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  Dicembre 2012

Articoli n° 8
ottobre 2005
 
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SRL E tutela DEL SOCIO
La privatizzazione del controllo

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SRL E tutela DEL SOCIO
La privatizzazione del controllo
Con la nuova disciplina cresce il potere di ispezione sullo svolgimento degli affari

Marco di Lorenzo
Consigliere Ordine dei Dottori Commercialisti di Salerno
mdilorenzo@tin.it

L'art. 2476, comma 2° del Codice Civile riformato recita «I soci che non partecipano all'amministrazione hanno diritto di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali e i documenti relativi all'amministrazione». La nuova disciplina della società a responsabilità limitata delinea un modello di società revisionato rispetto al modello previgente, con una propria autonoma regolamentazione, non più mutuata dalla società per azioni, e fondato sulla figura del socio e sulla contrattualizzazione dei rapporti sociali.
La centralità della posizione del socio si evince dalla relazione allo schema di disegno di legge delega che costruisce una tipologia di socio coinvolto nella gestione della società, attraverso o una sua diretta partecipazione oppure un'influenza esercitata sui gestori. Da sottolineare il duplice livello di personalizzazione del ruolo del socio, nei meccanismi di governance della società (e quindi in relazione agli organi sociali) e nell'ambito del rapporto societario (quindi in riferimento alla collettività dei soci). Sotto il primo profilo, la valorizzazione del ruolo del socio si evidenzia nella "privatizzazione del controllo". In particolar modo l'art. 2476 c.c. rafforza i diritti di informazione e consultazione già sanciti, seppur con minor peso, dall'art. 2489 c.c.. Tale norma prevedeva per le s.r.l. prive di collegio sindacale il diritto dei soci di «avere dagli amministratori notizia sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare i libri sociali», nonché, per i soci rappresentanti un terzo del capitale sociale, «il diritto di far eseguire annualmente a proprie spese la revisione della gestione». Quindi nell'attuale disciplina l'esercizio del potere di controllo non è più subordinato alla mancata istituzione del collegio sindacale. In merito, la dottrina è concorde nell'attribuire al socio tale potere anche in presenza del collegio sindacale o del revisore.
Prima di esaminare il contenuto del diritto concesso al socio dall'art. 2476, comma 2° c.c., è necessario porre l'accento sulla inderogabilità dello stesso pur in assenza della previsione di nullità di patti contrari. La propensione a considerare inderogabile il suo esercizio, è conseguente alla collocazione sistematica della previsione legislativa nell'articolo dedicato alla responsabilità degli amministratori e prima del 3° comma relativo all'azione di responsabilità. Dottrina prevalente e prima giurisprudenza edita in argomento, ritengono il diritto di controllo del socio indisponibile e non derogabile. In primo luogo, in considerazione della circostanza che nella società a responsabilità limitata post-riforma potrebbe mancare tanto il collegio sindacale, quanto l'assemblea, intesa quale luogo e organo dove gli amministratori debbono rendere edotti i soci del loro operato, costituendo, l'inderogabilità delle norme del 2476 c.c., un argine e una difesa nei confronti del potere gestorio, altrimenti incontrollabile; in secondo luogo, in relazione al fatto che la norma in esame attiene principalmente al modo in cui l'elemento personale si rapporta a quello patrimoniale, quindi anche da questo aspetto ne deriverebbe la non derogabilità della stessa. Il diritto in esame si estrinseca, come si evince dalla lettura del testo di legge, in due modalità: nel diritto di informazione e in quello di consultazione. Il primo, "cosiddetto mediato", cioè di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali dovrebbe consentire a ciascun socio di ottenere dagli amministratori informazioni sia sull'andamento della gestione, sia sui singoli affari. La dottrina ritiene che il socio sarebbe legittimato a monitorare le operazioni sociali chiedendone notizia sia nella loro fase iniziale che nel corso del loro evolversi, e che le richieste possano essere formulate senza particolari formalità e limiti temporali, non solo in occasione delle assemblee sociali, ma in qualsiasi tempo.
Il secondo aspetto in cui si estrinseca il diritto de quo, è una forma di controllo "diretto" in quanto consiste nella facoltà riconosciuta ai soci di «consultare anche tramite professionisti di fiducia i libri sociali e i documenti relativi all'amministrazione». Si comprende come l'esercizio del controllo con tale tipo di intervento sia più penetrante ed efficace del cosiddetto controllo in senso stretto, in quanto le guarentigie attribuite ai soci nei confronti dell'operato degli amministratori, sono accresciute sia sotto il profilo dell'oggetto del diritto sia sotto quello delle modalità di esercizio. Per quanto riguarda i documenti consultabili, rispetto alla previgente normativa portata dall'art. 2489 c.c., che limitava il controllo solo ai "libri sociali", ora il riferimento dell'art. 2476 c.c. novellato ai documenti relativi all'amministrazione, consente una lettura estensiva della norma non solo per uniformarsi alla analoga regola dettata per le società semplici, ma per la ampiezza dell'espressione usata dal legislatore «diritto di consultare i libri sociali e i documenti relativi all'amministrazione», sicché la funzione assolta da tale diritto perderebbe la sua valenza se la facoltà di consultare fosse limitata.
Dottrina minoritaria negherebbe la possibilità di consultare libri e scritture contabili.
Risposta a tale dottrina viene, forse, data dalla circostanza che il diritto di consultazione è rafforzato sotto il profilo delle sue modalità di attuazione perché l'esercizio può essere espletato anche attraverso professionisti di fiducia. L'ambito del quale si estende alla facoltà di compiere una revisione della gestione, ossia il controllo dell'attività degli amministratori, ciò che nella disciplina ante-riforma era riconosciuta solo ai soci che rappresentavano un terzo del capitale sociale e una sola volta all'anno.
Per una parte della dottrina, il contenuto normativo del comma 2° dell'art. 2476 novellato rappresenterebbe una minaccia per l'esistenza stessa del tipo di società a vantaggio della scelta di una società per azioni con amministratore unico, per le ingerenze dei soci negli affari sociali. Si ritiene, infatti, che l'art. 2476 c.c. contenga un gruppo di norme delicatissime che conferirebbe a ogni socio, indipendentemente dall'entità della sua quota di partecipazione, diritti di portata così ampia e di incidenza così penetrante capaci di «scardinare la tradizionale dialettica tra maggioranza e minoranza, tra amministratori e soci non amministratori, e da esporre la maggioranza, gli amministratori, la società stessa a iniziative insidiose e ricattatorie da parte di soci marginali che non hanno nulla da perdere».

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