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  Dicembre 2012

Articoli n° 06
LUGLIO 2011
 
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La passione dei tifosi: pura euforia o semplice violenza?


di Lucia Coscia, Addetto stampa della PDO Salerno, stampa@pdosalerno.it


L'adesione della squadra alla realtà di appartenenza è marcata al punto tale che il suo gioco ne esprimerebbe il carattere


Lo sport che nel nostro Paese canalizza più affluenza di pubblico è sicuramente il calcio. Per tradizione, il calcio in Italia è un emblema sociale e pertanto la maggior parte della popolazione di ogni estrazione e di qualsiasi età si ritrova a parlare tutti i giorni, magari davanti ad un caffè e ad un quotidiano sportivo, della propria squadra del cuore. «L'identificazione con una squadra è il simbolo di un modello specifico di esistenza collettiva incarnato dallo stile della squadra»(Bromberger).
In altre parole l'adesione della squadra alla realtà di appartenenza è talmente calzante e aderente che il suo gioco esprimerebbe il carattere di una nazione o di una città. «I giocatori brasiliani mirano a schivare l'avversario piuttosto che affrontarlo, così come il popolo brasiliano sa districarsi con eleganza e destrezza nelle difficoltà del vivere quotidiano.
Negli anni '30 la Svizzera inventa la tecnica del catenaccio a immagine di uno Stato neutro che, nel contesto dei conflitti nascenti, ripiega su se stesso».
Insomma la squadra di calcio è la trasfigurazione dell'universo sociale o addirittura politico da cui proviene.
Ma uno degli aspetti più interessanti del calcio è la ritualità delle sue connotazioni nel sociale.
Il tifo, per esempio, non è altro che «una messa in scena codificata e parodistica», uno "spettacolo totale", scomodando un antropologo della levatura di Marcel Mauss.
Un rituale religioso, addirittura, che si manifesta soprattutto nei momenti che precedono la partita nei quali il tifoso vede lo stadio come una "terra santa"; basti pensare a quante zolle-cimelio sono state prelevate negli stadi italiani al termine della stagione calcistica.
Negli anni quindi questo sport ha rappresentato una costante valvola di sfogo per i lavoratori italiani che, ogni domenica, potevano riporre per un'ora e mezza i problemi in un cassetto per andare a vedere la partita.
Malauguratamente in alcuni casi le chiavi di quel cassetto così prezioso sono andate perdute e hanno visto migliaia di persone portare con sé i loro pesanti problemi in tutti gli stadi italiani, generando un fenomeno assai preoccupante: la violenza negli stadi.
Tante domeniche si sono tradotte in giornate di violenze indiscriminate e tragedie tante volte annunciate.
Rivalità tra quartieri, città, province, frange politiche, si sono dirottate negli stadi e fuori di essi, con il solo intento di far prevaricare la propria realtà sulle altre, non solo come sarebbe anche logicamente deducibile sul piano sportivo, ma purtroppo sul versante della violenza sublimandola.
Forse se le donne, in ragione della pretesa uguaglianza con il maschio, giocassero e contassero di più nello sport potremmo segnare un goal davvero decisivo: avere tifoserie meno aggressive e violente e soprattutto tinte di rosa.


Campioni (d'Italia) di solidarietà
La vittoria nel 3°Torneo di basket Under 17 "Paolo Mercaldo", disputato a fine maggio a Salerno, ha portato bene alla Virtus Siena, che - nella settimana dal 12 al 19 giugno, alla Futurshow Arena di Bologna - ha sbaragliato le 15 contendenti al titolo di Campione d'Italia, conquistando lo Scudetto 2011 degli atleti dell'annata 1994.
Nel bilancio della manifestazione di beneficenza, che ha visto - tra l'altro - venduta in asta su Ebay la canotta donata dal campione NBA Danilo Gallinari, rientra quindi anche il viatico ai senesi nella vittoria in Nazionale sui padroni di casa della Virtus Bologna per 102 a 71.
Il ricavato del Torneo disputato al Palasport di Salerno andrà a sostenere la Fondazione Le quattro stelle, che si occupa delle cure per atleti colpiti da gravi disabilità. (di Oreste Pastore)




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