LA RIVINCITA DEL LOCALE SUL GLOBALE
IL RUOLO DELLA FORMAZIONE CONTINUA
Una classe dirigente “aggiornata” favorisce il cambiamento
e la competitività
Vittorio
Paravia
Presidente Fondazione Antonio Genovesi Salerno - SDOA
sdoa@sdoa.it
Nell'ultimo periodo si è sviluppato un acceso e fitto
dibattito sulla competitività del sistema produttivo
e imprenditoriale italiano. La riflessione avviata anche
sulle iniziative del Governo ha evidenziato una serie di
punti di debolezza che in qualche modo ormai da tempo caratterizzano
l'intero Paese. La questione non è solo nazionale
o locale - il Mezzogiorno è sicuramente un'area in
forte ritardo - ma globale perché lo spazio competitivo
ha assunto queste dimensioni e le imprese sono, volenti o
nolenti, costrette a misurarsi su scala mondiale. Ma di quale
tipologia di globalizzazione stiamo parlando? Siamo in una
fase particolare. Dall'iniziale processo di globalizzazione
localizzante, si è, infatti, passati a una "localizzazione
globalizzante". Che cosa significa? Siamo cioè di
fronte a un processo inverso: mentre prima dell'11 settembre
2001 sembrava che l'espansione mondiale dei mercati fosse
inarrestabile, dopo si è dovuto prendere atto che
gli spazi si erano per così dire ridotti, a cominciare
dal sistema di mobilità di cose e persone. In poche
parole la "rivincita del locale" si è trasformata
in una strategia di "aggressione" dei mercati internazionali,
a partire da un forte radicamento nel territorio di più stretta
competenza. Il "rimbalzo" dal locale al globale
ha preso il posto di quello dal globale al locale. E non
si è trattato di un'inversione di tendenza di poco
conto. Con tutti i limiti e le eccezioni che chiaramente
questo ragionamento comporta: non si può ovviamente
generalizzare, ma di fatto in larga parte si è realizzato
proprio questo scenario. Alla luce di tali considerazioni
l'area degli asset visibili ha ormai lasciato ampio spazio
a quella degli asset invisibili, quelle competenze e conoscenze
che generano vantaggi in termini di brevetti, privative industriali
e velocità di lettura dei contesti generali e dei
mercati. La ricerca e la formazione sono allora due fattori
primari di crescita: la prima permette all'impresa di innovare
i prodotti e di capitalizzare il progresso delle tecnologie,
la seconda migliora la qualità delle risorse umane,
consente di razionalizzare i processi operativi e favorisce
la creazione di valore attraverso il recupero di efficienza
gestionale (costi) e la crescita dell'efficacia complessiva
del sistema aziendale. Ma chi formare e come diffondere la
pratica della formazione continua, la cosiddetta long life
learning? La domanda assume particolare rivelanza strategica.
Lasciare alle imprese il compito e la responsabilità di
formare e di aggiornare costantemente il proprio personale
o trasferire ad altri soggetti, pubblici, privati o misti,
questo compito fondamentale? Come creare le condizioni di
contesto e culturali, soprattutto nel Mezzogiorno, per trasferire
agli imprenditori e poi ai dirigenti e poi a tutti i soggetti
a vario titolo e livello occupati in azienda, la determinazione
che la formazione o meglio l'aggiornamento continuo delle
competenze, rappresenta il vero fattore critico di successo?
Questi sono gli interrogativi più importanti ai quali
stanno cercando di dare una risposta operativa - quindi efficace
ed efficiente - i fondi paritetici interprofessionali, che
recentemente sono partiti, ognuno per il proprio comparto
e categoria, con la realizzazione di piani formativi settoriali
e territoriali. La novità è importante e supera,
si spera in modo innovativo e per i risultati che si otterranno,
il vecchio impianto formativo finanziato, quello per intenderci
della legge 236/93, che pur sopravvive ed è "funzionante" in
capo alle Regioni. La prima esperienza di formazione sperimentale
gestita dai fondi paritetici interprofessionali è partita
in Campania, qui a Salerno, presso la SDOA, grazie ad un
progetto multiaziendale preparato dalla scuola in stretta
collaborazione con la Federmanager Campania e con la Confindustria
regionale. Il programma sperimentale, denominato Executive
Master Program, ha coinvolto più di 80 dirigenti provenienti
da realtà produttive della Campania e della Basilicata
e le aziende aderenti sono state oltre 50, tutte in regola
col versamento del contributo integrativo di cui all'art.
25 della legge 845/78 (il famoso 0,30% accantonato al fondo
per la riqualificazione del personale). Il numero, abbastanza
ampio, di partecipanti ha permesso di coinvolgere nel programma
tipologie diverse di destinatari in ragione dell'esperienza
professionale maturata e dell'appartenenza ad aziende di
dimensione varia e operanti in settori diversi. I partecipanti,
una volta completata l'analisi preliminare della domanda,
in fase di progettazione esecutiva, sono stati divisi in
3 gruppi di apprendimento omogenei, tenendo conto della collocazione
aziendale e del bagaglio di esperienza specifico. In questo
modo è stato possibile individuare ambiti professionali
abbastanza rappresentativi del management operante sul territorio:
1) giovani dirigenti di imprese medio-piccole attivi in settori
innovativi nei quali c'è prevalenza di risorse umane
professionalizzate la cui gestione non può rispondere
a logiche gerarchico-funzionali di tipo tradizionale;
2) dirigenti di aziende medio-grandi che hanno maturato un'esperienza
prevalentemente funzionale con forti competenze professionali
e necessità di arricchire il proprio bagaglio di conoscenze
e di migliorare le skills gestionali in ragione di una prospettiva
di carriera che incrementa il livello di assunzione di responsabilità;
3) dirigenti di imprese medio-piccole operanti in settori
tradizionali, che sono chiamati a gestire programmi di innovazione
dei processi produttivi e di sviluppo di nuove opportunità commerciali.
L'obiettivo del programma formativo è stato centrato
con grande soddisfazione anche se si riscontrano ancora difficoltà di
sensibilizzazione e problemi organizzativi che a volte non
permettono una partecipazione costante e continua, riflessione
che sicuramente dovrà orientare il futuro di quest'importantissima
tipologia di intervento. Accompagnare le imprese, soprattutto
quelle medio-piccole, nei processi di riorganizzazione e
di sviluppo imprenditoriale, contribuendo a migliorare il
valore del capitale umano interno, è, infatti, la
priorità competitiva che emerge dalle riflessioni
congiunte delle parti sociali. Per fare questo è indispensabile
dare impulso e continuità ai processi di formazione
continua. La formazione ha un ruolo fondamentale in questi
processi perché contribuisce a introdurre negli ambienti
aziendali l'innovazione e favorisce la valorizzazione e la
motivazione delle risorse umane, elemento centrale di competizione
anche in quelle realtà i cui processi sono caratterizzati
dalla prevalenza della produzione industriale. L'importanza
di coinvolgere i dirigenti è strettamente collegata
al ruolo ricoperto e alla possibilità che i dirigenti
hanno di incidere sui processi di crescita aziendale e di
diffusione dell'innovazione e della cultura manageriale nei
metodi di lavoro e nei comportamenti. É ampiamente
dimostrato, infatti, che i processi di diffusione e accumulazione
di competenze e di saperi all'interno di un sistema aziendale è più rapido
ed efficace laddove è presente una classe dirigente
che si fa promotrice del cambiamento e favorisce la partecipazione
a momenti qualificanti di formazione anche delle figure professionali
di livello più basso. Per questo motivo uno degli
obiettivi specifici del programma è stato trasferire
ai partecipanti la consapevolezza che operare in contesti
aziendali più evoluti e professionalizzati non costituisce
una generica minaccia per chi ricopre ruoli apicali, ma di
contro un'opportunità di crescita complessiva da favorire
e realizzare quotidianamente in ogni attività lavorativa.
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