Nella seduta del 5 ottobre scorso, il Consiglio dei Ministri ha approvato
uno schema di decreto legislativo che attua la delega pensionistica,
ai sensi della legge n. 243/2004, in materia di totalizzazione dei periodi
assicurativi. Precisiamo che l'istituto in oggetto consiste nella facoltà concessa
al lavoratore che nel corso della propria vita lavorativa, avendo svolto
attività diverse, è stato iscritto a più gestioni previdenziali,
di utilizzare i diversi periodi contributivi ai fini del calcolo di
un unico trattamento pensionistico, il cui onere è posto proporzionalmente
a carico delle singole gestioni alle quali ha versato la propria contribuzione.
L'istituto della totalizzazione in Italia affonda le radici nella pronuncia
della Corte Costituzionale n. 61 del 1999 che ha dichiarato costituzionalmente
illegittimi gli articoli 1 e 2 della legge n. 45/90 nella parte in
cui non prevedono, in alternativa alla ricongiunzione onerosa un meccanismo
di cumulo gratuito in favore dell'assicurato che non abbia maturato il diritto
a un trattamento pensionistico in alcuna delle gestioni nelle quali è o è stato
iscritto. Il primo intervento normativo che ha disciplinato la totalizzazione è stata
la legge n. 388/2000, la quale prevedeva che la stessa fosse esercitabile
esclusivamente per l'accesso alla pensione di vecchiaia e inabilità e
a condizione che l'assicurato non potesse conseguire alcun trattamento
in nessuna delle gestioni in cui avesse versato la contribuzione. Con la
legge n. 243/2004 di riforma previdenziale, il legislatore ha inteso estendere
l'ambito di applicazione della disciplina, allargando la platea dei
destinatari e rimuovendo alcuni requisiti ostativi. Lo schema di decreto,
all'articolo 1, nel fissare il principio che la prestazione da totalizzazione è unica,
definisce l'ambito di applicazione dell'istituto relativamente alle
pensioni di anzianità e vecchiaia, individuando le forme pensionistiche
obbligatorie nelle quali opera e i soggetti destinatari della totalizzazione,
ossia gli iscritti a due o più forme pensionistiche che, sulla base
dei periodi di assicurazione e contribuzione non coincidenti singolarmente
considerati, non siano già titolari di trattamento pensionistico autonomo
presso una qualsiasi gestione previdenziale. Restano esclusi dalla totalizzazione
i periodi assicurativi di durata inferiore a sei anni, in quanto darebbero
luogo a pensioni molto esigue, per i quali il legislatore ha ritenuto
che possa continuare a operare utilmente il solo istituto della ricongiunzione.
Per esercitare la facoltà in oggetto, il legislatore ha stabilito
dei requisiti omogenei che prescindono dalla specificità delle diverse
gestioni presso le quali risulta iscritto l'interessato. In particolare,
il soggetto interessato deve aver compiuto il 65° anno di età e
poter far valere un'anzianità contributiva di almeno 20 anni, ovvero,
indipendentemente dall'età anagrafica deve aver accumulato un'anzianità contributiva
di 40 anni. Inoltre, devono sussistere gli ulteriori requisiti, diversi
da quelli di età e anzianità contributiva previsti dai rispettivi
ordinamenti per l'accesso alla pensione di vecchiaia. Lo schema fissa,
poi, la disciplina della totalizzazione ai fini della pensione di inabilità e
ai superstiti. Per quanto riguarda la prima, viene stabilito che il
diritto al trattamento è conseguito in base ai requisiti di assicurazione
e contribuzione richiesti nella forma pensionistica nella quale il
lavoratore è iscritto
al verificarsi dello stato invalidante. Con riferimento alla seconda, è stabilito
che il diritto, esercitabile per i decessi occorsi a decorrere dall'entrata
in vigore della nuova disciplina, è conseguito in base ai requisiti
di assicurazione e contribuzione richiesti nella forma pensionistica
nella quale il dante causa era iscritto al momento della morte. Per quanto
riguarda l'esercizio del diritto, la totalizzazione dei periodi assicurativi è conseguibile
a domanda, da presentare all'Ente previdenziale gestore della forma
assicurativa in cui il lavoratore è da ultimo iscritto: tale ente
promuove il procedimento. Le gestioni interessate, ciascuna per la parte
di propria competenza, determinano il trattamento pro quota in rapporto ai
rispettivi periodi di iscrizione maturati, ma il pagamento degli importi
liquidati dalle singole gestioni è effettuato
dall'INPS, che stipulerà con gli enti interessati apposite convenzioni.
La misura del trattamento a carico degli enti previdenziali pubblici è determinata
esclusivamente con le regole del sistema contributivo. Per gli enti
previdenziali privatizzati ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1994,
n. 509 (es. Cassa Previdenza Avvocati, Dottori Commercialisti, ecc.), la
misura del trattamento è determinata
con le regole del sistema di calcolo contributivo sulla base dei seguenti
parametri: a) ai fini della determinazione del montante contributivo
si considerano i contributi soggettivi versati all'iscritto, entro il tetto
reddituale, ove previsto, preso a riferimento per il calcolo delle prestazioni
secondo i rispettivi ordinamenti, ivi compresi quelli versati a titolo di
riscatto. Restano escluse dal computo le contribuzioni versate a titolo integrativo
e di solidarietà; b) il tasso annuo di capitalizzazione dei contributi è pari
al 90% della media quinquennale del tasso di rendimento netto del patrimonio
investito con riferimento al quinquennio precedente l'anno da rivalutare. É comunque
garantito un tasso minimo annuo di capitalizzazione pari all'1,5%.
Per le annualità antecedenti la privatizzazione di ciascun ente, il
tasso di capitalizzazione è pari alla variazione media quinquennale
del PIL; c) l'importo della pensione annua è determinato moltiplicando
il montante individuale, così come sopra determinato, per il coefficiente
di trasformazione relativo all'età del soggetto al momento del pensionamento
previsto nella tabella "a" allegata alla legge n.335/95; d) la
quota di pensione viene poi maggiorata in relazione all'anzianità contributiva
maturata presso l'ente categoriale, utilizzando un algoritmo (riportato
nello schema di decreto) che riproporziona gradualmente il calcolo contributivo
a quello retributivo fino a giungere alla totale equiparazione a partire
dai 29 anni di iscrizione alla Cassa. Tale disposizione consente un
contenimento degli oneri a carico delle gestioni previdenziali, sia pubbliche
che private, in linea con l'esigenza di non compromettere la loro sostenibilità finanziaria
e nel rispetto dell'autonomia gestionale delle Casse di previdenza
per i liberi professionisti.
In conclusione, possiamo ritenere che il provvedimento costituisce
un arricchimento delle tutele previdenziali per tutti i lavoratori e soprattutto
per i giovani, sempre più interessati da "processi di mobilità" del
lavoro.
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