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  Dicembre 2012

Articoli n° 4
MAGGIO 2005
 
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DIRITTO DI CONTROLLO DEI SOCI NELLE SRL
REVOCA DELL'AMMINISTRATORE

Apprendistato e competenza regionale
le conseguenze dell'inerzia

IL CREDITO PER LE AZIENDE
ASSEVERAZIONE NEL PROJECT FINANCING

Apprendistato e competenza regionale
le conseguenze dell'inerzia
La nuova regolamentazione presenta contenuti molto articolati

Lorenzo Ioele
Docente Diritto Sicurezza Sociale - Università degli Studi di Salerno
avvocato.ioelelorenzo@tin.it

 

La cosiddetta riforma Biagi ha regolamentato anche il contratto di apprendistato e ha previsto tre diverse fattispecie, tutte non immediatamente applicabili. Una prima ipotesi è finalizzata all'attuazione del diritto-dovere di istruzione e formazione: essa diventerà operativa con l'attuazione delle deleghe previste dalla riforma Moratti (legge 53/2003). Le altre due fattispecie, invece, prevedono un intervento delle Regioni che il legislatore ha individuato quali Enti legittimati a definire e disciplinare i profili formativi del contratto. D'altra parte tale scelta del legislatore trova il proprio fondamento nell'art.117 della Costituzione. Le due fattispecie che presuppongono l'intervento regionale sono l'apprendistato professionalizzante e l'apprendistato per l'acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione. Il primo potrà essere utilizzato solo in seguito all'emanazione di una specifica regolamentazione regionale di contenuti formativi da definirsi previa intesa con le parti sociali. Per l'operatività della seconda fattispecie, invece, occorrerà la conclusione di appositi accordi tra Regione, parti sociali, Università e altre istituzioni formative. L'intervento regionale è assolutamente determinante, tanto è vero che il Ministero del Lavoro con propria circolare n.40/2004 ha espressamente affermato che taluni contratti collettivi (CCNL Commercio), che hanno regolamentato l'apprendistato professionalizzante senza coinvolgere le istituzioni regionali, debbono essere considerati privi di efficacia. Insomma l'inerzia della Regione potrebbe condizionare imprese e lavoratori nell'utilizzo di un importante meccanismo contrattuale per far fronte alle esigenze di entrambi. Il contratto di apprendistato, infatti, è notoriamente un contratto a causa mista fondato sullo scambio tra prestazioni di lavoro, da un lato, e retribuzione e formazione, dall'altro. Sussiste dunque un interesse delle due parti e in particolare del giovane che ottiene il vantaggio di percepire una retribuzione mentre si sta formando. Indubbiamente giungere a una conclusione dell'iter previsto dalla legge per l'emanazione della disciplina regionale e per la conclusione degli accordi presuppone l'avvio e la conclusione di un negoziato con le parti sociali e presuppone altresì un'analisi attenta delle esigenze del mercato del lavoro regionale in modo da individuare percorsi formativi idonei a far fronte a tali esigenze. In questi mesi numerose sono state le iniziative in sede regionale, sicché è utile quanto meno l'indicazione di quelle principali. Si tratta di esperienze che, pur nella diversità dei mercati del lavoro, possono essere utili per tentare di costruire iniziative adeguate anche in Campania. La Regione Emilia Romagna ha approvato un invito a presentare progetti di alta formazione in apprendistato (delibera 294/2005); in Friuli Venezia Giulia sono state istituite, con accordo sindacale, Commissioni provinciali che peraltro hanno solo la funzione di vigilare sulla regolarità formale dei contratti: si tratta di un accordo stipulato tra le sole parti sociali a causa dell'inerzia della Regione sicché la loro efficacia concreta può fare sorgere qualche perplessità. La Regione Liguria ha sottoscritto un protocollo di intesa con le parti sociali in base al quale ha stanziato 3.500.000 euro al fine di individuare percorsi formativi per l'apprendistato professionalizzante. La Regione Lombardia, in data 3 novembre 2004, ha recepito un protocollo di intesa con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali riguardante la sperimentazione dell'apprendistato per l'acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione, prevedendo tuttavia una regolamentazione dell'Istituto indipendente dalle previsioni della contrattazione collettiva. Si tratta dunque di una regolamentazione che non si limita a recepire quanto precedentemente previsto dalla contrattazione collettiva. Anche le Regioni Liguria e Piemonte hanno sottoscritto protocolli di intesa con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Taluni contratti collettivi, pur recependo la disciplina dell'apprendistato, hanno subordinato l'efficacia della regolamentazione collettiva all'emanazione della disciplina regionale (vedi ad esempio CCNL tessili Confindustria 24/4/2004, CCNL edilizia Confindustria 20/5/2004); solo il CCNL del Commercio - come già detto - aveva previsto la disciplina sperimentale dell'apprendistato senza condizionare l'operatività all'emanazione della disciplina regionale sui profili formativi dell'istituto con una soluzione censurata dal Ministero del lavoro con la circolare pocanzi citata. Tale temporanea inefficacia è stata superata nelle Regioni Lombardia e Marche con riferimento proprio all'apprendistato professionalizzante nel settore terziario. Per quanto concerne la Regione Lombardia la soluzione adottata regola la definizione dei percorsi formativi e i relativi contenuti, la determinazione delle competenze dei tutor aziendali e delle imprese, la garanzia di una adeguata competenza di tali tutor, la certificazione della professionalità raggiunta. Nel contratto di apprendistato professionalizzante svolge un ruolo fondamentale il "piano formativo individuale" che contiene gli obiettivi formativi, regolamenta il rapporto tra azienda e istituzione formativa nonché il rapporto tra tutor aziendale e tutor formativo esterno. I profili formativi perseguibili dovranno essere definiti sulla base di indagini effettuate sul territorio regionale da parte di Enti bilaterali e sulla base del Repertorio nazionale delle professioni da istituire presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (art. 52, decreto legislativo 276/2003). Non essendo stato ancora istituito tale repertorio nella Regione Lombardia si è fatto riferimento a un documento dell'ISFOL a oggetto «Contenuti formativi a carattere professionalizzante di tipo tecnico - scientifico operativo per gli apprendisti nei settori terziario - distribuzione - servizio e turismo». Regione Toscana e Regione Marche hanno emanato apposite leggi che presentano analogie ma anche differenze importanti. La legge della Regione Marche si limita a disciplinare l'iter procedimentale da rispettare per l'attivazione delle diverse tipologie. È significativa la scelta regionale nel senso di sancire il principio che non dovranno essere sottoscritte intese che prevedono ore di formazione all'interno dell'azienda in misura pari o superiore a quelle da svolgersi all'esterno. Insomma la Regione Marche ha optato per una soluzione che privilegia il profilo teorico rispetto all'utilizzazione concreta del lavoratore. La legge della Regione Toscana in materia di apprendistato professionalizzante stabilisce che i profili professionali debbano essere approvati dalla Giunta Regionale con specifica che i contenuti dei profili formativi da realizzarsi attraverso la formazione esterna devono collegarsi ai processi lavorativi. La formazione esterna deve concretarsi in centoventi ore annue, mentre i contenuti di dettaglio sono rimandati alla contrattazione collettiva. Evidentemente la nuova regolamentazione dell'apprendistato presenta contenuti molto articolati che necessitano di una serie di interventi che appesantiranno l'istituto e lo frammenteranno su base regionale. Sta di fatto che, secondo l'interpretazione ministeriale, fino all'emanazione della regolamentazione regionale troverà ancora applicazione la previgente normativa sull'apprendistato.

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