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  Dicembre 2012

Articoli n° 3
APRILE 2005
 
CREDITO & FINANZA - Home Page
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IL FINANZIAMENTO DEI SOCI
LA COMPARSA NEL “NUOVO CODICE CIVILE”

RIFORMA DEGLI INCENTIVI ALLE IMPRESE
MISURE PER LA COMPETITIVITÀ

IL FINANZIAMENTO DEI SOCI
LA COMPARSA NEL “NUOVO CODICE CIVILE”
L’amministratore deve evitare che il rimborso possa essere dichiarato illecito

Luigi Lamberti
Componente Ordine Dottori Commercialisti di Salerno
l.lamberti@commercialistisalerno.it

Il finanziamento dei soci con obbligo di restituzione, sia esso fruttifero che infruttifero, ha sempre rappresentato un'operazione largamente diffusa per dotare la società di risorse finanziarie senza ricorrere o all'indebitamento bancario, non privo di ostacoli soprattutto per le società di piccole e medie dimensioni, o al versamento a fondo perduto, che è di fatto un incremento del patrimonio netto, e in quanto tale, non dà diritto alcuno di restituzione. Il limite al finanziamento dei soci, prima della riforma del diritto societario, era rappresentato dall'art. 11 del D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (T.U. delle leggi in materia bancaria e creditizia), che acconsentiva tale forma di finanziamento a condizione che non assumesse i connotati di una raccolta di risparmio tra il pubblico, attività riservata dalla legge agli intermediari finanziari. Successivamente, a tale riserva generale furono previste alcune deroghe dalla Delibera 3 marzo 1994 del CICR (Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio) la quale disponeva che: «la raccolta di fondi presso i soci operata dalle società diverse dalle cooperative non costituisce raccolta di risparmio tra il pubblico a condizione che tale forma di finanziamento sia prevista da un'apposita clausola dello statuto e coinvolga soltanto i soci iscritti nel libro dei soci da almeno tre mesi che detengano una partecipazione di almeno il 2 per cento del capitale sociale risultante dall'ultimo bilancio». Le istruzioni della Banca d'Italia, applicative della Delibera CICR, precisavano che «non costituiscono raccolta di risparmio presso soci le singole operazioni di finanziamento a favore della società che uno o più soci decidano di effettuare, sempreché tali operazioni non si configurino, di fatto, come forme di raccolta». Pertanto, per un corretto finanziamento dei soci alla società occorreva che i soci possedessero i requisiti previsti dalla suddetta Delibera CICR, rispettassero gli obblighi di trasparenza delle operazioni di raccolta, predisponessero a pena di nullità in forma scritta il contratto di finanziamento indicando in modo specifico l'importo del prestito, l'eventuale tasso d'interesse convenuto e la scadenza. Il più delle volte il contratto di finanziamento si formalizzava attraverso lo scambio di corrispondenza tra gli amministratori e i soci, al fine di pagare l'imposta di registro solo in caso d'uso. Con la riforma del diritto societario, la materia dei finanziamenti dei soci verso la società trova per la prima volta nel nostro ordinamento un esplicito inquadramento legislativo, in particolar modo nella disciplina delle società a responsabilità limitata (art. 2467 c.c.), anche se ad essa si affiancano riferimenti all'interno della disciplina dettata per i gruppi (art. 2497-quinquies c.c.), applicabile sia alle spa che alle srl, e in alcune indicazioni di carattere contabile (artt. 2424 e 2427 c.c.). Nella Relazione illustrativa del D.Lgs. 17/01/2003 n. 6 "Riforma organica delle società di capitali e società cooperative" si legge che il legislatore, con l'introduzione della nuova regola contenuta nell'art. 2467 c.c., ha voluto trovare la soluzione «comune alla maggior parte degli ordinamenti e sostanzialmente già affermata in giurisprudenza, di una postergazione dei relativi crediti rispetto a quelli degli altri creditori». Infatti, ai sensi dell'art. 2467 c.1 c.c., il rimborso dei finanziamenti dei soci alla società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell'anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito. Però è stato "chiarito" che queste disposizioni non si applicano indistintamente per ogni tipo di finanziamento effettuato alla società. Infatti, nel secondo comma dell'art. 2467 c.c., si legge che, ai fini delle disciplina riportata, si intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, concessi:
- in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulti un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto;
- in una situazione finanziaria della società in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento.
Quindi dalla lettura dell'art. 2467 c.c. si desume che i finanziamenti dei soci, a seguito della nuova disciplina introdotta dalla Riforma del diritto societario, sono di due specie: i finanziamenti concessi in una situazione fisiologica della società al fine, ad esempio, di evitare il più oneroso ricorso al finanziamento bancario; e quelli concessi in un momento in cui risulta esistente un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto ovvero in una situazione finanziaria della società in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento. Solo ai finanziamenti di questo ultimo tipo si applica la disciplina di cui all'art. 2467 c. 1 c.c.. Ma in che modo devono essere individuati i finanziamenti che ricadono nell'ambito della disciplina dell'art. 2467 c. 1 c.c. e da chi? Infatti, parole quali squilibrio, che non deve essere mero bensì eccessivo, indebitamento sul patrimonio o una particolare situazione finanziaria che avallerebbe un conferimento, non sono dei chiari indicatori. Alla luce di ciò potremmo dire che ogni tipologia di finanziamento, anche se effettuata con tale intento, resta sospesa in attesa che qualcuno, verosimilmente la giurisprudenza, venga a segnalare alcuni parametri per la sua individuazione. Il Consiglio nazionale del Notariato a tal proposito ha osservato che i parametri per l'analisi non saranno di derivazione microeconomica e aziendale, quindi di tipo quantitativo, ma verranno assunti in base a valutazioni di carattere squisitamente giuridico, facendo richiamo al criterio generale della ragionevolezza. Questo principio è stato individuato nella Relazione al D.Lgs. 17/01/2003 n. 6, quale criterio idoneo a distinguere tale forma di apporto rispetto ai rapporti finanziari tra soci e società che non meritano di essere distinti da quelli con un qualsiasi terzo. L'interprete è «invitato ad adottare un criterio di ragionevolezza, con il quale si tenga conto della situazione della società e la si confronti con i comportamenti che nel mercato sarebbe appunto ragionevole aspettarsi». Tante parole per dire di lasciare alla giurisprudenza il compito di dare un contenuto all'art. 2467 c.c.. A tal proposito ci si chiede cosa accadrà per i finanziamenti eseguiti in passato. Anche se la norma è entrata in vigore il 1° gennaio 2004, essa potrebbe essere usata per regolare fattispecie sorte precedentemente. La conseguenza di questo assunto è che se fosse stato fatto un finanziamento nel 2003, esso potrà essere considerato come versamento in conto capitale se la società era eccessivamente squilibrata o aveva una situazione finanziaria precaria. Ovviamente ci penserà il giudice a deciderlo quando qualcuno, liquidatore o curatore, lo richiederà. Certo che le condizioni discriminanti per far scattare le nuove disposizioni sono da verificare al momento della concessione delle somme in conto finanziamento dal socio alla società e non al momento del rimborso. Pertanto, l'amministratore che rimborsa, di conseguenza, deve prestare attenzione a che il finanziamento non fosse stato concesso in un momento di eccessivo squilibrio d'indebitamento rispetto al patrimonio netto, per evitare che quel rimborso potesse essere dichiarato illecito e rivelarsi fonte di responsabilità per chi l'abbia effettuato. Dal punto di vista contabile va detto che prima della riforma, i finanziamenti dei soci alla società dovevano essere iscritti tra i debiti finanziari alla voce D.4 del passivo dello stato patrimoniale, denominata "Debiti verso altri finanziatori", completando l'informativa nella nota integrativa con la precisazione della durata del finanziamento, delle caratteristiche tecniche, delle eventuali garanzie, della misura degli interessi. Con la riforma è stato previsto che la rilevazione deve avvenire all'interno della voce D.3 dello stato patrimoniale, denominata “Debiti verso soci per finanziamenti” (art. 2424 c.c.), indistintamente sia per i finanziamenti dei soci “ordinari” che per quelli “postergati”, effettuando in nota integrativa una ripartizione per scadenze e un'indicazione separata in ragione della "clausola di postergazione" rispetto agli altri creditori (art. 2427 n. 19-bis c.c.). Con riguardo al bilancio redatto in forma abbreviata, il nuovo art. 2435-bis c. 2 c.c. continua ad affermare che nella voce D del passivo dello stato patrimoniale ci si deve limitare all'indicazione dei debiti esigibili oltre l'esercizio, mentre tutti i nuovi contenuti della nota integrativa non rientrano tra le informazioni passibili di essere omesse, con la conseguenza che resta necessaria una ripartizione per scadenze e un'indicazione separata in ragione della clausola di postergazione rispetto agli altri creditori.

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