DIRITTO AL LAVORO PER I DIVERSAMENTE ABILI
SULLA BUONA STRADA PER UN PERCORSO GIUSTO
Una serie di ritardi nell’applicazione della normativa mina la
funzionalità del collocamento mirato
a cura della Redazione Costozero
La presentazione dei risultati dell’indagine sulla collocabilità dei
diversamente abili in provincia di Salerno, realizzata dal Centro Studi
Salus Et Labor Onlus e finanziata dalla Fondazione Salernitana Sichelgaita, è stata
l’occasione per approfondire con autorevoli esperti le problematiche
relative alla legge 68/99 sul collocamento mirato.
Corrado
Gabriele
Assessore all’Istruzione e Lavoro
Regione Campania
La legge sul collocamento mirato dei diversamente
abili è un passo
in avanti nel favorire l'occupazione di persone svantaggiate?
La legge 68/99 recante "Norme per il diritto al lavoro dei disabili" in
concomitanza con il trasferimento agli Enti territoriali - Regione e
Provincia - di funzioni e compiti in materia del mercato del lavoro,
aveva e ha il compito di riorganizzare il settore e, nel contempo, rappresenta
una profonda innovazione nel campo dell'integrazione lavorativa dei disabili,
introducendo una disciplina ispirata al concetto del "collocamento
mirato", teso a indirizzare il disabile verso un'occupazione rapportata
alla sua concreta capacità lavorativa. L'intento, per quanto nobile
lo si voglia considerare, ha impattato con la nostra farraginosa burocrazia
amministrativa, svilendosi quando alla semplice enunciazione di principi
si è passati all'applicazione pratica; senza tacere poi che probabilmente è lo
stesso strumento della graduatoria unica a essere inadeguato rispetto
al vasto panorama delle patologie riscontrabili; probabilmente è il
criterio guida dell'anzianità di iscrizione 333/00 a essere privo
di significato. Credo che non sia questione di validità della
riforma o opportunità ad attivarla. In modo diversamente caratterizzato
nelle cinque province campane, le difficoltà relative al complesso
start up della normativa, e senza alcuna pretesa di esaustività,
si preparano a una grande dismissione, su cui possono focalizzarsi due
direttive principe: formazione delle graduatorie e griglia dei punteggi
funzionamento delle Commissioni Mediche.
Lei sostiene che permangono delle questioni aperte rispetto alla legge
68/99. In che misura?
Una serie di ritardi nell'applicazione della normativa da parte delle
Commissioni mediche sta minando fortemente la funzionalità della
legge 68/99, così come la carenza dello strumento regionale di
applicazione dei punteggi rende di fatto impossibile approntare la graduatoria
unica: il problema - a quanto ci è dato di sapere - è nazionale.
Altra questione è quella delle Commissioni mediche. Il C.T. dovrebbe
infatti operare di concerto con le Commissioni mediche delle Asl che
hanno l'ovvio compito di accertare le condizioni di disabilità secondo
i criteri di cui al Dpcm del 13/01/2000: profilo socio lavorativo; posizione
del disabile nel suo ambiente; situazione familiare; scolarità;
lavoro. Enorme rilievo assume quindi la diagnosi funzionale della persona
disabile da condurre secondo la scheda allegata al Dpcm e tesa alla descrizione
analitica della compromissione funzionale dello stato psicofisico e sensoriale
del disabile. Una relazione conclusiva dovrebbe fornire alla Commissione
suggerimenti in ordine a eventuali forme di sostegno e strumenti tecnici
per l'inserimento lavorativo del disabile. Pare ovvio che, in virtù delle
nuove disposizioni e al fine di rendere omogenea la graduatoria unica,
le Commissioni mediche dovrebbero, in ossequio alla vecchia normativa,
convocare a visita tutti i disabili iscritti alle liste, per l'accertamento
delle residue capacità lavorative: un lavoro immane, svolto in
questi 3 anni, se si considera che da polverosi archivi, quasi tutti
cartacei, è sbucato fuori che gli iscritti a Napoli e provincia
al 31/12/98 erano circa 18.200! Attualmente la formazione delle graduatorie
ha portato alla luce un numero preoccupante: sono circa 72.000 gli iscritti
al collocamento mirato divisi tra disabili e categorie protette. I colloqui
già avviati presso i centri per l'impiego di Napoli e provincia
stanno attuando quel monitoraggio che ancora oggi mancava. Ciò vuol
dire che tutti gli iscritti al collocamento Obbligatorio saranno convocati,
tra gennaio e luglio, presso il Centro per l'impiego più vicino
al luogo di residenza, per far sì che per la prima volta gli utenti
e gli operatori dei Centri si incontrino avviando un rapporto durevole
nel tempo.
Le imprese oggi sono più propense ad assumere una persona con
una abilità "diversa"?
Purtroppo il mondo dell'imprenditoria sembra ancora lontano da una percezione
globale della risorsa lavoro; troppo spesso i limiti imposti dalla flessibilità non
consentono una apertura sulle possibilità reali di economizzare,
utilizzando quanti conservano capacità lavorative residue di enorme
utilità, con un ritorno notevole proprio in virtù dello
sgravio fiscale disposto dalla 68/99. É dunque un problema di
sensibilizzazione ma anche di controllo da parte delle istituzioni per
impedire il proliferare di circoli viziosi a danno dell'utenza svantaggiata
e di amministrazioni e strutture pubbliche. È una battaglia di
civiltà che può essere vinta solo attivando una risposta
dal basso, attraverso la congiunzione del mondo politico e la rivendicazione
sociale delle associazioni per allargare il confronto e poter leggere
il conflitto sociale che abbiamo alle spalle con gli occhi di tutto il
mondo del disagio
di Raffaella Venerando
Massimo
Carriello
Assessore Politiche del Lavoro, Centri per l'Impiego,
Informagiovani
Provincia di Salerno
In che modo si sostanzia l'impegno della Provincia di Salerno per le
politiche di inserimento lavorativo dei disabili?
La Provincia di Salerno ha provveduto a ricercare soluzioni semplificate
e uniformi per l'analisi del posto di lavoro (art. 2 L.68/99) attraverso
le attività del Comitato Tecnico Provinciale (composto da esperti
intersettoriali, settore sociale e medico-legale), così come
previsto dalla normativa vigente, e attraverso un rapporto continuo
di comunicazione con le Aziende, per il superamento dei limiti per
gli utenti derivanti dall'applicazione della normativa stessa e la
definizione di un percorso semplificato per normare i ricorsi avversi
ai giudizi specifici di idoneità e non idoneità rilasciati
ai diversamente abili dal medico competente. La misura di politica
attiva del lavoro elaborata dalla Commissione Provinciale per l'Impiego
ha incentivato le imprese soggette agli obblighi della l. 68 a rivolgere
la loro attenzione, ai fini delle assunzioni obbligatorie, alle fasce
di categorie di disabilità di più difficile collocazione,
che la risoluzione della Commissione individua nei disabili sensoriali,
in quelli psichici e intellettivi e, in generale, nei disabili con
alto grado di invalidità, i quali, fino a oggi, sono stati i
meno favoriti o, per alcune categorie, totalmente esclusi dai percorsi
di inserimento lavorativo.
É possibile monitorare l'efficacia degli
interventi a sostegno dell'inserimento lavorativo dei diversamente
abili?
Due sono in particolare gli aspetti innovativi e significativi della
misura adottata, ai cui principi e condizioni dovranno uniformarsi
le aziende della provincia soggette agli obblighi e che intendono avvalersi
dello strumento convenzionale: il primo riguarda i programmi delle
assunzioni da effettuare, la cui durata prevede una rilevante dilatazione
dei tempi, anche in ragione della complessità dei percorsi di
inserimento da realizzare, qualora le assunzioni abbiano come destinatari
i soggetti disabili appartenenti alle fasce di categorie definite di
difficile collocazione; il secondo aspetto è quello relativo
alla valorizzazione dei comportamenti virtuosi delle aziende che attuano
tali percorsi di inserimento e che si concretizzerà nel conferimento
dell'attestato di "Azienda Socialmente Responsabile", reso
pubblico e riconoscibile attraverso l'adozione di un logo di cui l'azienda
potrà fregiarsi. Ritengo fondamentale che il monitoraggio delle
aziende passi attraverso la concertazione e il rapporto continuo che
lo strumento di flessibilità e mezzo di agevolazione fiscale,
quale la Convenzione, mette alla base della propria attività.
Mi rendo conto che potrebbe anche non bastare e a tal fine ricordo
che la normativa prevede un tassativo controllo delle aziende negli
ambiti di partecipazione a bandi di gara attraverso la certificazione
di ottemperanza e l'inasprimento del sistema sanzionatorio che prevede
una distinzione tra imprese private ed Enti pubblici economici da un
lato (pene pecuniarie) e pubbliche amministrazioni dall'altro (applicazione
delle sanzioni penali, amministrative e disciplinari previste dalle
norme sul pubblico impiego).
Pubblico o privato. A chi la maglia nera della mancata promozione di
buone pratiche per l'integrazione dei diversamente abili?
Purtroppo c'è una generale mancanza di rispetto della normativa.
Bisogna ammettere che sia il pubblico che il privato sono in ritardo
nella integrazione. Uno dei pochi enti pubblici che sta rispettando
la normativa è la Provincia di Salerno, che ha di fatto superato
la soglia del 10% di inserimento dei diversamente abili. Però c'è da
ammettere che da circa un anno, da quando abbiamo avviato le campagne
di sensibilizzazione sul collocamento mirato e con gli atti deliberati
dalla Commissione Provinciale per l'Impiego, abbiamo iniziato a ricevere
timidi, ma positivi, segnali dalle aziende private. Ovviamente questo
ci conforta da un lato, perché quando le aziende private vengono
sollecitate e informate sulla normativa riconoscono la possibilità di
ragionare sui percorsi di inserimento mirato, ma dall'altro ci fa capire
che c'è ancora molto da lavorare. Proprio per questo da settembre
ripartiremo con le campagne di sensibilizzazione sul collocamento mirato,
questa volta destinate maggiormente alle aziende pubbliche.
di Vito Salerno
Francesco
Siano
Responsabile
Ufficio Provinciale Servizi
per l'Impiego
Salerno
Cosa sono gli Uffici Provinciali Servizi per l'Impiego e quali i loro
compiti?
A seguito del decentramento delle funzioni in materia di mercato del
lavoro dallo Stato agli Enti locali, in attuazione del D.Lgs. 469/97,
sono stati demandati alle Province i compiti connessi alla organizzazione
e gestione dei servizi per l'impiego. Ogni Provincia ha dovuto dotarsi
di strutture operative sul proprio territorio attraverso le quali fornire
ai cittadini e alle imprese i previsti servizi nell'ambito del mercato
del lavoro. L'Ufficio Provinciale dei Servizi per l'Impiego è pertanto
la struttura di livello provinciale che, per la Provincia di Salerno,
oltre a erogare direttamente alcuni specifici servizi, e in particolare
quelli previsti dalla normativa in materia di collocamento dei soggetti
disabili (L. 68/99), svolge attività di supporto al Servizio
Politiche del Lavoro della Provincia per realizzare interventi e iniziative
di politica attiva del lavoro e per assicurare il coordinamento della
attività nei Centri per l'impiego del territorio provinciale.
Qual è l'impegno nel campo del collocamento
mirato dei diversamente abili?
La L. 68/99 che disciplina il diritto al lavoro delle persone disabili
e che ha riformato il cosiddetto collocamento obbligatorio della vecchia
L. 482/1968, prevede l'attuazione, da parte della struttura provinciale,
di un'ampia gamma di attività, con compiti e servizi da svolgere
sia a favore dei lavoratori disabili - dalla iscrizione nell'elenco
provinciale alla loro collocazione lavorativa - sia a favore delle
imprese tenute all'osservanza dell'obbligo. La nuova disciplina è incentrata
sul concetto di collocamento mirato, concetto per certi versi rivoluzionario
in quanto ha innovato radicalmente il sistema del collocamento delle
persone disabili, trasformando un inserimento lavorativo, da mera collocazione,
in un contesto di lavoro, di una persona portatrice di disabilità,
in un intervento capace di inserire tale persona nel posto adatto,
o comunque adeguato alle sue condizioni di disabilità e alle
sue capacità lavorative. In altre parole, attraverso il collocamento
mirato, è possibile razionalmente affermare il principio che
a nessun lavoratore disabile, con capacità lavorative più o
meno limitate, è preclusa la possibilità di un inserimento
lavorativo adeguato e, come corollario di questa affermazione, che
ogni posto di lavoro - tranne pochissime eccezioni - può essere
adatto o reso adeguato a una persona con disabilità. E l'impegno
nel campo del collocamento mirato prevede proprio l'attivazione di
tutti gli istituti e strumenti che la legge mette a disposizione per
realizzarlo: dalla Convenzione ex art. 11 alla definizione, attraverso
l'apposito organismo (il Comitato Tecnico), delle azioni e forme di
sostegno a favore della persona, nonché delle soluzioni da adottare
nei confronti dei problemi posti dall'ambiente di lavoro.
Quali sono i criteri per la stipula delle Convenzioni previste dalla
legge 68 del 1999?
La Convenzione è lo strumento attraverso cui si realizza il
collocamento mirato ed è pertanto il documento che rende espliciti
i percorsi di inserimento definiti con le imprese e che fissa il programma
delle assunzioni obbligatorie che l'azienda si impegna a rispettare.
I criteri base per la stipula delle Convenzioni sono contenuti nelle
Linee di indirizzo, nazionale (Accordo 23/02/01) e regionale (Deliberazione
GRC n. 15 del 28/03/02). Di recente, nell'ambito delle linee di indirizzo
predette, la Commissione Provinciale per l'Impiego della Provincia
di Salerno, con Deliberazione adottata nella seduta del 26/4/2005,
ha introdotto criteri e condizioni specifiche finalizzati a favorire
l'inserimento lavorativo di fasce e categorie di disabilità di
più difficile collocazione quali disabili sensoriali, psichici
e intellettivi e, in generale, i disabili con alto grado di invalidità:
in tali casi, attesa la complessità dei percorsi da realizzare,
sono previsti, per le aziende che aderiscono, programmi di assunzioni
con tempi di attuazione di durata molto più ampia.
di Monica de Carluccio
Domenico
Della Porta
Direttore Scientifico
Centro Studi Salus et Labor Onlus
Quale l’obiettivo della ricerca realizzata?
Il diversamente abile è da considerarsi, secondo la normativa
vigente, una risorsa e un'opportunità per l'azienda in cui
viene collocato; non è più un peso di cui le stesse
imprese sono costrette a onerarsi per disposizione di legge. Ecco
il motivo che ha stimolato l'attivazione di una ricerca finalizzata
alla definizione di un percorso condiviso per la gestione dei processi
di valutazione delle abilità ancora presenti nel diversamente
abile. Si è tentato principalmente di chiarire come analizzare
il posto di lavoro cui destinare il diversamente abile portatore
di un handicap fisico, psicologico o sensoriale, evitando difficoltà di
inserimento lavorativo finora piuttosto persistenti. Dall'indagine
condotta in provincia di Salerno, che ha interessato cinquecento
lavoratori diversamente abili già inseriti nel privato e nella
P.A., nonché 80 aziende e pubblici uffici, è emerso
che l'analisi del posto di lavoro non viene fatta o viene fatta in
modo alquanto superficiale. Addirittura durante questa importantissima
operazione analitica e di studio viene omessa l'informazione sulla
mansione specifica, elemento fondamentale per l'avviamento al lavoro
del diversamente abile. E ancora, solo 1 azienda su 3, tra quelle
partecipanti all'indagine ha richiesto specificamente allo specialista
che è tenuto a fare l'analisi del posto di lavoro (vale a
dire il medico competente), di procedere in questo senso e solo 1
azienda su 5, ha trasmesso all'atto della visita di assegnazione
del diversamente abile (visita medica preventiva), il modello organizzativo
aziendale. Solo 1 azienda su 5 attiva la procedura del collocamento
mirato di propria iniziativa: tutte le altre vengono solitamente "sensibilizzate" dalle
visite ispettive dei funzionari della Direzione Provinciale del
Lavoro.
Come si conduce un’analisi del posto di
lavoro?
Nella pubblicazione che è stata redatta alla fine dell'indagine
a cura dell'Amministrazione Provinciale di Salerno, è stato
indicato il percorso da seguire per effettuare l'analisi del posto
di lavoro. In medicina occupazionale questa operazione comprende:
1) l'esame delle congruità occupazionali, ovvero l'analisi
delle condizioni di lavoro di tipo prevalentemente fisico: che cosa
fa il prestatore d'opera e come lo fa, se nel processo di anali del
posto di lavoro di un diversamente abile sono tenute presenti le
eventuali difficoltà (di tipo fisico, psichico, sensoriali
o miste) che creano disagio o impedimento allo svolgimento della
mansione assegnata; 2) l'esame dell'ambiente di lavoro. Occorre studiare
se sussistono condizioni di pericolosità e/o di faticosità del
diversamente abile, per le quali la normativa vigente (legge 68/99)
prevede l'esenzione del collocamento mirato per l'azienda individuata.
Attraverso la lettura del documento della sicurezza si comprende
se in quel determinato ciclo produttivo sono presenti rischi per
la sicurezza (previsti dal DPR 547/55), tali da richiedere oltre
a una adeguata formazione, anche una elevata abilità nella
gestione degli stessi. Sempre dal documento della sicurezza si ottengono
informazioni circa il rispetto di posture congrue nell'esecuzione
delle attività lavorative, tali da non favorire l'insorgenza
della fatica o di situazioni di facile stancabilità, escludendo
la condizione cosiddetta di faticosità; 3) l'esame dell'organizzazione
del lavoro. Sono analizzati i turni di lavoro e la possibilità di
ricorrere a turni flessibili, contestualmente si verifica se, alla
base di una situazione di benessere organizzativo, sono presenti
i seguenti elementi: chiarezza degli obiettivi organizzativi e coerenza
tra enunciati e pratiche; riconoscimento e valorizzazione delle competenze;
comunicazione intraorganizzativa circolare; circolazione delle informazioni;
prevenzione degli infortuni e dei rischi professionali; clima relazionale
franco e collaborativo; giustizia organizzativa; apertura dell'innovazione;
stress; conflittualità. L'analisi del posto di lavoro è un'operazione
condotta dal medico competente. Anche i Comitati Tecnici Provinciali
delle Province hanno tra i propri compiti quello di valutare l'analisi
del posto di lavoro elaborato dalle aziende sulla base delle diagnosi
funzionali dei diversamente abili.
di Gaia Sigismondi
Pietrantonio
Ricci
Presidente
Istituto Italiano
Medicina Sociale Roma
Quali sono i principi ispiratori
e gli obiettivi dei nuovi criteri di definizione della capacità lavorative
e di inserimento sociale del diversamente abile?
Su questo punto in Italia si è pervenuti a una produzione
normativa fra le più avanzate nel mondo. La nostra Costituzione
del 1948 ha fissato alcuni fondamentali principi che, attraverso
successive interpretazioni, hanno favorito una felice evoluzione
di norme sempre più adeguate e puntuali per una effettiva
inclusione dei disabili nella società e nel mondo del lavoro.
Mi riferisco in particolare agli articoli 2 e 3 in cui si riconoscono
a tutti i cittadini pari opportunità, rendendoli titolari
di diritti allo stesso modo. Il passaggio dall'enunciazione dei principi
alla loro piena attuazione non è stato immediato e va segnalata
l'azione interpretativa della Corte Costituzionale. In questo contesto
mi piace ricordare la legge 118 del 1971 perché diede un impulso
fondamentale alla lotta contro l'esclusione sociale; essa, infatti,
prevede l'inserimento degli alunni portatori di handicap nelle classi
comuni. Sulla fondamentale questione del diritto allo studio c'è poi
la sentenza della Corte Costituzionale n. 215 del 1987, decisiva
perché, partendo dalla reinterpretazione dell'articolo 34,
emergono alcuni punti decisivi che spiegano che non esiste più un
handicap che non sia reversibile; cioè mentre prima vigeva
la convinzione che il deficit fosse irreversibile e quindi il problema
veniva affrontato solo in termini assistenzialistici, l'eliminazione
di questo concetto spinge a superare l'assistenza, per cercare di
fare tutto ciò che è utile ai fini del recupero, per
raggiungere obiettivi e livelli più alti. L'inserimento e
l'integrazione sono prioritari per il recupero; il soggetto handicappato
quindi può ottenere dei benefici proprio dall'inserimento
stesso, perché i modelli cui si rifà all'interno di
una classe creano la motivazione per superare i suoi stessi limiti.
L'inserimento e l'integrazione precedono quindi, o per lo meno favoriscono,
il recupero. Questa sentenza è stata importante per la formulazione
della avanzatissima legge quadro n.104/1992 per l'assistenza, l'integrazione
sociale e i diritti delle persone handicappate. Con essa i disabili
vengono considerati soggetti di diritti a tutti gli effetti. Ho voluto
insistere su questo punto non solo perché la scuola è il
primo passaggio essenziale per pensare successivamente all'inserimento
nel mondo del lavoro, ma anche perché nella sentenza che ho
citato sono esplicitati i concetti decisivi che hanno permesso più in
generale l'ulteriore sviluppo della politica per l'inclusione anche
fuori dal mondo della scuola. In questo contesto vanno inquadrati
i criteri di definizione delle capacità lavorative dei diversamente
abili. Su questo punto si deve tener presente il D.P.M. del 2000
per l'indirizzo e il coordinamento in materia di collocamento obbligatorio
dei disabili. Esso definisce i criteri di accertamento delle condizioni
di disabilità che danno diritto ad accedere al sistema
lavorativo (articolo 3), il profilo socio-lavorativo della persona
disabile (articolo 4), la diagnosi della persona disabile (articolo
5).
Quanto conta la condizione psicologica del diversamente abile nel
percorso di integrazione lavorativa ma anche sociale?
Il problema non può trovare una risposta prendendo in considerazione
la condizione del portatore di handicap in sé e per sé.
La dinamica psicologica può essere compresa soltanto nella
dialettica io-tu, diversamente ogni argomentazione sarebbe vacua
astrazione. Questo significa che è indispensabile coinvolgere
la società nel suo complesso. Le norme sopravanzano spesso
il grado di maturità dei cittadini. É quello che avviene
in questo caso: nella scuola, nel mondo del lavoro, nei rapporti
sociali in generale, molte persone sono "handicappate" nel
senso che non sanno come comportarsi con i diversamente abili. Bisogna
promuovere una migliore cultura per evitare il disagio psicologico
che certamente non aiuta alla piena integrazione del disabile nel
lavoro e, in generale, nella società.
di
Monica de Carluccio
Antonio
Moccaldo
Presidente
ISPESL
Presidente, quali sono gli impegni dell'Istituto, in relazione all'indirizzo,
la formazione e il controllo dell'intero iter del collocamento del
lavoratore diversamente abile?
La legge 68/99 rappresenta una svolta della precedente filosofia
politica. Pur rimanendo l'obbligatorietà dell'assunzione da
parte di aziende pubbliche e private al di sopra di una certa dimensione,
prevista dalla precedente 483 del 1968, imposta il collocamento dotandolo
di una serie di strumenti umani e tecnici e di un percorso formativo
e di sostegno. La sfida di cui l'Istituto Superiore per la Prevenzione
e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL) intende farsi carico è costituita
dal fecondo e nuovo rapporto che viene a crearsi tra Ergonomia e
Design. L'Ispesl ha finanziato e cofinanziato in collaborazione con
Istituti nazionali e internazionali di riconosciuto valore scientifico,
diversi progetti di ricerca per la valutazione e la gestione di condizioni
di disabilità ai fini dell'inserimento o reinserimento lavorativo.
Il progetto "Disability Management", ad esempio, si propone
di produrre gli strumenti per garantire il più rapido e soddisfacente
ritorno al lavoro dei lavoratori colpiti da disabilità mediante
interventi su aspetti organizzativi, funzioni, procedure, competenze
professionali, strumenti e ambienti di lavoro presenti nella grande
industria o nelle PMI. Anche lo studio su "La prevenzione degli
incidenti domestici e sul lavoro in una popolazione di individui
affetti da Sclerosi Multipla (SM)" che utilizza scale di valutazione
e test per le singole funzioni cognitive, ha come obiettivo l'identificazione
dei livelli quantitativi e qualitativi della compressione neuromotoria
e neurocognitiva nei pazienti affetti da sclerosi multipla. Il progetto
sullo "Sviluppo di metodologie strumentali per la valutazione
delle capacità funzionali e delle limitazioni in soggetti
affetti da malattie neurovegetative in relazione ad attività lavorative",
stabilisce inoltre importanti protocolli e modelli biomeccanici per
la diagnosi precoce e la valutazione dei requisiti organizzativi
delle attività lavorative in soggetti con disabilità derivanti
da malattie neurovegetative. Di recente, infine, ha preso avvio un
Progetto finalizzato e cofinanziato dall'Ispesl e dal Ministero della
Salute sulla "Influenza dell'attività motoria e lavorativa
nella manifestazione e progressione di patologie muscolari subcliniche
su base genetica" che analizza il ruolo dell'attività muscolare
e lavorativa nella evidenziazione e progressione del danno muscolare
in pazienti con svantaggio genico. Attraverso lo sviluppo delle nostre
attività di ricerca contiamo di riuscire a fornire supporto
alle aziende e agli altri enti preposti per la realizzazione di interventi
a sostegno del collocamento "mirato". In questo senso è allo
studio una collaborazione con la Fondazione Don Carlo Gnocchi
per fornire in questo settore consulenza alle imprese del centro-sud
in una apposita struttura in fase di realizzazione nell'area
romana.
di Gaia Sigismondi
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