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  Dicembre 2012

Articoli n° 7
AGOSTO/settembre 2005
 


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Collocamento mirato
un percorso "giusto" per un posto "aggiustato"

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LE PROBLEMATICHE DELL'EDILIZIA
POLITICHE GIUSTE PER LA RIPRESA
Una nuova visione del territorio per evitare errori già compiuti in passato

Antonio Lombardi
Presidente ANCE
info@costruttori.sa.it



La relazione del Presidente nazionale dell'ANCE, Claudio De Albertis, ha centrato pienamente le diverse problematiche non solo del settore dell'edilizia, ma dell'intera economia italiana, che oggi vive una fase congiunturale assolutamente poco favorevole. In assenza di un programma complessivo di rilancio, di una pianificazione organica e concertata, di provvedimenti incisivi e mirati, di un concorso fattivo anche della classe imprenditoriale, la recessione è purtroppo dietro l'angolo e minaccia conseguenze drammatiche particolarmente per quelle aree del Paese, come il Mezzogiorno, dove ritardi e crisi si vivono con particolare intensità. Svariati i punti della relazione che hanno raccolto un plauso praticamente unanime: a partire dal contesto macroeconomico delineato dal Presidente e che impone una nuova e diversa visione del territorio e dell'economia, onde evitare il riproporsi di errori già compiuti in passato. Ci riferiamo segnatamente a quella tanto agognata e perseguita "società industrializzata", ben diversa dalla "società industriale". Sfumature in apparenza lievi o inconsistenti, ma che pure nella realtà meridionale, e salernitana in particolare, hanno dimostrato una enorme valenza. Si è voluti impiantare industrie e avviare insediamenti industriali laddove il territorio non era pronto, per cultura, per dotazioni infrastrutturali, per caratteristiche socio-ambientali, a recepire simili percorsi, col risultato drammatico d'una "frattura" tra il territorio e le aree produttive che ora si cerca, non senza fatica, di colmare. Il presidente dell'ANCE giustamente rimarca come il rilancio economico del territorio non possa prescindere da una visione organica e complessiva che eviti, in futuro, simili problematiche. Visione che non deve fermarsi agli stabilimenti di produzione, ma deve guardare anche alle infrastrutture, alle città e alle reti. Il rischio che si ritorni sui medesimi sbagli esiste, ed è purtroppo concreto e incombente. Oggi il settore delle costruzioni è senza ombra di dubbio uno dei più bistrattati: ne rappresentano prove evidenti una normativa farraginosa e poco aperta alle esigenze delle imprese, una tempistica che, nei più disparati comparti, dalla progettazione alla predisposizione dei bandi di gara, passando per il pagamento degli stati di avanzamento da parte degli enti pubblici e delle varie società partecipate dallo Stato, ha superato di gran lunga la soglia della normale tollerabilità. A questo s'aggiungano ulteriori impellenze gravose, dalla contribuzione non in linea con quella di altri settori e altre disposizioni vincolistiche che non rispondono ad alcuna logica, se non quella di vessare un comparto di enorme importanza per il territorio. Completano il contesto un quadro legislativo che segue una tempistica fuori da qualsiasi logica, politica e imprenditoriale: ne è una riprova evidente l'emergenza del caro-ferro, che ha imposto un anno di drammatiche segnalazioni da parte degli imprenditori, prima che la classe politica si facesse carico del problema. C'è poi voluto un ulteriore anno per approvare un provvedimento legislativo ad hoc, e un altro ancora per costituire una commissione speciale di valutazione dei rincari. Nessuna impresa può reggere ritardi di questa portata. La "visione globale" delle problematiche prima di pianificare interventi e strategie, riteniamo debba partire proprio da questi aspetti, dai lacci e lacciuoli che oggi non consentono all'impresa di svolgere un ruolo da protagonista nel rilancio economico del Paese. Occorre quindi, ed è quanto mai urgente, una "visione globale" che, come ha giustamente rimarcato il nostro Presidente nazionale, deve partire da un tavolo di concertazione che abbracci ai vari livelli istituzionali tutti i soggetti protagonisti, in un "grandioso fenomeno di ricostruzione" che il nostro Presidente, animato da non poco entusiasmo e da altrettanta fiducia, immagina simile a quello che il Paese imboccò sessant'anni fa, subito dopo la fine della guerra. Oggi come allora è proprio il settore delle costruzioni che può e deve assumere una valenza strategica: al di là dei dati, pur significativi, legati all'apporto determinante di questo settore al Pil e all'occupazione, non può sfuggire il fatto che nessun altro settore può assurgere alla medesima funzione di "volano" per l'economia: è l'edilizia che assorbe buona parte dell'offerta di calce, cemento gesso e altri derivati, è nell'edilizia che confluisce buona parte (il 60%) della produzione di terracotta e ceramica, è questo comparto che impiega caldaie, serbatoi, che richiede estrazione di minerali, che alimenta i trasporti. Eppure i segnali e i propositi che si registrano, dai tagli alla dotazione delle risorse per le opere pubbliche ai drastici ridimensionamenti dei trasferimenti agli enti locali, si muovono in una direzione diametralmente opposta e producono effetti assolutamente contrari. Non è un caso che negli ultimi anni, dopo un trend positivo, gli investimenti in infrastrutture siano drammaticamente calati. Un ulteriore aspetto della relazione che riteniamo meritevole di approfondimento, è quello relativo all'emergenza abitativa. Il nostro Presidente ha posto la questione in ambito nazionale: ma mai come nella realtà salernitana l'emergenza abitativa rasenta la drammaticità. Le quotazioni di mercato, sia per le compravendite che per le locazioni, sono ormai sfuggite a qualsiasi logica e, complice l'assenza di una seria, concreta e adeguata politica abitativa, risentono e approfittano della penuria di abitazioni. Urgono, pertanto, politiche che da un lato garantiscano risposte adatte a una domanda crescente proveniente soprattutto dalle giovani coppie, costrette oggi a emigrare nei comuni limitrofi, dall'altro immettano sul mercato abitazioni a basso costo, o a prezzi controllati, per "calmierare" un mercato assolutamente congestionato e aperto oggi alle più impensabili speculazioni finanziarie. Un ulteriore aspetto di grande rilievo, approfondito dal Presidente De Albertis, è rappresentato senza dubbio dal project financing, che può rappresentare una indubbia opportunità per sopperire alle penurie finanziarie degli enti locali: ma anche in questo campo occorre superare una distorsione che pure incombe. Non si può e non si deve immaginare che il ricorso ai capitali privati possa sostenere, da solo, tutto il peso del costo delle infrastrutture di cui il Paese (e segnatamente il Mezzogiorno) ha assoluto bisogno. Le imprese e i privati sono pronti a svolgere la loro parte: ma è lo Stato a dover ricoprire un ruolo preponderante e dirimente. Un'ultima notazione, che se è stata dolorosa per il Presidente nazionale De Albertis, lo è ancor di più per chi opera nel Mezzogiorno, concerne il rapporto con le banche, sempre più irto di difficoltà ancor più oggi che i centri decisionali dei grandi istituti di credito non sono più presenti sul territorio. Se il sistema bancario non riesce a supportare le imprese in questa grande sfida per lo sviluppo; se non è in grado di travalicare il rigido sistema del formalismo burocratico e delle garanzie reali per entrare nella logica del business e scrutare la validità (e redditività) dei progetti, ogni buon proposito e ogni validissimo progetto rischia di scontrarsi con gli atavici problemi della "copertura del fabbisogno", delle ipoteche e delle fideiussioni. Con effetti drammatici per le imprese, per la collettività e per lo stesso sistema bancario che, frenando la crescita e le potenzialità di espansione del sistema imprenditoriale locale, si troverà ad operare e interloquire sempre con imprenditori sfiduciati e sottodimensionati, incapaci di compiere il "grande salto" o, per usare una terminologia cara alle banche, con insufficienti garanzie patrimoniali.

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