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  Dicembre 2012

Articoli n° 06
LUGLIO 2011
 
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Imprese e riforma FISCALE

ZANETTI: «Meglio molte aliquote per una progressivitÀ corretta»

VILLANI: «L'Irap va abolita perchÈ pregiudica le assunzioni e gli investimenti delle imprese»


Imprese e riforma FISCALE

Il livello raggiunto in Italia dal prelievo sui fattori produttivi costituisce da tempo un serio elemento di svantaggio rispetto agli altri paesi industrializzati, con effetti negativi su crescita e occupazione

di Raffaella Venerando

L' Italia cresce poco da troppi anni. Il problema non è solo di politica tributaria, ma non vi è dubbio che il fisco sia una delle leve per superare gli ostacoli normativi, burocratici, corporativi che fanno del nostro un paese bloccato, che deprime le potenzialità delle imprese e dell'iniziativa individuale.
Questa ragnatela corporativa è alimentata da una spesa pubblica corrente elevata che, unitamente al servizio di un gigantesco debito pubblico, contribuisce a mantenere elevata la pressione fiscale. La quale è ben più alta di quel che mostrano le medie (51,4% rispetto a 43,2% del Pil), se calcolata al netto del reddito nazionale che evade il fisco.
Il debito pubblico è il 119% del Pil, per stabilizzarlo e poi iniziare a ridurlo il Governo si è posto un obiettivo ambizioso: passare dal saldo primario negativo per circa 1 miliardo del 2010 a un avanzo di 91 miliardi di euro entro il 2014, un miglioramento di 92 miliardi. Per fare questo, oltre a realizzare efficacemente gli interventi già previsti per il 2011 e 2012, occorre effettuare manovre per ulteriori 40 miliardi nel 2013 e 2014.
In questo scenario non vi è dubbio che la strada per riformare il fisco è in salita.

Obiettivi di una riforma fiscale
L'obiettivo prioritario di una riforma fiscale che voglia contribuire a rilanciare la crescita è la riduzione significativa della pressione fiscale su lavoro e imprese.
Il livello raggiunto in Italia dal prelievo sui fattori produttivi costituisce da tempo un serio elemento di svantaggio rispetto agli altri paesi industrializzati, con effetti negativi su crescita e occupazione. In Italia il tax rate sulle imprese, secondo i calcoli della Banca Mondiale (che comprendono il cuneo sul lavoro), è pari a 68,6%, il livello più elevato tra i paesi europei: in Germania è 48,2%, in Svezia 54,6%, in Danimarca 29,2%.

Le priorità per le imprese

In cima alle priorità da sempre espresse dalle imprese in tema di riforma fiscale, vi è l'eliminazione dell'IRAP o il suo superamento graduale a partire dalla componente costo del lavoro. Va ricordato he gli interventi susseguitisi nel tempo (cuneo fiscale, parziale deducibilità IRAP da imposte sui redditi) hanno cominciato a ridurre l'Irap: il gettito IRAP dal settore privato è sceso da 30,6 miliardi di euro nel 2007 a 23,5 miliardi nel 2009 e non è solo effetto della crisi. Molti, recentemente anche Mario Draghi, hanno poi sottolineato l'importanza di rendere il sistema fiscale il più neutrale possibile rispetto alle forme di finanziamento dell'attività di impresa con debito o capitale proprio, e favorire così la capitalizzazione e la crescita delle imprese. Confindustria è sempre stata favorevole ad una strutturale detassazione degli utili reinvestiti nell'impresa, anche secondo modelli tipo ACE (Allowance for Corporate Equity) già usati in alcuni paesi.
Tra gli altri temi sul tappeto vanno ricordati la limitazione della deducibilità degli interessi passivi netti che eccedono il 30% del risultato operativo lordo della gestione caratteristica, il livello della soglia per operare le compensazioni tra crediti e debiti tributari, che è ancora fissata a 516.456 euro annui, l'aggiornamento dei coefficienti di ammortamento che sono fermi al 1988 e in molti casi non rispecchiano più l'effettivo deperimento economico e l'invecchiamento tecnologico dei beni, la necessità di un sostegno strutturale per le attività di Ricerca & Innovazione e il rafforzamento delle agevolazioni per la crescita collaborativa delle imprese (esempio: reti d'imprese).

Ridurre la pressione fiscale sulle persone
Occorre abbassare il prelievo sul lavoro.
Si tratta di un obiettivo al quale il Governo ha mirato per l'intera riforma fiscale (da immaginare in particolare la riduzione dal 23 al 20% dell'aliquota sul primo scaglione di reddito). In questo ambito andrebbe anche valutata l'opportunità di rendere strutturale la tassazione con aliquota separata del 10% delle quote di retribuzioni collegate a incrementi di produttività. Si tratta di una misura positiva, attuata per la prima volta nel 2008 e poi prorogata di anno in anno.


Interventi trasversali
Non solo le aliquote elevate, ma anche la complessità dell'ordinamento fiscale e l'incertezza del diritto tributario scoraggiano gli investimenti, la creazione di posti di lavoro e la produzione di reddito, e riducono l'attrattività dell'Italia per le scelte di localizzazione degli investimenti.
Nel quadro di una riforma fiscale, sono dunque indispensabili interventi che, senza oneri per la finanza pubblica, rendano più efficiente il sistema tributario e migliorino il rapporto tra amministrazione fiscale e contribuenti. Va, infine, proseguita e rafforzata l'azione di contrasto dell'evasione fiscale. L'evasione è in Italia, anche per ragioni strutturali, molto più elevata che in altre nazioni e, oltre a rappresentare una fonte di iniquità non tollerabile, genera concorrenza sleale e distorce l'allocazione delle risorse.
Il gettito rinvenibile dalla riduzione dell'evasione non deve servire a finanziare maggiori spese, ma va restituito alla generalità dei contribuenti, riducendo le aliquote e le basi imponibili delle imposte sui redditi di impresa e personali.
E le risorse? Il problema più difficile è però come finanziare questi interventi.
Se si mettono in fila interventi auspicabili in materia di Irap, Ires, Irpef, il conto può facilmente arrivare a 25‑30 miliardi.
Dove trovarli? Una parte dovrebbero essere reperiti riducendo la spesa pubblica. Non va sottovalutato però che se gli interventi correttivi programmati per il 2013 e 2014 consistessero tutti in minori spese, questo significherebbe mantenere nei due anni la spesa pubblica totale al netto degli interessi grosso modo allo stesso livello nominale del 2010, con una riduzione dell'1% tra il 2012 e il 2014. Si tratterebbe di una rilevante inversione di tendenza, mai sperimentata prima d'ora. La sfida è notevole, tanto più se si tiene conto che oltre un terzo della spesa corrente primaria è costituito dalla spesa per pensioni e che la spesa per investimenti infrastrutturali già è stata molto sacrificata negli ultimi anni. Ulteriori riduzioni di spesa con cui finanziare interventi di abbassamento del prelievo possono essere ipotizzate dopo il 2014. Tempi relativamente non brevi di attuazione hanno anche interventi tesi a una più efficiente gestione del patrimonio immobiliare pubblico, da cui possono derivare entrate extrafiscali stabili, che potrebbero alleggerire il vincolo di bilancio. Nel prossimo triennio, quindi, una riduzione significativa del prelievo sulle persone e sulle imprese dovrebbe allora fare perno anche su una ricomposizione del prelievo. Dalle imposte dirette su imprese e lavoro ai prelievi su consumi, rendite finanziarie e altro; da chi non paga le tasse a chi le paga.

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