il piano urbanistico di salerno
alcuni aspetti da approfondire
La nuova regolamentazione sarà positiva se fondata su procedure
partecipative
Antonio
Lombardi
Presidente ANCE
info@costruttori.sa.it
Un nuovo piano regolatore generale ha in sé enormi potenzialità che
vanno ben oltre la mera regolamentazione urbanistica, ancor
più quando contiene elementi di grande innovazione come
quello prescelto dal Comune di Salerno. Discutere di un piano
regolatore generale vuol dire sempre più aprire la città al
territorio, pianificare le strade, reali o potenziali, dello
sviluppo; significa pianificare un'economia socialmente e culturalmente
compatibile, progettare gli spazi della città in cui
vivere, socializzare, muoversi, riflettere; in cui esprimere
appieno la propria creatività. Nel contempo un piano
regolatore generale vuol dire sempre meno indici di edificabilità,
destinazione delle aree, astrusi calcoli di superfici e volumetrie.
Il nuovo Piano Regolatore di Salerno, o Piano Urbanistico Comunale
per recepire la nuova definizione introdotta dalla L.R. n.16/2004,
credo risponda nelle sue linee cardine a questa rinnovata filosofia
urbanistica. Lo riteniamo estremamente interessante per lo
sviluppo della città e, quando esso sarà operativo,
schiuderà senza dubbio una stagione della dinamicità e
del movimento che attrarrà in città capitali
e imprenditorialità vera. Certo permangono alcuni aspetti
che meritano approfondimento, sui quali auspichiamo una fase
di confronto. La norma sulla monetizzazione degli standard,
ad esempio, è troppo lacunosa sui criteri basilari affinché le
aree offerte non possano essere rifiutate dal Comune. Dubbi
persistono anche sulla revisione periodica del valore delle
aree a standard da parte del Comune, che pure non dovrebbe
prescindere da una periodica verifica con gli operatori del
settore. Non condividiamo, inoltre, le disposizioni eccessivamente
vincolistiche che, per alcune zone, impongono una monofunzionalità non
in linea con le esigenze di elasticità degli operatori.
Occorre, al contrario, spingere per la realizzazione di attività commerciali
di vicinato e di attività di servizio ai piani terra.
Sui Pip abbiamo rimarcato alcune incongruenze o addirittura
palesi violazioni rispetto alla normativa regionale, con possibilità concessorie
che raggiungono un indice di copertura dei lotti fondiari destinati
a investimenti produttivi dell'80-85%, laddove la L.R. pone
un vincolo del 50%. Per non parlare del ruolo della finanza
di progetto che altrove in Italia costituisce la regola, mentre
a Salerno non è minimamente considerata. Ulteriori contraddizioni
le abbiamo riscontrate per l'area di Santa Teresa, nella parte
in cui lo strumento disciplina le caratteristiche delle aree
di trasformazione. Vi sarebbero anche incongruenze nel calcolo
quantitativo degli standard, che determinati inizialmente,
nel paragrafo 2 della Relazione descrittiva in 2,7 milioni
di mc diventano poi, al c. 7.2 della medesima relazione, poco
più di 2 milioni. Come pure incongruenze vi sono nel
calcolo delle aree destinate a standard locali. Questa doverosa
premessa non vuole, tuttavia, intaccare più di tanto
il nostro giudizio sulla nuova regolamentazione, che rimane
positivo e che, chiarite queste perplessità, è destinata
a far affiorare quelle potenzialità di sviluppo fino
a oggi latenti. Piuttosto queste considerazioni vogliono auspicare
che d'ora in poi si schiuda una fase di dibattito con il territorio
per la concreta attuazione del Puc. Altrove, in Italia, è stata
colta appieno l'estrema valenza di meccanismi partecipativi
nelle fasi deliberative e attuative. È maturo il convincimento
che la regolamentazione urbanistica oggi come ieri mal si concili
con una società in continua evoluzione: ciò per
una tempistica procedurale improponibile per qualsivoglia intervento.
Un Piano regolatore generale tradizionale è oggi assolutamente
inidoneo, e la città di Salerno lo ha avuto sperimentato
sulla sua pelle, a governare le trasformazioni urbane. Occorre
quindi ricercare e attuare procedure partecipative e democratiche,
per addivenire a percorsi concertati che da un lato facilitino
il compito a tutti gli operatori economici e sociali, dall'altro
consentano alle amministrazioni una celere e soddisfacente
attuazione delle diverse progettualità in essere. La
concertazione deve coinvolgere tutte le procedure di definizione,
approvazione e attuazione dei Puc. Il territorio deve essere
protagonista attivo della sua trasformazione e perché ciò possa
avvenire è necessaria un'ampia e concertata partecipazione
di tutti i soggetti che su di esso operano. Esistono già esperienze
in grandi città italiane che dimostrano in maniera inconfutabile
come la partecipazione del territorio e la concertazione nell'attuazione
degli strumenti urbanistici producano effetti positivi su tempistica
e procedure. La concertazione, dove è stata concretamente
attuata, è riuscita a realizzare un altrimenti improponibile
equilibrio tra studi teorici e concreta immersione degli stessi
nelle pratiche quotidiane. Due esempi emblematici sono quelli
di Roma e Milano. A Roma la costituzione dei laboratori è riuscita
ad attivare una proficua collaborazione di cittadini, imprese,
sindacati, associazioni di categoria sui più rilevanti
strumenti e interventi di trasformazione: contratti di quartiere,
programmi di riqualificazione urbana, project financing relativi
ai programmi di intervento sugli edifici dismessi o in via
di dismissione, piani parcheggi, eccetera. La partecipazione
ha abbracciato anche altri processi che pure influiscono sulle
scelte urbanistiche: proposte progettuali, osservatori, documenti
di indirizzo, valutazione. I risultati positivi, in pochi mesi,
non sono mancati e hanno messo in moto interventi infrastrutturali
anche estremamente complessi che coinvolgono una pluralità di
soggetti in un clima collaborativo che ha condizionato il celere
espletamento dei percorsi burocratici. Un'analoga esperienza è stata
realizzata anche dal Comune di Milano che pure grazie a questa
sorta di apertura partecipativa nel settore urbanistico ai
vari soggetti che operano sul territorio, ha potuto avviare
interventi infrastrutturali di rilevanza addirittura europea.
Riteniamo, quindi, forti di queste pregresse positive esperienze,
che a Salerno vadano creati contesti di interazione che mettano
in relazione società civile e istituzione/amministrazione.
Si tratta di attivare processi costruttivi che diano sbocco
effettuale ai contributi critici e propositivi della società civile
e del sistema delle imprese e che, nel contempo, rendano viva
la normativa urbanistica. Il Piano Regolatore deve, insomma,
divenire uno strumento in continuo aggiornamento, grazie anche
all'inserimento di varianti e delle relative norme tecniche
di attuazione, che tenga conto dell’incessante mutare
dei complessi elementi che costituiscono il fenomeno urbano,
come pure del quadro legislativo di riferimento. La partecipazione
consente, in conclusione, una predisposizione e un aggiornamento
continuo degli strumenti di pianificazione strategica e generale
per il governo del territorio. Ma è necessario che la
concertazione rappresenti la base strutturale e funzionale
definitiva per un salto di qualità dell'intero sistema
politico, economico e produttivo del territorio. Solo così l'intero
sistema sociale può divenire realmente artefice e protagonista
di uno sviluppo rapido e duraturo.
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