BUZZETTI: «Non si possono far fallire le imprese per non far fallire la pubblica amministrazione»
Per il comparto delle costruzioni è ancora crisi a causa dell'assenza di adeguati investimenti nel settore, della stretta creditizia, del peso del fisco e, soprattutto, del ritardo dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni
di Raffaella Venerando
Paolo Buzzetti
Presidente Ance
Anche il 2011 si annuncia un anno nero per l'edilizia, sia sotto il
profilo produttivo che occupazionale. Nonostante i timidi segnali di ripresa che si stanno registrare in questi mesi per alcuni comparti industriali, trainati in particolare dall'export, per il settore delle costruzioni il periodo negativo non sembra ancora finito. L'assenza di adeguati investimenti nel settore, la stretta creditizia, il peso del fisco, il ritardo dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni sono tra i principali fattori che stanno determinando il perdurare della crisi.
I dati mostrano un quadro allarmante: ben 29 miliardi di investimenti complessivi persi negli ultimi quattro anni, con tutti i comparti in forte sofferenza (‑34,2% la nuova edilizia abitativa, ‑31,8% i lavori pubblici dal 2005 a oggi). Il "sentiment" delle imprese per il 2011 è coerente con la situazione appena descritta; infatti circa il 32,2% delle nostre aziende si attende un peggioramento nell'anno in corso. Sul fronte dell'occupazione continua l'emorragia di posti di lavoro: dopo un 2010 da dimenticare, nel 2011 si prevede una ulteriore perdita di 30.000 posti di lavoro nelle costruzioni, che farà salire a 210.000 la perdita complessiva dall'inizio della crisi. Considerando anche i settori collegati, i posti di lavoro persi raggiungeranno le 290.000 unità. Gli unici segnali positivi si riscontrano nel mercato immobiliare abitativo, che già nel 2010 ha visto crescere il numero delle compravendite dopo la forte contrazione del passato triennio. Per il 2011, l'Ance stima una crescita delle transazioni di circa il 5% su base annua.
É importante sottolineare che i prezzi delle case sono rimasti sostanzialmente stabili a conferma che, nonostante la crisi, l'interesse delle famiglie per l'investimento immobiliare rimane elevato e che sussiste un fabbisogno abitativo potenziale, non soddisfatto,
stimabile in circa 430.000 abitazioni. Sul fronte dei lavori pubblici, i segnali continuano ad essere ancora tutti negativi. Negli ultimi tre anni, si è assistito ad una riduzione degli stanziamenti del 30% per nuove infrastrutture. Una riduzione che continua nel 2011 con un ‑14% di nuove risorse.
A peggiorare la situazione si è aggiunto anche il drastico taglio degli investimenti degli enti locali provocato dalle regole del Patto di stabilità interno che abbattono fortemente la capacità di investimento di Comuni, Province e Regioni. Solo per quest'anno, i Comuni potranno investire 3,3 miliardi di euro in meno rispetto al 2010. L'Anci parla di un taglio del 30% dei pagamenti e delle nuove opere a livello nazionale, dopo quello già subito (‑15%). Il Patto di Stabilità è anche la principale causa dei ritardati pagamenti della pubblica amministrazione alle imprese per lavori regolarmente eseguiti, che rappresenta un'emergenza per lasopravvivenza di moltissime aziende, già fortemente stressate dal razionamento del credito imposto dalle banche. Non ci stancheremo mai di ripetere che non si possono far fallire le imprese per non far fallire la pubblica amministrazione.
I ritardi dei pagamenti rappresentano una vera e propria ingiustizia perché contraddicono tutte le regole di un corretto rapporto tra la pubblica amministrazione e le imprese, senza contare che molte delle nostre aziende devono chiudere solo per mancanza di cassa. Per comprendere quanto questo malcostume sia diffuso, basta leggere i risultati di una recente indagine dell'Ance che dimostrano come il problema dei ritardi nei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione sia in costante e progressivo peggioramento. Circa l'80% delle imprese intervistate ha denunciato ritardi nei pagamenti.
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Le imprese vengono pagate mediamente più di sei mesi e mezzo dopo aver realizzato i lavori, con punte di ritardo che arrivano, addirittura, a toccare i 24 mesi. É evidente che si tratta di una situazione insostenibile, che per moltissime imprese assume connotati drammatici e impone soluzioni urgenti. Una di queste potrebbe consistere nel recepire immediatamente la nuova Direttiva sui ritardati pagamenti approvata dall'Unione Europea il cui iter è stato seguito con estremo interesse dall'Ance.
La Direttiva, infatti, prevede un termine standard di pagamento di 30 giorni derogabile entro un massimo di 60 giorni ed aumenta notevolmente gli indennizzi per le imprese in caso di ritardato pagamento della P.A., introducendo in particolare una maggiorazione dell'8% del tasso di
interesse base (tasso BCE), sin dal primo giorno di ritardo. Il paradosso sussiste nel fatto che, per rispettare il Patto di Stabilità interno, gli enti locali sospendono i pagamenti dovuti alle imprese anche quando hanno le disponibilità necessarie per saldare i propri debiti. Questo fenomeno determina un vero e proprio drenaggio di risorse ai danni del sistema imprenditoriale, proprio quando sarebbe indispensabile, invece, offrire alle imprese la liquidità necessaria per continuare la propria attività produttiva. L'Ance ha più volte chiesto una modifica strutturale del Patto di Stabilità per risolvere il problema dei ritardati pagamenti che è stato uno dei motivi principali per cui le nostre imprese insieme con i sindacati e tutta la filiera delle costruzioni sono scesi in piazza il 1° dicembre scorso, a dimostrazione di quanto le aziende di costruzione non ce la facciano più a sopportare sulle proprie spalle il carico dell'equilibrio delle finanze pubbliche. Ma, in attesa di una soluzione alla radice del problema, l'Associazione sta lavorando per individuare, a legislazione vigente, strumenti per alleggerire la situazione finanziaria di numerose imprese coinvolte nei ritardati pagamenti della P.A..
Il 28 aprile 2010 l'Ance e l'Associazione dei Comuni (ANCI) hanno sottoscritto un Protocollo d'Intesa, con il quale, tra l'altro, hanno inteso avviare una riflessione congiunta sul delicato tema del Patto di Stabilità Interno e, più in generale, su quello dei ritardati pagamenti da parte della P.A.. Anche in seguito alle iniziative del ricordato Protocollo d'Intesa, l'azione dei Comuni nei confronti del Governo ha condotto ad un miglioramento, sebbene ancora insufficiente, delle condizioni del Patto, in particolare per gli Enti cosiddetti "virtuosi", che abbiano, cioè, rispettato le condizioni fissate negli anni precedenti. Una prima soluzione, seppur parziale, si potrebbe trovare nella regionalizzazione del Patto di Stabilità, ridistribuendo il peso dello stesso tra i vari enti locali, fermi restando gli obiettivi complessivi fissati per l'insieme degli enti della Regione. Utilizzare questo strumento significa liberare pagamenti per circa 1 miliardo di euro l'anno. Accanto alla regionalizzazione, l'Ance ha individuato altre soluzioni operative attraverso strumenti di reverse factoring, con il contributo di soggetti quali la Sace e la Cassa Depositi e Prestiti. |