PRIVACY E DIRECT MARKETING
IL BILANCIAMENTO DI INTERESSI
Quando il fine di pubblicazione
dei dati è incompatibile con scopi promozionali
Ricccardo
Imperiali
Studio Legale Imperiali
riccardo.imperiali@imperiali.com
Il marketing diretto (DM) è attraversato da
un brivido. Gira una voce: migliaia di posti di lavoro sarebbero
a rischio; molte aziende potrebbero chiudere. Accadrà? È presto
per dirlo, ma la paura è diffusa e reale. E in un
momento di stagnazione, non possiamo fare finta di niente.
Il Direct Marketing
Il motto dell'impresa del 2000 è “hit the target”,
cioè “centra” la tua fascia di clientela.
La più classica di queste azioni è l'invio
di materiale pubblicitario via posta. La "materia prima" del
DM sono le liste di nominativi. Quanto più sono aggiornate
e strutturate in fasce, categorie e profili, tanto più valgono
economicamente. Quali sono le fonti dei list broker? Bisogna
distinguere fra passato e presente. In passato, non c'erano
regole, e quindi i più spregiudicati raccoglievano
informazioni ovunque. Le aziende corrette, la maggioranza,
si servivano di fonti pubbliche: anagrafe, camere di commercio,
albi, e soprattutto, di due grandi serbatoi: le liste elettorali
e l'elenco telefonico in quanto strumenti sempre aggiornati.
L'erompere della privacy
Nel 1997, il varo della normativa a protezione dei dati personali
ha cambiato lo scenario. Il Garante ha chiarito che i dati
di pubblico dominio non sono pubblici; lo sono quelli soggetti
a un regime di pubblicità legale, ma occorre rispettare
lo scopo e i limiti della loro pubblicazione. Dal 1° gennaio
2004, la legge sulla privacy (la famosa "675") è confluita
con le altre discipline a essa collegate in un Testo Unico:
il codice privacy. Con il codice privacy, è stata
la volta delle liste elettorali: possono essere usate senza
il consenso degli elettori per comunicazione istituzionale
e sociale, ma non per DM. Infine, il Garante, con il provvedimento
del 15/7/2004, è intervenuto per regolamentare l'uso
dei dati degli abbonati agli elenchi telefonici.
Il bilanciamento di interessi
Secondo la direttiva 95/46/CE, il trattamento di dati personali è consentito,
fra l'altro, quando è necessario per il perseguimento
dell'interesse legittimo di un'azienda, a condizione che
non prevalgano le ragioni della persona cui i dati si riferiscono.
Con la "675" il nostro Paese non si era accorto
di quest’indicazione. Nel 2001, con una modifica, fu
introdotto l'istituto noto come "bilanciamento di interessi".
Il codice privacy lo ha confermato, prescrivendo che il Garante
può esonerare determinate categorie di titolari dalla
richiesta del consenso quando, operando un bilanciamento,
scelga di venire incontro all'interesse economico di chi
tratta quei dati poiché ciò non comporta gravi
rischi di lesione della privacy degli interessati.
1) Esonero dal consenso per i dati di persone giuridiche
Da un lato c'è il legittimo interesse economico alla
sopravvivenza del DM, condiviso da tutti gli attori che si
avvalgono di questi servizi. Dall'altro c'è il diritto
degli enti alla protezione dei propri dati "personali" (denominazione
sociale, sede legale, sedi operative, eccetera). La presenza
di questa esigenza economica diffusa, in aggiunta alla tutela
rafforzata introdotta dall'Italia, potrebbero costituire
le basi giuridiche per l'intervento del Garante. In primo
luogo, l'auspicato bilanciamento potrebbe stabilire che le
campagne DM verso le persone giuridiche non necessitano del
loro consenso. Tanto più che in caso di ricezione
di materiale promozionale, chiunque già oggi ha diritto
di opporsi senza necessità di indicarne i motivi.
2) Esonero dal consenso per i dati di professionisti tratti
da elenchi pubblici
Circa gli elenchi pubblici, occorre una premessa. L'elenco
pubblico è un documento tenuto dallo Stato o da una
P.A.. Può avere diversi nomi (elenco, albo, lista,
registro), ma è sempre fondato su un accertamento
e serve a creare certezza giuridica. C'è uno spartiacque
fra elenchi pubblici, da un lato A) gli elenchi relativi
a beni (come le cose di interesse paesistico, artistico,
storico), dall'altro B) gli elenchi relativi a persone. Qui,
prendiamo in considerazione i secondi (B). Anzitutto, sono
elenchi di persone gli albi professionali: giornalisti, avvocati
e procuratori, ingegneri e architetti, medici chirurghi,
dottori commercialisti, chimici, biologi, eccetera. Inoltre,
il nostro ordinamento prevede molte forme di pubblicità legale
di atti, fatti, rapporti che comportano la diffusione di
dati personali. Il Codice Civile prevede un ulteriore importante
registro comprendente sia enti giuridici che individui: il
registro delle imprese. Leggi speciali prevedono elenchi
pubblici "di settore", come il registro degli esercenti
il commercio (REC), il ruolo degli agenti di cambio, l'albo
nazionale degli agenti di assicurazione, l'albo delle aziende
di credito, l'albo degli agenti di commercio, quello dei
mediatori di assicurazione e altri ancora. A grandi linee,
i dati riferiti a individui presenti in elenchi pubblici
possono essere divisi in due gruppi : 1) dati pubblici in
virtù dell'attività imprenditoriale o professionale
svolta dagli interessati, ovvero connessa ad attività economiche
a essi riferibili; 2) dati pubblici per ragioni inerenti
la particolare condizione soggettiva degli interessati (interdetti,
inabilitati, adottati, eccetera). A nostro avviso, per la
categoria 2), un adeguato sistema di tutela dei diritti non
consente un bilanciamento di interessi tra i diritti degli
interessati e le aspettative d'uso delle informazioni in
essa contenute per finalità commerciale o di Direct
Marketing. Il Garante potrebbe bilanciare gli interessi in
campo disciplinando in modo granulare fattispecie diverse
ma tutte riconducibili al gruppo 1.
Contenuto del possibile bilanciamento di interessi
L'UE si è già pronunciata a favore del riutilizzo
delle informazioni del settore pubblico con una direttiva
non ancora attuata in Italia (la 2003/98/CE). È vero
che questa direttiva fa salva la normativa UE a protezione
dei dati personali. Tuttavia, in un bilanciamento di interessi,
il diritto a un corretto trattamento di dati di un operatore
economico (persona o ente) potrebbe essere subordinato dal
Garante all'interesse vitale che gli operatori stessi nutrono
alla circolazione e al riutilizzo delle informazioni "pubbliche".
Nel rispetto di un interesse di valenza collettiva come la
sopravvivenza del DM, il Garante potrebbe consentire - a
determinate condizioni - l'esonero dal consenso per l'uso
a fini di DM anche di dati pubblici che individuano professionisti.
Vale a dire: il mondo del DM potrebbe ottenere un esonero
dal consenso, oltre che per le persone giuridiche, anche
per le persone fisiche i cui dati vengono pubblicamente diffusi
in virtù dell'attività economica svolta.
3) Esonero dal consenso per dati di persone fisiche tratti
da elenchi pubblici
Per i dati di quelle persone fisiche che non sono professionisti,
il Garante potrebbe porre a carico del gestore dell'elenco
pubblico l'onere di riportare nel medesimo elenco, con apposita
simbologia, la scelta dell'interessato di opporsi alla ricezione
di proposte commerciali tout court, oppure solo di quelle
non attinenti all'attività professionale svolta. Un
punto di riferimento potrebbe essere, oltre all'esperienza
in corso sugli elenchi abbonati, la direttiva 2000/31/CE
sul commercio elettronico che suggerisce l'istituzione di
Robinson List con i nomi delle persone fisiche che non desiderano
ricevere comunicazioni commerciali. Ciò detto, rimarrebbe
un limite invalicabile. I dati di persone inseriti in elenchi
pubblici ma riferiti ad aspetti di una condizione individuale
(come l'interdizione, l'inabilitazione, l'adozione) non devono
mai essere usati a fini commerciali. Proprio in casi come
questi, il fine di pubblicazione è del tutto incompatibile
con scopi promozionali. La pubblicazione costituisce un compromesso,
figlio di una necessità collettiva. La gestione di
questo regime di pubblicità legale merita di essere
improntata a intransigenza.
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