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  Dicembre 2012

Articoli n° 7
AGOSTO/settembre 2005
 


Inserto

Collocamento mirato
un percorso "giusto" per un posto "aggiustato"

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DIRITTO AL LAVORO PER I DIVERSAMENTE ABILI
SULLA BUONA STRADA PER UN PERCORSO GIUSTO

Una serie di ritardi nell’applicazione della normativa mina la funzionalità del collocamento mirato

a cura della Redazione Costozero


La presentazione dei risultati dell’indagine sulla collocabilità dei diversamente abili in provincia di Salerno, realizzata dal Centro Studi Salus Et Labor Onlus e finanziata dalla Fondazione Salernitana Sichelgaita, è stata l’occasione per approfondire con autorevoli esperti le problematiche relative alla legge 68/99 sul collocamento mirato.


Corrado Gabriele
Assessore all’Istruzione e Lavoro Regione Campania


La legge sul collocamento mirato dei diversamente abili è un passo in avanti nel favorire l'occupazione di persone svantaggiate?
La legge 68/99 recante "Norme per il diritto al lavoro dei disabili" in concomitanza con il trasferimento agli Enti territoriali - Regione e Provincia - di funzioni e compiti in materia del mercato del lavoro, aveva e ha il compito di riorganizzare il settore e, nel contempo, rappresenta una profonda innovazione nel campo dell'integrazione lavorativa dei disabili, introducendo una disciplina ispirata al concetto del "collocamento mirato", teso a indirizzare il disabile verso un'occupazione rapportata alla sua concreta capacità lavorativa. L'intento, per quanto nobile lo si voglia considerare, ha impattato con la nostra farraginosa burocrazia amministrativa, svilendosi quando alla semplice enunciazione di principi si è passati all'applicazione pratica; senza tacere poi che probabilmente è lo stesso strumento della graduatoria unica a essere inadeguato rispetto al vasto panorama delle patologie riscontrabili; probabilmente è il criterio guida dell'anzianità di iscrizione 333/00 a essere privo di significato. Credo che non sia questione di validità della riforma o opportunità ad attivarla. In modo diversamente caratterizzato nelle cinque province campane, le difficoltà relative al complesso start up della normativa, e senza alcuna pretesa di esaustività, si preparano a una grande dismissione, su cui possono focalizzarsi due direttive principe: formazione delle graduatorie e griglia dei punteggi funzionamento delle Commissioni Mediche.

Lei sostiene che permangono delle questioni aperte rispetto alla legge 68/99. In che misura?
Una serie di ritardi nell'applicazione della normativa da parte delle Commissioni mediche sta minando fortemente la funzionalità della legge 68/99, così come la carenza dello strumento regionale di applicazione dei punteggi rende di fatto impossibile approntare la graduatoria unica: il problema - a quanto ci è dato di sapere - è nazionale. Altra questione è quella delle Commissioni mediche. Il C.T. dovrebbe infatti operare di concerto con le Commissioni mediche delle Asl che hanno l'ovvio compito di accertare le condizioni di disabilità secondo i criteri di cui al Dpcm del 13/01/2000: profilo socio lavorativo; posizione del disabile nel suo ambiente; situazione familiare; scolarità; lavoro. Enorme rilievo assume quindi la diagnosi funzionale della persona disabile da condurre secondo la scheda allegata al Dpcm e tesa alla descrizione analitica della compromissione funzionale dello stato psicofisico e sensoriale del disabile. Una relazione conclusiva dovrebbe fornire alla Commissione suggerimenti in ordine a eventuali forme di sostegno e strumenti tecnici per l'inserimento lavorativo del disabile. Pare ovvio che, in virtù delle nuove disposizioni e al fine di rendere omogenea la graduatoria unica, le Commissioni mediche dovrebbero, in ossequio alla vecchia normativa, convocare a visita tutti i disabili iscritti alle liste, per l'accertamento delle residue capacità lavorative: un lavoro immane, svolto in questi 3 anni, se si considera che da polverosi archivi, quasi tutti cartacei, è sbucato fuori che gli iscritti a Napoli e provincia al 31/12/98 erano circa 18.200! Attualmente la formazione delle graduatorie ha portato alla luce un numero preoccupante: sono circa 72.000 gli iscritti al collocamento mirato divisi tra disabili e categorie protette. I colloqui già avviati presso i centri per l'impiego di Napoli e provincia stanno attuando quel monitoraggio che ancora oggi mancava. Ciò vuol dire che tutti gli iscritti al collocamento Obbligatorio saranno convocati, tra gennaio e luglio, presso il Centro per l'impiego più vicino al luogo di residenza, per far sì che per la prima volta gli utenti e gli operatori dei Centri si incontrino avviando un rapporto durevole nel tempo.

Le imprese oggi sono più propense ad assumere una persona con una abilità "diversa"?
Purtroppo il mondo dell'imprenditoria sembra ancora lontano da una percezione globale della risorsa lavoro; troppo spesso i limiti imposti dalla flessibilità non consentono una apertura sulle possibilità reali di economizzare, utilizzando quanti conservano capacità lavorative residue di enorme utilità, con un ritorno notevole proprio in virtù dello sgravio fiscale disposto dalla 68/99. É dunque un problema di sensibilizzazione ma anche di controllo da parte delle istituzioni per impedire il proliferare di circoli viziosi a danno dell'utenza svantaggiata e di amministrazioni e strutture pubbliche. È una battaglia di civiltà che può essere vinta solo attivando una risposta dal basso, attraverso la congiunzione del mondo politico e la rivendicazione sociale delle associazioni per allargare il confronto e poter leggere il conflitto sociale che abbiamo alle spalle con gli occhi di tutto il mondo del disagio
di Raffaella Venerando


Massimo Carriello
Assessore Politiche del Lavoro, Centri per l'Impiego,
Informagiovani Provincia di Salerno



In che modo si sostanzia l'impegno della Provincia di Salerno per le politiche di inserimento lavorativo dei disabili?
La Provincia di Salerno ha provveduto a ricercare soluzioni semplificate e uniformi per l'analisi del posto di lavoro (art. 2 L.68/99) attraverso le attività del Comitato Tecnico Provinciale (composto da esperti intersettoriali, settore sociale e medico-legale), così come previsto dalla normativa vigente, e attraverso un rapporto continuo di comunicazione con le Aziende, per il superamento dei limiti per gli utenti derivanti dall'applicazione della normativa stessa e la definizione di un percorso semplificato per normare i ricorsi avversi ai giudizi specifici di idoneità e non idoneità rilasciati ai diversamente abili dal medico competente. La misura di politica attiva del lavoro elaborata dalla Commissione Provinciale per l'Impiego ha incentivato le imprese soggette agli obblighi della l. 68 a rivolgere la loro attenzione, ai fini delle assunzioni obbligatorie, alle fasce di categorie di disabilità di più difficile collocazione, che la risoluzione della Commissione individua nei disabili sensoriali, in quelli psichici e intellettivi e, in generale, nei disabili con alto grado di invalidità, i quali, fino a oggi, sono stati i meno favoriti o, per alcune categorie, totalmente esclusi dai percorsi di inserimento lavorativo.

É possibile monitorare l'efficacia degli interventi a sostegno dell'inserimento lavorativo dei diversamente abili?
Due sono in particolare gli aspetti innovativi e significativi della misura adottata, ai cui principi e condizioni dovranno uniformarsi le aziende della provincia soggette agli obblighi e che intendono avvalersi dello strumento convenzionale: il primo riguarda i programmi delle assunzioni da effettuare, la cui durata prevede una rilevante dilatazione dei tempi, anche in ragione della complessità dei percorsi di inserimento da realizzare, qualora le assunzioni abbiano come destinatari i soggetti disabili appartenenti alle fasce di categorie definite di difficile collocazione; il secondo aspetto è quello relativo alla valorizzazione dei comportamenti virtuosi delle aziende che attuano tali percorsi di inserimento e che si concretizzerà nel conferimento dell'attestato di "Azienda Socialmente Responsabile", reso pubblico e riconoscibile attraverso l'adozione di un logo di cui l'azienda potrà fregiarsi. Ritengo fondamentale che il monitoraggio delle aziende passi attraverso la concertazione e il rapporto continuo che lo strumento di flessibilità e mezzo di agevolazione fiscale, quale la Convenzione, mette alla base della propria attività. Mi rendo conto che potrebbe anche non bastare e a tal fine ricordo che la normativa prevede un tassativo controllo delle aziende negli ambiti di partecipazione a bandi di gara attraverso la certificazione di ottemperanza e l'inasprimento del sistema sanzionatorio che prevede una distinzione tra imprese private ed Enti pubblici economici da un lato (pene pecuniarie) e pubbliche amministrazioni dall'altro (applicazione delle sanzioni penali, amministrative e disciplinari previste dalle norme sul pubblico impiego).

Pubblico o privato. A chi la maglia nera della mancata promozione di buone pratiche per l'integrazione dei diversamente abili?
Purtroppo c'è una generale mancanza di rispetto della normativa. Bisogna ammettere che sia il pubblico che il privato sono in ritardo nella integrazione. Uno dei pochi enti pubblici che sta rispettando la normativa è la Provincia di Salerno, che ha di fatto superato la soglia del 10% di inserimento dei diversamente abili. Però c'è da ammettere che da circa un anno, da quando abbiamo avviato le campagne di sensibilizzazione sul collocamento mirato e con gli atti deliberati dalla Commissione Provinciale per l'Impiego, abbiamo iniziato a ricevere timidi, ma positivi, segnali dalle aziende private. Ovviamente questo ci conforta da un lato, perché quando le aziende private vengono sollecitate e informate sulla normativa riconoscono la possibilità di ragionare sui percorsi di inserimento mirato, ma dall'altro ci fa capire che c'è ancora molto da lavorare. Proprio per questo da settembre ripartiremo con le campagne di sensibilizzazione sul collocamento mirato, questa volta destinate maggiormente alle aziende pubbliche.
di Vito Salerno


Francesco Siano
Responsabile Ufficio Provinciale Servizi per l'Impiego Salerno



Cosa sono gli Uffici Provinciali Servizi per l'Impiego e quali i loro compiti?
A seguito del decentramento delle funzioni in materia di mercato del lavoro dallo Stato agli Enti locali, in attuazione del D.Lgs. 469/97, sono stati demandati alle Province i compiti connessi alla organizzazione e gestione dei servizi per l'impiego. Ogni Provincia ha dovuto dotarsi di strutture operative sul proprio territorio attraverso le quali fornire ai cittadini e alle imprese i previsti servizi nell'ambito del mercato del lavoro. L'Ufficio Provinciale dei Servizi per l'Impiego è pertanto la struttura di livello provinciale che, per la Provincia di Salerno, oltre a erogare direttamente alcuni specifici servizi, e in particolare quelli previsti dalla normativa in materia di collocamento dei soggetti disabili (L. 68/99), svolge attività di supporto al Servizio Politiche del Lavoro della Provincia per realizzare interventi e iniziative di politica attiva del lavoro e per assicurare il coordinamento della attività nei Centri per l'impiego del territorio provinciale.

Qual è l'impegno nel campo del collocamento mirato dei diversamente abili?
La L. 68/99 che disciplina il diritto al lavoro delle persone disabili e che ha riformato il cosiddetto collocamento obbligatorio della vecchia L. 482/1968, prevede l'attuazione, da parte della struttura provinciale, di un'ampia gamma di attività, con compiti e servizi da svolgere sia a favore dei lavoratori disabili - dalla iscrizione nell'elenco provinciale alla loro collocazione lavorativa - sia a favore delle imprese tenute all'osservanza dell'obbligo. La nuova disciplina è incentrata sul concetto di collocamento mirato, concetto per certi versi rivoluzionario in quanto ha innovato radicalmente il sistema del collocamento delle persone disabili, trasformando un inserimento lavorativo, da mera collocazione, in un contesto di lavoro, di una persona portatrice di disabilità, in un intervento capace di inserire tale persona nel posto adatto, o comunque adeguato alle sue condizioni di disabilità e alle sue capacità lavorative. In altre parole, attraverso il collocamento mirato, è possibile razionalmente affermare il principio che a nessun lavoratore disabile, con capacità lavorative più o meno limitate, è preclusa la possibilità di un inserimento lavorativo adeguato e, come corollario di questa affermazione, che ogni posto di lavoro - tranne pochissime eccezioni - può essere adatto o reso adeguato a una persona con disabilità. E l'impegno nel campo del collocamento mirato prevede proprio l'attivazione di tutti gli istituti e strumenti che la legge mette a disposizione per realizzarlo: dalla Convenzione ex art. 11 alla definizione, attraverso l'apposito organismo (il Comitato Tecnico), delle azioni e forme di sostegno a favore della persona, nonché delle soluzioni da adottare nei confronti dei problemi posti dall'ambiente di lavoro.

Quali sono i criteri per la stipula delle Convenzioni previste dalla legge 68 del 1999?
La Convenzione è lo strumento attraverso cui si realizza il collocamento mirato ed è pertanto il documento che rende espliciti i percorsi di inserimento definiti con le imprese e che fissa il programma delle assunzioni obbligatorie che l'azienda si impegna a rispettare. I criteri base per la stipula delle Convenzioni sono contenuti nelle Linee di indirizzo, nazionale (Accordo 23/02/01) e regionale (Deliberazione GRC n. 15 del 28/03/02). Di recente, nell'ambito delle linee di indirizzo predette, la Commissione Provinciale per l'Impiego della Provincia di Salerno, con Deliberazione adottata nella seduta del 26/4/2005, ha introdotto criteri e condizioni specifiche finalizzati a favorire l'inserimento lavorativo di fasce e categorie di disabilità di più difficile collocazione quali disabili sensoriali, psichici e intellettivi e, in generale, i disabili con alto grado di invalidità: in tali casi, attesa la complessità dei percorsi da realizzare, sono previsti, per le aziende che aderiscono, programmi di assunzioni con tempi di attuazione di durata molto più ampia.
di Monica de Carluccio


Domenico Della Porta
Direttore Scientifico Centro Studi Salus et Labor Onlus



Quale l’obiettivo della ricerca realizzata?
Il diversamente abile è da considerarsi, secondo la normativa vigente, una risorsa e un'opportunità per l'azienda in cui viene collocato; non è più un peso di cui le stesse imprese sono costrette a onerarsi per disposizione di legge. Ecco il motivo che ha stimolato l'attivazione di una ricerca finalizzata alla definizione di un percorso condiviso per la gestione dei processi di valutazione delle abilità ancora presenti nel diversamente abile. Si è tentato principalmente di chiarire come analizzare il posto di lavoro cui destinare il diversamente abile portatore di un handicap fisico, psicologico o sensoriale, evitando difficoltà di inserimento lavorativo finora piuttosto persistenti. Dall'indagine condotta in provincia di Salerno, che ha interessato cinquecento lavoratori diversamente abili già inseriti nel privato e nella P.A., nonché 80 aziende e pubblici uffici, è emerso che l'analisi del posto di lavoro non viene fatta o viene fatta in modo alquanto superficiale. Addirittura durante questa importantissima operazione analitica e di studio viene omessa l'informazione sulla mansione specifica, elemento fondamentale per l'avviamento al lavoro del diversamente abile. E ancora, solo 1 azienda su 3, tra quelle partecipanti all'indagine ha richiesto specificamente allo specialista che è tenuto a fare l'analisi del posto di lavoro (vale a dire il medico competente), di procedere in questo senso e solo 1 azienda su 5, ha trasmesso all'atto della visita di assegnazione del diversamente abile (visita medica preventiva), il modello organizzativo aziendale. Solo 1 azienda su 5 attiva la procedura del collocamento mirato di propria iniziativa: tutte le altre vengono solitamente "sensibilizzate" dalle visite ispettive dei funzionari della Direzione Provinciale del Lavoro.

Come si conduce un’analisi del posto di lavoro?
Nella pubblicazione che è stata redatta alla fine dell'indagine a cura dell'Amministrazione Provinciale di Salerno, è stato indicato il percorso da seguire per effettuare l'analisi del posto di lavoro. In medicina occupazionale questa operazione comprende: 1) l'esame delle congruità occupazionali, ovvero l'analisi delle condizioni di lavoro di tipo prevalentemente fisico: che cosa fa il prestatore d'opera e come lo fa, se nel processo di anali del posto di lavoro di un diversamente abile sono tenute presenti le eventuali difficoltà (di tipo fisico, psichico, sensoriali o miste) che creano disagio o impedimento allo svolgimento della mansione assegnata; 2) l'esame dell'ambiente di lavoro. Occorre studiare se sussistono condizioni di pericolosità e/o di faticosità del diversamente abile, per le quali la normativa vigente (legge 68/99) prevede l'esenzione del collocamento mirato per l'azienda individuata. Attraverso la lettura del documento della sicurezza si comprende se in quel determinato ciclo produttivo sono presenti rischi per la sicurezza (previsti dal DPR 547/55), tali da richiedere oltre a una adeguata formazione, anche una elevata abilità nella gestione degli stessi. Sempre dal documento della sicurezza si ottengono informazioni circa il rispetto di posture congrue nell'esecuzione delle attività lavorative, tali da non favorire l'insorgenza della fatica o di situazioni di facile stancabilità, escludendo la condizione cosiddetta di faticosità; 3) l'esame dell'organizzazione del lavoro. Sono analizzati i turni di lavoro e la possibilità di ricorrere a turni flessibili, contestualmente si verifica se, alla base di una situazione di benessere organizzativo, sono presenti i seguenti elementi: chiarezza degli obiettivi organizzativi e coerenza tra enunciati e pratiche; riconoscimento e valorizzazione delle competenze; comunicazione intraorganizzativa circolare; circolazione delle informazioni; prevenzione degli infortuni e dei rischi professionali; clima relazionale franco e collaborativo; giustizia organizzativa; apertura dell'innovazione; stress; conflittualità. L'analisi del posto di lavoro è un'operazione condotta dal medico competente. Anche i Comitati Tecnici Provinciali delle Province hanno tra i propri compiti quello di valutare l'analisi del posto di lavoro elaborato dalle aziende sulla base delle diagnosi funzionali dei diversamente abili.
di Gaia Sigismondi


Pietrantonio Ricci
Presidente Istituto Italiano Medicina Sociale Roma



Quali sono i principi ispiratori e gli obiettivi dei nuovi criteri di definizione della capacità lavorative e di inserimento sociale del diversamente abile?
Su questo punto in Italia si è pervenuti a una produzione normativa fra le più avanzate nel mondo. La nostra Costituzione del 1948 ha fissato alcuni fondamentali principi che, attraverso successive interpretazioni, hanno favorito una felice evoluzione di norme sempre più adeguate e puntuali per una effettiva inclusione dei disabili nella società e nel mondo del lavoro. Mi riferisco in particolare agli articoli 2 e 3 in cui si riconoscono a tutti i cittadini pari opportunità, rendendoli titolari di diritti allo stesso modo. Il passaggio dall'enunciazione dei principi alla loro piena attuazione non è stato immediato e va segnalata l'azione interpretativa della Corte Costituzionale. In questo contesto mi piace ricordare la legge 118 del 1971 perché diede un impulso fondamentale alla lotta contro l'esclusione sociale; essa, infatti, prevede l'inserimento degli alunni portatori di handicap nelle classi comuni. Sulla fondamentale questione del diritto allo studio c'è poi la sentenza della Corte Costituzionale n. 215 del 1987, decisiva perché, partendo dalla reinterpretazione dell'articolo 34, emergono alcuni punti decisivi che spiegano che non esiste più un handicap che non sia reversibile; cioè mentre prima vigeva la convinzione che il deficit fosse irreversibile e quindi il problema veniva affrontato solo in termini assistenzialistici, l'eliminazione di questo concetto spinge a superare l'assistenza, per cercare di fare tutto ciò che è utile ai fini del recupero, per raggiungere obiettivi e livelli più alti. L'inserimento e l'integrazione sono prioritari per il recupero; il soggetto handicappato quindi può ottenere dei benefici proprio dall'inserimento stesso, perché i modelli cui si rifà all'interno di una classe creano la motivazione per superare i suoi stessi limiti. L'inserimento e l'integrazione precedono quindi, o per lo meno favoriscono, il recupero. Questa sentenza è stata importante per la formulazione della avanzatissima legge quadro n.104/1992 per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate. Con essa i disabili vengono considerati soggetti di diritti a tutti gli effetti. Ho voluto insistere su questo punto non solo perché la scuola è il primo passaggio essenziale per pensare successivamente all'inserimento nel mondo del lavoro, ma anche perché nella sentenza che ho citato sono esplicitati i concetti decisivi che hanno permesso più in generale l'ulteriore sviluppo della politica per l'inclusione anche fuori dal mondo della scuola. In questo contesto vanno inquadrati i criteri di definizione delle capacità lavorative dei diversamente abili. Su questo punto si deve tener presente il D.P.M. del 2000 per l'indirizzo e il coordinamento in materia di collocamento obbligatorio dei disabili. Esso definisce i criteri di accertamento delle condizioni di disabilità che danno diritto ad accedere al sistema lavorativo (articolo 3), il profilo socio-lavorativo della persona disabile (articolo 4), la diagnosi della persona disabile (articolo 5).

Quanto conta la condizione psicologica del diversamente abile nel percorso di integrazione lavorativa ma anche sociale?
Il problema non può trovare una risposta prendendo in considerazione la condizione del portatore di handicap in sé e per sé. La dinamica psicologica può essere compresa soltanto nella dialettica io-tu, diversamente ogni argomentazione sarebbe vacua astrazione. Questo significa che è indispensabile coinvolgere la società nel suo complesso. Le norme sopravanzano spesso il grado di maturità dei cittadini. É quello che avviene in questo caso: nella scuola, nel mondo del lavoro, nei rapporti sociali in generale, molte persone sono "handicappate" nel senso che non sanno come comportarsi con i diversamente abili. Bisogna promuovere una migliore cultura per evitare il disagio psicologico che certamente non aiuta alla piena integrazione del disabile nel lavoro e, in generale, nella società.
di Monica de Carluccio


Antonio Moccaldo
Presidente ISPESL



Presidente, quali sono gli impegni dell'Istituto, in relazione all'indirizzo, la formazione e il controllo dell'intero iter del collocamento del lavoratore diversamente abile?
La legge 68/99 rappresenta una svolta della precedente filosofia politica. Pur rimanendo l'obbligatorietà dell'assunzione da parte di aziende pubbliche e private al di sopra di una certa dimensione, prevista dalla precedente 483 del 1968, imposta il collocamento dotandolo di una serie di strumenti umani e tecnici e di un percorso formativo e di sostegno. La sfida di cui l'Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL) intende farsi carico è costituita dal fecondo e nuovo rapporto che viene a crearsi tra Ergonomia e Design. L'Ispesl ha finanziato e cofinanziato in collaborazione con Istituti nazionali e internazionali di riconosciuto valore scientifico, diversi progetti di ricerca per la valutazione e la gestione di condizioni di disabilità ai fini dell'inserimento o reinserimento lavorativo. Il progetto "Disability Management", ad esempio, si propone di produrre gli strumenti per garantire il più rapido e soddisfacente ritorno al lavoro dei lavoratori colpiti da disabilità mediante interventi su aspetti organizzativi, funzioni, procedure, competenze professionali, strumenti e ambienti di lavoro presenti nella grande industria o nelle PMI. Anche lo studio su "La prevenzione degli incidenti domestici e sul lavoro in una popolazione di individui affetti da Sclerosi Multipla (SM)" che utilizza scale di valutazione e test per le singole funzioni cognitive, ha come obiettivo l'identificazione dei livelli quantitativi e qualitativi della compressione neuromotoria e neurocognitiva nei pazienti affetti da sclerosi multipla. Il progetto sullo "Sviluppo di metodologie strumentali per la valutazione delle capacità funzionali e delle limitazioni in soggetti affetti da malattie neurovegetative in relazione ad attività lavorative", stabilisce inoltre importanti protocolli e modelli biomeccanici per la diagnosi precoce e la valutazione dei requisiti organizzativi delle attività lavorative in soggetti con disabilità derivanti da malattie neurovegetative. Di recente, infine, ha preso avvio un Progetto finalizzato e cofinanziato dall'Ispesl e dal Ministero della Salute sulla "Influenza dell'attività motoria e lavorativa nella manifestazione e progressione di patologie muscolari subcliniche su base genetica" che analizza il ruolo dell'attività muscolare e lavorativa nella evidenziazione e progressione del danno muscolare in pazienti con svantaggio genico. Attraverso lo sviluppo delle nostre attività di ricerca contiamo di riuscire a fornire supporto alle aziende e agli altri enti preposti per la realizzazione di interventi a sostegno del collocamento "mirato". In questo senso è allo studio una collaborazione con la Fondazione Don Carlo Gnocchi per fornire in questo settore consulenza alle imprese del centro-sud in una apposita struttura in fase di realizzazione nell'area romana.
di Gaia Sigismondi

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