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  Dicembre 2012

Articoli n° 7
AGOSTO/settembre 2005
 


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INNOVARE PER CRESCERE
UN'ECONOMIA DI RETE PER LE IMPRESE
L'azienda che sceglie l'innovazione può competere

di Vito Salerno & Raffaella Venerando

Lucio Stanca
Ministro per l'Innovazione e le Tecnologie

Uno dei temi centrali nell'agenda del Governo è quello della competitività delle imprese, che può trovare rilancio soprattutto mediante ricerca e innovazione. Sono convinto che l'attenzione, non solo del mondo imprenditoriale, si debba concentrare sui legami e i rapporti tra ricerca e innovazione, sul modo di far sì che facciano sistema, che esprimano tutto il valore aggiunto della sinergia. In effetti, il tema dell'innovazione digitale, pur essendo pervasivo e determinante per lo sviluppo e la competitività, non è però tra quelli che appassionano le piazze, né animano i salotti e le tribune televisive. Solo negli ultimi tempi l'innovazione è assurta timidamente al centro del dibattito, dove però si è omesso di rilevare che la ricerca, su cui tutti si soffermano, è una sua componente sostanziale nel contribuire, attraverso la diffusione di conoscenze e nuovi prodotti, alla crescita di lungo termine del Paese. Anche perché alla ricerca serve un periodo medio-lungo, mentre l'innovazione si realizza nel breve-medio periodo. Come è stato segnalato anche dalla Commissione Europea, insomma, la ricerca è sì essenziale, ma da sola non è sufficiente.
Oltre allo sviluppo dei prodotti, di cui la ricerca è una risorsa determinante, vanno infatti sostenute altre forme di innovazione che assicurino il mantenimento della competitività anche nel breve periodo. I numeri ci dicono che oggi per un'impresa scegliere di innovare significa decidere di competere, di dare economicità al proprio impegno finanziario. Secondo la Banca d'Italia, per ogni euro investito in Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione, ossia l'ICT, c'è una crescita del prodotto pari a circa 1,8 euro, rispetto all'1,1 degli investimenti in capitale non-ICT. Inoltre, investire in ICT comporta un aumento di attrattività, in quanto per ogni euro speso in ricerca e innovazione c'è un aumento degli investimenti diretti esteri pari a 4 euro. Un dato che appare particolarmente significativo alla luce del processo di globalizzazione in atto. La situazione va valutata in relazione alla specificità del nostro sistema produttivo (piccola dimensione delle imprese, specializzazione produttiva). Mentre le grandi, e in una certa misura le medie, hanno una concezione precisa della ricerca e dell'innovazione, la piccola e la piccolissima impresa non trova nel sistema fiscale e finanziario quelle condizioni ottimali che le consentono di sviluppare programmi sostenibili di innovazione tecnologica. Avvertendo questa problematica, il Governo ha avviato una specifica politica di iniziative per stimolare il ricorso all'innovazione tecnologica e digitale nelle imprese stanziando complessivamente ben 764 milioni di euro. Tra le misure varate c'è il Piano per l'Innovazione Digitale nelle Imprese, che ho promosso con il collega del Ministero per le Attività Produttive, con l'obiettivo di rafforzare l'innovazione nei settori del made in Italy tramite l'utilizzo dell'ICT nei processi cardine, per migliorare produttività e competitività aziendale, oltre che attuare una politica di sostegno per lo sviluppo di selezionati settori di alta tecnologia. Il Piano utilizza strumenti e leve diversi, di carattere sia economico (agevolazioni fiscali, vouchers), che organizzativo e regolamentare, promovendo inoltre interventi di comunicazione e formazione per la diffusione di una "cultura dell'innovazione". Con 113 milioni di euro è stata inoltre rifinanziata la Legge 46 del 1982 per promuovere l'innovazione digitale applicata non solo ai prodotti, ma anche ai processi aziendali. Con 35 milioni di euro si è sostenuta la realizzazione di nuovi processi produttivi per valorizzare le reti di imprese, i distretti e la logistica. Così, si stimolano le imprese a rinnovare i processi aziendali con l'innovazione digitale e si incoraggia il settore ICT nella ricerca di nuove applicazioni per i processi critici aziendali. Sempre sul fronte del sostegno degli investimenti in innovazione digitale soprattutto nelle imprese minori, è stato introdotto un nuovo meccanismo che facilita l'accesso al credito. È una sezione speciale del Fondo Centrale di Garanzia, con una dotazione di ben 160 milioni di euro, in grado di innescare investimenti per almeno 3,5 miliardi di euro da parte di oltre 16 mila imprese di tutti i settori.
L'utilizzo del Fondo è completamente gratuito. I finanziamenti coprono fino all'80% del valore dell'investimento e con un tetto massimo di 200 mila euro per impresa. Si eliminano così le attuali barriere di ingresso al credito per le innovazioni di processo e di prodotto basate spesso su investimenti "immateriali" (consulenze, software, brevetti, formazione), che non possono costituire garanzia reale per i creditori. Una novità importante, sia per le imprese che per le banche creditrici, è che il Fondo rimuove i vincoli alla concessione dei crediti alle imprese che derivano dal rispetto dei parametri dell'accordo "Basilea 2": i crediti garantiti equivalgono, infatti, a quelli verso lo Stato italiano e sono pertanto privi di rischio per il sistema bancario. Vorrei sottolineare che questo enorme sforzo economico per favorire l'utilizzo dell'innovazione tecnologica nelle imprese sarebbe inutile se non accompagnato da un disegno complessivo, più ampio, che mira ad aumentare la competitività del nostro Paese. In questo senso, assume ancora più valore la nostra attività nell'ambito della Pubblica Amministrazione, con l'obiettivo di modernizzare l'apparato statale e renderlo più rispondente alle esigenze dei cittadini e delle imprese. Vorrei citare, a titolo esemplificativo, i brillanti risultati raggiunti nella firma digitale, la posta elettronica certificata, il protocollo informatico e, soprattutto, la creazione del Sistema Pubblico di Connettività (SPC), una sorta di enorme "Autostrada del Sole digitale", un'infrastruttura tecnologica che consentirà la comunicazione telematica fra tutte le amministrazioni pubbliche centrali e locali sulla base dei più elevati e omogenei standard tecnologici, organizzativi e di sicurezza, realizzando così l'asse portante per l'applicazione del Codice dell'Amministrazione Digitale, la "magna charta" dell'e-Government, che fornisce un quadro normativo coerente, omogeneo e unitario all'applicazione delle nuove tecnologie digitali nella P.A., consentendo un notevole recupero di efficienza e ingenti risparmi, valutati tra i 4 e i 5 miliardi di euro l'anno solo nelle amministrazioni centrali e almeno altrettanti nella P.A. locale. Insieme ai vantaggi che le imprese possono trarre dagli incentivi statali e da una pubblica amministrazione efficiente e moderna, altri nascono dalla creazione e diffusione delle infrastrutture per la larga banda.
Dal settembre 2001, quando abbiamo istituito una task force per la larga banda, ad oggi, l'Italia ha compiuto enormi passi in avanti, raggiungendo i 5 milioni di linee a larga banda contro le 300 mila del 2001, crescita che nel 2004 ci ha visti al terzo posto in Europa per tasso di crescita, dopo Francia e Regno Unito. Ma resta sempre un ritardo nell'utilizzo delle innovazioni tecnologiche nelle nostre PMI, nel passaggio da una fase di "automazione" a una di "innovazione". Il nostro Paese ha bisogno di una economia di rete per le imprese: filiere e distretti; nuovi modelli di business, come e-Commerce, logistica, trasferimento tecnologico con i centri di ricerca pubblici; internazionalizzazione. Questa è la nostra ricetta per tornare a essere competitivi, insieme alla creazione di "territori di eccellenza", soprattutto al Sud.

 

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