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  Dicembre 2012

Articoli n° 4
MAGGIO 2005
 
CONSORZIO CAMPANIA FIDI - Home Page
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BASILEA 2
LA RISCHIOSITÀ PER IL mondo CREDITIZIO

L'introduzione dei rating accrescerà la competitività all'interno del sistema

Rosario Caputo
Presidente Consorzio Campania Fidi
info@gafisud.it

Il lungo processo di ristrutturazione delle banche meridionali che ha portato, tra l'altro, all'incorporazione degli istituti storicamente radicati nel Mezzogiorno, ha certamente migliorato l'efficienza operativa, ma non ha ancora risolto alcuni nodi cruciali che incidono nel rapporto banca-impresa, come: l'introduzione automatica della valutazione del rischio di credito che di fatto, anticipando "Basilea 2", genera in molti casi fenomeni di razionamento del credito e di rincaro degli oneri; l'allungamento dei tempi per la concessione del credito (da 20/30 giorni si è passati a oltre 60); il minore utilizzo, rispetto alla media nazionale, di strumenti finanziari innovativi (cambiali finanziarie, prestiti partecipativi, fondi chiusi, e quant'altro). Tuttavia c'è anche da rilevare che la maggiore rischiosità che caratterizza il tessuto economico del Meridione comporta l'applicazione di tassi di interesse più elevati rispetto ad altre aree del Paese, mentre la struttura del mercato creditizio in Campania è caratterizzata da una presenza quantitativamente esigua di banche facenti capo a gruppi di controllo regionale e organi decisionali locali. Si tratta di una diseconomia assai preoccupante se si considera che la struttura produttiva della Regione è caratterizzata da PMI il cui sviluppo dipende in larga misura dall'apporto finanziario di banche locali così come, viceversa, la crescita di un istituto di credito locale è largamente condizionata dallo sviluppo delle PMI. Nel frattempo, per le imprese di minori dimensioni, l'applicazione delle nuove norme non appare indolore. Tant'è che l'adozione di metodologie "oggettive" di valutazione del credito sta già determinando un cambiamento delle relazioni bancarie, favorendo il passaggio da rapporti basati sul multiaffidamento con parcellizzazione dei rischi a relazioni fondate sulla conoscenza dell'impresa. Un rapporto in cui la conoscenza, la disponibilità e la gestione delle informazioni sarà il vero nodo centrale di quest'epocale trasformazione. E a questo punto sfaterei un luogo comune. Le PMI non sono spaventate dalle nuove regole, purché esse non vengano considerate, per principio preso, come la clientela a maggior rischio. Il vero problema della rischiosità, per il sistema bancario, non risiede nella ridotta dimensione delle aziende perché il singolo evento di default, riferito a questa clientela, non ha una rilevanza di sistema. Il vero rischio per le banche, è la concentrazione in pochi grandi gruppi industriali della maggiore quantità di credito erogato. Infatti, è noto che circa il 35% degli affidamenti totali del sistema bancario sono concentrati in dieci grandi imprese che operano tutte nel settore automobilistico e della telefonia. Quello che alle piccole imprese manca è la capacità di far apprezzare la loro straordinaria vitalità che, nell'insieme, ne fa un eccezionale prenditore di credito forte e solvibile, che ha bisogno di essere riconosciuto come tale poiché esse non hanno una rischiosità più elevata rispetto alle grandi e non hanno paura di confrontarsi su Basilea 2, sempre che quest’ultima trovi un’applicazione corretta e trasparente. E quando parlo di trasparenza intendo dire che la costruzione e l'introduzione dei rating bancari accrescerà sicuramente la competitività all'interno del sistema ma non per questo possono essere usati da paravento per scaricare, in maniera surrettizia, le inefficienze delle banche sul mondo delle imprese. In questo risiede, a mio avviso, il futuro dei nostri Confidi e la loro possibilità di concorrere a rendere più efficiente il rapporto banca-impresa. Infatti, essi con il loro osservatorio sul territorio, rappresentano l'anello di congiunzione ideale di tale rapporto anche se dobbiamo dirci che qualche dissonanza va registrata. Il numero dei Confidi presenti nelle cinque province della Campania è superiore a quello delle nove province dell'Emilia. La peculiarità del sistema di garanzia, presente nel nostro Paese, non sembra giustificare un numero così elevato di strutture nel Mezzogiorno e pertanto se il processo di concentrazione prima appariva opportuno, oggi non è più rinviabile anche alla luce delle riforme introdotte sia con la legge quadro sui Confidi che con la revisione del trattato di Basilea. A prescindere dal riconoscimento della garanzia rilasciata dai Confidi l'attività dei nuovi Organismi di garanzia dovrà svolgere un vero ruolo di supporto dell'attività finanziaria a favore delle aziende. L'introduzione dei meccanismi di rating interni alle banche, e comunque l'obbligo di contenere il rapporto tra patrimonio e rischio entro la soglia dell'8%, costituirà senza dubbio una forte opportunità per i Confidi a patto che siano in grado di erogare servizi aggiuntivi, oltre quelli tradizionalmente offerti, dotandosi di appositi rating di cui anche i propri associati potranno beneficiare. Essi possiedono, infatti, un "plus" di conoscenze sulle imprese associate e sul territorio in cui operano grazie al quale potranno interagire nel processo di determinazione dei "rating" interni delle banche svolgendo un ruolo fondamentale di integrazione e adattamento delle tecniche valutative, se non proprio una vera attività di outsourcing per quelle filiali bancarie che presentano una inadeguatezza strutturale rispetto alla massa finanziaria amministrata. Ciò naturalmente significa che tutti noi dovremo sforzarci affinché si possa determinare una maggiore crescita dimensionale dei Confidi che, con il loro rafforzamento strutturale e patrimoniale unitamente alla riforma di cui al D.L. 269/2003, si accreditano con forza quali qualificati interlocutori delle imprese verso il sistema creditizio. Nella nostra regione esistono 77 Confidi ma solo alcuni più evoluti e strutturati, sia per dimensioni che per affidamenti garantiti e di patrimonio, stanno già attuando una trasformazione a livello societario e organizzativo che consentirà loro, una volta emanate le disposizioni attuative da parte della Banca d'Italia, l'iscrizione nell'elenco degli intermediari finanziari di cui all'art. 107 del Testo Unico Bancario. Ed è qui il problema spinoso da affrontare con il sistema bancario, poiché esso è legato alla nuova disciplina sulla determinazione del Patrimonio di Vigilanza, cioè quella parte di risorse finanziarie proprie da considerare per poter essere iscritti nell'elenco degli Intermediari finanziari di cui all'art. 107 del TULB e che moltiplicata per 12,5 volte, ne determina il volume potenziale di attività. Un grosso ostacolo alla crescita dei Confidi, in sintesi, è il fatto che fin quando le proprie risorse finanziarie rimarranno vincolate per lo svolgimento dell'attività di garanzia, esse non potranno annoverarsi nel patrimonio di vigilanza dei Confidi stessi. Occorre perciò che il sistema confindustriale attivi con urgenza un confronto affinché si svincolino gli attuali Fondi di garanzia posti a pegno sull'operatività e si rendano disponibili ai fini della determinazione del Patrimonio di Vigilanza «i cui elementi devono poter essere utilizzati senza restrizioni o indugi per la copertura della generalità dei rischi e delle perdite aziendali nel momento in cui si manifestano», e questo non lo dico io ma ripeto solo le norme dettate dalla Banca d'Italia. Per assicurare un immediato sostegno alle nostre imprese risulta perciò necessaria una forte e decisa azione di tutte le componenti interessate (Associazioni, Banche e Imprese) affinché si possa far convergere tutti gli sforzi nella realizzazione di tale progetto in quanto di vitale importanza sia per le imprese, sia per la sopravvivenza dei nostri Confidi. Quanto più l'azione di Confindustria risulterà incisiva, tanto più essa riuscirà a rendere gli attori qui richiamati partecipi di un progetto prioritario volto alla soluzione di esigenze comuni ma fino a oggi oggettivamente contrastanti.

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