UNA STORIA DALLE RADICI PROFONDE
L'ESSENZA DI PINA AMARELLI
Una donna e un'azienda che hanno
fatto della liquirizia un'arte
di Raffaella Venerando & Monica
De Carluccio
La pianta della liquirizia, il cui nome scientifico è “Glycyrrhiza
glabra”, è conosciuta e impiegata da circa 35
secoli, come sappiamo da antichi testi cinesi e dalla tradizione
ippocratea. Essa è presente in molti paesi, come l'Italia,
la Grecia, la Turchia, l'Afghanistan, l'Iran e la Mongolia,
ma - come autorevolmente afferma l'Enciclopedia Britannica
- la migliore qualità di liquirizia «is made in
Calabria». Le piante nascono spontanee lungo il litorale,
dove le caratteristiche naturali del suolo e del clima contribuiscono,
insieme, ad elevare il contenuto di glycyrrhizina, il glicoside
dalla cui presenza deriva la peculiarità del succo di
liquirizia. La storia della sua trasformazione è molto
antica ed è legata alle vicende del latifondo e delle
famiglie feudatarie calabresi. Infatti, le sue radici, tanto
lunghe che si diceva arrivassero all'inferno, pur contribuendo
ad azotare il terreno, dovevano essere estirpate prima di procedere
a qualsiasi coltura. La raccolta, in un'economia strettamente
dipendente dall'agricoltura, consentiva di sfruttare il terreno
nell'anno di riposo della rotazione, dando lavoro ai propri
contadini nonché a gruppi di immigrati stagionali provenienti
da zone ancor più depresse. Già nel 1500, quindi,
si inizia a estrarre il succo di liquirizia e a questa attività si
dedica anche la famiglia dei Baroni Amarelli, che alternava
alla cura del proprio patrimonio agricolo anche un forte impegno
guerriero (Alessandro Amarelli, crociato, morto in Palestina
nel 1103 e Francesco Amarelli, uno dei vincitori della battaglia
di Otranto, morto nel 1514) e culturale (come Giovan Leonardo,
Conte Palatino e Priore dell'Università di Messina,
morto nel 1667). Nel 1731, secondo la tradizione, fu fondato
l'attuale "concio" Amarelli, alla cui attività fu
dato particolare impulso nel 1800 con il miglioramento dei
trasporti marittimi e con i privilegi e le agevolazioni fiscali
concesse dai Borbone a queste industrie tipiche. Intorno al
1840 abbiamo testimonianza della vasta attività di Domenico
- allargata fino alla capitale, Napoli - e di quella dei suoi
discendenti, per giungere a Nicola che nel 1907 (come descritto
nella Rivista Agraria di Napoli) ammodernò la lavorazione
con due caldaie a vapore destinate, rispettivamente, a preparare
la pasta di radice e ad estrarne il succo, mentre una pompa
a motore da 200 atmosfere metteva in azione i torchi idraulici
per comprimere di nuovo la pasta e ricavarne altro liquido.
Difficoltà ce ne sono state tante, testimoniate anche
da una petizione inviata al Ministero dell'Industria in cui
si metteva l'accento sulle condizioni dell'industria calabrese
all'indomani dell'Unità d'Italia; si giunge, poi alla
grande crisi del 1929 e all'arrivo degli americani che, con
una massiccia sottrazione di materia prima, fecero sì che
- poco prima della seconda guerra mondiale - chiudessero quasi
tutti i caratteristici "conci", ubicati prevalentemente
nel territorio tra Rossano e Corigliano. Si arricchiva, così,
purtroppo, il patrimonio archeologico industriale regionale,
mentre l'Amarelli, introducendo una serie di innovazioni tecnologiche
che non hanno alterato le note artigianali del prodotto, incrementava
sempre più la sua attività, rimanendo erede pressoché unica
di una tradizione tipica della Regione Calabria. Gli uffici
dell'Amarelli hanno ancor oggi la propria sede in un'antichissima
dimora di famiglia, un edificio risalente (almeno per quanto
riguarda l'impianto basilare) al 1400, mentre l'attuale facciata è del
1600 (esclusa un'ala ricostruita duecento anno orsono dopo
un incendio). La costruzione presenta l'aspetto di una struttura
di difesa di impronta feudale, con un imponente corpo di fabbrica
al centro di un agglomerato abitativo, costituito dalle case
di coloro che operavano nell'azienda. Il complesso, nella sua
interezza, è, purtroppo poco visibile perché la
superstrada ha tagliato in due, con un devastante intervento,
questo bell'esempio di organizzazione difensivo-lavorativa,
ma la mole del palazzo conserva tuttora il suo fascino. In
questo edificio, sono alloggiati la Direzione, gli uffici Amministrativi
e un punto vendita, mentre in un'altra ala della stessa struttura è ospitato
il Museo della Liquirizia "Giorgio Amarelli". Di
fronte, accanto ai capannoni del reparto produzione, svetta
la ciminiera della caldaia (che porta la data del 1907 e che
fu considerata, all'epoca, un impianto modernissimo) ancora
alimentata con la sansa, residuo della lavorazione delle olive
dopo averne estratto l'olio. L'uso di questo combustibile testimonia
come nel ciclo produttivo agricolo nulla si creava e si distruggeva.
Infatti i rami sotterranei della pianta della liquirizia, che
altrimenti avrebbero infestato il terreno, vengono utilizzati
per ottenere un prodotto gradito al gusto, mentre l'uso della
sansa esausta evitava di aggravare il problema dello smaltimento
dei rifiuti derivanti dall'estrazione dell'olio. Il residuo
della lavorazione della liquirizia, invece, è adoperato
ancora oggi, al pari della torba, per coprire il terreno onde
mantenere un certo tasso di umidità nei periodi di siccità.
Nei capannoni dove si lavora la liquirizia troviamo ancora
una grande macina di pietra del 1700 (ovviamente meccanizzata
e protetta secondo tutte le attuali norme di sicurezza), che
veniva utilizzata per schiacciare i rami di liquirizia. Oggi
le radici, sminuzzate da un apposito macchinario, passano attraverso
una serie di fasi modernissime e computerizzate, mentre nei
cuocitori finali si ritorna allo stadio artigianale. Qui la
lavorazione non è dissimile da quella mirabilmente descritta
e illustrata dai grandi viaggiatori del diciottesimo secolo,
fra cui l'Abate di Saint-Non. Certo non c'è più il
fuoco diretto sotto la grande "conca" in cui bolle
la nera pasta, né ci sono più uomini che girano
faticosamente la liquirizia che si fa sempre meno fluida, ma
esiste ancora - accanto alla "conca" - un "mastro
liquiriziaio" che controlla l'esatto punto di solidificazione
del prodotto. Solo una grandissima esperienza, che si tramanda
da secoli di padre in figlio, può riuscire a far comprendere,
senza errore malgrado le quotidiane variazioni atmosferiche,
il momento in cui la pasta ha raggiunto la consistenza ottimale.
Questo procedimento, come è ovvio, si potrebbe attuare,
molto più semplicemente, in recipienti chiusi, ma gli
effetti sul risultato finale non sarebbero gli stessi. La pasta
densa, nera, lucida e profumata viene portata alle forme desiderate
attraverso una serie di macchinari prototipo, frutto della
centenaria esperienza aziendale. A questo punto c'è da
seguire un ulteriore procedimento, la lucidatura, che avviene
ancora esclusivamente con l'impiego di forti getti di vapore
acqueo, senza aggiunta, quindi, di alcuna sostanza chimica.
A questo punto le liquirizie sono pronte per essere confezionate
in eleganti scatolette metalliche che riproducono antiche immagini
tratte dagli archivi della Casa. Nel centro storico della vecchia
Rossano, vi è, infine, un Palazzo Amarelli, risalente
alla prima metà dell'Ottocento e raffigurato nel 1992
sulla copertina dell'elenco telefonico della provincia di Cosenza,
dove erano ubicati altri Uffici Amministrativi dell'Azienda,
mentre attualmente, al piano terra sul Corso Garibaldi, c'è un
altro punto vendita della liquirizia Amarelli, allestito con
i medesimi arredi di un tempo. La gamma dei prodotti "Amarelli" comprende
tutto quanto si può ricavare dalle radici di liquirizia:
il semplice bastoncino di legno grezzo, i vecchi bastoni di
liquirizia pura, le liquirizie pure dal profumo naturale o
con aggiunta di aroma di anice o di menta, le liquirizie gommose
profumate come le pure ed infine la serie dei prodotti di liquirizia
confettata, dal classico "bianconero" al ricercatissimo "sassolino
dello Jonio". Esistono, poi, prodotti più fantasiosi,
come il liquore, la grappa, la cioccolata, i torroncini, i
tagliolini sempre alla liquirizia e, infine, l'acqua di colonia
e lo shampoo-doccia alla liquirizia. Con la sua produzione
la Amarelli è presente in tutti i mercati nazionali,
in Europa, nell'America del Nord e in quella Meridionale e
in Australia, con particolare attenzione, ovunque, sia al settore
dolciario che ai circuiti farmaceutico ed erboristico. Le liquirizie
Amarelli hanno ricevuto, fin dal secolo scorso, una serie di
medaglie e di premi e nel 1987 l'Azienda ha ottenuto la medaglia
d'oro della Società Chimica Italiana, per aver saputo
coniugare la più avanzata tecnologia con il rispetto
della tradizione tipica artigianale. Nel 1996 l'Azienda è stata
cooptata nell'Associazione internazionale "Les Hénokiens",
con sede a Parigi. Questo prestigiosissimo Club è nato
in Francia per iniziativa della "Marie Brizard",
raccoglie soltanto 33 imprese in tutto il mondo e Pina Amarelli
ne è attualmente la Presidente internazionale. Per essere
chiamati a far parte di questa associazione è necessario
che le aziende rispondano, contemporaneamente, ai tre criteri
stabiliti per l'ammissione:
- antichità, rappresentata da almeno duecento anni di
vita aziendale e comprovata da documenti scritti originali;
- rapporto di filiazione, ovvero che vi sia una discendenza
diretta degli attuali proprietari rispetto al fondatore;
- dinamismo e buon andamento finanziario, nonché le
prove di essere un attore del tessuto economico del proprio
paese. L'ambizione degli Hénokiens è testimoniare,
con il proprio esempio, come una tradizione bicentenaria e
un forte spirito di adattamento si accordano perfettamente
- all'inizio del XXI secolo - con le necessità della
nostra epoca. L'associazione offre, così, la visione
di un'esperienza cumulativa di tanti secoli, proiettata verso
l'avvenire. Nel gennaio 1999 la Amarelli, nella persona di
Pina Amarelli, è stata cooptata, su motivazione espressa
del consiglio, nell'Associazione delle Aziende Familiari Italiane
(fondata da Alberto Falck con sede a Milano) e fa parte del
Consiglio Direttivo. La Amarelli ha la certificazione di qualità UNI
EN ISO 9000/2000. Il 6 maggio 2000 Pina Amarelli ha ricevuto
la "Mela d'oro", prestigioso riconoscimento intitolato
a Marisa Bellisario. Il 1° febbraio 2001 Pina Amarelli
ha ricevuto a Roma il "Premio Minerva", riservato
a donne del Sud che si sono particolarmente distinte nella
ricerca, nella politica, nel giornalismo, nelle professioni,
nel volontariato e nell'imprenditoria. Con questa motivazione
Pina Amarelli ha ricevuto lo splendido monile con il profilo
di Minerva disegnato dal grande Guttuso. Nella qualità di
Presidente degli Hénokiens è stata invitata all'INSEAD
di Fontainebleau come Guest Speaker nel corso del professor
Ludo Van der Heyden e ha tenuto una lezione alla Sorbonne di
Parigi. Il 21 luglio 2001 si è inaugurato il Museo della
liquirizia "Giorgio Amarelli". La famiglia Amarelli
ne ha voluto fortemente la realizzazione nel desiderio di presentare
al pubblico una singolare esperienza imprenditoriale, nonché la
storia di un prodotto unico del territorio calabrese: in mostra
preziosi cimeli di famiglia, utensili agricoli, una collezione
di abiti antichi da donna, uomo e bambino a testimoniare l'origine
familiare dell'azienda e, infine, macchine per la lavorazione
della liquirizia, documenti d'archivio, libri e grafica d'epoca.
Il 17 novembre 2001 la Amarelli, ha ricevuto a Venezia il Premio
Guggenheim - Premio Speciale Il Sole 24 Ore - assegnato alla
migliore azienda debuttante con la seguente motivazione: «Per
il nuovo impegno di valorizzazione della cultura d'impresa,
in una zona particolare del Mezzogiorno, legando una lunga
storia di successo alle prospettive di sviluppo e coinvolgendo
nei processi di crescita gli attori sociali locali. Parte integrante
di un progetto di riqualificazione funzionale, logistica e
produttiva, il Museo della Liquirizia Giorgio Amarelli comunica
la filosofia della piccolissima e antichissima azienda calabrese,
che vede nella progettualità familiare la manifestazione
più autentica della sua identità. Attraverso
il Museo Amarelli racconta una storia d'impresa unica e singolare
e trasmette i propri valori e la propria immagine di qualità».
Dal giugno 2003 Pina Amarelli è stata insignita dal
Presidente Ciampi del titolo di Cavaliere Ufficiale dell'Ordine
al Merito della Repubblica Italiana, per aver saputo coniugare
cultura e imprenditorialità; presiede la Sezione Agroalimentare
dell'Assindustria di Cosenza, è Accademico aggregato
dell'Accademia dei Georgofili di Firenze ed è stata
cooptata nel Consiglio Direttivo dell'AIDI (Associazione Aziende
Dolciarie Italiane). Nel gennaio 2004 la Amarelli è stata
inserita nell'Albo delle Aziende Gemellate con l'Associazione
delle Imprese Storiche fiorentine. Nell'aprile 2004 le Poste
Italiane hanno dedicato un francobollo al "Museo della
Liquirizia Giorgio Amarelli" appartenente alla serie tematica "Il
Patrimonio Artistico e Culturale Italiano". Attualmente
la Amarelli è impegnata nell'ampliamento del progetto "Museo
della Liquirizia", con l'allestimento di un orto botanico
contiguo agli spazi museali. Attraverso una passeggiata naturalistica
si potrà approfondire la conoscenza del mondo della
liquirizia e delle altre specie botaniche che hanno accompagnato
la storia della sua industrializzazione, come l'ulivo, l'alloro,
gli agrumi, l'anice, la menta, le viole, e le rose; una storia
dolcissima quella della famiglia Amarelli che non lascia affatto
l'amaro in bocca…
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