SRL E tutela DEL SOCIO
La privatizzazione del controllo
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AL VIA IL BANDO SPERIMENTALE
SRL E tutela DEL SOCIO
La privatizzazione del controllo
Con la nuova disciplina cresce
il potere di ispezione sullo svolgimento degli affari
Marco
di Lorenzo
Consigliere Ordine dei Dottori Commercialisti di Salerno
mdilorenzo@tin.it
L'art. 2476, comma 2° del Codice Civile riformato
recita «I soci che non partecipano all'amministrazione
hanno diritto di avere dagli amministratori notizie sullo
svolgimento degli affari sociali e di consultare, anche tramite
professionisti di loro fiducia, i libri sociali e i documenti
relativi all'amministrazione». La nuova disciplina
della società a responsabilità limitata delinea
un modello di società revisionato rispetto al modello
previgente, con una propria autonoma regolamentazione, non
più mutuata dalla società per azioni, e fondato
sulla figura del socio e sulla contrattualizzazione dei rapporti
sociali.
La centralità della posizione del socio si evince
dalla relazione allo schema di disegno di legge delega che
costruisce una tipologia di socio coinvolto nella gestione
della società, attraverso o una sua diretta partecipazione
oppure un'influenza esercitata sui gestori. Da sottolineare
il duplice livello di personalizzazione del ruolo del socio,
nei meccanismi di governance della società (e quindi
in relazione agli organi sociali) e nell'ambito del rapporto
societario (quindi in riferimento alla collettività dei
soci). Sotto il primo profilo, la valorizzazione del ruolo
del socio si evidenzia nella "privatizzazione del controllo".
In particolar modo l'art. 2476 c.c. rafforza i diritti di
informazione e consultazione già sanciti, seppur con
minor peso, dall'art. 2489 c.c.. Tale norma prevedeva per
le s.r.l. prive di collegio sindacale il diritto dei soci
di «avere dagli amministratori notizia sullo svolgimento
degli affari sociali e di consultare i libri sociali»,
nonché, per i soci rappresentanti un terzo del capitale
sociale, «il diritto di far eseguire annualmente a
proprie spese la revisione della gestione». Quindi
nell'attuale disciplina l'esercizio del potere di controllo
non è più subordinato alla mancata istituzione
del collegio sindacale. In merito, la dottrina è concorde
nell'attribuire al socio tale potere anche in presenza del
collegio sindacale o del revisore.
Prima di esaminare il contenuto del diritto concesso al socio
dall'art. 2476, comma 2° c.c., è necessario porre
l'accento sulla inderogabilità dello stesso pur in
assenza della previsione di nullità di patti contrari.
La propensione a considerare inderogabile il suo esercizio, è conseguente
alla collocazione sistematica della previsione legislativa
nell'articolo dedicato alla responsabilità degli amministratori
e prima del 3° comma relativo all'azione di responsabilità.
Dottrina prevalente e prima giurisprudenza edita in argomento,
ritengono il diritto di controllo del socio indisponibile
e non derogabile. In primo luogo, in considerazione della
circostanza che nella società a responsabilità limitata
post-riforma potrebbe mancare tanto il collegio sindacale,
quanto l'assemblea, intesa quale luogo e organo dove gli
amministratori debbono rendere edotti i soci del loro operato,
costituendo, l'inderogabilità delle norme del 2476
c.c., un argine e una difesa nei confronti del potere gestorio,
altrimenti incontrollabile; in secondo luogo, in relazione
al fatto che la norma in esame attiene principalmente al
modo in cui l'elemento personale si rapporta a quello patrimoniale,
quindi anche da questo aspetto ne deriverebbe la non derogabilità della
stessa. Il diritto in esame si estrinseca, come si evince
dalla lettura del testo di legge, in due modalità:
nel diritto di informazione e in quello di consultazione.
Il primo, "cosiddetto mediato", cioè di
avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli
affari sociali dovrebbe consentire a ciascun socio di ottenere
dagli amministratori informazioni sia sull'andamento della
gestione, sia sui singoli affari. La dottrina ritiene che
il socio sarebbe legittimato a monitorare le operazioni sociali
chiedendone notizia sia nella loro fase iniziale che nel
corso del loro evolversi, e che le richieste possano essere
formulate senza particolari formalità e limiti temporali,
non solo in occasione delle assemblee sociali, ma in qualsiasi
tempo.
Il secondo aspetto in cui si estrinseca il diritto de quo, è una
forma di controllo "diretto" in quanto consiste
nella facoltà riconosciuta ai soci di «consultare
anche tramite professionisti di fiducia i libri sociali e
i documenti relativi all'amministrazione». Si comprende
come l'esercizio del controllo con tale tipo di intervento
sia più penetrante ed efficace del cosiddetto controllo
in senso stretto, in quanto le guarentigie attribuite ai
soci nei confronti dell'operato degli amministratori, sono
accresciute sia sotto il profilo dell'oggetto del diritto
sia sotto quello delle modalità di esercizio. Per
quanto riguarda i documenti consultabili, rispetto alla previgente
normativa portata dall'art. 2489 c.c., che limitava il controllo
solo ai "libri sociali", ora il riferimento dell'art.
2476 c.c. novellato ai documenti relativi all'amministrazione,
consente una lettura estensiva della norma non solo per uniformarsi
alla analoga regola dettata per le società semplici,
ma per la ampiezza dell'espressione usata dal legislatore «diritto
di consultare i libri sociali e i documenti relativi all'amministrazione»,
sicché la funzione assolta da tale diritto perderebbe
la sua valenza se la facoltà di consultare fosse limitata.
Dottrina minoritaria negherebbe la possibilità di
consultare libri e scritture contabili.
Risposta a tale dottrina viene, forse, data dalla circostanza
che il diritto di consultazione è rafforzato sotto
il profilo delle sue modalità di attuazione perché l'esercizio
può essere espletato anche attraverso professionisti
di fiducia. L'ambito del quale si estende alla facoltà di
compiere una revisione della gestione, ossia il controllo
dell'attività degli amministratori, ciò che
nella disciplina ante-riforma era riconosciuta solo ai soci
che rappresentavano un terzo del capitale sociale e una sola
volta all'anno.
Per una parte della dottrina, il contenuto normativo del
comma 2° dell'art. 2476 novellato rappresenterebbe una
minaccia per l'esistenza stessa del tipo di società a
vantaggio della scelta di una società per azioni con
amministratore unico, per le ingerenze dei soci negli affari
sociali. Si ritiene, infatti, che l'art. 2476 c.c. contenga
un gruppo di norme delicatissime che conferirebbe a ogni
socio, indipendentemente dall'entità della sua quota
di partecipazione, diritti di portata così ampia e
di incidenza così penetrante capaci di «scardinare
la tradizionale dialettica tra maggioranza e minoranza, tra
amministratori e soci non amministratori, e da esporre la
maggioranza, gli amministratori, la società stessa
a iniziative insidiose e ricattatorie da parte di soci marginali
che non hanno nulla da perdere».
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