aiuti
in de minimis. Lo Stato e le altre Amministrazioni Pubbliche possono erogare
aiuti alle imprese solo nel limite di determinati massimali, fissati in percentuale
sugli investimenti, autorizzati espressamente dalla Commissione europea. Ogni
progetto di legge agevolativa deve pertanto essere notificato alla Commissione
stessa. Fanno eccezione gli aiuti alle PMI e alla formazione concessi in base
ai regolamenti CE della Commissione n. 70/2001 e n. 68/2001; gli aiuti di piccola
entità sono definiti dall'UE de minimis e si presume non incidano sulla
concorrenza in modo significativo. Le pubbliche autorità e, tra queste,
le regioni possono quindi erogare aiuti alle imprese di qualsiasi dimensione,
in regime de minimis, senza obbligo di notifica, nel rispetto delle condizioni
definite dal regolamento CE della Commissione n. 69/2001 cui fa esplicito riferimento
la legge regionale.L'importo totale massimo degli aiuti di questo tipo ottenuti
da un'impresa non può superare, nell'arco di tre anni, i 100.000 euro.
Ciò significa che per stabilire se una impresa possa ottenere una agevolazione
in regime de minimis e l'ammontare della agevolazione stessa, occorrerà sommare
tutti gli aiuti ottenuti da quella impresa, a qualsiasi titolo (per investimenti,
attività di ricerca, promozione all'estero, ecc.), in regime de minimis,
nei tre anni precedenti la nuova agevolazione. L'impresa che richiede un aiuto
di questo tipo dovrà quindi dichiarare quali altri aiuti ha ottenuto in
base a quel regime; dalla sottrazione dal tetto massimo di 100.000 euro di tutti
gli aiuti ottenuti in regime de minimis nei tre anni precedenti, risulterà l'importo
massimo concedibile a quell'impresa in un determinato momento in base allo stesso
regime. Restano in ogni caso esclusi dall'applicazione del de minimis gli aiuti
concessi al settore dei trasporti o alle attività legate alla produzione,
trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli e della pesca di cui
all'allegato I del trattato CE. Dal computo dei 100.000 euro vanno esclusi gli
aiuti che un'impresa ottiene o può avere in base a un regime autorizzato
dalla Commissione o esentato ai sensi dei regolamenti sopra citati, relativi
alle PMI e alla formazione. È, infatti, possibile il cumulo di un aiuto
autorizzato e di un aiuto in regime de minimis, anche se si riferiscono allo
stesso investimento, sempre che sia consentito dalle leggi in questione. Uno
degli argomenti di confronto riguarda il sistema di certificazione delle competenze
acquisite. A tale proposito va segnalata una novità: il Decreto del Ministero
del Lavoro e del Ministero dell'Istruzione e dell'Università del 10/10/05
che definisce il modello di riferimento per il libretto formativo del cittadino,
di cui è opportuno avviare rapidamente l'adozione nella nostra regione.
Il rilascio e la compilazione del libretto formativo del cittadino costituiscono,
infatti, lo strumento di base per il monitoraggio di un sistema basato sull'apprendimento
lungo tutto l'arco della vita, di cui l'apprendistato può rappresentare
un momento cruciale. Attorno a questo, si definiscono e differenziano le funzioni
di certificazione e attestazione dei diversi soggetti implicati nell'apprendistato
professionalizzante. Il monitoraggio e la valutazione dei percorsi di apprendistato
devono essere congruenti con criteri qualitativi, riferibili al raggiungimento
degli obiettivi formativi e professionali che vanno esplicitamente dichiarati
nei piani formativi individuali e declinati in termini di unità di competenze.
Ad ogni unità di competenza deve corrispondere un output minimo atteso
che il destinatario dovrà essere in grado di realizzare e di dimostrare
per ottenere il riconoscimento delle competenze acquisite. <La Regione rappresenta,
tramite le sue articolazioni istituzionali e funzionali, l'Ente certificatore
super partes (o parte terza). Agli enti di formazione e alle imprese vanno attribuite
funzioni di certificazione di parte prima e/o seconda (le imprese con capacità formativa
rappresentano contemporaneamente sia una parte prima che una parte seconda).
Tali funzioni di certificazione possono dar luogo a documenti quali attestati
di partecipazione e certificazioni provvisorie delle competenze acquisite. Nel
contesto normativo nazionale ed europeo esistente le competenze, tuttavia, sono
trascrivibili sul libretto formativo solo dopo la certificazione regionale. In
questo senso è quindi utile determinare un limite massimo per i tempi
della formale certificazione regionale.
*Presidente OBR Campania - presidenza@obrcampania.it
|