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  Dicembre 2012

Articoli n° 3
APRILE 2005
 
FORMAZIONE - Home Page
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LA RIVINCITA DEL LOCALE SUL GLOBALE
IL RUOLO DELLA FORMAZIONE CONTINUA
Una classe dirigente “aggiornata” favorisce il cambiamento e la competitività

Vittorio Paravia
Presidente Fondazione Antonio Genovesi Salerno - SDOA
sdoa@sdoa.it



Nell'ultimo periodo si è sviluppato un acceso e fitto dibattito sulla competitività del sistema produttivo e imprenditoriale italiano. La riflessione avviata anche sulle iniziative del Governo ha evidenziato una serie di punti di debolezza che in qualche modo ormai da tempo caratterizzano l'intero Paese. La questione non è solo nazionale o locale - il Mezzogiorno è sicuramente un'area in forte ritardo - ma globale perché lo spazio competitivo ha assunto queste dimensioni e le imprese sono, volenti o nolenti, costrette a misurarsi su scala mondiale. Ma di quale tipologia di globalizzazione stiamo parlando? Siamo in una fase particolare. Dall'iniziale processo di globalizzazione localizzante, si è, infatti, passati a una "localizzazione globalizzante". Che cosa significa? Siamo cioè di fronte a un processo inverso: mentre prima dell'11 settembre 2001 sembrava che l'espansione mondiale dei mercati fosse inarrestabile, dopo si è dovuto prendere atto che gli spazi si erano per così dire ridotti, a cominciare dal sistema di mobilità di cose e persone. In poche parole la "rivincita del locale" si è trasformata in una strategia di "aggressione" dei mercati internazionali, a partire da un forte radicamento nel territorio di più stretta competenza. Il "rimbalzo" dal locale al globale ha preso il posto di quello dal globale al locale. E non si è trattato di un'inversione di tendenza di poco conto. Con tutti i limiti e le eccezioni che chiaramente questo ragionamento comporta: non si può ovviamente generalizzare, ma di fatto in larga parte si è realizzato proprio questo scenario. Alla luce di tali considerazioni l'area degli asset visibili ha ormai lasciato ampio spazio a quella degli asset invisibili, quelle competenze e conoscenze che generano vantaggi in termini di brevetti, privative industriali e velocità di lettura dei contesti generali e dei mercati. La ricerca e la formazione sono allora due fattori primari di crescita: la prima permette all'impresa di innovare i prodotti e di capitalizzare il progresso delle tecnologie, la seconda migliora la qualità delle risorse umane, consente di razionalizzare i processi operativi e favorisce la creazione di valore attraverso il recupero di efficienza gestionale (costi) e la crescita dell'efficacia complessiva del sistema aziendale. Ma chi formare e come diffondere la pratica della formazione continua, la cosiddetta long life learning? La domanda assume particolare rivelanza strategica. Lasciare alle imprese il compito e la responsabilità di formare e di aggiornare costantemente il proprio personale o trasferire ad altri soggetti, pubblici, privati o misti, questo compito fondamentale? Come creare le condizioni di contesto e culturali, soprattutto nel Mezzogiorno, per trasferire agli imprenditori e poi ai dirigenti e poi a tutti i soggetti a vario titolo e livello occupati in azienda, la determinazione che la formazione o meglio l'aggiornamento continuo delle competenze, rappresenta il vero fattore critico di successo? Questi sono gli interrogativi più importanti ai quali stanno cercando di dare una risposta operativa - quindi efficace ed efficiente - i fondi paritetici interprofessionali, che recentemente sono partiti, ognuno per il proprio comparto e categoria, con la realizzazione di piani formativi settoriali e territoriali. La novità è importante e supera, si spera in modo innovativo e per i risultati che si otterranno, il vecchio impianto formativo finanziato, quello per intenderci della legge 236/93, che pur sopravvive ed è "funzionante" in capo alle Regioni. La prima esperienza di formazione sperimentale gestita dai fondi paritetici interprofessionali è partita in Campania, qui a Salerno, presso la SDOA, grazie ad un progetto multiaziendale preparato dalla scuola in stretta collaborazione con la Federmanager Campania e con la Confindustria regionale. Il programma sperimentale, denominato Executive Master Program, ha coinvolto più di 80 dirigenti provenienti da realtà produttive della Campania e della Basilicata e le aziende aderenti sono state oltre 50, tutte in regola col versamento del contributo integrativo di cui all'art. 25 della legge 845/78 (il famoso 0,30% accantonato al fondo per la riqualificazione del personale). Il numero, abbastanza ampio, di partecipanti ha permesso di coinvolgere nel programma tipologie diverse di destinatari in ragione dell'esperienza professionale maturata e dell'appartenenza ad aziende di dimensione varia e operanti in settori diversi. I partecipanti, una volta completata l'analisi preliminare della domanda, in fase di progettazione esecutiva, sono stati divisi in 3 gruppi di apprendimento omogenei, tenendo conto della collocazione aziendale e del bagaglio di esperienza specifico. In questo modo è stato possibile individuare ambiti professionali abbastanza rappresentativi del management operante sul territorio:
1) giovani dirigenti di imprese medio-piccole attivi in settori innovativi nei quali c'è prevalenza di risorse umane professionalizzate la cui gestione non può rispondere a logiche gerarchico-funzionali di tipo tradizionale;
2) dirigenti di aziende medio-grandi che hanno maturato un'esperienza prevalentemente funzionale con forti competenze professionali e necessità di arricchire il proprio bagaglio di conoscenze e di migliorare le skills gestionali in ragione di una prospettiva di carriera che incrementa il livello di assunzione di responsabilità;
3) dirigenti di imprese medio-piccole operanti in settori tradizionali, che sono chiamati a gestire programmi di innovazione dei processi produttivi e di sviluppo di nuove opportunità commerciali.
L'obiettivo del programma formativo è stato centrato con grande soddisfazione anche se si riscontrano ancora difficoltà di sensibilizzazione e problemi organizzativi che a volte non permettono una partecipazione costante e continua, riflessione che sicuramente dovrà orientare il futuro di quest'importantissima tipologia di intervento. Accompagnare le imprese, soprattutto quelle medio-piccole, nei processi di riorganizzazione e di sviluppo imprenditoriale, contribuendo a migliorare il valore del capitale umano interno, è, infatti, la priorità competitiva che emerge dalle riflessioni congiunte delle parti sociali. Per fare questo è indispensabile dare impulso e continuità ai processi di formazione continua. La formazione ha un ruolo fondamentale in questi processi perché contribuisce a introdurre negli ambienti aziendali l'innovazione e favorisce la valorizzazione e la motivazione delle risorse umane, elemento centrale di competizione anche in quelle realtà i cui processi sono caratterizzati dalla prevalenza della produzione industriale. L'importanza di coinvolgere i dirigenti è strettamente collegata al ruolo ricoperto e alla possibilità che i dirigenti hanno di incidere sui processi di crescita aziendale e di diffusione dell'innovazione e della cultura manageriale nei metodi di lavoro e nei comportamenti. É ampiamente dimostrato, infatti, che i processi di diffusione e accumulazione di competenze e di saperi all'interno di un sistema aziendale è più rapido ed efficace laddove è presente una classe dirigente che si fa promotrice del cambiamento e favorisce la partecipazione a momenti qualificanti di formazione anche delle figure professionali di livello più basso. Per questo motivo uno degli obiettivi specifici del programma è stato trasferire ai partecipanti la consapevolezza che operare in contesti aziendali più evoluti e professionalizzati non costituisce una generica minaccia per chi ricopre ruoli apicali, ma di contro un'opportunità di crescita complessiva da favorire e realizzare quotidianamente in ogni attività lavorativa.

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