MERCATO BANCARIO, CONCENTRAZIONE
competitività E CRESCITA LOCALE
“PARI & DISPARI”
consuLENZA PER LE POLITICHE DI GENERE
MERCATO BANCARIO, CONCENTRAZIONE
competitività E CRESCITA LOCALE
Qualche riflessione sui fenomeni caratterizzanti l'industria del credito in Italia
Paolo Coccorese
Professore Associato di Microeconomia, Facoltà di Economia e DISES, Università di Salerno
coccorese@unisa.it
Il fenomeno delle concentrazioni bancarie, attuate con fusioni e acquisizioni di notevole rilievo negli ultimi dieci anni, ha avuto origine dal desiderio degli istituti di credito di aumentare le proprie dimensioni aziendali (al fine di meglio competere con i concorrenti esteri, in risposta alla progressiva liberalizzazione dei mercati finanziari e alla crescente integrazione economica), di incrementare l'efficienza (dato che maggiori dimensioni consentono di godere di economie di scala e di scopo), di accedere a mercati locali in precedenza caratterizzati da notevole concentrazione (i quali perciò rappresentano proficui sbocchi per l'incremento delle proprie attività), e di rispondere in modo efficace al fenomeno della disintermediazione finanziaria, che ha visto le banche perdere molta della propria centralità come amministratrici dei flussi finanziari. Ne è conseguita una consistente diminuzione del numero di banche operanti in Italia: solo dal 1998 al 2003, infatti, esse sono passate da 922 a 789 (-14.4%). Tuttavia, questo processo non è stato uniforme sul territorio nazionale: ad esempio, mentre al Nord la riduzione ammonta all'8.2%, e al Centro all'1.2%, al Sud e nelle Isole tale calo ha superato il 37%. Se si considera poi che il fenomeno delle fusioni e acquisizioni ha riguardato prevalentemente il Mezzogiorno, non è improprio parlare di una "settentrionalizzazione" del sistema bancario e creditizio italiano. Il consolidamento dell'industria bancaria italiana ha, però, suscitato molti interrogativi a proposito del suo impatto sulla concorrenza fra istituti. In effetti, in economia si parla spesso di un conflitto fra concentrazione e competitività: è innegabile che strutture di mercato concentrate possono condurre a un minore grado di concorrenza tra le imprese. Ciò sarebbe ancora più delicato qualora si verificasse in un settore, quello dell'intermediazione creditizia, che costituisce un essenziale veicolo di crescita e sviluppo economico. La Banca d'Italia, conscia di tale rischio, ha dunque parallelamente liberalizzato l'apertura di nuovi sportelli, e quindi favorito per altra via (ovvero attraverso l'ampliarsi della rete distributiva) il processo concorrenziale fra imprese bancarie. Anche in questo caso, tuttavia, emerge un’asimmetria: nel periodo 1998-2003, la crescita degli sportelli è stata pari al 16.4% al Nord, e solo al 10.6% al Sud (per il Centro, essa è stata del 18.7%), benché, in termini di popolazione e di pil, la crescita sia stata abbastanza simile fra le due aree. É invece evidente come la strategia di espansione del sistema bancario italiano guardi soprattutto a coloro che chiedono prestiti: infatti, sempre nello stesso periodo gli impieghi (a valori correnti) sono cresciuti del 62.1% al Nord e solo del 9.5% al Sud (+33.4% al Centro). In ogni caso, la domanda di fondo rimane: quanto è concorrenziale il sistema bancario italiano? Un'indagine che ho condotto recentemente fornisce una prima risposta. Attraverso la stima di un indicatore specifico (l'indice H di Panzar e Rosse), è possibile avere una buona informazione sul grado di concorrenza che caratterizza un determinato mercato: se esso è negativo, siamo in presenza di un mercato con connotati monopolistici o collusivi, mentre valori di H compresi fra 0 e 1 identificano un livello di competizione fra imprese via via crescente. Il valore per l'industria bancaria italiana, con riferimento agli anni 1997-1999, è risultato pari a 0.91: dunque, la concorrenza appare alquanto elevata, e ciò sembra confermare la bontà della politica della Banca d'Italia, che si è preoccupata di bilanciare la crescente concentrazione con la liberalizzazione degli sportelli, al fine di non pregiudicare la concorrenza fra banche. Ma ancor più interessante è il risultato a livello di macroregioni. Mentre, infatti, il valore dell'indice H risulta pari a 1 per il Nord-Ovest e il Nord-Est, esso passa a 0.78 per il Centro e a 0.64 per il Sud. Perciò, si ha l'evidenza di un comportamento sempre meno competitivo fra istituti di credito man mano che ci si muove da Nord a Sud. E se si prova ad associare tale evidenza empirica ai dati macroeconomici delle suddette aree, è inevitabile giungere a una conclusione significativa: la concorrenza fra banche è più forte laddove la performance macroeconomica è migliore. A conferma di ciò, vale la pena ricordare che in Italia, nel 2002, al Nord il PIL pro-capite era pari a 26.6 mila euro, il tasso di disoccupazione al 4%, e il rapporto sofferenze/impieghi al 2.5%, mentre gli stessi dati per il Sud erano rispettivamente pari a 15.2 mila euro, 18.3% e 14.8% (per il Centro i valori sono 24.2 mila euro, 6.6% e 4.9%). É immediato, a questo punto, porsi una ulteriore domanda: sulla base delle precedenti risultanze, è possibile affermare che il percorso di crescita dell'economia locale è in qualche modo legato alle caratteristiche e alla dinamica del mercato del credito? In altri termini, quale legame esiste fra la struttura dell'industria bancaria e la performance macroeconomica locale? Per comprendere la portata del problema, basta riflettere sul ruolo tipico delle banche. Esse costituiscono gli intermediari fra l'offerta di risparmio e la domanda di prestiti, i quali di solito sono destinati a trasformarsi in investimenti produttivi e quindi in fonte di ulteriori redditi. Perciò, un mercato bancario meno concentrato, e di conseguenza più competitivo, sarebbe di grande aiuto alla crescita economica: ceteris paribus, le banche - prive di un significativo potere di mercato - dovrebbero offrire remunerazioni maggiori sui depositi e al contempo richiedere minori interessi sui prestiti, incentivando così risparmi e investimenti, a tutto beneficio dell'aumento del prodotto nazionale. Quanto sopra parte, però, dall'implicita assunzione di un legame causale (inverso) che va dal livello di concentrazione bancaria alla dimensione della crescita economica, mentre trascura del tutto la possibilità che possa valere anche la relazione opposta, ovvero che la performance macroeconomica abbia un ruolo nell'influenzare le scelte degli istituti di credito, in termini di aggregazioni fra banche oppure di ampliamento della rete distributiva dei propri servizi. In effetti, i miei recenti studi empirici (condotti per l'Italia a livello regionale e con riferimento all'ultimo decennio) sembrano confermare tale ultima ipotesi. Più in particolare, quanto emerge è che: a) vi è un legame inverso fra concentrazione bancaria e crescita del prodotto interno lordo; b) nel breve periodo, la concentrazione bancaria ha un significativo impatto sulla crescita economica locale, per cui dimensioni aziendali maggiori determinano minore crescita del reddito, e viceversa; c) nel lungo periodo, il rapporto causale si inverte, per cui una buona performance macroeconomica locale riduce l'incentivo verso l'aggregazione delle banche, e viceversa. Questi risultati sono in perfetta coerenza con quanto prima evidenziato a proposito della maggiore concorrenza fra banche al Nord Italia (a patto che si accetti "maggiore concorrenza" come sinonimo di "minore concentrazione", aspetto sul quale, in verità, non esiste unanime consenso tra gli studiosi). Inoltre, essi sottolineano che le scelte strategiche relative alla dimensione da parte degli istituti di credito potrebbero non avere un impatto risolutivo sull'economia, mentre all'opposto politiche di espansione della domanda o periodi di prosperità economica sarebbero in grado di ridurre le spinte alla concentrazione fra banche, e indirettamente favorire la concorrenza nel mercato del credito. Emerge dunque il ruolo propulsivo e di incentivo che idonee e lungimiranti politiche di crescita possono avere, non solo tramite ricadute dirette sull'economia del territorio, ma anche influenzando variabili e mercati ad esso in qualche modo correlati. |