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  Dicembre 2012

Articoli n° 4
MAGGIO 2005
 
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IL TRUST NELL'ORDINAMENTO ITALIANO
GLI USI NELLE PROCEDURE CONCORSUALI

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Al via gli incentivi in campania

IL TRUST NELL'ORDINAMENTO ITALIANO
GLI USI NELLE PROCEDURE CONCORSUALI
Uno strumento utile per recuperare i crediti tributari

Maria Rosaria Naddeo
Componente Consiglio Ordine Dottori Commercialisti Salerno m.naddeo@commercialistisalerno.it

 

Il Trust è un istituto di origine medievale, tipico dell'ordinamento inglese che trova fondamento negli ordinamenti giuridici di Common Law. Non esiste un identico istituto nel diritto continentale, anche se istituti simili possono avvicinarsi al Trust di tipo anglosassone. Nel nostro Paese il Trust è stato accolto con la ratifica della convenzione dell'Aja del 1° luglio 1985. In sostanza, il Trust consiste in un rapporto giuridico tra il costituente (Settlor) e il fiduciario (Trustee), in base al quale il primo trasferisce dei beni o un diritto di proprietà al fiduciario, il quale si obbliga a detenere e amministrare detti beni o diritti non per beneficio e uso proprio, ma nell'interesse dei beneficiari del Trust, concludendo la sua attività con la consegna al beneficiario del patrimonio così gestito. Il proprietario fiduciario (Trustee) può essere una persona fisica o giuridica e deve essere scelto dal costituente con cura affinché si occupi dei compiti assegnatigli ai sensi dell'atto o del regolamento del Trust, con la necessaria competenza. Spesso si crea una certa confusione per il fatto che la persona (il costituente o Settlor) che trasferisce dei beni al Trust non comprende completamente che attraverso questo trasferimento egli perde ogni titolo e controllo riguardo ai beni trasferiti al Trust, tra cui anche il controllo sulla modalità con la quale tali beni vengono gestiti, tranne che il costituente non si riservi determinati diritti nell'atto di costituzione del Trust. La durata del Trust, cioè il periodo entro il quale il Trust può detenere i beni, è di circa 100 anni. La particolarità di questo istituto è, quindi, la separazione che viene a operarsi tra i beni ceduti dal settlor e il patrimonio del trustee, con il vantaggio che in nessun caso i beni inclusi nel trust potranno essere aggrediti dai creditori, né essere acquisiti alla massa attiva fallimentare o nell'asse ereditario. Possono essere costituite varie tipologie di trust per gli scopi più disparati: liberali, caritatevoli, commerciali, finanziari, successori. A titolo di esempio pratico esso è stato impiegato per garantire un patrimonio ai minori o ai soggetti disabili; per prevenire richieste economiche eccessive di uno dei coniugi in caso di separazione; per fornire tutela particolare alla famiglia di fatto; per curare la riscossione di crediti verso l'erario nelle procedure concorsuali o, ancora, per tutelare e rappresentare gli obbligazionisti in caso di fallimento della società mittente. La nostra legislazione già conosce ipotesi di costituzione di patrimoni separati e autonomi, vincolati a una destinazione prefissata dalla legge o dai privati: si pensi ai beni costituiti in fondo patrimoniale sui quali possono soddisfarsi solo i creditori indicati all'art. 170 c.c.; ai crediti cartolarizzati, i quali in base alla disposizione dell'art. 3 della legge 130/1999 costituiscono a tutti gli effetti patrimonio separato da quello della società e da quello relativo alle altre operazioni, per cui su ciascun patrimonio non sono ammesse azioni da parte di creditori diversi dai portatori dei titoli emessi per finanziare l'acquisto dei crediti stessi; o, da ultimo, ai «patrimoni destinati ad uno specifico affare», introdotti dalla recente riforma del diritto societario, all'art. 2447-bis c.c. sui quali i creditori societari non possono far valere alcun diritto. Con l'istituzione del Trust, i beni vengono quindi segregati, escono cioè dal patrimonio del settlor ed entrano in quello del trustee, costituendo un patrimonio separato, distinto dai restanti beni personali di quest'ultimo e insensibile alle vicende di questi. Possiamo affermare che la costituzione di un trust non è un atto equiparabile a un trasferimento a titolo oneroso, perché non vi è corrispettivo, né a una donazione difettandone la causa, ma a un atto a titolo gratuito, neutro dal punto di vista fiscale, soggetto a imposizione indiretta (imposta di registro, ipotecaria e catastale) in misura fissa, attraverso il quale il disponente realizza il proprio intento di arricchire spontaneamente un terzo, facendo affidamento sul trustee e sull'obbligo, da costui assunto, di adempiere alle direttive impartite dal beneficiante medesimo. Una recente sentenza del Tribunale di Roma, Sezione Fallimentare (03/04/2003) ha comportato la costituzione di un trust per il recupero dei crediti fiscali di una procedura fallimentare. Nel caso specifico, il Giudice Delegato, accogliendo l'istanza del Curatore, ha considerato il trust lo strumento più adeguato per soddisfare i creditori concorsuali anche dopo la chiusura della procedura fallimentare, perseguendo sia l'interesse dei creditori che dello stesso fallito, il quale non assisterà alla dispersione di poste attive utili alla compensazione delle sue posizioni debitorie. Il Tribunale capitolino ha, infatti, autorizzato la costituzione di un trust prevedendo che il fallimento (disponente - settlor) trasferisse a una società specializzata (trustee - gestore) i crediti erariali futuri, nascenti dal fallimento, con l'obbligo del trustee di esigerli nelle forme più appropriate e di ripartire fra i creditori ammessi al passivo fallimentare (beneficiari) le somme conseguentemente incassate. Il giudice Delegato del Tribunale di Roma ha considerato che «l'istituzione del Trust è un'operazione che consente, senza sostanziali costi, se non quelli per l'esazione del credito, di recuperare alla massa i crediti fiscali che nella normalità dei casi o vengono abbandonati dai curatori o ceduti al massimo per il 20% del loro valore facciale; …la cessione dei crediti fiscali a un Trust potrebbe anche calmierare il mercato, inducendo gli intermediari autorizzati a pretese più miti; …che venga previsto il compenso del Trustee in misura pari al 7% dei crediti effettivamente riscossi, salvo il rimborso delle spese effettivamente sostenute». Normalmente esiste una certa ritrosia da parte dei curatori a cedere i crediti fiscali per il timore di rispondere in sede di cessione del nomen verum, nell'ipotesi che l'Amministrazione non riconosca, per motivi formali, l'esistenza del credito, ma tale ritrosia verrebbe meno in quanto la cessione al Trust non comporta rischi di sorta. Sicuramente il provvedimento del Giudice Delegato del Tribunale di Roma è stato innovativo in quanto supera l'attuale rigida normativa concorsuale e consente il recupero conveniente per la massa dei crediti tributari maturati durante la procedura, ma realmente esigibili soltanto dopo la chiusura del fallimento.

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