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  Dicembre 2012

Articoli n° 8
ottobre 2005
 
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ESERCIZIO ABUSIVO di una PROFESSIONE
PROPOSTA UNA MODIFICA deL CODICE PENALE
Inasprire le sanzioni per realizzare un livello più sostenuto di deterrenza

Gaia Sigismondi
Junior Consult - Centro Studi Parlamentari NOMOS
gaia.sigismondi@nomoscsp.it

Lo scorso luglio, prima della pausa estiva del Parlamento, è stato presentato alla Camera, dall'Onorevole Stefano Saglia (AN), un disegno di legge volto a introdurre alcune correzioni al nostro codice penale in materia di esercizio abusivo di una professione. L'esercizio di professioni che prevedono l'iscrizione in appositi albi o elenchi, infatti, è sempre più frequentemente sottoposto a raggiri di varia natura. Continuamente ci troviamo di fronte a soggetti che, senza le dovute conoscenze, si improvvisano professionisti intervenendo in campi loro preclusi per mancanza di titoli. Le pene fino a oggi previste nel codice penale non sembrano, dunque, in grado di dissuadere i disonesti a violare le leggi sapendo che, tra sanzioni miti, rito abbreviato, patteggiamento e vari artifizi possono cavarsela con poco. Non da ultimo l'ampiezza del fenomeno si può ricondurre al fatto che il cittadino si trova inizialmente di fronte a richieste economiche più basse, e molto spesso credendo di risparmiare si affida a un soggetto senza sapere che colui che effettuerà la prestazione non è abilitato a farlo. Tenendo conto poi che l'abusivo, non potendo essere assicurato per la responsabilità civile, non può in alcun modo risarcire economicamente il cliente danneggiato, la truffa non è, quindi, rivolta solo ai professionisti in regola, che vedono usurpati il proprio titolo e la loro attività, ma vede coinvolti anche i cittadini e lo Stato: i primi truffati dall'abusivo, il secondo che vede evadere una cospicua quota di imposte. Tra tutte le branche delle professioni, la più colpita dal fenomeno dell'abusivismo risulta essere proprio quella sanitaria dove si trova di tutto, dagli odontotecnici che fanno i dentisti, agli ottici che fanno gli oculisti, dai massaggiatori che fanno gli ortopedici alle ostetriche che fanno i ginecologi, per finire con gli erboristi che fanno diagnosi, prescrivono e vendono palliativi come fossero medicine, per non parlare poi dei pranoterapeuti, dei guaritori e dei maghi. Gli atti di questi pseudo-medici spesso provocano danni irreversibili agli apparati e agli organi "curati", raffigurando quindi anche il reato di lesioni colpose. Nella maggior parte dei casi, inoltre, gli atti medici vengono effettuati in carenza di consenso all'effettuazione delle cure, o con un consenso giuridicamente nullo, dato che l'abusivo nasconde al paziente la sua carenza di qualificazione professionale. Le lesioni provocate diventano quindi da colpose a volontarie, con un forte aggravio del reato. Purtroppo in Italia la "professione di abusivo" è molto diffusa perché trova nella ingenuità popolare un terreno fertile per raggirare il cittadino. Le istituzioni, poi, si trovano impotenti di fronte a un fenomeno che, quando denunciato, viene sanzionato in modo lieve e, dato il persistere del fenomeno, del tutto insufficiente. Negli altri Stati europei, invece, fatti del genere non accadono così massicciamente visto che la legislazione più repressiva infligge pene molto severe che vengono applicate e fatte rispettare. L'osservanza delle leggi deve essere alla base di uno Stato civile che, se le promulga, deve fornire i mezzi per la loro applicazione, e fare in modo che vengano attuate e non aggirate come purtroppo accade per l'abuso di professione. La proposta di legge in esame vuole intervenire su uno degli articoli del codice penale che più necessita di essere rivisitato e aggiornato, ovvero l'articolo 348 del codice (abusivo esercizio di una professione) volto alla tutela degli interessi generali, cui è legato l'esercizio di talune professioni, subordinato a una speciale abilitazione. Per l'esercizio della professione medica, per esempio, l'abilitazione richiesta dallo Stato prevede, oltre al diploma di laurea in medicina o in odontoiatria, il superamento del relativo esame di Stato e l'iscrizione all'albo. É sufficiente, quindi, la mancanza di uno dei tre requisiti perché trovi immediatamente applicazione l'articolo 348 del codice penale. Negli anni, inoltre, numerose sentenze della Corte di Cassazione hanno contribuito a meglio identificare il delitto di esercizio abusivo della professione medica, per cui basta un solo atto professionale, anche non retribuito, o con il consenso del destinatario, per integrare la fattispecie di cui al citato articolo 348 del codice penale. L'articolo in questione tuttavia prevede, a oggi, delle pene irrisorie se si pensa che l'abusivo è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da duecentomila a un milione delle vecchie lire; accade quindi che l'abusivo venga condannato a zero giorni di reclusione o a una multa di pochi euro. Se poi si sceglie il patteggiamento, si assiste a una farsa giudiziaria ove il reo se la cava con pochi minuti di udienza e con il pagamento della parcella del proprio legale. La reclusione dovrebbe invece prevedere, oltre a un massimo, anche un minimo al fine di avere la certezza che non siano effettuati sconti di pena che azzerano, in pratica, la condanna. Mentre la multa, oggi irrisoria, andrebbe quantomeno portata a livello della presumibile evasione fiscale che l'abusivo perpetra ai danni dallo Stato. Inoltre si dovrebbe inibire l'accesso al patteggiamento e al rito abbreviato, come pure si dovrebbe inasprire la pena per il recidivo. Gli strumenti e i macchinari che a oggi vengono sequestrati per poi essere riconsegnati dopo un breve periodo al proprietario, dovrebbero venire confiscati obbligatoriamente per impedire all'abusivo di perpetrare il reato di esercizio illegale della professione medica, come ormai la Suprema corte di Cassazione ha stabilito per l'odontoiatria. Il dover acquistare nuovamente tutto lo strumentario e i macchinari, oltre al pagamento di una multa salatissima, potrebbe essere un ottimo deterrente a questi atti fuorilegge con un enorme guadagno per la salute della collettività. Con la proposta di legge in oggetto, quindi, si introducono una serie di ipotesi di aggravamento della pena e delle sanzioni con la dichiarata finalità di realizzare un livello più sostenuto di deterrenza.

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