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  Dicembre 2012

Articoli n° 2
MARZO 2005
 
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T.U. SULLA SICUREZZA E OHSAS 18001
requisiti e attitudini dei nuovi rspp

Metodi evoluti per gestire la prevenzione che cambia


Pasquale Paolillo
Delegato Piccola Industria Ambiente e Sicurezza - Assindustria Salerno
p.paolillo@medilam.it



La divulgazione dei contenuti delle proposte di legge necessarie a unificare le normative sulla prevenzione nei luoghi di lavoro - di seguito T.U.- e i requisiti formativi dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione - di seguito RSPP - ha fatto nascere una infinità di discussioni tra Governo, parti sociali ed esperti del settore. Opportunamente nessuno difende lo status quo, frutto di provvedimenti legislativi succedutisi in modo disordinato e contraddittorio negli ultimi settanta anni, ma gli interessi in gioco sono notevoli e comprensibilmente ognuno cerca di assicurare le migliori condizioni alla categoria rappresentata. Cosa cambierà per le imprese quando sarà possibile, come si legge nelle note di accompagnamento alla bozza di T.U., «fare prevenzione non più normazione ma per obiettivi»?
Il sistema attuale, caratterizzato dalla logica del "comando e controllo", cioè dal rispetto di norme cogenti, oramai non favorisce più l'evoluzione della prevenzione. Se le statistiche dimostrano che l'80% degli infortuni è dovuto a comportamenti pericolosi e non a cause tecniche, significa che gli investimenti hanno reso disponibili nel tempo tecnologie più sicure ed efficienti e i progressi futuri si otterranno solo migliorando formazione e consapevolezza degli uomini. Il T.U. recepisce questa necessità, introduce il concetto di sicurezza equivalente tecnicamente ed economicamente fattibile, riduce i decreti degli anni '50 da norme cogenti a norme volontarie di buona tecnica e buona prassi, e, soprattutto, punta allo snellimento degli adempimenti formali a favore delle attività essenziali. Buono nella filosofia e nello spirito riformatore, il T.U. appare concettualmente in linea con i decreti in materia di prevenzione approvati negli ultimi anni, la cui applicazione, ispirata alla semplificazione degli adempimenti e alla responsabilizzazione dei ruoli specifici, ha generato grandi vantaggi ma anche qualche effetto negativo. Infatti, dopo la L. 46/90 e la Direttiva Macchine, che hanno amplificato il concetto della "sicurezza a monte", cioè della responsabilità del costruttore, la più importante semplificazione è stata introdotta dal D.Lgs. 25/02, che ha abrogato l'assurdo regime delle visite mediche periodiche del DPR 303/56 lasciando a ciascun datore di lavoro la libertà di valutare l'entità del rischio di esposizione dei propri lavoratori ad agenti chimici pericolosi. L'uscita del decreto scatenò polemiche senza fine, tutto sommato dovute all'impreparazione del sistema ad assumersi la responsabilità di operare senza un comando-controllo, e tutti invocarono per mesi la reintroduzione per decreto di parametri predefiniti sui quali basare la valutazione di rischio moderato. A distanza di tre anni in tante aziende si applica il decreto in maniera non conforme e non è raro osservare pericolose sottostime di pericoli oggettivi oppure l'esatto contrario, cioè DPI inutili e costose visite mediche trimestrali o semestrali non giustificate dalle condizioni degli ambienti di lavoro.
Luci e ombre anche in ambito di sorveglianza sanitaria da quando, nel 2000, è stata data la possibilità di svolgere incarichi di medico competente agli specialisti in igiene e in medicina legale, branche culturalmente distanti dalla medicina del lavoro. Il provvedimento fu fortemente sostenuto dalla lobby dei medici per assicurare opportunità di lavoro ad un gran numero di propri iscritti, e benedetto da Confindustria, da sempre preoccupata al contenimento dei costi delle imprese. Aumentata l'offerta di prestazioni aspecifiche si è assistito alla deregulation delle tariffe e a un preoccupante impoverimento di risorse tecniche a disposizione delle imprese, alle quali, rispetto al passato, viene offerta sempre più medicina di base e meno medicina occupazionale proprio nel momento in cui aumenta sensibilmente il contenzioso tra datori di lavoro e dipendenti per tecnopatie, cioè per danni alla salute causati dalle condizioni di lavoro. Utili e opportuni invece sono stati gli effetti dei D.Lgs. 162/99 e 462/02, che danno la possibilità alle imprese di fare omologare e verificare periodicamente ascensori, montacarichi e impianti di terra a società private in possesso di autorizzazione ministeriale. Quando la facilitazione sarà estesa a recipienti in pressione e attrezzature di sollevamento quali gru e carriponte, le aziende non subiranno più inefficienze e ritardi di ASL e ISPESL, strutture pubbliche fin qui deputate in regime di monopolio ad erogare questi servizi.
Unico provvedimento in controtendenza è il D.Lgs. 195/03 che regolamenta e chiarisce requisiti e attitudini dell'RSPP, una figura centrale nell'organigramma della sicurezza costretta troppo spesso ad una incerta collocazione funzionale a causa della infelice interpretazione del ruolo da parte delle imprese e degli stessi responsabili. Il decreto chiarisce definitivamente che si tratta di un incarico di tipo professionale e, analizzando i contenuti della formazione prevista per questa figura, si intuisce che in futuro il ruolo sarà ispirato più all'organizzazione e gestione di altre risorse che non all'esecuzione di puri compiti tecnici, facilmente reperibili in outsoucing. A posteriori, i provvedimenti legislativi appena citati appaiono come il preludio al T.U., che renderà anche in Italia la sicurezza sul lavoro simile a quel "risk management" di stampo anglosassone che ha ispirato tutte le direttive comunitarie in materia di prevenzione. Il paragone appare ancora più chiaro leggendo i vari punti della OHSAS 18001, il British Standard in procinto di consacrazione ISO che incomincia a trovare sempre più ampia diffusione tra le aziende che intendono dotarsi di un sistema di gestione della sicurezza riconosciuto e certificabile. Chi lo ha già fatto definisce la scelta quasi obbligata, necessaria a coagulare intorno a una cabina di regia le attività di soggetti che, pur capaci nella propria disciplina, sono culturalmente poco abituati a lavorare in staff. E a ben pensarci questo accade in quasi tutte le PMI, dove tra consulenti esterni dagli innumerevoli impegni, RSPP interni divisi tra produzione, manutenzione, ambiente e sicurezza e preposti mai investiti di ruoli attivi il coordinamento delle attività di tutte le figure coinvolte viene svolto in definitiva dal datore di lavoro, con buona pace dei risultati generali e dei costi di gestione. L'adozione di un sistema evoluto risolve questi problemi apportando gli stessi benefici delle ISO 9001 e 14001, con le quali la 18001 condivide gli aspetti organizzativi e gestionali. Come per le altre certificazioni il tipo di sistema adatto alla singola impresa verrà fuori dopo aver consultato i risultati dell'audit iniziale che, con strumenti adeguati, analizza luoghi di lavoro, tecnologie, chimica di base, processi produttivi, capacità e attitudini dei soggetti coinvolti e, soprattutto nella fase iniziale, le registrazioni delle attività attuate. In genere si nota che i documenti prodotti da RSPP, igienisti industriali, medico competente e fornitori di materie prime, tecnologie e impianti sono validi ma tra loro scollegati, o peggio ancora in conflitto, e ciò evidenzia che nessuno conosce il lavoro dell'altro e il sistema è adagiato su una routine fatta di adempimenti formali portati avanti a compartimenti stagni.
Ultima precisazione: diversamente dalla 14001 il rispetto della conformità legislativa non riveste per la 18001 carattere pregiudiziale, per cui eventuali problemi di sicurezza alle macchine potranno essere oggetto di azioni correttive anche successive alla verifica dell'ente terzo.

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