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  Dicembre 2012

Articoli n° 10
dicembre 2005
 

L'Impresa di cucinare - Home Page
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IL “VICOLO DELLA NEVE” DI SALERNO
LA vera CUCINA SALERNITANA ABITA QUI
La memoria gastronomica della città rivive nello storico ristorante di Matteo Bonavita

Ferdinando Cappuccio
Cultore di enogastronomia
ferdinando.cappuccio@banca.mps.it





«…Straniero, se passi a Salerno
in una notte d'inverno
di luna a mezzo febbraio,
se vedi il bianco fornaio
che batte le mani sul tondo
di quella faccia cresciuta,
ascolta venire dal fondo
degli anni la voce perduta.
L'odore di menta t'invita,
la tavola bianca, la stanza
confusa dell'abbondanza…

...in quell'odore di forno
per qualche sera la vita
si scalda con le sue mani
a quegli accordi lontani
del tempo che fu…»

versi tratti da “Il Vicolo della neve” di Alfonso Gatto

Il nostro grande poeta Alfonso Gatto, in maniera sublime, nella poesia che apre l’articolo, ha indicato a quanti visitano la nostra città uno dei modi per entrare nella sua anima: recarsi al Vicolo della Neve e, dopo aver osservato attentamente l'insieme del vicolo, cercando intelligentemente memorie del “tempo che fu”, unirsi agli avventori ed entrare nel locale lì situato per gustare la vera cucina salernitana. La trattoria è la più antica della città (qualcuno ritiene che già nel trecento esistesse colà un punto di ristoro) e ha il merito di una cucina sempre uguale che permette, di generazione in generazione, di poter gustare prelibatezze semplici, ma ormai desuete. Non si può prenotare, ma si deve fare allegramente la fila, mentre i camerieri con abitudine e sagacia riescono a ordinarla perfettamente. Non esistono corsie preferenziali perché tutti i clienti per Matteo Bonavita, patron del Vicolo della Neve, sono uguali e vanno soddisfatti sin dall'accoglienza. Mentre sarete in attesa vi capiterà naturalmente di socializzare con gli altri immergendovi in quell'atmosfera di aggregazione che è la sintesi del Vicolo della Neve.

Una volta seduti, il tovagliato non sarà di gran classe, ma pulito; non troverete giusti bicchieri da vino, ma, in compenso, sarete immediatamente pervasi da una gioiosa e calda atmosfera e incomincerete, così, il vostro viaggio culinario che vi porterà a gustare cibo e "memorie". Aspettando di essere serviti sarà bello pensare che quel che mangiate, proprio lì dove siete seduti, è stato gustato da tanti altri, illustri sconosciuti o persone importanti (Vittorio Emanuele Orlando, Giovanni Amendola, Alfonso Gatto, Adolfo Cilento, Oriol Bohigas e altri), e vi renderete conto dell'importanza di valorizzare e conservare un locale come questo. Vi domanderete allora (se non lo sapete già) il perché del nome e scoprirete che esso è frutto della vendita che si effettuava un secolo fa, quando non esistevano i frigoriferi, della neve per uso domestico. Scoprirete poi il bel dipinto, rappresentante l'inferno di Clemente Tafuri, al cui riguardo, qualche salernitano più anziano vi potrà raccontare che è soltanto una piccola parte della preziosa opera che abbelliva i muri qualche anno fa.

Dopo aver nutrito con grande copiosità la mente, incomincerete il vostro percorso gastronomico, consigliati da Matteo che dagli anni '50 ha rilevato il locale e ha raccolto le tradizioni culinarie di Sciacquariello e Peppiniello. Potete optare per la pizza salernitana (morbida e sottile all'interno con un alto e soffice cornicione), così diversa dal sapore dei pizza-food imperanti, o vi potrete far tentare dal calzone, prelibatezza preferita da Enrico Caruso, con la scarola o con mozzarella, uova (è uno dei pochi locali dove è ancora inserito questo ingrediente!) e salame. Oppure incomincerete con il polpo verace bollito, di grande tenerezza, servito semplicemente con olio e limone, in maniera da lasciare inalterato il sapore del mare. Arriverà successivamente la pasta e fagioli, cotta nel pomeriggio in maniera che si possa "azzeccare" e poi ripassata in forno al momento del servizio. Intelligentemente chiedetevi del perché dell'utilizzo della pasta mischiata, o meglio degli spezzoni; capirete che oltre la gran capacità di amalgama di quel tipo di pasta con i legumi, essa era caratteristica dell'economia di un tempo che vietava il consumo non oculato (oh la gran Italia del dopoguerra!). Seguirà poi il baccalà, alto e morbido con le patate, le polpette di carne dalla trama stretta, la ricca ciambotta, piatto povero ma gustosissimo di ortaggi e patate, la parmigiana di melanzane con la salsa odorosa di basilico e la mozzarella filante. E poi ancora il peperone imbottito, ricco di sapore, con un impasto di pane, olive, capperi, e le salsicce di maiale preparate a "punta di coltello", e cotte al forno con i broccoli. E poi un consiglio: al di fuori dei soliti grandi piatti chiedete la carne alla pizzaiola, un piatto antico purtroppo divenuto inusuale sulle nostre tavole. Nato dal bisogno di salvare la carne comprata da qualche giorno e non utilizzata (all'epoca non c'erano i frigoriferi), "stordendola", essa rappresenta, assieme alla braciola e alle polpette con il ragù, l'unica vera nostra tradizione nella cultura delle carni. Il perfetto sughetto con pomodoro e abbondante origano, la bistecca con l'osso di gran sapore, la cottura al forno a legna, rendono questo piatto memorabile. Per finire poi si potranno gustare i dolci di Mario Pantaleone, altra gloria cittadina nel campo della pasticceria, che ben si sposano con la filosofia del locale di Matteo. I vini proposti, com'è giusto, sono in massima parte campani, con buoni aglianici ricaricati nel prezzo molto onestamente, così come è onestissimo il conto finale. Recatevi al Vicolo Della Neve con "stranieri" intelligenti, con gli amici e soprattutto con i figli, cercando di far capire loro che attraverso la cucina si può conoscere un popolo e la sua storia.


Questionario di gradimento Costozero 2000/2005
Libro di Antonio Paravia


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