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  Dicembre 2012

Articoli n° 10
dicembre 2005
 

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A cura dell'Associazione Studi e Ricerche per il Mezzogiorno - Area Comunicazione

RISORSE IDRICHE
IL MECCANISMO DELLA GARA
Cause e possibili spiegazioni di un percorso accidentato

Francesco Saverio Coppola
Direttore dell'Associazione Studi e Ricerche per il Mezzogiorno
segreteria@srmezzogiorno.it

L'Associazione SRM nell'ambito del focus dedicato alle aziende di distribuzione idrica, contenuto nella ricerca che sta ultimando sulle Public Utilities, ha approfondito la tematica dell'affidamento del servizio idrico integrato tramite gara. La normativa attualmente in vigore prevede che l'ATO (Ambito Territoriale Ottimale) affidi il servizio idrico integrato scegliendo tra le seguenti modalità: l'espletamento di gara con procedura a evidenza pubblica; l'affidamento diretto a società interamente pubblica (in house) o a società mista pubblico-privato, con individuazione del socio privato mediante gara. Circa la metà degli Ambiti attualmente insediati ha optato per l'affidamento diretto e solo pochi ATO per la gara a evidenza pubblica. L'esame condotto sulla totalità degli affidamenti effettuati ci ha portato ad approfondire il meccanismo della gara e ad analizzarne il grado di diffusione e le criticità di applicazione. Esaminando le cifre relative alle gare espletate, su 76 ATO che hanno approvato i piani d'ambito, meno di un terzo ha bandito una gara. Da sottolineare subito una particolarità geografica: ad avviare le procedure sono state soltanto regioni del Centro Sud. In particolare le più prolifiche di gare sono la Sicilia e la Toscana; tra le due, però, c'è una rimarcata differenza riguardante l'esito delle partecipazioni, negativo nella prima, molto positivo, invece, nella seconda. Gli ATO toscani sono stati i primi ad affidare il servizio idrico integrato mediante gara, dunque i primi a cedere parte del governo dell'acqua ai privati. Discorso opposto per gli ATO siciliani, tra di essi solo a Enna la gara d'appalto è andata a buon fine. Le Autorità d'Ambito continuano ad avere difficoltà nel trovare concorrenti sia per l'assenza in loco di aziende che possiedano i requisiti richiesti, sia per lo scarso interesse delle aziende "esterne" ad affacciarsi su di un mercato estremamente frammentato. Nonostante vi siano da più parti spinte concrete alla liberalizzazione del settore, non ultime quelle dello stesso Ministero dell'Ambiente, il processo stenta ancora a decollare e partecipare alle gare non risulta conveniente. Se le gare per l'individuazione del gestore unico sono molto spesso deserte, le motivazioni sono di diversa natura. Le cause possono essere distinte in due gruppi: alcune più propriamente strutturali e altre di tipo tecnico-operativo. Tra le prime bisogna annoverare la scarsa redditività del mercato legata all'inadeguatezza delle tariffe in vigore. Le gare vengono considerate poco remunerative in primis proprio per il livello tariffario vigente, fortemente al di sotto della media europea e fermo al 2002, ma soprattutto svincolato dagli obiettivi e dalle strategie aziendali e non correlabile con i reali costi di investimento e di esercizio in quanto deciso periodicamente dal Cipe. Un altro importante paletto all'ingresso degli investitori, sia italiani che stranieri, è l'incertezza del contesto legislativo nel quale si muovono i servizi pubblici. La legge Galli (L. 36/94) per la riforma del settore idrico ha manifestato in undici anni numerose difficoltà sia sul piano procedurale che su quello applicativo. La prima fase della legge, ovvero la costituzione degli ambiti territoriali e la stesura del Piano d'ambito, può dirsi giunta quasi a completamento in tutte le regioni, ma le modifiche alla legge originaria intervenute in questi ultimi anni hanno ulteriormente condizionato e reso difficile il cammino degli enti locali. Un siffatto stato di cose rende praticamente impossibili pianificazioni di lungo periodo. Terzo ostacolo è la "paura" del privato. L'ingresso dei privati nella gestione dell'acqua è un tema attuale e sta alimentando un dibattito dai toni spesso infuocati. Se da un lato tariffe inadeguate e volatilità del quadro normativo scoraggiano l'ingresso di operatori nazionali ed esteri, c'è da dire anche che spesso nulla viene fatto volutamente, perché sia sul piano economico che su quello politico e culturale, il privato viene visto come una minaccia alla salvaguardia di un bene sociale come l'acqua. In ultimo, tra le difficoltà più strettamente operative consideriamo i tempi decisamente ristretti a disposizione dei concorrenti per studiare la gara e predisporre la relativa offerta; mediamente si tratta di 50/60 giorni, con qualche eccezione di 30 e 27 giorni e una di 120 come tempo massimo. Se da un lato in chi ostacola il processo di privatizzazione si trova una certa forma di assenso tacito per la disordinata e caotica situazione attuale, dall'altro c'è chi sollecita un nuovo approccio al problema per tentare di superare lo stallo e rendere l'ingresso ai privati più attrattivo. Una possibile strada da percorrere sarebbe puntare maggiormente sull'aspetto gestionale privilegiando manutenzioni e interventi mirati, escludendo le azioni a tappeto in modo da ridurre significativamente il volume degli investimenti. Procedendo in questa direzione, un ulteriore passo in avanti sarebbe quello di concordare esattamente ogni intervento mirato con il socio privato, dando la possibilità, a quest'ultimo, di fare anche proposte migliorative rispetto ai provvedimenti previsti nel Piano d'Ambito. Stimolando le capacità e le competenze dei privati in gara, si potrebbero ottenere gli stessi obiettivi di qualità del servizio previsti ma con il minore impiego di risorse finanziarie. La via tracciata non è certo tanto agevole; agire insieme vuol dire infatti mediare tra esigenze contrastanti, da un lato quelle del privato che punta a realizzare gli interventi che massimizzano i flussi di cassa (quali l'eliminazione delle perdite e i sistemi di misurazione dei consumi), dall'altro quelle dell'Autorità d'Ambito che spinge per la copertura del servizio nelle aree marginali o per gli adempimenti nel settore fognario e depurativo. Sfruttare le sinergie con il privato potrebbe essere, dunque, la chiave di volta per attrarre i potenziali gestori, coinvolgendoli anche in fasi che precedono la gara, nei sopralluoghi di reti e impianti, cosicché anche per loro sia più semplice proporre un'offerta "misurata" alle reali necessità del servizio e delle infrastrutture da gestire.

Questionario di gradimento Costozero 2000/2005
Libro di Antonio Paravia


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