PA CATTIVA PAGATRICE -
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CORAGGIO: «I ritardi della PA penalizzano soprattutto le imprese sane»
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In edilizia pagamenti a 6 mesi. In casi limite addirittura a più di un anno
di Raffaella Venerando
Nunziante Coraggio Presidente Ance Campania
Presidente, i ritardi nei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione penalizzano anche imprese virtuose. Il mondo dell'edilizia in Campania quanto risente di questo problema?
Quella dei pagamenti è una questione di importanza vitale, a maggior ragione se viene riferita alle imprese "virtuose".
Le imprese che per fronteggiare i ritardi chiedono finanziamenti agli istituti di credito si trovano di fronte a costi aggiuntivi ingenti, che si sommano alle forti percentuali di ribasso cui già erano state costrette a sottoporre i prezzi in fase di aggiudicazione. Si tratta, per giunta, di costi non prevedibili perché i tempi non sono, ormai, definibili e certi.
Diverso è il discorso per le imprese che i nvece non sono catalogabili come virtuose: magari sostenute da proventi che non derivano da attività trasparenti, operano con lavoro nero e spalmano i costi in maniera del tutto impensabile per un'azienda che opera correttamente, solo per fare un paio di esempi. Ma torniamo a quelle che lei definisce virtuose. Proprio perché tali, queste imprese, in questa condizione, sono maggiormente esposte e decisamente a rischio: onorano i debiti, pagano con puntualità i dipendenti e i fornitori e continuano a non incassare.
Per loro, il conto interessi in banca lievita a dismisura, questo finché non si giunge ai limiti temporali oltre i quali l'istituto di credito chiede di rientrare. A quel punto molte sono costrette a chiudere i battenti e sul mercato cresce, così, la percentuale di imprese che sane non sono.
Questa situazione cala come una scure praticamente sull'intero settore edile che è impegnato nei lavori pubblici, in Campania.
All'elenco delle pubbliche amministrazioni cattive pagatrici, in Campania, sfugge un'esigua percentuale, stimabile in un 10%, che sostanzialmente rispetta i tempi di pagamento, si tratta in genere di amministrazioni di piccole dimensioni, non vincolate dal patto di stabilità. Gli altri, in media, pagano non prima di 6 mesi; e non mancano i casi estremi che vanno ben oltre l'anno.
Il fenomeno dei ritardi nei pagamenti nel nostro Paese è accentuato anche dalla gestione degli interessi…
Una delle soluzioni possibili è la cosiddetta certificazione del credito. Occorre fare accordi fra i confidi
e le banche per avere i pro‑soluti, titoli acquistabili dalle banche costituiti dai crediti delle aziende in ragione dei lavori pubblici già completati, che così potrebbero incassare direttamente. In questa direzione stiamo cercando di stringere accordi da estendere alle imprese associate, ma sia ben chiaro: è una soluzione d'emergenza, non può essere considerata nella gestione ordinaria. Non vedo per quale motivo un'impresa, alla quale il pagamento deve giungere entro 45 giorni dall'emissione del certificato, dovrebbe rinunciarvi girando il credito alla banca, che per questo servizio si fa pagare.
Stiamo riscontrando qualche apertura all'emissione di certificazioni, ma ci sono amministrazioni che vorrebbero condizionare questa loro disponibilità alla rinuncia, da parte dell'impresa, alla quota interessi che matura sui pagamenti ritardati: una soluzione, per noi, assolutamente inaccettabile.
Ritiene che la proposta di istituire una figura istituzionale di garanzia, che funga da mediatore per questo tipo di controversie, sia una soluzione praticabile e vantaggiosa?
Più che di controversie, parlerei di garanti per i pagamenti. Una sorta di arbitrato va bene per i contenziosi, ma nel caso in specie non esiste materia di trattativa: il credito di un'impresa vincitrice di gara a fronte di un lavoro eseguito è un elemento certo e non mediabile. Pensi che l'Unione Europea prescrive che i pagamenti debbano tassativamente avvenire entro 45 giorni dall'emissione di certificato, ma di questa prescrizione nessuno tiene conto.
Più che un mediatore, occorrerebbe una sorta di garante delle imprese nei confronti delle pubbliche amministrazioni inadempienti, un osservatore dotato anche di poteri sanzionatori nei confronti di chi non rispetta le norme dell'Unione.
Per finire, quali misure anche normative crede siano necessarie per ridare slancio all'iniziativa economica dei costruttori?
Accanto al Piano Casa, che sicuramente è una buona iniziativa, per la quale aspettiamo il varo delle linee guida, sono necessari due interventi.
Il primo è sulla programmazione dei fondi europei, con le decisioni conseguenti in tema di spesa: è in corso una lotta contro il tempo e la Campania è in pesante ritardo.
Con pari priorità c'è la necessità urgente di disporre interventi a misura del tessuto imprenditoriale che esiste in Campania nell'edilizia. Si parla di Piano Sud e di grandi opere: siamo d'accordo, ma siamo anche consapevoli che questi interventi passeranno sulle nostre teste; per dimensione degli investimenti si tratterà di appalti a misura di poche grandi imprese multinazionali. Si badi bene: aver revocato la programmazione fino al 2013 non significa aver risparmiato denaro.
Le imprese che chiuderanno e gli interventi che verranno meno sul territorio determineranno altri costi per la collettività, costi parassitari e non produttivi. Al contrario, finanziare opere di piccola entità, da inserire in progetti cornice, potrebbe rappresentare un volano concreto per la ripartenza dell'economia regionale, permettendo di coniugare l'elevata utilità sociale degli interventi con nuove opportunità per le nostre imprese. |