IL RIORDINO DELLA NORMATIVA AMBIENTALE
LE PROPOSTE di confindustria
PROBLEMATICHE AMBIENTALI INTERNAZIONALi
LO SVILUPPO SOSTENIBILE
IL D.LGS. 22/97 E IL D.M.
471/99
LA SITUAZIONE DEL TERRITORIO
RUOLO DELL'ARPAC SUL TERRITORIO
UN'OPPORTUNITÀ PER TUTTE LE AZIENDE
RIFIUTI INDUSTRIALI E DECRETO
RONCHI
ASPETTI NORMATIVI RIGUARDANTI LA GESTIONE
PROBLEMATICHE AMBIENTALI INTERNAZIONALi
LO SVILUPPO SOSTENIBILE
Garantire alle generazioni future
la fruibilità del patrimonio naturalistico
Antonio
Limatola
Rappresentante legale STI srl
a.limatola@stisrl.it
Lo sviluppo tecnologico e industriale degli ultimi
decenni se, da un lato, ha consentito innegabili progressi
in campo socio-economico, dall'altro, a causa soprattutto
del continuo ricorso a risorse non rinnovabili per la produzione
di energia e dell'immissione nell'ambiente di una quantità di
sostanze inquinanti, ha pregiudicato fortemente gli equilibri ambientali.
Nei Paesi sviluppati la tecnologia ha trasformato profondamente gli
stili di vita e di lavoro, gli impatti di questi cambiamenti
sull'ambiente naturale sono complessi.
Le moderne economie industriali del Nord America, di parti dell'Asia
e dell'Europa sono responsabili dello sfruttamento della maggior
parte delle risorse naturali e producono elevate quantità di rifiuti ed
emissioni inquinanti con danni ambientali su scala globale, nonché pericolosi
effetti sulla salute umana. Anche in altre parti del pianeta la povertà e
la rapida crescita demografica stanno causando il degrado di risorse naturali
quali foreste, suoli e acqua. Se l'attuale trend dei consumi continuerà,
in futuro si stima che nel 2025 due terzi della popolazione mondiale vivrà in
condizioni di stress idrico. Le risorse naturali garantiscono la sopravvivenza
di circa un terzo della popolazione mondiale, il degrado ambientale ne
riduce le prospettive di benessere. Ciò impone di concentrare ogni
possibile impiego nella ricerca di una strategia che, facendo salvo il
progresso e il benessere, garantisca alle attuali e alle future generazioni
la fruibilità del patrimonio ambientale. Tale strategia deve prevedere
il ricorso ad approcci diversificati che consentano di affrontare le varie
problematiche su scale territoriali diverse: mentre fenomeni come le variazioni
climatiche correlate all'effetto serra o alla riduzione dell'ozono strasferico
hanno dimensione planetaria, altri problemi manifestano il loro effetto
soprattutto su scala locale. A Stoccolma, nel 1972, nella Conferenza delle
Nazioni Unite sull'Ambiente Umano, si cominciò a parlare di sviluppo
sostenibile: le centotredici nazioni intervenute riuscirono a mettere a
punto una serie di principi e raccomandazioni sui diritti e le responsabilità in
relazione all'ambiente. Questo passaggio divenne significativo per l'evoluzione
che ha subìto la definizione dello sviluppo sostenibile, a partire
da quella della Conferenza di Rio de Janeiro del 1992:
- sviluppo che soddisfa i bisogni dell'attuale generazione, senza
compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare
i propri;
- sviluppo che assicura il soddisfacimento della qualità della vita,
mantenendosi entro i limiti della capacità di carico degli ecosistemi
che la sostengano;
- sviluppo che offre servizi ambientali, sociali ed economici di
base a tutti i membri di una comunità, senza minacciare l'operatività dei
servizi naturali, edificato e sociale da cui ne dipende la fornitura.
Alla Conferenza di Rio si è aggiunto un Protocollo firmato a Kyoto
nel 1997 di capitale importanza per il controllo dei gas serra. Con
questo protocollo, i Paesi maggiormente industrializzati e quelli delle
economie in transizione hanno fissato un obiettivo medio di riduzione delle
emissioni di circa il 5% rispetto al 1990. La maggior parte dei Paesi dell'OCSE
ha accettato la sfida di Kyoto, ma, nel 2001, gli Stati Uniti in alternativa
hanno redatto un documento giudicato, dalla gran parte degli osservatori,
troppo debole. Solo di recente in Italia con la pubblicazione della
Legge 316 del 2004 viene dato il parziale via libera per la partecipazione
al sistema europeo di scambio per le quote di emissione di gas a effetto
serra, in particolare per l'anidride carbonica.
Tale Legge ha formalmente dato inizio alla prima fase degli impegni
presi dall'Italia per quel che riguarda il Protocollo di Kyoto e,
in particolare, per la creazione, all'interno del mercato europeo, di un
sistema unico per lo scambio delle quote di inquinamento, formalizzato
dalla direttiva 2003/87/CE (o CE ETS) e tecnicamente denominato Emission
Trading System. L'elemento stringente posto dalla normativa europea era
quello dell'entrata dell'ETS dal 1 gennaio 2005; il Governo italiano, a
ridosso della scadenza del 31 dicembre 2004, ha formalizzato la prima parte
delle procedure necessarie ad affrontare il mercato delle quote, in particolare:
la domanda di autorizzazione a emettere; l'invio delle informazioni da
parte delle singole imprese sui bilanci delle emissioni, al fine dell'assegnazione
delle quote di emissione per il periodo 2005-2007. Le imprese interessate
a tale obbligo normativo, sono elencate nell'Allegato I della direttiva
2003/87/CE. Una volta accertato che l'impianto ricade all'interno delle
disposizioni della direttiva EU ETS, è necessario affrontare la procedura per ottenere il rilascio
dell'autorizzazione a emettere gas climalteranti. La domanda, almeno fino
al recepimento definitivo nella legislazione italiana della direttiva 2003/87/CE,
deve essere inoltrata al Ministero dell'Ambiente e, in particolare, alla
Direzione Generale per la ricerca ambientale e lo sviluppo. La domanda
di autorizzazione deve, inoltre, essere aggiornata nel caso di modifiche
della natura o del funzionamento dell'impianto, intendendo per queste ultime:
ampliamenti; modifiche all'identità del gestore dell'impianto; modifiche
alla metodologia di monitoraggio.
Deve precisarsi che il sistema per lo scambio delle quote di emissione
di gas a effetto serra di cui alla direttiva 2003/87/CE, è stato
integrato con i meccanismi di progetto del Protocollo di Kyoto in particolare "l'attuazione
congiunta" (JI-Joint Implementation, articolo 6), per il quale sono
coinvolti i Paesi industrializzati e il "meccanismo per lo sviluppo
pulito" (CDM-Clean Development Mechanism, articolo 12), che, invece,
coinvolge i Paesi in via di sviluppo, con la pubblicazione della cosiddetta
direttiva "linking". L'integrazione ha l'obiettivo specifico
di mantenere l'integrità ambientale del sistema comunitario, raggiunta
attraverso la fissazione di limiti massimi di emissione, e la possibilità di
utilizzare i crediti di emissione prodotti dalle attività dei progetti
ammissibili ai sensi degli articoli 6 e 12, Protocollo di Kyoto,
disponendo, di un maggior numero di soluzioni diverse a basso costo, con
la conseguente riduzione dei costi complessivi da sostenere per conformarsi
al Protocollo stesso.
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