di Raffaella Venerando
Infrastrutture, tra ritardi ed inefficienze
intervista A Ennio Cascetta - Trasporto pubblico:
piÙ risorse per investimenti e gestione
intervENTO DI SILVIO SARNO - Riannodare i territori, ridare fiducia
Il territorio È la principale
risorsa infrastrutturale
INTERVENTO DI COSIMO RUMMO - Non solo infrastrutture
per la crescita del Paese
INTERVENTO DI Antonio Della Gatta - Crisi, intervenire ora
non fra dieci anni
INTERVENTO DI GIOVANNI LETTIERI - Infrastrutture: no alla dispersione delle energie
Infrastrutture, tra ritardi ed inefficienze
Rifinanziato il Fondo di Garanzia. Il Governo mette a disposizione un plafond di 1,6 miliardi di euro per supportare le Pmi in crisi
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In tempi di crisi e di contrazione economica, un buon governo - che sia esso nazionale o regionale - dovrebbe aumentare in modo sensibile gli investimenti in tutti quei settori in grado di migliorare la qualità della vita e di stimolare la fiducia. Tra questi, il settore delle infrastrutture e dei trasporti sicuramente è in cima alla lista.
In Campania, il comparto - stando ai dati contenuti nel secondo Rapporto annuale 2007 su infrastrutture, industria e servizi di trasporto e logistica in Campania, realizzato dal Centro Studi dell'Acam (Agenzia campana per la mobilità sostenibile) e dal Cesit (Centro studi e ricerche sistemi di trasporto collettivo), è in continua crescita. Come sottolineato dall’Assessore regionale ai Trasporti Ennio Cascetta nella premessa allo studio «gli addetti sono in totale 130.000, per un valore aggiunto di 8,76 miliardi di euro l’anno che vanno ad incidere per circa il 10% sull’occupazione e sul valore aggiunto complessivo regionale».
Nel tentativo di recuperare il gap della nostra regione e dell'intero Mezzogiorno con il resto del Paese e dell'Europa, è stato messo in atto un programma di potenziamento delle infrastrutture di trasporto, del valore complessivo di 28,8 miliardi di euro, che con il contributo diversi soggetti tra cui Ferrovie dello Stato, aziende regionali e locali, Governo, Regione, Province e Comuni, agenzie, autorità portuali, società di gestione di infrastrutture e servizi interportuali, aeroportuali, stradali e autostradali ha fatto centrare importanti risultati. Sono state attivate infatti la tratta Napoli-Roma e la linea a monte del Vesuvio dell’alta velocità ferroviaria, si è andati oltre i 43 km di nuove linee e sono giunte a quota 34 le stazioni nuove e quelle riqualificate della metropolitana regionale. Sono stati poi ultimati più di 500 interventi di adeguamento, potenziamento e messa in sicurezza di strade e autostrade, realizzati quasi 4mila nuovi posti barca in porti turistici, potenziati i porti commerciali e gli interporti e avviato il completamento del sistema aeroportuale.
Risultano invece non ancora completati i progetti relativi alla linea ferroviaria dell’Alta Velocità Napoli-Bari (rispetto alla quale c’è l’impegno - recente e ufficiale - a realizzarla da parte del Ministro dei Trasporti Matteoli), la questione annosa dell’aeroporto di Grazzanise, del completamento del raccordo anulare della Campania A1-Domitiana alla Lioni-Grottaminarda ed altri ancora.
Se ci si limitasse all’elenco dei progetti riusciti e completati nella nostra regione, soprattutto negli ultimi anni, forse il giudizio potrebbe anche essere positivo ma nell’affrontare la questione “infrastrutture” non si può prescindere dalla considerazione di due parametri fondamentali: efficienza ed efficacia.
Rispetto al primo, se si mettono a paragone le risorse destinate al Mezzogiorno e le opere portate a compimento i conti non tornano. I nostri territori infatti sono costellati di interventi infrastrutturali mai portati a compimento, di opere costate oltre le aspettative, o realizzate sì, ma fuori tempo massimo. Sarebbe quindi necessario fare in modo di assicurare che la spesa per infrastrutture si riveli in primo luogo efficiente, misurabile, tangibile, facendo in modo che i fondi POR e FAS regionali attivino una reale interazione con gli interventi nazionali, proprio per evitare che lo sforzo finanziario si disperda in mille rivoli, o che la loro destinazione non rientri in finalità previste dal Quadro strategico nazionale e comunitario.
Questo dovrebbe avvenire sia mediante un continuo monitoraggio delle opere (come suggerito durante il Tavolo delle Infrastrutture tenutosi in Confindustria Salerno, vedi pag. 8), sia attraverso - come chiesto a gran voce dalla classe imprenditoriale - un maggiore coinvolgimento dei privati nella realizzazione e gestione delle opere infrastrutturali mediante il ricorso al project financing.
Quanto all’efficacia, invece, bisognerebbe concentrare le risorse esclusivamente su quelle opere infrastrutturali capaci di fare da volano per lo sviluppo e la crescita del Paese, del Mezzogiorno, della Campania. Ciò richiede che i processi decisionali politico-amministrativi diventino più veloci e in grado di creare consenso nei tempi giusti per progredire nella concreta realizzazione dei programmi di investimento.
Bisognerebbe quindi individuare le vere priorità, tra cui spicca senza dubbio - come sostenuto dallo stesso Assessore Cascetta nella premessa al rapporto Acam - il completamento del sistema aeroportuale.
«La Campania ancora oggi ha un solo scalo realmente operativo, quello di Capodichino, il cui grande successo di crescita e progressivo avvicinamento alla soglia di saturazione costringe ad accelerare i tempi per la realizzazione di Grazzanise, così come per la piena operatività di Pontecagnano che ha appena cominciato la propria attività». Diventa indispensabile anche velocizzare i tempi per la Napoli-Bari, definita da Cascetta «l’opera simbolo del Mezzogiorno d’Italia», poiché ancora oggi le due città sono raggiungibili in quasi quattro ore di viaggio su una linea ferroviaria vecchia di ben 115 anni.
Altro problema da risolvere è quello relativo ai servizi di trasporto; in particolare - considerata anche la crisi economica in atto - ciò che desta le maggiori preoccupazioni è la scarsità delle risorse disponibili.
«Solo trovando nuove fonti di finanziamento - precisa Cascetta - si potrà continuare sulla strada dell’aumento della quantità e qualità dei servizi offerti, a cominciare da quelli nuovi da attivare sulle nuove infrastrutture e sui binari liberati dai treni nazionali grazie alla Tav, per proseguire poi con il miglioramento delle frequenze delle corse, il rinnovo del parco mezzi, la realizzazione di parcheggi di interscambio, la rimozione delle barriere architettoniche e la dotazione di tecnologie per sicurezza e informazioni».
Non c’è più tempo anche per il completamento della Salerno-Reggio Calabria (il cui completamento ha come data obbligata il 2012, come dichiarato dal Ministro dei Trasporti Altero Matteoli), il potenziamento della rete ferroviaria, la realizzazione di un sistema di trasporti via mare, senza perdere di vista un principio su tutti: quello della sostenibilità, ovvero uno sviluppo delle infrastrutture che consenta di fornire la necessaria mobilità in maniera economicamente efficiente e sostenibile.
Fino a che alcune opere non saranno completate, sarà inutile parlare di rilancio, di crescita, di competitività o di attrattività di territori, il cui appeal di giorno in giorno decresce. Nel Mezzogiorno sono tante le infrastrutture attese da troppo tempo, anche se questo è un problema che riguarda tutta l’Italia.
Se paragonato al resto dell’Europa, il nostro Paese è infatti in clamoroso ritardo sia per quanto riguarda la rete autostradale, sia per la dotazione di rete ferroviaria.
C’è poi il divario tra Nord e Sud che aumenta costantemente. In effetti il gap, misurato in termini di PIL pro-capite rispetto al Centro-Nord, oltrepassa oggi i 42 punti percentuali e nel confronto con gli altri paesi europei il reddito per abitante del Sud è superato ormai non solamente da Spagna, Grecia e Portogallo, ma anche da alcuni Paesi di nuova adesione come Repubblica Ceca, Slovenia, Malta e Cipro, come dimostrato dai dati dell’ultimo check up Mezzogiorno curato dal Comitato Mezzogiorno di Confindustria (febbraio 2009).
E, ancora, sempre stando allo studio di Confindustria: rimane forte il flusso migratorio del Mezzogiorno (annualmente, il 2 per mille della popolazione) e gli investimenti esteri non solo non crescono, ma sono addirittura in calo, facendo registrare una riduzione di circa 7mila occupati nelle imprese a partecipazione estera. Infine, anche il divario infrastrutturale è negativo anche se stabile perché fermo a 25 punti al disotto della media nazionale, esattamente come avveniva all’inizio di questo decennio.
Lo stato delle cose dovrebbe convincere tutti, una volta per tutte, che il rilancio del Mezzogiorno è la vera chiave per rafforzare l’intero sistema Paese, che occorrono forme nuove di relazione tra le aree del Nord e Sud Italia, che c’è bisogno di un nuovo rapporto tra politica ed economia e tra cittadini ed istituzioni. Tutto quello che viene, a giusta ragione, considerato un vincolo va trasformato in un’opportunità. E presto. |