ARCHIVIO COSTOZERO

 
Cerca nel sito



Vai al numero in corso


  Dicembre 2012

Articoli n° 10
dicembre 2005
 

CONFINDUSTRIA - Home Page
stampa l'articolo stampa l'articolo

espansionismo della proprietÀ pubblica
interviene il presidente di confindustria

IL COMPARTO TESSILE IN CIFRE
LA CONCORRENZA TRUCCATA NON È PiÙ DI MODA

La strada per Kyoto passa dal riciclo
La fotografia di Unire sul mondo dei rifiuti


espansionismo della proprietÀ pubblica
interviene il presidente di confindustria
Sintesi della relazione di Luca di Montezemolo all’Assemblea di Federvarie a Milano il 7 novembre 2005

A cura della Redazione CostoZero Magazine

Fare impresa è avvincente. Ma la possibilità di fare impresa è messa a dura prova perché sempre più il settore pubblico sta allargando la sua sfera di interferenza con l'economia. Infatti, dopo una breve stagione di privatizzazioni e liberalizzazioni fatte sotto l'urgenza del risanamento dei conti pubblici, lo Stato è tornato a occupare spazi che aveva deciso di restituire all'iniziativa privata. Eppure, l'apertura dei mercati è condizione indispensabile per sprigionare la voglia di agire, di investire e di creare nuovi prodotti e quindi per stimolare lo sviluppo. Il ritorno del pubblico nell'economia è un dato oggettivo. È superfluo ricordare come questo fenomeno si è manifestato negli ultimi anni. Perfino per i gruppi di cui è stata privatizzata la maggioranza sono stati studiati gli strumenti per garantire comunque alla limitata presenza pubblica il diritto di determinare le decisioni più importanti. Ma il singolare, antistorico e sicuramente non utile ritorno della mano pubblica riecheggia solo in parte la stagione, che sembrava avviata verso la conclusione, delle partecipazioni statali. Stiamo assistendo al consolidamento e in qualche caso all'espansionismo della proprietà pubblica a livello locale: un vero e proprio sistema ramificato di partecipazioni locali per le quali già si parla di tante piccole Iri diffuse in tutta Italia, all'ombra di tutti i colori politici. Uno studioso del valore di Sabino Cassese, appena nominato giudice costituzionale, ha intuito con largo anticipo l'involuzione in corso parlando di "neosocialismo municipale". Mentre sembra acquisita l'esigenza di meno Stato, nella realtà si va nella direzione opposta. E chi gode di protezioni ha i profitti assicurati. Invece di dismettere partecipazioni azionarie, gli enti locali ne acquistano altre. Invece di procurare un beneficio alle casse pubbliche con le privatizzazioni, impegnano risorse consistenti per operazioni discutibili. E qualcuno arriva a sostenere che comprare azioni è un buon investimento per gli enti locali. Non so, ma certo non è un buon affare per la collettività pubblicizzare aziende locali restringendo la concorrenza e i margini di attività dell'imprenditoria privata. Regioni presenti nei consigli di amministrazione di grandi banche, Province che acquistano a debito la maggioranza di autostrade, Consigli comunali che votano mozioni per impedire la privatizzazione di aeroporti, Comuni pronti a comprare alla prima occasione utile pacchetti di aziende: attraverso gli Enti locali la presenza dello Stato in economia non solo è notevole, ma continua incredibilmente a crescere. Nei servizi pubblici locali il predominio appare senza limiti. In particolare nella distribuzione di energia i Comuni detengono il controllo di tutte le società locali: la continuità della gestione pubblica è garantita anche nei casi di alternanza alla guida delle amministrazioni. E quando si fanno fusioni tra aziende municipalizzate si studiano complicati e barocchi statuti per conservare a ogni amministrazione locale il controllo della propria rete e della fetta della propria azienda municipalizzata. Accanto alla robusta presenza diretta dello Stato in economia, è pertanto eccezionalmente consolidata quella degli enti locali: la proprietà pubblica locale ha un raggio d'azione molto ampio.

continua da pag. 1
Non andiamo oltre e fermiamoci qui. Con questo numero lasciamo la direzione di Costozero Magazine al Presidente di Confindustria Salerno Andrea Prete che, con i suoi editoriali e non solo, attrarrà ulteriore attenzione sulle problematiche dell'impresa. Lo stesso ci ha richiesto di continuare a dare un nostro contributo attraverso una rubrica all'ultima pagina, che si muoverà tra l'istituzionale e il "fuori le righe". Passeremo, inoltre, il testimone di amministratore unico di Assindustria Salerno Service al collega e amico Antonello Sada, attuale tesoriere dell'Associazione. Desideriamo ringraziare quanti hanno determinato il successo del nostro House Organ: tutti coloro che vi hanno lavorato e scritto, gli inserzionisti e i lettori.
Auguri per un felice anno nuovo e arrivederci a sabato 4 febbraio 2006.


I monopoli locali e l'interferenza politica nell'attività economica ostacolano il libero andamento del mercato e pertanto la crescita del paese. Le istanze di autonomia hanno dunque portato un risultato paradossale: invece di stimolare la voglia di fare a livello locale, hanno rafforzato le posizioni pubbliche dominanti esistenti, confermato i vecchi monopoli e alimentato la propensione ad allargarli. Invece di mirare ad arginare il potere centrale, le discussioni e i progetti relativi al federalismo hanno rinvigorito il potere locale e quindi la proprietà pubblica locale. Così dalle spinte federaliste si è passati alle grandi manovre per negare il libero mercato: da nessuna parte arriva la notizia della rinuncia a un monopolio. Anzi. E pensare che la principale motivazione del federalismo era la riduzione del settore pubblico nella vita quotidiana di ognuno di noi. Va detto a gran voce: questa speranza è stata tradita, anche e soprattutto da quella forza politica che aveva fatto del federalismo la sua bandiera. Invece di uno Stato invadente, oggi ci sono venti regioni invadenti, cento e passa province invadenti, oltre ottomila comuni che pretendono di gestire aziende e di fare i finanzieri. La logica, purtroppo, resta sempre quella dell'utilizzazione politica delle leve dell'economia. Invece di operare per promuovere la concorrenza e favorire lo sviluppo, si guarda al tornaconto immediato della propria parte politica. Ma chiediamo: è meglio un territorio che vivacchia con i monopoli pubblici di oggi o un territorio che aspira a crescere con energie fresche e competizione aperta? Le amministrazioni locali preferiscono le sicurezze delle attuali posizioni dominanti e i miopi vantaggi di determinare scelte aziendali. Che Italia stiamo costruendo? I monopoli sono il contrario del mercato. Ma sono il facile terreno di esercizio per l'interferenza politica. È un tema delicato, fondamentale. L'interferenza politica caratterizza questa stagione segnata da vicende finanziarie con rapporti anomali. Dalle municipalizzate alle banche c'è troppa voglia di piegare a fini di parte l'attività economica. È amaro dirlo dopo il riproporsi la scorsa estate del rischio di un troppo stretto rapporto tra politica e affari. Ma è un ragionamento necessario in un Paese come il nostro dove, accanto alle imprese pubbliche, troviamo forme di imprese che restano per molti aspetti valide nella nostra economia ma autoreferenziali, come le cooperative, che peraltro godono di vantaggi fiscali e amministrativi, spesso infiltrate dalla politica e con una governance inadeguata, come i recenti casi stanno a dimostrare. È un problema etico: l'interventismo in campi impropri snatura il ruolo della politica. Frena la voglia dell'imprenditoria di competere. Impedendo la competizione, nega opportunità per la creazione di posti di lavoro e per la crescita. Provoca concorrenza sleale: il sostegno alle imprese "amiche" va a danno di tutte le altre. Non è etico che un'azienda pubblica faccia lavorare chi è gradito politicamente. Non è etico far decollare società formalmente a capitale pubblico-privato, come accade a Palermo, ma in realtà concepite essenzialmente per effettuare assunzioni a carico della collettività. Non è etico togliere ossigeno alle imprese private facendo concorrenza con quelle pubbliche o perpetuando i monopoli. Non è etico assegnare senza gara appalti e forniture, come troppo spesso succede a livello locale. Non è etica qualunque turbativa extra mercato per le operazioni finanziarie. Politica e affari devono restare sempre distinti, a Roma come in periferia. La corretta concorrenza è un valore importante. È un'esigenza ineludibile. Le imprese pagano costi troppo elevati per la mancanza di concorrenza: per i servizi professionali che comportano oneri enormi come per l'energia i cui prezzi sono da primato in Europa. Costi troppo elevati riducono la possibilità di crescere. L'Italia può tornare a un buon tasso di sviluppo solo con un elevato grado di competizione. E liberando risorse in un momento in cui, invece, si verifica un'esagerata espansione dei costi della politica. È necessaria una riflessione sulle privatizzazioni e sulle liberalizzazioni. Come mai da un forte favore dell'opinione pubblica a favore di questi processi, oggi si assiste quasi supinamente al ritorno del dominio pubblico, alle interferenze palesi tra politica ed affari, all'indifferenza verso conflitti di interesse eclatanti? Appare in parte tradita l'aspettativa dei consumatori di poter beneficiare di prezzi più bassi e di servizi di migliore qualità. Se si fa eccezione delle telecomunicazioni, settore in cui fra l'altro la tecnologia sta abbattendo i costi ovunque, dobbiamo avere il coraggio di ammettere che i consumatori hanno avuto pochi benefici. Che si tratti di energia, che continua a costare elevata per gli italiani, che si parli di autostrade, di servizi aeroportuali, di banche, di trasporti, ecc., i vantaggi non appaiono evidenti. Segno che le privatizzazioni non sono state accompagnate da concreti disegni di liberalizzazione e che le molte authority costruite allo scopo non hanno funzionato come avrebbero dovuto. È anche da qui che dobbiamo ripartire, per evitare che le delusioni delle privatizzazioni facciano tornare la febbre a favore dello Stato, con il risultato di far precipitare nuovamente il nostro paese ai margini dello sviluppo. In questi anni le promesse di liberismo si sono tradotte nella grande, inaccettabile, rivincita della presenza pubblica in economia. Le liberalizzazioni sono state trascurate a livello centrale e ignorate a livello locale. Troppe protezioni ci sono ancora: dai servizi alle professioni. Com'è pensabile, per esempio, immaginare di vivere in Europa ipotizzando regole regionali per le professioni? Si avvicinano le elezioni con un bilancio più che deludente per l'eccessiva e addirittura crescente presenza pubblica in economia. Ma si avvicinano anche con un grosso timore per quello che accadrà: c'è davvero la voglia di modernizzare il mercato come servirebbe? C'è davvero l'intenzione di favorire la competizione? Non sembrerebbe. Le vicende di questi giorni non rappresentano la strada giusta. Se questo è il buongiorno, è difficile coltivare la speranza nel cambiamento. Sia il centrodestra che il centrosinistra continuano a dare cattivi esempi. A tutte le forze politiche indistintamente, all'attuale maggioranza come all'attuale opposizione, la Confindustria chiede un impegno serio per chiudere la stagione dei monopoli e aprire sempre più il mercato. Sarebbe un bene per l'impresa e per tutti i lavoratori. Sarebbe un bene per i conti pubblici. E per la politica che si concentrerebbe sui suoi compiti più alti. La ricerca del consenso avrà a cuore il futuro o i privilegi? Il vero perno dell'ulteriore modernizzazione del paese è il superamento del mercato riservato a pochi, esclusivo e chiuso».

 

Questionario di gradimento Costozero 2000/2005
Libro di Antonio Paravia


Download PDF
Costozero: scarica la rivista in formato .pdf
Dicembre - 1.975 Kb
 

Cheap oakleys sunglassesReplica Watcheswholesale soccer jerseyswholesale jerseysnike free 3.0nike free runautocadtrx suspension trainingbuy backlinks
Direzione e Redazione: Assindustria Salerno Service s.r.l.
Via Madonna di Fatima 194 - 84129 Salerno - Tel. (++39) 089.335408 - Fax (++39) 089.5223007
Partita Iva 03971170653 - redazione@costozero.it