PROTEZIONE DA ATMOSFERE ESPLOSIVE
LE DIRETTIVE ATEX
Gli adeguamenti degli impianti
e delle attrezzature nei luoghi a rischio
Salvatore
Siracusa
Responsabile Servizio Impianti e Apparecchiature Elettriche - Dipartimento
Omologazione e Certificazione ISPESL - Direzione Generale
s.siracusa@dom.ale.ispesl.it
Il D.Lgs. 233 del 12 giugno 2003, che costituisce
l'attuazione della direttiva 1999/92/CE, rappresenta il riferimento
principale per la valutazione del rischio in ambienti soggetti
alla formazione di atmosfere esplosive. Entrato in vigore
il 10 settembre 2003, integra il D.Lgs. 626/94 costituendo
il titolo VIII-bis "Protezione da atmosfere esplosive".
Esso si applica nei luoghi di lavoro ove possono essere presenti
atmosfere esplosive dovute a gas, vapori, nebbie, polveri
e nei lavori in sotterraneo dove si può determinare
la presenza di sostanze esplosive. Il Decreto non si applica
nelle aree utilizzate per cure mediche dei pazienti, nelle
industrie estrattive soggette al D.Lgs. 624/96, e in quelle
di produzione, manipolazione, uso, stoccaggio e trasporto
di esplosivi o di sostanze chimicamente instabili. Si fa
notare che il decreto non si applica neanche agli apparecchi
a gas soggetti al DPR 661/96, come apparecchi di cottura,
riscaldamento, produzione acqua calda, raffreddamento, illuminazione,
con combustibile gassoso, e temperatura acqua inferiore a
105°C, non inseriti in processi industriali. Al datore
di lavoro sono demandati gli obblighi stabiliti dal D.Lgs.
626/94, che nel caso specifico vengono precisati come di
seguito indicato.
Prevenzione della formazione di miscele
esplosive: vanno
attuate tutte le misure strutturali e manutentive atte a
evitare o ridurre la possibilità di emissione di sostanze
pericolose favorendo nello stesso tempo condizioni di ventilazione
che rendono improbabile la formazione di miscele esplosive.
Valutazione dei rischi di esplosione: essa viene effettuata
su base statistica e si identifica con un indice di probabilità di
accadimento dell'evento e un altro di gravità del
danno presumibile. Più precisamente, in funzione delle
caratteristiche dell'impianto, delle sostanze e dei processi
utilizzati con le loro possibili interazioni, deve essere
valutata la probabilità e durata della presenza di
atmosfere esplosive e delle sorgenti di innesco, nonché l'entità degli
effetti prevedibili. Per l'individuazione di tali parametri
si può fare riferimento alla norma UNI EN 1127-1,
secondo cui l'innesco può essere causato da cause
varie come superfici calde, fiamme libere o materiale incandescente,
scintille per causa meccanica, apparecchiature elettriche,
correnti vaganti e protezione catodica, cariche elettrostatiche,
fulmini, campi e radiazioni elettromagnetici, radiazioni
ionizzanti, ultrasuoni, compressioni adiabatiche, reazioni
chimiche.
Ripartizione delle aree in cui possono
formarsi miscele esplosive:
le aree pericolose nell'all.to XV bis vengono suddivise in
3 tipologie: zona 0, 1 e 2, a seconda che la permanenza dell'atmosfera
esplosiva sia presente rispettivamente per lungo periodo
(oltre 1000 ore/anno), occasionalmente (fra 10 e 1000 ore/anno)
o per breve durata (fra 0,1 e 10 ore/anno). Nulla cambia
concettualmente nel caso in cui l'atmosfera esplosiva è determinata
a causa della presenza di polvere combustibile. Le zone in
questo caso sono classificate, con analogo significato, in
zona 20, 21 e 22. Dovendo esprimere in indice probabilistico
la durata complessiva di atmosfera esplosiva in un anno,
si possono utilizzare gli indici riportati nella CEI 31-35.
La classificazione dei luoghi pericolosi è oggetto
di normativa europea: la EN 60079 (CEI 31-30) per i gas,
vapori e nebbie, la EN 50281-3 (CEI 31-52) per le polveri
combustibili. Si tratta di norme a carattere generale; per
applicazioni specifiche bisogna ricorrere a Guide applicative.
La definizione delle zone pericolose e della loro estensione
si basa sull’individuazione delle sostanze pericolose,
delle sorgenti di emissione con relativa portata e del grado
di ventilazione dell'ambiente. La classificazione dei luoghi
pericolosi per la presenza di polvere può presentare
maggiori difficoltà per l'incertezza nella determinazione
di alcuni parametri come la granulometria, il limite inferiore
di infiammabilità, l'energia minima di innesco.
Obbligo di applicazione di prescrizioni
minime ad attrezzature e luoghi di lavoro: il decreto richiede prescrizioni minime
diverse a seconda che si tratti di attrezzature o luoghi
di lavoro. Come indicato nel titolo II e III del D.Lgs. 626/94,
per attrezzatura si deve intendere «qualsiasi macchina,
apparecchio, utensile o impianto destinato a essere usato
durante il lavoro», mentre i luoghi di lavoro sono
quei «…luoghi destinati a contenere i posti
di lavoro, ubicati all'interno dell'attività produttiva...».
Tali definizioni si ritengono importanti per eliminare alcune
false interpretazioni del decreto. Nel caso di attrezzature
di lavoro già in uso, il decreto prescrive l'adozione
delle misure di sicurezza di carattere generale come la formazione
professionale dei lavoratori, l'utilizzo di procedure di
sicurezza, la verifica delle condizioni di sicurezza, la
predisposizione dei piani di evacuazione, le segnalazioni
delle condizioni di pericolo, ecc.. Per le attrezzature nuove
il decreto prescrive anche l'obbligo di utilizzo di apparecchi
e sistemi di protezione conformi alle categorie previste
da un'altra direttiva ATEX, la 94/9/CEE riguardante il "Regolamento
recante norme per l'attuazione della direttiva 94/9/CE in
materia di apparecchi e sistemi di protezione destinati a
essere utilizzati in atmosfere potenzialmente esplosive".
La direttiva è stata recepita con DPR 23 marzo 1998
n.126, entrato in vigore il 1/7/2003. Secondo quest'ultima,
gli apparecchi e sistemi di protezione destinati a essere
usati in atmosfera potenzialmente esplosiva vengono suddivisi
in "categorie", corrispondenti a diversi livelli
di protezione, intendendo per esso il numero di guasti indipendenti
che si possono verificare affinché sia garantito il
livello di sicurezza specifico. Nelle zone con alta probabilità di
formazione di miscele esplosive (zona 0 o 20) possono essere
utilizzati solo apparecchi con livello di protezione "molto
elevato" (categoria 1G o 1D, a seconda si tratti di
gas o polvere), mentre nelle zone 1 o 21, si possono utilizzare
apparecchi con livelli di protezione "elevato" (categoria
2G o 2D). Apparecchi con livello di protezione "normale" (categoria
3G o 3D) possono essere usati solo nelle zone con scarsa
probabilità di formazione di miscela esplosiva (zona
2 o 22). La categoria viene certificata dal costruttore ed
evidenziata sull'apparecchio con apposita targa insieme alla
marcatura CE e riguarda gli apparecchi che possono costituire
rischi di innesco. La certificazione per le apparecchiature
non elettriche costituisce spesso un problema per l'assenza
di norme tecniche specifiche o per la difficoltà della
valutazione del livello di protezione da parte del costruttore.
Per le attrezzature già in uso l'idoneità dell'apparecchio
alla zona classificata è a carico del datore di lavoro
mediante la valutazione dei rischi circa il livello di protezione.
Per le apparecchiature elettriche tale valutazione in genere
non presenta grosse difficoltà per la presenza di
tutta una legislazione elettrica in materia, come il DPR
727/82 (76/117/CEE); DPR 675/82 (79/196/CEE); L. 150/89 (82/130/CEE).
Lo stesso non si può dire per il materiale non elettrico.
Per le attrezzature, come prima definite, il D.Lgs 233/03 è in
vigore dal 10 settembre 2003. Per i luoghi di lavoro, già esistenti
al 30/3/2003, il decreto invece offre la possibilità di
adeguamento entro il 30/6/2006.
Predisposizione del documento sulla
protezione contro le esplosioni: è un documento che deve individuare i
rischi e i provvedimenti necessari, contenendo inoltre le
caratteristiche di sicurezza dei luoghi e delle attrezzature,
le istruzioni per il loro uso e impiego, classificare i luoghi
dove c'è la probabilità di formazione di miscele
esplosive, e quelli dove si applicano le prescrizioni minime,
indicando procedure di utilizzo e comportamento.
Obblighi di verifiche ispettive: secondo il D.Lgs. 233/03,
il datore di lavoro è obbligato a sottoporre a verifiche
ispettive, ai sensi del DPR 462/01, le apparecchiature elettriche
installate nei luoghi 0, 1, 20, 21. Tale obbligo si sostituisce
alla denuncia con "il modello C" degli impianti
elettrici installati nelle attività pericolose di
cui al DM 22/12/58, già abrogato dal D.Lgs. 233/03.
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