INNOVARE PER CRESCERE
UN'ECONOMIA DI RETE PER LE IMPRESE
L'azienda che sceglie l'innovazione
può competere
di Vito Salerno & Raffaella Venerando
Lucio
Stanca
Ministro per l'Innovazione e le Tecnologie
Uno dei temi centrali nell'agenda del Governo è quello della competitività delle
imprese, che può trovare rilancio soprattutto mediante ricerca e
innovazione. Sono convinto che l'attenzione, non solo del mondo imprenditoriale,
si debba concentrare sui legami e i rapporti tra ricerca e innovazione,
sul modo di far sì che facciano sistema, che esprimano tutto il valore
aggiunto della sinergia. In effetti, il tema dell'innovazione digitale,
pur essendo pervasivo e determinante per lo sviluppo e la competitività,
non è però tra quelli che appassionano le piazze, né animano
i salotti e le tribune televisive. Solo negli ultimi tempi l'innovazione è assurta
timidamente al centro del dibattito, dove però si è omesso
di rilevare che la ricerca, su cui tutti si soffermano, è una sua
componente sostanziale nel contribuire, attraverso la diffusione di conoscenze
e nuovi prodotti, alla crescita di lungo termine del Paese. Anche perché alla
ricerca serve un periodo medio-lungo, mentre l'innovazione si realizza
nel breve-medio periodo. Come è stato segnalato anche dalla Commissione
Europea, insomma, la ricerca è sì essenziale, ma da sola non è sufficiente.
Oltre allo sviluppo dei prodotti, di cui la ricerca è una risorsa
determinante, vanno infatti sostenute altre forme di innovazione che assicurino
il mantenimento della competitività anche nel breve periodo. I numeri
ci dicono che oggi per un'impresa scegliere di innovare significa decidere
di competere, di dare economicità al proprio impegno finanziario.
Secondo la Banca d'Italia, per ogni euro investito in Tecnologie dell'Informazione
e della Comunicazione, ossia l'ICT, c'è una crescita del prodotto
pari a circa 1,8 euro, rispetto all'1,1 degli investimenti in capitale non-ICT.
Inoltre, investire in ICT comporta un aumento di attrattività, in
quanto per ogni euro speso in ricerca e innovazione c'è un aumento
degli investimenti diretti esteri pari a 4 euro. Un dato che appare particolarmente
significativo alla luce del processo di globalizzazione in atto. La situazione
va valutata in relazione alla specificità del nostro sistema produttivo
(piccola dimensione delle imprese, specializzazione produttiva). Mentre
le grandi, e in una certa misura le medie, hanno una concezione precisa
della ricerca e dell'innovazione, la piccola e la piccolissima impresa non
trova nel sistema fiscale e finanziario quelle condizioni ottimali che le
consentono di sviluppare programmi sostenibili di innovazione tecnologica.
Avvertendo questa problematica, il Governo ha avviato una specifica politica
di iniziative per stimolare il ricorso all'innovazione tecnologica e digitale
nelle imprese stanziando complessivamente ben 764 milioni di euro. Tra le
misure varate c'è il Piano per l'Innovazione Digitale nelle Imprese,
che ho promosso con il collega del Ministero per le Attività Produttive,
con l'obiettivo di rafforzare l'innovazione nei settori del made in Italy
tramite l'utilizzo dell'ICT nei processi cardine, per migliorare produttività e
competitività aziendale, oltre che attuare una politica di sostegno
per lo sviluppo di selezionati settori di alta tecnologia. Il Piano utilizza
strumenti e leve diversi, di carattere sia economico (agevolazioni fiscali,
vouchers), che organizzativo e regolamentare, promovendo inoltre interventi
di comunicazione e formazione per la diffusione di una "cultura dell'innovazione".
Con 113 milioni di euro è stata inoltre rifinanziata la Legge 46
del 1982 per promuovere l'innovazione digitale applicata non solo ai prodotti,
ma anche ai processi aziendali. Con 35 milioni di euro si è sostenuta
la realizzazione di nuovi processi produttivi per valorizzare le reti di
imprese, i distretti e la logistica. Così, si stimolano le imprese
a rinnovare i processi aziendali con l'innovazione digitale e si incoraggia
il settore ICT nella ricerca di nuove applicazioni per i processi critici
aziendali. Sempre sul fronte del sostegno degli investimenti in innovazione
digitale soprattutto nelle imprese minori, è stato introdotto un
nuovo meccanismo che facilita l'accesso al credito. È una sezione
speciale del Fondo Centrale di Garanzia, con una dotazione di ben 160
milioni di euro, in grado di innescare investimenti per almeno 3,5 miliardi
di euro da parte di oltre 16 mila imprese di tutti i settori.
L'utilizzo del Fondo è completamente gratuito. I finanziamenti coprono
fino all'80% del valore dell'investimento e con un tetto massimo di 200
mila euro per impresa. Si eliminano così le attuali barriere di ingresso
al credito per le innovazioni di processo e di prodotto basate spesso su
investimenti "immateriali" (consulenze, software, brevetti, formazione),
che non possono costituire garanzia reale per i creditori. Una novità importante,
sia per le imprese che per le banche creditrici, è che il Fondo rimuove
i vincoli alla concessione dei crediti alle imprese che derivano dal rispetto
dei parametri dell'accordo "Basilea 2": i crediti garantiti equivalgono,
infatti, a quelli verso lo Stato italiano e sono pertanto privi di rischio
per il sistema bancario. Vorrei sottolineare che questo enorme sforzo economico
per favorire l'utilizzo dell'innovazione tecnologica nelle imprese sarebbe
inutile se non accompagnato da un disegno complessivo, più ampio,
che mira ad aumentare la competitività del nostro Paese. In questo
senso, assume ancora più valore la nostra attività nell'ambito
della Pubblica Amministrazione, con l'obiettivo di modernizzare l'apparato
statale e renderlo più rispondente alle esigenze dei cittadini e
delle imprese. Vorrei citare, a titolo esemplificativo, i brillanti risultati
raggiunti nella firma digitale, la posta elettronica certificata, il protocollo
informatico e, soprattutto, la creazione del Sistema Pubblico di Connettività (SPC),
una sorta di enorme "Autostrada del Sole digitale", un'infrastruttura
tecnologica che consentirà la comunicazione telematica fra tutte
le amministrazioni pubbliche centrali e locali sulla base dei più elevati
e omogenei standard tecnologici, organizzativi e di sicurezza, realizzando
così l'asse portante per l'applicazione del Codice dell'Amministrazione
Digitale, la "magna charta" dell'e-Government, che fornisce un
quadro normativo coerente, omogeneo e unitario all'applicazione delle
nuove tecnologie digitali nella P.A., consentendo un notevole recupero di
efficienza e ingenti risparmi, valutati tra i 4 e i 5 miliardi di euro l'anno
solo nelle amministrazioni centrali e almeno altrettanti nella P.A. locale.
Insieme ai vantaggi che le imprese possono trarre dagli incentivi statali
e da una pubblica amministrazione efficiente e moderna, altri nascono dalla
creazione e diffusione delle infrastrutture per la larga banda.
Dal settembre 2001, quando abbiamo istituito una task force per la larga
banda, ad oggi, l'Italia ha compiuto enormi passi in avanti, raggiungendo
i 5 milioni di linee a larga banda contro le 300 mila del 2001, crescita
che nel 2004 ci ha visti al terzo posto in Europa per tasso di crescita,
dopo Francia e Regno Unito. Ma resta sempre un ritardo nell'utilizzo
delle innovazioni tecnologiche nelle nostre PMI, nel passaggio da una fase
di "automazione" a
una di "innovazione". Il nostro Paese ha bisogno di una economia
di rete per le imprese: filiere e distretti; nuovi modelli di business,
come e-Commerce, logistica, trasferimento tecnologico con i centri di ricerca
pubblici; internazionalizzazione. Questa è la nostra ricetta per
tornare a essere competitivi, insieme alla creazione di "territori
di eccellenza", soprattutto al Sud.
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