le leggi elettorali del Parlamento
Ridefinizione del sistema delle garanzie
Verso una partecipazione equilibrata di donne e uomini alle cariche elettive
Gaia Sigismondi
Junior Consult - Centro Studi Parlamentari NOMOS
gaia.sigismondi@nomoscsp.it
È attualmente all'esame della Commissione Affari costituzionali del Senato un provvedimento di legge, di iniziativa dell'onorevole Cinzia Dato della Margherita, volto ad apportare modifiche alle leggi elettorali di Camera e Senato al fine di promuovere una partecipazione equilibrata di donne e uomini alle cariche elettive. Oggi, infatti, a più cinquant'anni dal riconoscimento alle donne italiane del diritto di voto, attivo e passivo, si verifica un crescente paradosso: si moltiplicano la qualità e la quantità delle donne in tutti i campi sociali, culturali e professionali, ma questo impetuoso avanzamento, che qualcuno ha definito la rivoluzione più lunga del secolo, non trova che un marginale riconoscimento - soprattutto nel nostro Paese, ma anche in altri Stati europei - nell'accesso delle donne alle assemblee elettive e ai centri decisionali, luoghi deputati a esprimere la garanzia effettiva del diritto di cittadinanza sociale e politica. Guardando per esempio il solo Parlamento è facile notare come nelle elezioni politiche del 13 maggio 2001 siano state elette solo 64 donne alla Camera e 24 al Senato, per un totale di 88 donne su 945 parlamentari, pari a una percentuale del 9,2%. Il disegno di legge nasce, dunque, dalla necessità di operare un rinnovamento delle istituzioni che si realizzi non solo nel rispetto dei principi democratici, ma anche con l'obiettivo di uno Stato più aperto, più vicino ai cittadini, capace di corrispondere meglio ai bisogni di una società in trasformazione, più esigente e ricca di elementi di partecipazione democratica. Il principio di uguaglianza dei cittadini e della loro pari dignità sociali è costituzionalizzato, nel nostro ordinamento, nell'articolo 3, comma 2, della Costituzione non soltanto come precetto formale ma come concreta previsione per la Repubblica del dovere di rimuovere gli «ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese». Su questo articolo si è, difatti, radicata e alimentata tutta la produzione legislativa tesa a configurare condizioni di reali pari opportunità, identificando le situazioni di concreto svantaggio e disuguaglianza di partenza e di status tra i cittadini e in particolare tra uomini e donne. Al perseguimento di tali obiettivi si è ispirata, poi, la filosofia sulle "azioni positive" che, a partire dagli anni Ottanta, ha infuso di tali principi la legislazione in campo sociale ed economico volta non solo a rimuovere situazioni di ostacolo o di discriminazione diretta o indiretta, ma a promuovere misure specifiche mirate al superamento di condizioni di concreta difficoltà. A livello internazionale, invece, il Consiglio d'Europa ha adottato nel 1991 una raccomandazione volta a garantire l'eguaglianza di trattamento fra uomini e donne in tutti i campi, con il risultato di iscrivere tale principio come diritto fondamentale della persona umana a livello nazionale e internazionale e di moltiplicare le iniziative volte a rafforzare il concetto di democrazia paritaria, che è ormai entrata a pieno titolo anche nei documenti internazionali. La Carta di Roma, sottoscritta da quindici ministri europei il 18 maggio 1996, ha ribadito gli stessi principi, proiettandoli sul futuro trattato europeo (infatti nella nuova Costituzione europea si fa riferimento appunto al recepimento di questo principio), e in particolare ha affermato «la necessità di azioni concrete a tutti i livelli per promuovere la partecipazione ugualitaria di donne e uomini ai processi decisionali in tutte le sfere della società». In tal senso il Governo italiano, il 7 marzo del 1997, ha emanato una direttiva attuativa del IV Programma d'azione europeo, che aveva come obiettivo la partecipazione equilibrata di uomini e donne nei luoghi decisionali in applicazione anche del Piano di azione sottoscritto da 189 Stati alla IV Conferenza mondiale dell'ONU di Pechino sulle donne. Da questi pochi ma significativi riferimenti al quadro internazionale e nazionale, si evince che il principio universale di uguaglianza e di non discriminazione è «norma di diritto internazionale generalmente riconosciuta», cui l'Italia deve conformarsi ai sensi dell'articolo 10 della Costituzione (risultandone così integrato e rafforzato l'articolo 3 della Costituzione), e deve essere quindi preoccupazione costante di chi è chiamato a un'ampia riforma istituzionale e degli strumenti di garanzia costituzionale. Tuttavia, nonostante l'esistenza di riferimenti normativi, persistono a tutt'oggi numerosi ostacoli che rendono più difficile per le donne accedere alle cariche elettive: ostacoli di natura sociale in senso ampio (culturali, di costume, di pregiudizio, di abitudine alla cooptazione interna, di discriminazione diretta e indiretta, di minore offerta di opportunità, di minore forza contrattuale delle donne) e quelli legati a una persistente delega nei confronti delle donne del lavoro di cura della famiglia, nonché a una permanente resistenza nel riconoscere loro pari condizioni di accesso ai ruoli dirigenziali. Per questo il significato più profondo del disegno di legge risiede proprio nella volontà di rendere più effettivi e pregnanti i principi di uguaglianza, di partecipazione e di efficacia nel nostro assetto istituzionale; ma anche di dare una nuova legittimazione ai poteri democratici, a partire dalla loro effettiva capacità di rappresentanza sociale e politica e dalla ridefinizione del sistema delle garanzie in relazione alla nuova democrazia maggioritaria. La sfida, per gli uomini e per le donne, è quella di inserirsi nei processi politici e decisionali soprattutto in una fase di transizione e di cambiamento come l'attuale: e la via maestra consiste nell'inserimento nel cosiddetto mainstream, cioè nei processi politici in cui coesistono volontà e responsabilità personale. Di fronte, quindi, all'attuale rischio di "rimozione" del problema della sottorappresentanza delle donne nelle istituzioni, pur a fronte della sua persistenza, appare necessario e urgente operare un correttivo sia pure attraverso il ricorso a misure e strumenti specifici, che in qualche modo surrogano una carenza di consapevolezza politica. Nello specifico il disegno di legge interviene in ordine alle elezioni del Parlamento Europeo, della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica, dei Consigli regionali, comunali e provinciali. Per la Camera dei deputati si pone il problema di assicurare una presenza alternata delle donne e degli uomini nelle liste proporzionali, e per ciò che concerne le candidature nei collegi uninominali, il testo prevede che nell'ambito delle liste recanti il medesimo contrassegno, ogni sesso non sia rappresentato in misura superiore ai due terzi. Per quanto riguarda il Senato della Repubblica, è previsto che nei gruppi di candidati ogni sesso non sia rappresentato in misura superiore ai due terzi e analoga disposizione è prevista per le liste di candidati per le elezioni dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo, per le elezioni regionali e per quelle provinciali e comunali. Infine, per garantire l'effettiva applicazione di tali disposizioni, è prevista la sanzione del mancato rimborso elettorale, qualora le liste contravvenissero alle disposizioni citate.
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