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  Dicembre 2012

Articoli n° 2
MARZO 2005
 
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RECUPERARE GLI EQuILIBRI PERDUTI
IL SUD È UNA QUESTIONE NAZIONALE

BANCA E IMPRESA
UN RAPPORTO DA RILANCIARE

RECUPERARE GLI EQUILIBRI PERDUTI
IL SUD È UNA QUESTIONE NAZIONALE
La precondizione allo sviluppo per il Mezzogiorno è il saldo del disavanzo pubblico


di Raffaella Venerando & Gaia Sigismondi

Il 4 febbraio scorso in Assindustria Salerno si sono svolti gli Stati Generali del Mezzogiorno. Uno dei protagonisti è stato Giuseppe Chiaravalloti, Presidente della Regione Calabria, al quale abbiamo chiesto un’analsi della situazione attuale e delle prospettive del nostro Sud.


Giuseppe Chiaravalloti, Presidente Regione Calabria

Quali sono i principali vincoli che frenano lo sviluppo al Sud e quali i potenziali fattori di crescita?
A rallentare lo sviluppo del Mezzogiorno vi sono deficienze notevoli, tra cui la prima è senz'altro legata alle infrastrutture. Sia pure in un mondo globalizzato, la localizzazione, intesa come la distanza dai centri di sviluppo, ha ancora una certa importanza. La dotazione infrastrutturale della Calabria è del 40% inferiore alla media nazionale. Per questo siamo ancora oggi una regione marginale, anche da un punto di vista geografico. Il Governo Berlusconi si è impegnato a eseguire, in tempi brevi, le 5 grandi opere che da tempo invocava la Calabria: l'ammodernamento della A3; la litoranea ionica, la vera strozzatura della viabilità calabrese; il ponte sullo Stretto di Messina; l'alta velocità ferroviaria; il potenziamento del porto di Gioia Tauro. Ora speriamo si passi all'attuazione concreta di tali intenti verbali. Bisogna, inoltre, capovolgere la situazione e proiettare la politica europea verso il bacino del Mediterraneo che è davvero la culla della civiltà europea. I paesi dell'area mediterranea, infatti, stanno subendo uno sviluppo progressivo ed è prevedibile, qualora si raggiungesse finalmente la pace in Medioriente, una crescita ancora maggiore. Dobbiamo, inoltre, impegnarci al fine di ottenere dal Governo il saldo del debito storico assunto verso il Sud quando, ai tempi dell'unità dell'Italia, Napoli era la città più fastosa e ricca. A 150 di distanza la situazione è tragicamente diversa e la città partenopea è solo uno dei tanti casi sintomatici di un Sud depauperato. Ciò è avvenuto perché la politica dello stato centrale unitario ha puntato sulle aree che davano maggiore sicurezza di ritorno e incremento. Sono stati massicci gli investimenti, industriali e culturali, in Valpadana, mentre il sud è stato relegato a ruolo di serbatoio di manodopera e mercato di consumo per i prodotti dell'industria del nord d'Italia. Oggi non ha più senso questo tipo di politica, senza per questo voler fare inutili e sterili recriminazioni. Il Sud ha oggi diritto alla parità con il resto del Paese per poter competere, specie in una stagione in cui si ritorna a parlare di federalismo. Non c'è equilibrio di partenza se, ad esempio, ci sono 13 istituti di eccellenza sanitaria in Lombar-dia e nessuno in Calabria, o se al Sud la rete stradale è ancora drammaticamente un'opera in-compiuta. La questione meridionale è un problema nazionale, che affiora ed emerge al Sud, ma è strutturale e coinvolge tutto il Paese.

La Campania è caratterizzata da una drammatica carenza di energia. Come è la situazione energetica in Calabria?
Si sta verificando rispetto a quest'ambito una proficua sinergia tra Campania e Calabria. Quest'ultima ha un surplus di produzione di energia solo perché ne consuma poca. Nel nostro piano energetico abbiamo, però, previsto un innalzamento di produzione che coprirà il nostro consumo, anche enormemente aumentato nelle previsioni, garantendo nello stesso tempo la possibilità di esportarne quantitativi cospicui alle regioni vicine, tra cui per l'appunto la Campania. Dal GRTN, gestore della rete nazionale, abbiamo ottenuto l'impegno a potenziare, in tempi rapidi, la rete stessa, prerequisito indispensabile all'aumento di produzione.

Nell'agenda politica del Gover-no che posto ricopre il Mezzogiorno?
Il Governo, la Confindustria e i sindacati sembrano tutti dedicare massima attenzione al Mez-zogiorno. È il più grosso problema italiano e l'Europa ha capito perfettamente il valore dell'equilibrio fra le aree diverse del nostro Paese perché disarmonie fra regioni di una stessa collettività comportano scompensi per tutti. Il Governo ha adesso l'obbligo di intervenire, dando un impulso davvero straordinario. Il Sud, nel-la fase inerziale del suo processo di sviluppo, non è in grado di trovare da solo l'energia utile e necessaria per ripartire.
Da ex magistrato, infine, un commento sull'inefficienza del sistema giudiziario italiano.
Esistono senza dubbio problemi di inefficienza del sistema giudiziario, legati al malgoverno e al tentativo della politica di insinuarsi nella giustizia. Si tratta, forse, di un problema di fondo, di un vizio caratteriale degli italiani: noi come eredi della tradizione giuridica romana, la più luminosa nel mondo, avremmo l'obiettivo di realizzare in tutti i casi il massimo di giustizia possibile. L'idea del nostro sistema è di arrivare alla sentenza giusta in tutti i casi. Per questa ragione, quindi, abbiamo creato un sistema estremamente complesso e raffinato a livello teorico, talmente complesso e delicato che, di fatto, non funziona. Il voler dare risposte a tutte le esigenze comporta delle lungaggini e delle inefficienze e la giustizia ritardata rischia così di essere di per sé giustizia negata. Il modello an-glosassone, al contrario, è rapido ma sbaglia spesso. Il problema allora è valutare se accettare o meno i costi dell'errore e beneficiare così dell'efficienza. Nel sistema civile questo potrebbe realizzarsi perché i danni possibili in caso di errore sarebbero di carattere economico e quindi facilmente compensabili. Accet-tare il rischio di qualche errore in più: questa è la vera scelta. Molti settori della magistratura, poi, sono eccessivamente politicizzati e questa situazione per molti benpensanti è inaccettabile, poiché politica e giustizia dovrebbero essere due sistemi separati. In realtà l'idea di una giustizia totalmente asettica è un modello astratto, impossibile da praticare. Non esistono "Minosse" senza passioni né storia. Dando per scontato, quindi, l'irrinunciabilità del nesso politica-giustizia è fondamentale che per prima cosa il magistrato ne abbia consapevolezza e, poi, che dotato di senso della misura tenti di ridurre al limite questa influenza che innegabilmente esiste. Questa sarebbe una giustizia vera. Bisogna tornare all'idea della giustizia fredda. Per quanto ovviamente questo sia possibile.

 

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