La nuova revocatoria fallimentare
Riforma inevitabile di un istituto obsoleto
Il distacco
del lavoratore
quando occorre il consenso
UNA MODERNA
VISIONE Dell’APPALTO
IL “GLOBAL SERVICE”
La nuova revocatoria fallimentare
Riforma inevitabile di un istituto obsoleto
Finalmente un adeguamento alla
realtà socioeconomica
Gennaro Stellato
Avvocato civilista
studiostellato@tiscalinet.it
Con D.L. 14 marzo 2005, convertito nella L. 14 maggio 2005 n.80,
nell’ambito di varie disposizioni in tema di codice di procedura
civile e arbitrato, è stato sostanzialmente scritto ex novo l’art.
67 della Legge Fallimentare riguardante l’istituto della revocatoria
che, soprattutto negli ultimi anni, è stato duramente criticato
anche sotto il profilo etico. Con la nuova formulazione vengono chiariti
tutti gli aspetti della problematica con una indicazione, finalmente
abbastanza esaustiva, delle fattispecie esenti. Il nuovo testo recita
così: «Sono revocati, salvo che l’altra parte provi
che non conosceva lo stato di insolvenza del debitore: 1- gli atti a
titolo oneroso compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione
di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte
dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato
dato o promesso; 2 - gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed
esigibili non effettuati con denaro o con altri mezzi normali di pagamento,
se compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento;
3 - i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti nell’anno
anteriore alla dichiarazione di fallimento per i debiti preesistenti
non scaduti; 4 - i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie
costituiti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento
per debiti scaduti. Sono altresì revocati, se il curatore prova
che l’altra parte conosceva lo stato d’insolvenza del debitore,
i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso
e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di
terzi, contestualmente creati, se compiuti entro sei mesi anteriori alla
dichiarazione di fallimento. Non sono soggetti all’azione revocatoria:
a) i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa
nei termini d’uso; b) le rimesse effettuate su un conto corrente
bancario, purchè non abbiano ridotto in maniera consistente e
durevole l’esposizione debitoria del fallito nei confronti della
banca; c) le vendite a giusto prezzo d’immobili a uso abitativo,
destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente
e dei suoi parenti e affini entro il terzo grado; d) gli atti, i pagamenti
e le garanzie concesse su beni del debitore purchè posti in essere
in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento
dell’esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il
riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza
sia attestata ai sensi dell’art. 2501-bis, quarto comma, del codice
civile; e) gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione
del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata, nonché dell’accordo
omologato ai sensi dell’art. 182-bis; f) i pagamenti di corrispettivi
per prestazioni di lavoro effettuati da dipendenti ed altri collaboratori,
anche non subordinati del fallito; g) i pagamenti di debiti liquidi ed
esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi
strumentali all’accesso di procedure concorsuali di amministrazione
controllata e di concordato preventivo. Le disposizioni di questo articolo
non si applicano all’istituto di emissione, alle operazioni di
credito su pegno e di credito fondiario; sono salve le disposizioni delle
leggi speciali». Ovviamente con la premessa che la nuova disposizione
si applica alle procedure concorsuali aperte dopo il 17 marzo 2005, risultano
in modo evidente le novità introdotte con la riforma. Occorre
al riguardo ricordare come l’istituto della revocatoria fallimentare
sia stato per decenni un vero e proprio incubo e non solo per chi (sono
stati i casi più eclatanti) aveva acquistato immobili da imprenditori
poi falliti, ma anche da chi prima di sviluppare un rapporto di natura
commerciale era costretto a porsi mille problemi proprio nell’ottica
di un’eventuale revocatoria. La riforma, a prescindere dalle interpretazioni
che la giurisprudenza futura potrà dare, si fonda su tre punti
essenziali: la riduzione, anzi il dimezzamento del tempo del periodo
sospetto, la quantificazione della percentuale relativa alla sproporzione
propedeutica all’esercizio dell’azione e l’elencazioni
di atti esclusi dalla revocatoria. Per quanto attiene al primo punto
va evidenziato che il periodo revocabile è stato ridotto da due
a un anno e, in particolare da un anno a sei mesi per pegni anticresi
e ipoteche volontarie; per quanto attiene agli atti cosiddetti “anormali” atti
cioè che presi ex se violano sicuramente la par condicio creditorum.
Per quanto riguarda, invece, gli atti “normali”, quelli cioè che
implicano anche la conoscenza dello stato di insolvenza, il termine è ridotto
ai sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento. Basterebbe questo
unico elemento per rendere di per sé già importante la
riforma soprattutto in considerazione del fatto che, in particolare modo
negli ultimi anni, gli elementi che potevano contribuire a presupporre
uno stato di insolvenza - protesti, esecuzioni etc. - comparivano spesso
all’improvviso nell’imminenza della dichiarazione di fallimento
con le conseguenze che tutti ben conoscono. Con la riduzione del periodo
incriminato si concedono maggiori possibilità e certezze a chi
opera con imprenditori. Il secondo punto consacra nella norma un fondamentale
elemento comparativo ai fini dell’ulteriore presupposto della sproporzione:
con la determinazione del criterio del quarto si pone un elemento certo
fra la prestazione e la controprestazione o corrispettivo. In tal modo
si sgombra il campo da tante interpretazioni restrittive della norma
che consideravano revocabili anche atti che presentavano sproporzioni
inferiori. L’ultimo punto è poi particolarmente importante
in quanto la norma individua una serie di atti che non sono soggetti
a revocatoria. A prescindere dalla sia pura importantissima elencazione
per la quale si rimanda al testo della norma precedentemente riportato,
va detto che la ratio della norma è finalizzata in primis a dare
certezze agli operatori e salvare, per quanto possibile, l’azienda
in difficoltà proprio per la maggiore facilità o per essere
più precisi, per la minore difficoltà ad avere accesso
al credito in una situazione di difficoltà. Sotto un profilo di
etica sociale va segnalata in modo particolare l’esclusione dalla
revocatoria delle vendite a giusto prezzo di immobili a uso abitativo
destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente
o di suoi parenti o affini entro il terzo grado. Si tratta di una sorta
di risarcimento ex post per le tante vittime cadute sull’altare
sacrificale di una norma ingiusta. Ci sarà certamente tempo per
verificare l’impatto della nuova normativa sui rapporti commerciali
anche se va detto che la stessa va contemperata con le varie riforme,
compresa quella societaria, che sono state nelle more approvate. Quel
che è certo però è che la strada è giusta
in quanto finalizzata a dare certezze, a eliminare problematiche annose
che hanno appesantito i ruoli dei Tribunali generando contenziosi lunghissimi
e difficili. In tale ottica va salutata favorevolmente questa importante
modifica in attesa della riforma generale della legge fallimentare che,
forse, più di tante leggi ancora in vigore, mostra chiaramente
i segni del tempo.
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