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  Dicembre 2012

Articoli n° 8
ottobre 2005
 
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La nuova revocatoria fallimentare
Riforma inevitabile di un istituto obsoleto

Il distacco del lavoratore
quando occorre il consenso

UNA MODERNA VISIONE Dell’APPALTO
IL “GLOBAL SERVICE”

La nuova revocatoria fallimentare
Riforma inevitabile di un istituto obsoleto
Finalmente un adeguamento alla realtà socioeconomica

Gennaro Stellato
Avvocato civilista

studiostellato@tiscalinet.it


Con D.L. 14 marzo 2005, convertito nella L. 14 maggio 2005 n.80, nell’ambito di varie disposizioni in tema di codice di procedura civile e arbitrato, è stato sostanzialmente scritto ex novo l’art. 67 della Legge Fallimentare riguardante l’istituto della revocatoria che, soprattutto negli ultimi anni, è stato duramente criticato anche sotto il profilo etico. Con la nuova formulazione vengono chiariti tutti gli aspetti della problematica con una indicazione, finalmente abbastanza esaustiva, delle fattispecie esenti. Il nuovo testo recita così: «Sono revocati, salvo che l’altra parte provi che non conosceva lo stato di insolvenza del debitore: 1- gli atti a titolo oneroso compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso; 2 - gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con denaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento; 3 - i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per i debiti preesistenti non scaduti; 4 - i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti scaduti. Sono altresì revocati, se il curatore prova che l’altra parte conosceva lo stato d’insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento. Non sono soggetti all’azione revocatoria: a) i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso; b) le rimesse effettuate su un conto corrente bancario, purchè non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l’esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca; c) le vendite a giusto prezzo d’immobili a uso abitativo, destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente e dei suoi parenti e affini entro il terzo grado; d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purchè posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata ai sensi dell’art. 2501-bis, quarto comma, del codice civile; e) gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata, nonché dell’accordo omologato ai sensi dell’art. 182-bis; f) i pagamenti di corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuati da dipendenti ed altri collaboratori, anche non subordinati del fallito; g) i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all’accesso di procedure concorsuali di amministrazione controllata e di concordato preventivo. Le disposizioni di questo articolo non si applicano all’istituto di emissione, alle operazioni di credito su pegno e di credito fondiario; sono salve le disposizioni delle leggi speciali». Ovviamente con la premessa che la nuova disposizione si applica alle procedure concorsuali aperte dopo il 17 marzo 2005, risultano in modo evidente le novità introdotte con la riforma. Occorre al riguardo ricordare come l’istituto della revocatoria fallimentare sia stato per decenni un vero e proprio incubo e non solo per chi (sono stati i casi più eclatanti) aveva acquistato immobili da imprenditori poi falliti, ma anche da chi prima di sviluppare un rapporto di natura commerciale era costretto a porsi mille problemi proprio nell’ottica di un’eventuale revocatoria. La riforma, a prescindere dalle interpretazioni che la giurisprudenza futura potrà dare, si fonda su tre punti essenziali: la riduzione, anzi il dimezzamento del tempo del periodo sospetto, la quantificazione della percentuale relativa alla sproporzione propedeutica all’esercizio dell’azione e l’elencazioni di atti esclusi dalla revocatoria. Per quanto attiene al primo punto va evidenziato che il periodo revocabile è stato ridotto da due a un anno e, in particolare da un anno a sei mesi per pegni anticresi e ipoteche volontarie; per quanto attiene agli atti cosiddetti “anormali” atti cioè che presi ex se violano sicuramente la par condicio creditorum. Per quanto riguarda, invece, gli atti “normali”, quelli cioè che implicano anche la conoscenza dello stato di insolvenza, il termine è ridotto ai sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento. Basterebbe questo unico elemento per rendere di per sé già importante la riforma soprattutto in considerazione del fatto che, in particolare modo negli ultimi anni, gli elementi che potevano contribuire a presupporre uno stato di insolvenza - protesti, esecuzioni etc. - comparivano spesso all’improvviso nell’imminenza della dichiarazione di fallimento con le conseguenze che tutti ben conoscono. Con la riduzione del periodo incriminato si concedono maggiori possibilità e certezze a chi opera con imprenditori. Il secondo punto consacra nella norma un fondamentale elemento comparativo ai fini dell’ulteriore presupposto della sproporzione: con la determinazione del criterio del quarto si pone un elemento certo fra la prestazione e la controprestazione o corrispettivo. In tal modo si sgombra il campo da tante interpretazioni restrittive della norma che consideravano revocabili anche atti che presentavano sproporzioni inferiori. L’ultimo punto è poi particolarmente importante in quanto la norma individua una serie di atti che non sono soggetti a revocatoria. A prescindere dalla sia pura importantissima elencazione per la quale si rimanda al testo della norma precedentemente riportato, va detto che la ratio della norma è finalizzata in primis a dare certezze agli operatori e salvare, per quanto possibile, l’azienda in difficoltà proprio per la maggiore facilità o per essere più precisi, per la minore difficoltà ad avere accesso al credito in una situazione di difficoltà. Sotto un profilo di etica sociale va segnalata in modo particolare l’esclusione dalla revocatoria delle vendite a giusto prezzo di immobili a uso abitativo destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti o affini entro il terzo grado. Si tratta di una sorta di risarcimento ex post per le tante vittime cadute sull’altare sacrificale di una norma ingiusta. Ci sarà certamente tempo per verificare l’impatto della nuova normativa sui rapporti commerciali anche se va detto che la stessa va contemperata con le varie riforme, compresa quella societaria, che sono state nelle more approvate. Quel che è certo però è che la strada è giusta in quanto finalizzata a dare certezze, a eliminare problematiche annose che hanno appesantito i ruoli dei Tribunali generando contenziosi lunghissimi e difficili. In tale ottica va salutata favorevolmente questa importante modifica in attesa della riforma generale della legge fallimentare che, forse, più di tante leggi ancora in vigore, mostra chiaramente i segni del tempo.

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