“PATTI CHIARI” è AMICIZIA LUNGA?
primi problemi per questa nuova realtÀ
CONTRIBUTI PREVIDENZIALI
i TERMINI DI PRESCRIZIONE
MIGLIORA LA LEGGE SULLA TRASPARENZA
IL PARLAMENTO RINNOVA LA 241
CONTRIBUTI PREVIDENZIALI
i TERMINI DI PRESCRIZIONE
Una norma applicabile a tutti i tipi di assicurazioni sociali
Lorenzo Ioele
Docente Diritto Sicurezza Sociale - Università degli Studi di Salerno
avvocato.ioelelorenzo@tin.it
La disciplina dettata dalla L. 8 agosto 1995, n. 335 offre l'occasione di affrontare il tema della prescrizione dei crediti contributivi e delle pretese per arretrati contributivi avanzate dall'INPS, in un panorama interpretativo ancora confuso e carente di consolidati orientamenti giurisprudenziali. La norma evidenzia un certo favore nei confronti dei soggetti passivi del rapporto contributivo, del quale è chiara dimostrazione la drastica contrazione dei termini, dettando una disciplina della prescrizione dei contributi previdenziali, applicabile a tutti i tipi di assicurazioni sociali e a tutte le gestioni, che si sostituisce alle numerose disposizioni precedentemente vigenti. Il generico riferimento, compiuto dal nono comma, a «le contribuzioni di previdenza e di assistenza obbligatori» induce, infatti, a ritenere che lo stesso si riferisca non solo alle contribuzioni dovute all'I.N.P.S., ma anche a quelle spettanti agli altri enti previdenziali, di tutti i settori, sia pubblici che privati. Si può, dunque, sostenere che l'art. 3, comma 9, dispone un riallineamento, per tutti i tipi di contributi previdenziali obbligatori, al termine quinquennale previsto, in via generale, dall'art. 2948, n. 4, c.c.. L'articolo 3, comma 9, L. 335/95, poi, pone un categorico divieto di versamento dei contributi prescritti diversamente dai principi generali in tema di prescrizione tra i quali giova ricordare la rilevanza dell'adempimento spontaneo del debito prescritto, ai sensi dell'art. 2940 c.c. che impedisce la ripetizione e la non rilevabilità d'ufficio della prescrizione, che va necessariamente eccepita da colui che vi ha interesse, ex art. 2938 c.c.. Il divieto ora previsto dall'art. 3, comma 9, I. 335/95 comporta, invece, che in materia contributiva la prescrizione integri un'ipotesi di vera e propria estinzione ex lege del rapporto obbligatorio: con un effetto finale che da alcuni è stato, addirittura, paragonato a quello della decadenza. La disciplina è entrata in vigore il 17 agosto 1995 ma il legislatore, quanto ai tempi di attuazione del regime prescrizionale dei contributi relativi a periodi successivi all'entrata in vigore della legge, distingue, al comma 9, tra i diversi contributi. Per i contributi destinati alle gestioni pensionistiche provvede la lettera a), applicabile sia al regime generale i.v.s. che a tutte le "altre gestioni pensionistiche obbligatorie". Il termine prescrizionale previsto è quello decennale sino al 31 dicembre 1995, che si abbassa, però, a 5 anni dal l° gennaio 1996 «salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti». Per tutti gli altri tipi di contributi, la lettera b) dello stesso comma 9 prevede, invece, l'immediata entrata in vigore del termine quinquennale. Grandi contrasti interpretativi sembra destinato ad alimentare l'inciso finale dell'art. 3, comma 9, lett. a), che fa «salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti»: si tratta di disposizione di interpretazione particolarmente complessa e soprattutto di difficile collocazione sistematica. Nella circolare di commento l'I.N.P.S. ha affermato che «la disposizione di legge in esame precisa che il termine prescrizionale resta decennale anche dopo il 1° gennaio 1996 qualora l'azione di recupero dei contributi omessi sia iniziata a seguito di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti presentata ad una autorità competente, istituto assicuratore, ispettorato del lavoro, Autorità giudiziaria» (Circolare n. 262/1995). Una siffatta lettura implica che il lavoratore e suoi superstiti - ovvero, soggetti terzi rispetto al rapporto contributivo, e quindi, non legittimati all'interruzione della prescrizione - potrebbero addirittura incidere, con propri atti, sulla disciplina legale del termine di prescrizione. Quest'impostazione non è coerente con il carattere inderogabile della disciplina e con l'imposizione del divieto, per le stesse parti del rapporto contributivo, di disporre della prescrizione, anche quando questa è già maturata come desumibile dal divieto di versamento dei contributi prescritti. L'I.N.P.S. ha, inteso la "denuncia" come una dichiarazione inviata non al debitore, ma all'ente previdenziale: tale interpretazione, comunque discutibile in considerazione dei principi generali sull'intenzione delle prescrizioni non sembra fondata per quanto concerne il generico riferimento anche ad altre Autorità - amministrative e giudiziarie - che la legge non indica, e che sembrano evocate dall'Istituto al solo scopo di dare alla disposizione l'interpretazione più ampia possibile. Seguendo l'impostazione dell'I.N.P.S. il debito potrebbe esistere all'insaputa del debitore, ove questi, in perfetta buona fede (e del tutto legittimamente) confidi nella sua avvenuta estinzione. Dalla dottrina è stato proposto di leggere la disposizione non nell'ottica del rapporto contributivo, ma nella diversa prospettiva del rapporto previdenziale, (nel senso del diritto alla prestazione pensionistica) localizzando esclusivamente l'attenzione su tale fine, ed escludendo, pertanto, che l'atto del lavoratore comporti un qualsiasi effetto sulla prescrizione dei contributi. La lettera della legge non sembra confortare tale tesi anche perchè la scelta di fondo del sistema previdenziale è ormai orientata a privilegiare il meccanismo contributivo nella determinazione della prestazione pensionistica. E allora deve ritenersi che la "denuncia" del lavoratore e dei superstiti implica l'elevazione del termine prescrizionale a dieci anni, sostanzialmente per attribuire un maggior termine all'Istituto per il recupero dei contributi e garantire al lavoratore una maggiore copertura ai fini pensionistici. Il regime prescrizionale delle contribuzioni relative a periodi precedenti l'entrata in vigore della legge è disciplinato dall'art. 3, comma 10, che dispone l'applicazione dei nuovi termini prescrizionali anche a tali contribuzioni implicando l'automatica estinzione di una notevole quantità di crediti pregressi. Il comma 10, riferendosi a tutti, indistintamente, i "termini di prescrizione di cui al comma 9", sottopone al termine quinquennale tutte le contribuzioni relative a periodi precedenti l'entrata in vigore della legge. Di queste, poi, le contribuzioni alle gestioni pensionistiche sono soggette alla previsione di un periodo intermedio (17 agosto - 31 dicembre 1995) con termine decennale, il che ha creato, a favore degli Enti, una sorta di moratoria al fine di dar modo agli stessi di interrompere la prescrizione e di far salvo, almeno, il decennio precedente la data di entrata in vigore della L. 335/95 (17 agosto 1985 - 17 agosto 1995) o meglio, il decennio precedente la data in cui ha effetto l'interruzione, se perfezionata entro il 31.12.1995. Con l'entrata in vigore della L. 335/95, in definitiva, si sono automaticamente prescritti i contributi afferenti ai regimi pensionistici relativi ai periodi anteriori al 17 agosto 1985, e ogni altro tipo di contribuzione relativa precedente il 17 agosto 1990, salvi gli effetti prodotti da atti interruttivi intervenuti medio tempore. Il medesimo comma, poi, fa comunque salvi gli effetti prodotti da "atti interruttivi già compiuti" o da non meglio specificate «procedure iniziate nel rispetto della normativa preesistente». Il problema dell'identificazione degli atti interruttivi della prescrizione non potrà, quindi, che essere risolto con riferimento ai criteri generali elaborati dalla giurisprudenza in tema di interpretazione degli artt. 2943 e 2944 c.c.. Ovviamente, anche all'eventuale riconoscimento del diritto, ex art. 2944 c.c., va assegnata efficacia interruttiva.
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