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  Dicembre 2012

Articoli n° 2
MARZO 2005
 
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PROTOCOLLO DI KYOTO
16 FEBBRAIO 2005: UNA DATA STORICA
Cambiare modello energetico è indispensabile per il futuro delle nostre economie

Roberto Napoli
Direttore Dipartimento Provinciale Salerno ARPAC
on.robertonapoli@libero.it

 

l 16 febbraio 2005 ha segnato una svolta memorabile: è entrato in vigore, infatti, il Trattato di Kyoto. É un fatto importante non perché questo accordo risolva il preoccupante problema del riscaldamento del pianeta, ma in quanto l'umanità, dopo aver fatto un esame di coscienza sul suo operato, riconosce che abbiamo trovato il colpevole di questo fenomeno: siamo noi, non ci sono più scuse o alibi. Intanto, fino al 17 dicembre si è svolto a Buenos Aires la Cop 10, che ha definito le modalità di entrata in vigore dell'accordo. Il mondo scientifico ha accolto la notizia dell'avvio del Trattato di Kyoto, a novanta giorni dall'approvazione di esso da parte della Russia, con grande soddisfazione, in modo particolare di coloro i quali passano la propria vita a tentare di quantificare il più correttamente possibile l'intreccio di fenomeni naturali che costituiscono l'effetto serra. In questa logica, non possiamo condividere le affermazioni di Tullio Regge, secondo il quale «esistono fondati dubbi sia sull'esistenza che sulle cause dell'effetto serra». La risposta è semplice: se non ci fosse, non ci sarebbe vita sulla Terra. Quello che discutiamo è "l'effetto serra generato da cause antropiche". Questa distinzione è fondamentale, in quanto non si può pretendere che tutti la conoscano. Guardiamo ora ad alcuni fatti incontestabili. Primo: sulla fisica dell'effetto serra non c'è scienziato al mondo che abbia alcun dubbio. Non ebbe perplessità il francese Fourier quando nel 1837 inventò l'espressione "effet de serre", non ne ebbe neanche lo svedese Svante Arrhenius, premio Nobel, quando all'inizio del secolo scorso nella sua tesi di dottorato calcolò che un raddoppio dell'anidride carbonica atmosferica (CO2) avrebbe aumentato la temperatura della Terra di vari gradi centigradi. Dopo più di cento anni, con una miglior conoscenza della fisica su molti aspetti allora oscuri nonché una miriade di scienziati specializzati nello studio dell'atmosfera e del clima, siamo arrivati essenzialmente allo stesso risultato. Questo in fisica si chiama un dato "robusto". Secondo: l'umanità emette ogni anno circa 24 miliardi di tonnellate di CO2 (il gas ad effetto serra quantitativamente più cospicuo). Che la CO2 atmosferica aumenti nel tempo non è una teoria, è un fatto misurato da Keeling dal 1958. Terzo: quello che trova Keeling è solo la metà circa dell'anidride carbonica che si emette, grazie agli oceani che assorbono l'altra metà. Quarto: i dati paleoclimatici (che risalgono fino a 170 mila anni fa) dimostrano che più l'acqua dei mari è calda, meno CO2 è in grado di assorbire. Dunque, poiché l'aumento della CO2 porta a un riscaldamento, la capacità degli oceani di assorbire la metà della CO2 emessa diminuirà nel tempo. Di conseguenza una sempre maggior quantità di CO2 rimarrà nell'atmosfera, e sempre maggiore sarà il riscaldamento. Un fenomeno di retro-alimentazione negativa di grande importanza. Quinto: tutte le misure indicano che nell'ultimo secolo la temperatura terrestre è aumentata di 0,6 gradi centigradi. Questo è l'incremento più rilevante degli ultimi 10 mila anni. Sesto: recenti analisi di dati sulla temperatura delle acque marine indicano che dal 1950 tutti gli oceani si stanno riscaldando. Settimo: tutte le misure a nostra disposizione indicano un riscaldamento dell'Antartide di circa 4°C con un conseguente cospicuo scioglimento di ghiacciai antartici. Inoltre, dal Kilimangiaro alle Ande, è documentato che i ghiacciai si stanno riducendo. Lo stesso fenomeno avviene in Groenlandia. Ottavo: senza l'effetto serra antropico, nessuno è sinora riuscito a spiegare il quinto e sesto punto. Ci hanno provato i climatologi inglesi ma senza successo. Con l'aggiunta dell'effetto serra antropico, si riproducono le misure in modo di gran lunga più fedele. E se non è l'effetto serra, chi ha scaldato gli oceani? Confrontiamo questo con le conseguenze dell'innalzamento del livello dei mari: 30-40 milioni di rifugiati dal Bangladesh al Delta del Nilo costretti a espatriare perché sommersi dalle acque. Non si può definire queste cifre "catastrofiche e ben poco razionali" poiché, tra l'altro, sono state fatte recentemente da un think tank del Pentagono (dove esistono le persone forse più pragmatiche del mondo) e anni fa, indipendentemente, da un gruppo di accademici. Si parla di decine di milioni di persone non di 5000, si parla di un fenomeno che può avvenire entro 50-70 anni e non ogni 250. É necessario ricordare che gli Usa non hanno ratificato l'accordo. Il rifiuto degli Usa è legato al timore di penalizzare le proprie imprese nazionali, altrimenti costrette a sopportare costi maggiori per l'introduzione di filtri o per l'abbattimento dell'inquinamento, rispetto ai competitors internazionali. Il rifiuto di Bush di ratificare Kyoto riceve molte critiche anche negli stessi States sia dalle associazioni ambientaliste sia dagli avversari politici Democratici. Il rifiuto degli Usa viene motivato dall'assenza nel Protocollo di vincoli sulle emissioni per i paesi in via di sviluppo e, in particolar modo, per la Cina. Il timore che Kyoto danneggi l'economia americana a favore di quella nascente cinese è pertanto evidente. Gli Usa però rifiutano anche di affrontare qualsiasi argomento sul "dopo Kyoto" del 2012 quando Cina e India entreranno a tutti gli effetti negli accordi internazionali di riduzione delle emissioni di CO2. L'amministrazione Bush propone come alternativa un sistema internazionale basato sulle riduzioni "volontarie" di CO2. Sulla base di questa visione ogni paese dichiara di ridurre le proprie emissioni per scelta volontaria. Durante il convegno internazionale sul clima (Cop 10) a Buenos Aires, il Ministro dell'Ambiente, Altiero Matteoli, ha annunciato che l'Italia potrebbe ritirarsi dalla seconda fase del protocollo di Kyoto. Infatti, nel 2012 scadrà il trattato climatico e si negozierà per il Kyoto 2. I dubbi sull'eventuale ritiro dell'Italia sono il risultato che il nostro Governo ha raggiunto, fino adesso, nella riduzione di anidride carbonica. In base al Protocollo di Kyoto dovremmo ridurre del 6% le nostre emissioni, ma fino a oggi non abbiamo fatto nessun passo in questa direzione, anzi le nostre emissioni sono cresciute di 10%. Siamo convinti che i Paesi che accetteranno la seconda fase del trattato, cambiando il loro sistema energetico e investendo sulle energie rinnovabili, saranno più competitivi nel mondo globalizzato. Cambiare modello energetico serve all'ambiente, è necessario per fermare i mutamenti climatici ed è indispensabile per il futuro delle nostre economie. Il Governo pensa che l'Italia non sia in grado di raggiungere gli obiettivi fissati nel 1997 dal Kyoto 1 e preferisce rimanere legato alla difesa di interessi tipici di chi ha paura di cambiare. Dopo il 2012 la Comunità internazionale discuterà per il Kyoto 2 e il nostro paese dovrà decidere se continuare con gli obblighi attuali, o modificare gli impegni stabiliti nella prima fase. Il rischio che corre l'Italia è di rimanere indietro rispetto ai paesi industrializzati. Questi, con la sola eccezione degli Stati Uniti, hanno accettato la sfida di Kyoto e la stanno giocando fino in fondo. L'energia è uno dei tanti campi, purtroppo, dove l'Italia sta perdendo il treno dell'innovazione e l'ambiente rischia di pagare prezzi molto alti. Ridurre i consumi di petrolio serve a scongiurare il rischio di mutamenti climatici terribili e a combattere l'inquinamento dell'aria. In Europa, siamo uno dei pochissimi Stati dove la maggioranza delle merci e dei passeggeri viaggiano su gomma: uno dei materiali più "energivori" e inquinanti. Questo è uno dei terreni di arretratezza che pesano di più sull'ambiente e soprattutto sulla competitività dell'Italia. Serve una grande svolta nella politica energetica per rendersi conto del nesso esistente tra modernità e nuovo sistema energetico. La scelta di questo argomento in coincidenza con l'entrata in vigore del trattato di Kyoto deve servire ad avviare una seria riflessione sulla politica energetica, sul risparmio energetico, sulle fonti alternative, argomenti che abbiamo già affrontato su questa rivista. É necessario che il mondo delle imprese e la politica "vera" non faccia da spettatore su un argomento che li tocca da vicino e che essi partecipino alle scelte che nei prossimi anni saranno fatte perché assumano il ruolo che a loro spetta. Ci aspettiamo che anche nella prossima competizione elettorale si affronti il tema dell'energia, importante non solo per l'Italia, ma anche per la nostra regione.

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