CAPITAL GAIN
lA DISCIPLINA DEL TRATTAMENTO FISCALE
INCENTIVI PER LE PMI CAMPANE
PARTE IL TERZO BANDO
CAPITAL GAIN
lA DISCIPLINA DEL TRATTAMENTO FISCALE
Modifiche dei criteri di tassazione dei redditi da cessioni di partecipazioni
Gennaro Esposito
Componente Consiglio Ordine Dottori Commercialisti Salerno
studioespositog@tin.it
L’analisi dell'argomento intende fornire alla classe imprenditoriale seri elementi di valutazione sull'incidenza della pressione fiscale in ordine a eventuali trasferimenti di tali posizioni. L'ipotesi oggetto di analisi è, pertanto, quella che vede il realizzarsi di un risultato di carattere speculativo all'atto del trasferimento delle quote sociali o azioni e al corrispondente meccanismo di tassazione in capo al beneficiario dei "guadagni" (GAIN) derivanti dall'operazione traslativa. Anzitutto va individuato il momento impositivo corrispondente al verificarsi delle due condizioni previste dal legislatore: il realizzo e l'incasso. Il primo si verifica mediante la sottoscrizione del contratto di cessione della partecipazione, l'incasso, invece, attraverso la riscossione del corrispettivo. Altro elemento determinante l'applicazione di un diverso meccanismo impositivo a seconda dei casi deriva dalla catalogazione della partecipazione ceduta tra quelle cosiddette qualificate o non qualificate. Oggi la qualificazione della partecipazione risulta ai fini fiscali derivante oltre che dalla percentuale di possesso anche da quella di diritti di voto esercitabili in assemblea e spettanti al socio-azionista cedente. La partecipazione è pertanto qualificata se consente di esercitare in sede di assemblea una percentuale di diritti di voto superiore al 2% (società quotate) o al 20% (società non quotate), ovvero se rappresenta una partecipazione al capitale superiore al 5% (società quotate) o al 25% (società non quotate). La determinazione della base imponibile per la tassazione del suddetto evento speculativo nel caso di cessione di partecipazioni sociali prende spunto dal corrispettivo percepito al quale va detratto il costo o valore di acquisto comprensivo di oneri inerenti diversi dagli interessi passivi. Tra questi vanno rammentati: l'imposta di successione e donazione scontate all'atto dell'acquisizione della partecipazione; le spese notarili; le commissioni di intermediazione; la tassa sui contratti di borsa; gli oneri finanziari non aventi natura di interessi passivi; i versamenti effettuati a fondo perduto o in conto capitale; il valore dei crediti cui i soci hanno eventualmente rinunciato. Va da sé che nell'ipotesi di riscossione frazionata del corrispettivo, il costo deve essere proporzionalmente spalmato sui corrispettivi percepiti nei singoli periodi di imposta. Nell’ipotesi di cessione di una partecipazione qualificata la plusvalenza così determinata è imponibile per il 40% del suo ammontare. Nel caso, poi, di molteplici cessioni di più partecipazioni qualificate, realizzate nel medesimo periodo di imposta, la base imponibile sarà data dalla somma algebrica del 40% delle plusvalenze e del 40% delle minusvalenze (sempre determinate in relazione a quote di partecipazione della medesima natura), permanendo anche la possibilità del riporto delle minusvalenze eccedenti entro e non oltre il quarto periodo d'imposta successivo a quello di realizzo. Per la tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate, invece, si applica la tassazione sostitutiva con l'aliquota del 12,50% calcolata, questa volta, al 100% della somma algebrica (anche in questo caso) tra plusvalenze e minusvalenze derivanti dalle medesime partecipazioni. Seppure per brevi cenni, va rilevato l'impatto che la nuova adozione della cosiddetta "trasparenza" in tema di IRES determina sulla tassazione dei capital gain. Nel nuovo regime impositivo, infatti, si prevede che l'imputazione dei redditi per trasparenza incida sul costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione del socio. Si avrà, quindi, che nell'ipotesi di opzione per la trasparenza, il costo fiscale della partecipazione sarà aumentato degli utili e diminuito delle perdite imputate al socio nonché degli "utili trasparenti" se e dove distribuiti dalla società partecipata. Ma atteso che la perdita non può essere trasferita al socio in misura eccedente la quota di patrimonio netto contabile della partecipata, nel caso in cui lo stesso decida di incrementare la capienza del patrimonio di riferimento con versamenti a fondo perduto, questi potranno impattare su un eventuale capital gain poichè aumenteranno il costo fiscale della partecipazione. La successiva distribuzione di utili prodotti in regime di trasparenza verrà trattata come una ripartizione di capitale in forma di riserve, realizzandosi, per l'effetto, una riduzione del costo fiscale della partecipazione fino a concorrenza degli utili tassati per trasparenza. Altr’ipotesi di approfondimento particolarmente interessante deriva dall’interazione di tali meccanismi di tassazione dei capital gain con il rinnovato istituto del recesso del socio introdotto con l’ultima riforma del diritto societario. Il recesso, nelle società di capitali, è oggi disciplinato da due diverse procedure: una "tipica" che comporta la liquidazione della quota del recedente da parte della società mediante un processo di utilizzo e quindi riduzione del proprio patrimonio; un'altra "atipica" che si riassume nell'acquisto della partecipazione del socio recedente da parte degli altri soci o di terzi. In tale ultima ipotesi si verifica quindi una sorta di vendita forzosa in cui prezzo della vendita e individuazione degli acquirenti fuoriescono dalla sfera volitiva del recedente. Il fatto che fosse disposta la tassazione del reddito da recesso come utile di partecipazione sembrava volesse significare che, indipendentemente dalla modalità adottata per la liquidazione della quota, il reddito ritratto dovesse essere automaticamente attratto alla sfera dei redditi di capitale. Ragionando invece sulle diverse modalità adottate per la liquidazione della quota del recedente, sembrava fosse più logico concludere che, laddove il recesso si dovesse realizzare con la cessione forzosa della quota, in assenza di un annullamento della stessa, fosse corretto inquadrare tale reddito tra i capital gain. In via definitiva si è stabilito che i "rimborsi" ricevuti dai soci nel caso di procedura "atipica" di recesso danno luogo a redditi di capitale. Un'ultima questione attiene l'apporto a capitale di opere e servizi da parte del socio. Tali apporti dovrebbero realizzare un incremento del patrimonio sociale e quindi del capitale a fronte dell'iscrizione di un credito da parte della società nei confronti del conferente. Il socio realizzerebbe un provento all'atto dell'effettuazione delle prestazioni promesse fiscalmente rilevanti quando effettuate e non quando impegnate. V'è chi sostiene anche che nell'ipotesi di specie, non sarebbero tassabili le remunerazioni figurative relative al conferimento, non verificandosi, per l'effetto, la deducibilità dei relativi costi in capo al conferitario. Rimane pertanto da chiarire quale sia il trattamento di eventuali plusvalenze realizzate dal socio d'opera nel caso di cessione del pacchetto partecipativo ricevuto e quali problemi possono generarsi quando la prestazione, al momento della cessione delle quote, non è ancora stata ultimata. La tesi che sembra sostenibile è quella secondo cui gli eventuali plusvalori emergenti dal realizzo nei casi di specie soggiacerebbero alle regole ordinariamente applicabili. Quindi redditi diversi o di impresa a seconda della natura del soggetto cedente, determinati sulla base della differenza tra corrispettivi percepiti e costo fiscale della partecipazione determinato tenendo conto della quota di reddito originatosi dal conferimento d'opera e sottoposto a tassazione dallo stesso conferente. Un problema concreto potrebbe porsi se la partecipazione dovesse essere ceduta prima dell'esecuzione della prestazione promessa. Sulla base della tesi secondo cui la cessione della quota non farebbe venir meno l'obbligo alla prestazione promessa, il plusvalore tassabile dovrebbe essere dato dalla differenza tra il valore originario della prestazione e il corrispettivo pattuito, e ciò prescindendo dall'integrale realizzazione della prestazione.
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