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IL NUOVO MODELLO DELLE ASI
LA RIORGANIZZAZIONE DEI CONSORZI
IL NUOVO MODELLO DELLE ASI
LA RIORGANIZZAZIONE DEI CONSORZI
Confronto alla CCIAA di Avellino sulla necessità di modificare il ruolo delle società
di Filomena Labruna
Pietro Foglia
Presidente Consorzio ASI
di Avellino
Consorzi Asi, riorganizziamoli così. In un mercato sempre più moderno e competitivo, gli enti di gestione sono chiamati a rinnovare completamente le proprie strategie. L'argomento è stato al centro di un confronto, moderato dal direttore de "Il Denaro" Alfonso Ruffo, che si è tenuto il 18 febbraio scorso presso la CCIAA di Avellino. Numerose le tematiche emerse sulle nuove sfide delle Asi, alla luce dei cambiamenti che investono la politica economica. Il presidente di Unioncamere Costantino Capone si è soffermato sulla necessità di una rivisitazione delle funzioni attribuite ai consorzi di sviluppo. «É necessario - ha affermato Capone - che le Asi abbiano una nuova mission, adeguata alle esigenze delle imprese e di mercati moderni e competitivi. Lo sviluppo non può essere appannaggio di un ente, ma ognuno deve mettere a disposizione le proprie specificità per far crescere il territorio». Il presidente Capone ha auspicato anche un maggiore coordinamento tra gli enti in campo per superare il gap in capacità attrattive e incentivi ai nuovi investitori. Analogo il concetto espresso dal sindaco di Avellino Pino Galasso che apre idealmente una nuova stagione di collaborazione tra il Comune e la Provincia e tutti gli altri soggetti impegnati nello sviluppo. Il presidente dell'Unione degli Industriali Silvio Sarno, invece, ha sottolineato la necessità di creare un centro unico di autorizzazioni per le attività d'impresa. «Una soluzione concreta e attuabile - ha detto - visto che gli sportelli unici comunali non sono stati ancora realizzati e immaginarne uno per comune risulterebbe estremamente dispendioso». Lo stesso presidente dell'Asi di Avellino Pietro Foglia ha riconosciuto la necessità di una ristrutturazione dell'ente, finalizzata però al potenziamento e alla valorizzazione delle attività. «Non si possono creare sempre nuovi enti - afferma Foglia - e pensare che debbano sostituire i consorzi di sviluppo i quali per quarant'anni hanno avuto un ruolo fondamentale nei processi di industrializzazione. Le Asi devono esistere e operare, esaltando le professionalità e le risorse del territorio». Pietro Foglia ha continuato così la sua analisi: «I consorzi ovviamente non possono sostituirsi al governo e procedere alla defiscalizzazione degli oneri sociali o sostituirsi a un credito inadeguato. Possono però cogliere le nuove sfide, offrendo servizi innovativi e avanzati tecnologicamente, sostenere i giovani che vogliono misurarsi con l'imprenditoria, abbreviare i percorsi burocratici per chi abbia intenzione di investire in una determinata area». «Lo sviluppo - ha continuato poi il presidente dell'Asi di Avellino - non può più essere affidato a uno sterile localismo; c'è bisogno di snellire processi che oggi si disperdono tra decine di enti spesso in contrapposizione». Foglia ha bocciato senza mezzi termini l'esperienza degli sportelli unici. «Sono stati istituiti anche in comuni con 700 abitanti. Non è questa la strada giusta per dare risposte rapide a chi vuole investire. Ecco perchè da tempo chiedo che queste strutture di raccordo siano istituite nelle aree industriali, così come ritengo, fondamentale l’istituzione di incubatori di impresa». «Il modello delle nuove Asi - ha concluso Foglia - non è però quello della Regione Puglia, bocciato dalla Corte Costituzio-nale, anche perchè è risultato più attentop alle poltrone che agli obiettivi». Poi è stata la volta di Liliana Baculo, Ordinaria di Economia dello Sviluppo presso l’Università Federico II. «In un clima di interrelazione a livello globale - afferma - bisogna puntare sulle risorse locali, elaborando iniziative e azioni diverse, nei confronti di attività produttive locali, per renderle in grado di competere sul mercato globale». Infine Felice Ruggiero, autore del volume "Aree di sviluppo industriale sviluppo economico e Mezzogiorno" ha indicato la via maestra: «Per rafforzare le funzioni delle Asi, bisogna trasformarle in agenzie locali di sviluppo, così da conferire a esse una struttura più incisiva nella sfida per la crescita del territorio». E Sandro Usai, presidente Federazione Italiana Consorzi enti industriali, raccogliendo i suggerimenti ha detto: «Vogliamo continuare a essere protagonisti dello sviluppo, creandoci un'identità precisa all'interno degli strumenti che le Regioni e il Governo inventano ogni giorno». Giovanni Fantoni, presidente dell'omonimo gruppo imprenditoriale, ha parlato della possibilità di mutuo soccorso tra i consorzi esistenti, senza dimenticare l'importante funzione di supporto all'imprenditoria giovanile, mediante la realizzazione di incubatori di imprese. Fantoni si è soffermato sui passi in avanti fatti nella modifica normativa della regione Friuli Venezia Giulia in merito ai nuovi scenari in cui coinvolgere i consorzi industriali per una promozione efficace dello sviluppo economico. «Per favorire nuovi investimenti - ha dichiarato Fantoni - è fondamentale la presenza dello sportello unico. Quanto al Mezzogiorno una delle principali difficoltà che frenano la capacità di attrarre nuovi investimenti è rappresentata dai costi elevati dei suoli industrializzabili». Infine Fantoni evidenziando i punti di forza dei consorzi industriali al Nord, sottolinea un ulteriore valore aggiunto che ha prodotto la legislazione regionale al Nord e che dà la possibilità ad una componente privata di entrare nella struttura societaria dell'Asi. Un'impostazione condivisa dal sindacato: «Gli imprenditori - ha affermato Pietro Cerrito, segretario regionale Cisl Campania - devono essere coinvolti nei consorzi. Oggi non possiamo parlare di sviluppo in assenza di una partecipazione totale degli enti chiamati a contribuire alla crescita del territorio e di un minimo di pianificazione e programmazione. Nel concetto di sviluppo entrano allo stato attuale nuove componenti come la qualità della vita, la tutela ambientale, la salvaguardia delle risorse culturali». Per Mariano D'Antonio, Ordinario di Economia dello sviluppo dell'Università Roma Tre, occorre un'interconnessione tra i diversi centri di attività e produzione economica e una programmazione flessibile in cui il territorio possa dimostrarsi sempre più aperto agli investimenti diretti esteri e ai processi di delocalizzazione di impresa. A conclusione del dibattito il senatore Nicola Mancino ha detto: «Siamo una regione chiusa anche all'interno. Abbiamo bisogno di un buon programma calato sul territorio e di un sistema creditizio rapportato ad esso. I territori hanno vocazioni diverse, ma c'è la possibilità di una concertazione, non solo nazionale. Dobbiamo correre di più per il piano di assetto territoriale, contando sul raccordo tra le province e la regione». Per Mancino è indispensabile usufruire di validi strumenti operativi, tra cui un consorzio Asi meglio disciplinato in un rapporto più aperto con una Regione che sappia "supergovernare". «Nel '90 fu smantellata un'esperienza come quella della Cassa per il Mezzogiorno - ricorda il senatore della Margherita - e ora mi chiedo se la Regione è in grado di realizzare la concertazione allargata di cui si avverte il bisogno. L'applicazione dell'articolo 119 della Costituzione diventa un passaggio necessario per garantire alle Regioni i fondi necessari per un rilancio che non può prescindere da una presenza bancaria significativa». |