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  Dicembre 2012

Articoli n° 8
ottobre 2005
 
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A cura della Redazione Costozero

L’editoriale del Corriere del Mezzogiorno di domenica 18 settembre 2005

CONSOCIATIVISMO ACRITICO DEGLI INDUSTRIALI
SE L’IMPRENDITORE S’INCHINA AL POTERE

di PAOLO MACRY

Ieri, chiedendo al presidente degli industriali napoletani Giovanni Lettieri più fermezza con i poteri pubblici, Marco Demarco concludeva: «Non ha fatto così anche Montezemolo con Berlusconi?». Domanda maliziosa, visto che il direttore del Corriere del Mezzogiorno sa bene perché Montezemolo stia facendo la guerra al governo e perché, invece, Lettieri preferisca invitare i capi di Regione, Provincia e Comune ad una kermesse. Il primo, vedendo Berlusconi con le valigie in mano, traghetta la sua associazione verso i lidi del centrosinistra. Il secondo, consapevole che la maggioranza al potere in Campania è inossidabile, edulcora ogni critica ai leader locali. Le associazioni degli imprenditori sono tradizionalmente vicine a chi gestisce la cosa pubblica. Alle volte, tuttavia, questa cosiddetta vocazione governativa assume aspetti che dovrebbero preoccupare l’opinione pubblica e la stessa massa degli iscritti a Confindustria. Essere governativi in una fase positiva dell’economia e in un sistema che abbia buone performance è sensato, perché significa rendersi disponibili alla cogestione dello sviluppo. E sensato, malgrado l’evidente interferenza nei processi politici in corso, appare anche l’appoggio preventivo ad un governo prodiano da parte del leader di Viale dell’Astronomia. Convinto che le cose vanno male e che qualcosa bisogna pur inventarsi, sebbene in compagnia di Diliberto, Pecoraro e Bertinotti. Quel che sembra singolare, piuttosto, è l’appoggio acritico degli imprenditori napoletani ad amministrazioni, le quali danno chiari segni di impotenza di fronte alla grave crisi economica del territorio.
Nelle Assise di Palazzo Partanna, poco è stato detto sui tempi e sui modi di una rigorosa programmazione territoriale. Né sulle garanzie che le future politiche di sviluppo della Regione siano più incisive e più imparziali del passato. Tanto meno a qualcuno è venuto in mente di snocciolare il rosario delle cose non fatte, delle cose fatte male, delle risorse allocate secondo discutibilissimi criteri. Ciò che sarebbe stato necessario non per amor di rissa ma perché non si supera una crisi se non se ne analizzano i motivi. Al contrario, le Assise hanno assunto la liturgia di un nuovo patto consociativo tra politica e impresa. Il quale, mancando ogni critica alle inefficienze dell’ultimo decennio, rischia di essere da parte degli imprenditori, una dichiarazione di pura acquiescenza, se non di omertà. Quel che, al momento, emerge dall’iniziativa mediatica dell’Unione Industriali non è una scaletta di riforme economiche, capaci di regalare all’intera popolazione della Campania gli agognati “beni pubblici” (servizi, legalità, ambiente ecc,). Ma neppure è una strategia puramente imprenditoriale per gli investimenti, la competitività e il profitto, la quale, alla lunga, finirebbe per giovare a tutti. Con ogni evidenza, il generico concerto di buone volontà di Palazzo Partanna indica come si punti piuttosto su un’opzione certamente non nuova per il Mezzogiorno e per Confindustria: l’intermediazione politica. Il che significa, in poche parole, che l’impresa chiede favori alla politica (e intanto s’inchina). Sotto questa luce, le Assise rischiano di essere una modesta operazione di lobbying, neppure destinata a giovare alla generalità degli industriali ma ad alcuni soltanto: l’intermediazione politica, per sua natura, finisce per beneficiare i pochi a danno di tutti gli altri. Resta da capire perché mai migliaia di imprenditori campani aderiscano ad un percorso estremamente fragile anche sul piano dell’autodifesa corporativa, accontentandosi che (nel migliore dei casi) qualche briciola di quell’intermediazione politica finisca nel piatto dei peones.

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