A cura dell'Associazione
Studi e Ricerche per il Mezzogiorno - Area Comunicazione
RISORSE IDRICHE
IL MECCANISMO DELLA GARA
Cause e possibili spiegazioni di
un percorso accidentato
Francesco Saverio Coppola
Direttore dell'Associazione Studi e Ricerche per il Mezzogiorno
segreteria@srmezzogiorno.it
L'Associazione SRM nell'ambito del focus dedicato alle
aziende di distribuzione idrica, contenuto nella ricerca che sta ultimando
sulle Public Utilities, ha approfondito la tematica dell'affidamento del
servizio idrico integrato tramite gara. La normativa attualmente in vigore
prevede che l'ATO (Ambito Territoriale Ottimale) affidi il servizio idrico
integrato scegliendo tra le seguenti modalità: l'espletamento di
gara con procedura a evidenza pubblica; l'affidamento diretto a società interamente
pubblica (in house) o a società mista pubblico-privato, con individuazione
del socio privato mediante gara. Circa la metà degli Ambiti attualmente
insediati ha optato per l'affidamento diretto e solo pochi ATO per la gara
a evidenza pubblica. L'esame condotto sulla totalità degli affidamenti
effettuati ci ha portato ad approfondire il meccanismo della gara e ad
analizzarne il grado di diffusione e le criticità di applicazione.
Esaminando le cifre relative alle gare espletate, su 76 ATO che hanno approvato
i piani d'ambito, meno di un terzo ha bandito una gara. Da sottolineare
subito una particolarità geografica: ad avviare le procedure sono
state soltanto regioni del Centro Sud. In particolare le più prolifiche
di gare sono la Sicilia e la Toscana; tra le due, però, c'è una
rimarcata differenza riguardante l'esito delle partecipazioni, negativo
nella prima, molto positivo, invece, nella seconda. Gli ATO toscani sono
stati i primi ad affidare il servizio idrico integrato mediante gara, dunque
i primi a cedere parte del governo dell'acqua ai privati. Discorso opposto
per gli ATO siciliani, tra di essi solo a Enna la gara d'appalto è andata
a buon fine. Le Autorità d'Ambito continuano ad avere difficoltà nel
trovare concorrenti sia per l'assenza in loco di aziende che possiedano
i requisiti richiesti, sia per lo scarso interesse delle aziende "esterne" ad
affacciarsi su di un mercato estremamente frammentato. Nonostante vi siano
da più parti spinte concrete alla liberalizzazione del settore,
non ultime quelle dello stesso Ministero dell'Ambiente, il processo stenta
ancora a decollare e partecipare alle gare non risulta conveniente. Se
le gare per l'individuazione del gestore unico sono molto spesso deserte,
le motivazioni sono di diversa natura. Le cause possono essere distinte
in due gruppi: alcune più propriamente strutturali e altre di tipo
tecnico-operativo. Tra le prime bisogna annoverare la scarsa redditività del
mercato legata all'inadeguatezza delle tariffe in vigore. Le gare vengono
considerate poco remunerative in primis proprio per il livello tariffario
vigente, fortemente al di sotto della media europea e fermo al 2002, ma
soprattutto svincolato dagli obiettivi e dalle strategie aziendali e non
correlabile con i reali costi di investimento e di esercizio in quanto
deciso periodicamente dal Cipe. Un altro importante paletto all'ingresso
degli investitori, sia italiani che stranieri, è l'incertezza del
contesto legislativo nel quale si muovono i servizi pubblici. La legge
Galli (L. 36/94) per la riforma del settore idrico ha manifestato in undici
anni numerose difficoltà sia sul piano procedurale che su quello
applicativo. La prima fase della legge, ovvero la costituzione degli ambiti
territoriali e la stesura del Piano d'ambito, può dirsi giunta quasi
a completamento in tutte le regioni, ma le modifiche alla legge originaria
intervenute in questi ultimi anni hanno ulteriormente condizionato e reso
difficile il cammino degli enti locali. Un siffatto stato di cose rende
praticamente impossibili pianificazioni di lungo periodo. Terzo ostacolo è la "paura" del
privato. L'ingresso dei privati nella gestione dell'acqua è un tema
attuale e sta alimentando un dibattito dai toni spesso infuocati. Se da
un lato tariffe inadeguate e volatilità del quadro normativo scoraggiano
l'ingresso di operatori nazionali ed esteri, c'è da dire anche che
spesso nulla viene fatto volutamente, perché sia sul piano economico
che su quello politico e culturale, il privato viene visto come una minaccia
alla salvaguardia di un bene sociale come l'acqua. In ultimo, tra le difficoltà più strettamente
operative consideriamo i tempi decisamente ristretti a disposizione dei
concorrenti per studiare la gara e predisporre la relativa offerta; mediamente
si tratta di 50/60 giorni, con qualche eccezione di 30 e 27 giorni e una
di 120 come tempo massimo. Se da un lato in chi ostacola il processo di
privatizzazione si trova una certa forma di assenso tacito per la disordinata
e caotica situazione attuale, dall'altro c'è chi sollecita un nuovo
approccio al problema per tentare di superare lo stallo e rendere l'ingresso
ai privati più attrattivo. Una possibile strada da percorrere sarebbe
puntare maggiormente sull'aspetto gestionale privilegiando manutenzioni
e interventi mirati, escludendo le azioni a tappeto in modo da ridurre
significativamente il volume degli investimenti. Procedendo in questa direzione,
un ulteriore passo in avanti sarebbe quello di concordare esattamente ogni
intervento mirato con il socio privato, dando la possibilità, a
quest'ultimo, di fare anche proposte migliorative rispetto ai provvedimenti
previsti nel Piano d'Ambito. Stimolando le capacità e le competenze
dei privati in gara, si potrebbero ottenere gli stessi obiettivi di qualità del
servizio previsti ma con il minore impiego di risorse finanziarie. La via
tracciata non è certo tanto agevole; agire insieme vuol dire infatti
mediare tra esigenze contrastanti, da un lato quelle del privato che punta
a realizzare gli interventi che massimizzano i flussi di cassa (quali l'eliminazione
delle perdite e i sistemi di misurazione dei consumi), dall'altro quelle
dell'Autorità d'Ambito che spinge per la copertura del servizio
nelle aree marginali o per gli adempimenti nel settore fognario e depurativo.
Sfruttare le sinergie con il privato potrebbe essere, dunque, la chiave
di volta per attrarre i potenziali gestori, coinvolgendoli anche in fasi
che precedono la gara, nei sopralluoghi di reti e impianti, cosicché anche
per loro sia più semplice proporre un'offerta "misurata" alle
reali necessità del servizio e delle infrastrutture da gestire.
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