tutelare
la competitivitÀ
i diritti di proprietÀ intellettuale
L'ICT E L'INTERNAZIONALIZZAZIONE
CREARE NETWORK DI IMPRESE
nuovo bando 488
cambiano indici e premialitÀ
L'industrializzazione DEGLI ANNI SETTANTA
Quando Caserta era chiamata la Brianza del Sud
tutelare la competitivitÀ
i diritti di proprietÀ intellettuale
Chi realizza idee vincenti deve avere
la possibilità di “proteggerle”
Carlo Cicala
Presidente Unione Industriali di Caserta
unionind@unioneindustriali.caserta.it
La proprietà intellettuale e la competitività delle
PMI nel settore tessile-abbigliamento: questi i temi del simposio
internazionale organizzato dal Ministero delle Attività Produttive
con l'Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale (Ompi)
e l'Istituto per la promozione industriale (Ipi), che si è svolto
nei giorni 30 novembre e primo dicembre scorsi, presso il Belvedere di
San Leucio a Caserta. All'incontro hanno preso parte circa 200 partecipanti
provenienti da oltre 50 Paesi, tra cui autorevoli esponenti delle principali
organizzazioni internazionali operanti nel settore, associazioni industriali,
imprenditori e rappresentanti del mondo accademico. Preliminari, in qualche
modo, ai lavori sono state le valutazioni sul ruolo della proprietà intellettuale
per le realtà imprenditoriali
e sul giro di affari legato alla moda, sui sistemi di franchising
e merchandising, e sulle strategie di marketing e internazionalizzazione.
Sono state analizzate, quindi, le aree che interessano il fattore produzione,
focalizzando l'attenzione sulla vera e propria sfida dell'esportazione
di beni basati sulla proprietà industriale.
Il meeting si è infine concluso con la descrizione delle nuove tecnologie
impiegate nel settore tessile-abbigliamento, basate sulle "nanotecnologie" e
sull'applicazione dei "bio-materiali".
Dall'incontro è emerso che l'efficacia di un'iniziativa imprenditoriale
nel settore moda si basa sull'estro e sulle capacità imprenditoriali
e manageriali del gruppo che sta alla base, adeguatamente supportati da
un sistema di privative. Non si tratta, pertanto, solo della produzione
di una collezione, ma anche di design e marketing, di commercializzazione
e distribuzione sotto la tutela digaranzie legali. Chi possiede idee entusiasmanti,
le sviluppa con convinzione e le realizza nella pratica; per questa ragione
deve avere la possibilità di proteggere questa sua capacità.
I diritti di proprietà intellettuale costituiscono, secondo Confindustria, "asset
strategici" per le attività di impresa, soprattutto per le
PMI. La materia ha assunto ormai un ruolo cruciale per il futuro della
nostra società in termini di sviluppo sostenibile e miglioramento
della qualità della vita. In particolare, ci si è resi conto
che l'attività di ricerca, precondizione di tale sviluppo, non ha
luogo se non supportata da un'adeguata forma di tutela giuridica, tale
da consentire il recupero delle ingenti somme che essa richiede. La protezione
dell'innovazione è diventata, pertanto, l'elemento strategico per
imprese, centri di ricerca e, in generale, per quanti investono, dato che
la protezione intellettuale rappresenta l'elemento chiave nella trasformazione
della conoscenza in valore economico. I traffici commerciali oggi sono
cambiati e la pressione della concorrenza, in particolare quella asiatica, è divenuta
fortissima.
Gli imprenditori, dunque, è necessario che siano presenti sui mercati
con adeguate sicurezze: i diritti di proprietà intellettuale permettono
di proteggere i risultati degli investimenti nella ricerca e nello sviluppo
di prodotti a elevato valore aggiunto o servizi innovativi che si caratterizzano
in termini di soluzioni tecniche; difendere dall'imitazione la differenziazione
che è il risultato di tali investimenti; permettere alle imprese
che dispongono di risorse finanziarie di accedere a finanziamenti (per
gli investitori riveste grande importanza il fatto che l'azienda detenga
un portafoglio di brevetti); concedere licenze di utilizzo a terzi in vista
della commercializzazione e dell'immissione sul mercato dei prodotti protetti
e, dunque, ottenere profitto dalle invenzioni messe a punto; ottenere accordi
di licenza incrociata con altre imprese che abbiano proprie tecnologie
brevettate per combinarle con le proprie al fine di offrire prodotti unici
e non copiabili; ottenere un valore maggiore e più chiaro dalla
propria impresa, in quanto il business su cui si basa è protetto
con brevetti o altri diritti di proprietà intellettuale. Soprattutto
le PMI possono ben utilizzare il sistema brevettuale al fine di mantenersi
competitive rispetto ai migliori concorrenti (incluse le grandi imprese)
in termini di business e capitalizzare in termini di valore i risultati
del proprio ingegno e delle proprie iniziative. Nel settore abbigliamento,
l'esclusività del prodotto di un brand non riguarda solo il singolo
abito, ma anche le modalità con cui esso è presentato, pubblicizzato
e venduto. A tal proposito, è necessario saper posizionare il prodotto,
ossia fare in modo che questo raggiunga un determinato risultato nel segmento
di mercato verso il quale si rivolge, sia attraverso le proprie caratteristiche,
sia mediante campagne pubblicitarie, in base alla politica di comunicazione
che sceglie l'azienda. L'obiettivo di posizionare il prodotto è quello
di ottenere che lo stesso occupi un certo spazio nella mente dei consumatori,
rendendolo diverso da quello dei concorrenti. Fondamentale è, pertanto,
l'individuazione del "marchio", un nome o un simbolo che catturi
l'attenzione del consumatore e diventi, perciò, un valore per l'impresa
e uno degli assetti principali, a patto di curarne la protezione da tutti
i punti di vista. Nel campo della moda, il marchio diventa leva strategica
per differenziare l'offerta e rendere sostenibile il vantaggio competitivo
aziendale. Un marchio di un certo prestigio, che tutela gli interessi dell'imprenditore
contro eventuali tentativi di usurpazione, influisce sulla rete per la
diffusione dell'innovazione tecnologica e della promozione commerciale,
comporta la facile individuabilità del prodotto in grado di rispondere
ad una domanda differenziata e riduce, supportato con adeguate campagne
pubblicitarie, l'asimmetria informativa determinando quella standardizzazione
di immagine che offre all'azienda la possibilità di acquisire una
maggiore capacità contrattuale con la grande distribuzione. Attualmente,
questo settore manifesta una tendenza verso la globalizzazione, avvalorata
da un progressivo omogeneizzarsi dei gusti dei consumatori, dalle
contaminazioni stilistiche e dalla concentrazione parziale della produzione.
L'internazionalizzazione, intesa come "spread" geografico ottimale
delle attività della catena del valore, in funzione della massimizzazione
del vantaggio competitivo, è oggi una necessità per tutte
le imprese. Su queste basi, la futura competitività del "fashion
business" italiano sarà legata a una strategia di differenziazione
di immagine, facente leva sì sulla produzione del capo, ma soprattutto
sullo stile e la creatività del marchio, unite a un modello di organizzazione
industriale in cui un'impresa si trasforma in un nucleo di servizi avanzati
in grado di gestire tutte le fasi del processo lavorativo, dalla creazione
alla commercializzazione. Proprio il sistema tessile-abbigliamento, un
settore tradizionale e storico della produzione industriale, offre un esempio
quanto mai efficace dei cambiamenti che sono intervenuti e che stanno avvenendo
a tutt'oggi. Occorre anche sottolineare che non sono più netti nemmeno
i confini tra i diversi settori della stessa industria. Basti pensare,
ad esempio, all'utilizzo di materiali e fissaggi nuovi, che la moda impone,
nell'abbigliamento sportivo e tecnico. Dal punto di vista delle competenze
tecnologiche, ciò implica un rapidissimo aggiornamento e relazioni
più strette, rispetto alla "old economy", con i produttori
di fibre e i laboratori dell'industria chimica. Appare necessario, di conseguenza,
compiere un salto di qualità ulteriore e più diffuso in tutto
il sistema delle imprese, in particolare nei distretti e nelle PMI, verso
la ricerca e lo sviluppo, verso l'innovazione, l'istruzione e la formazione
professionale. Le nuove sfide nel settore del tessile saranno giocate su
nano e biotecnologie, e sulla collaborazione tra imprese e Università.
I risultati concreti di studi e ricerche a livello mondiale del decennio
precedente cominciano a vedersi proprio ora, di colpo e in quantità impressionante.
Cellulari incorporati nel tessuto, vestiti in grado di resistere a temperature
estreme isolando completamente il corpo, filati che non infeltriscono,
tessuti antiusura, giubbotti con display e pannello di comandi integrati
nella manica in grado di suonare musica da cuffie che fuoriescono dal colletto,
di segnalare la posizione: questi e molti altri obiettivi, sino a poco
tempo fa assolutamente avveniristici, sono oggi possibili grazie all'applicazione
di queste nuove tecnologie che, elaborando la materia a un livello straordinariamente
piccolo (un nanometro corrisponde a un miliardesimo di metro), prospettano
una rivoluzione epocale che avrà ricadute immediate sulla competitività delle
imprese e nella vita quotidiana della gente.
La ricerca vede l'Italia in primo piano: a Torino, Milano, Napoli,
Bergamo, Perugia, le Università si muovono, ma devono trovare le
partnership con le imprese. L'intenzione è, quindi, di creare in
numerose aree del Paese poli di ricerca e di innovazione di assoluta eccellenza
a livello internazionale, allo scopo di dar vita a un circolo virtuoso
tra talenti, aziende e finanziamenti pubblici e privati capace di sviluppare
una ricerca competitiva determinando forti ricadute sul tessuto imprenditoriale.
I distretti colgono, in tal senso, una grande opportunità data dalla
presenza nel territorio proprio di quelle competenze e tecnologie che,
se messe a fattore comune, possono consentire all'industria italiana di
compiere un importante salto di innovazione e competitività. Sembrano
proprio queste, dunque, le condizioni "ambientali" necessarie
per sostenere una vera strategia nazionale dell'innovazione.
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